INTRODUZIONE
“Secondo alcuni racconti nel Mar Verde c ’è un’isola che appare per sei mesi e per altri sei
scompare con tutto quello che contiene. Ma poi ritorna, sempre nella stessa maniera. Si
dice che è un ’isola mobile. I format sono isole mobili. Si immergono e riaffiorano da
qualche altra parte nel mare dell ’effimero televisivo. Sono quanto di più concreto esista,
ma sono anche miraggi. Per vederli, bisogna credere che esistono. Per studiarli, bisogna in
qualche modo analizzarli, se non reinventarli. Per conoscerli, bisogna prendere il mare e
aspettare che si rivelino, come l ’isola del Mar Verde. I miraggi hanno sempre una doppia
natura. Nel deserto sono specchi d ’acqua. Nelle infinite distese d ’acqua, hanno la forma di
un pezzo insperato di terra ”1.
È con questa bellissima immagine che un importante autore ed esperto dei media definisce
il format.
Il format televisivo è uno di quei “nuovi prodotti culturali ” che ha riscritto le regole del
fare televisione e ha incontrato un successo sempre maggiore che ha raggiunto ogni angolo
del pianeta.
“L ’hanno sognata in tanti, una lingua universale. Hanno pensato di trovarla nell ’esperanto,
una lingua artificiale costruita con le radici di tutte le lingue indoeuropee. Il miraggio
comune è stato sempre lo stesso: una lingua madre semplificata, capace di andare oltre le
parole.
Se non una lingua, i format sono un ponte che unisce culture lontane. Strutture universali
costruite sulla tendenza centripeta, che fa incontrare sensibilità disperse attraverso un gioco
di risonanze.
Gli studiosi del linguaggio chiamano format il ripetersi di determinati eventi. Situazioni in
cui il soggetto che deve apprendere una lingua formula delle aspettative rispetto al
comportamento dell ’altro ed è in grado di fare delle previsioni ”.
È sul territorio del format che si svolge oggi in gran parte e ancor più si svolgerà in futuro
il “lavoro ” della televisione. I format portano con sé significati che non sono
1
P. Taggi, Morfologia dei format televisivi: come si fabbricano i programmi di successo. Roma 2007
-1-
necessariamente attribuibili a specifiche culture nazionali. In format sono specifichi
culturalmente ma neutrali da un punto di vista delle culture nazionali2.
Il DNA dei format ha una radice in valori culturali che trascendono l ’orizzonte culturale di
una nazione3. A maggior ragione uno studio comparativo può tentare di cogliere queste
dinamiche.
2
M. Perrotta, Il format televisivo. Caratteristiche, circolazione internazionale, usi e abusi, QuattroVenti 2007
p.33
3
S. Waisbord “McTV. Understanding the global popularity of television formats ” Television & New Media,
Vol.5 (4), p.368, 2004.
-2-
CAPITOLO I
IL FORMAT TELEVISIVO
1. DEFINIZIONE
Il termine format è di derivazione anglosassone ed ha origini informatiche dalle quali si è,
via via, venuto affrancando. La definizione originaria di format, rinvenibile nei dizionari
inglesi, che faceva riferimento ad “ uno stile o un modo di elaborazione o di un
procedimento, la disposizione di dati etc. per la memorizzazione in un computer ” è stata,
infatti, sostituita da quella che individua il format come “lo stile, il progetto o
l ’adattamento di un programma televisivo ”4.
Il Dizionario Zanichelli il Ragazzini italiano-inglese inglese - italiano del 2007 definisce,
invece, succintamente il format come formato di un libro e sim. ovvero tracciato,
impaginazione, struttura.
L ’espressione format indica nel linguaggio comune lo schema di base di un programma o
di una serie di trasmissioni facenti parte di un ciclo coordinato che individua
compiutamente i caratteri identificativi del programma o della serie5.
Essa è riferibile a prodotti che appartengono al mondo delle opere televisive, ma anche, ad
esempio, a quello dei programmi radiofonici e degli spettacoli di diversa natura la cui
realizzazione sia stata effettuata utilizzando uno schema di base altrui.
I tradizionali ambiti cui si è soliti riferire il concetto di format restano, comunque, quello
delle opere cd. assimilate a quelle cinematografiche (quali ad esempio i film per la TV, i
telefilm, i film d ’inchiesta, i documentari, le serie televisive, le telenovelas, le soap opera
le situation comedy e i cartoni animati) e quello delle opere audiovisive televisive in senso
4
Collin ’s English Dictionary (1986), Cfr. O. GRANDINETTI, “La tutelabilità erga omnes dei format di
programmi televisivi ”, in Rivista Diritto d ’Autore, n.1/2000, 30.
5
G. MARI, La protezione del format nel sistema della legge sul diritto di autore, in Il diritto d ’autore, gen-
mar 2007 n.1, 89 .
-3-
stretto ( per tali intendendosi le opere audiovisive prodotte e destinate alla diffusione
televisiva quali i programmi di intrattenimento e i programmi di informazione)6.
In tali ambiti il format, quale struttura idonea, di per sé, a caratterizzare ed individuare i
tratti salienti di una futura produzione intellettuale, viene ricondotto a diversi prodotti
borderline, ossia situati in un ’area grigia compresa tra le opere dell ’ingegno protette dal
diritto d ’autore e le mere idee. Il riferimento è in particolare ai cd. talk show, ai varietà
televisivi, ai reality show, ai talent show, ai telegiornali, ai programmi di approfondimento
ed informazione, ai quiz show ed ai game show7
Il format è una sorta di schema, di impalcatura di programma televisivo costituito
fondamentalmente dall ’indicazione di una sequenza di azioni,avvenimenti, eventi,
organizzati intorno a determinati contenuti per dar luogo ad una rappresentazione unitaria
dal carattere più vario possibile8 .
Il format, denominato anche schema di programma consiste in una breve descrizione che
illustra la traccia di una trasmissione generalmente idonea ad essere prodotta in modo
seriale: la formulazione generica delle descrizioni impiegate, infatti, consente di utilizzare
il format come un mero “ contenitore di trasmissioni ”9, ove tratteggiare, a grandi linee,
l ’architettura di fondo del programma stesso. In tal modo l ’ideatore, senza assumersi i
gravosi oneri di realizzazione del programma, né i rischi collegati all ’eventuale insuccesso
dello stesso, sottopone al placet dei produttori televisivi solo una schematizzazione
dell ’idea di partenza, per mezzo della quale si limita a fornire loro brevi cenni concernenti
le ambientazioni principali di alcuni dettagli relativi alla scenografia nonché le
caratteristiche dei personaggi primari ed eventuali requisiti per la scelta dei conduttori,
l ’eventuale presenza del pubblico in studio ed anche le dinamiche relazionali dei vari
personaggi tra loro.
6
7
A. MICCICHE ’, Legislazione dello spettacolo, 2006, 53 ss.
G. MARI, La protezione del format nel sistema della legge sul diritto di autore, in Il diritto d ’autore, gen-
mar 2007 n.1, 89 ss.
8
F. TOZZI, Il format televisivo: prospettive di tutela giuridica, in La nuova giurisprudenza Civile
commentata, 2003, 429.
9
Cfr. MACARIO, Il format, in AIDA, 1998, 50.
-4-
Sembra poter affermare che il format partecipi di una duplice natura: da un lato, infatti,
esso si rivela uno schema sintetico che, pur non rappresentando ancora l ’idea
compiutamente sviluppata si presenta come il frutto del lavoro creativo di uno o più
ideatori; per latro verso, lo stesso nucleo ideativo rappresenta uno strumento estremamente
duttile nelle mani degli autori televisivi poiché, data la genericità delle descrizioni ivi
contenute, si presta ad essere ulteriormente elaborata sino alla predisposizione del
programma finito che, in alcuni casi, può essere anche completamente diverso dall ’idea di
base10.
2. IL FORMAT PER IL DIRITTO
A tal proposito. occorre ricordare che nessun valore legale ha la definizione di format data
nel 1994 dalla Società Italiana degli Autori ed Editori che, aderendo alle istanze formulate
dalle Associazioni di categoria degli Autori, ha iniziato ad accettare in deposito le opere
“comunemente definite format, destinate alla utilizzazione sia radiotelevisiva che teatrale,
che corrispondono alla seguente definizione:
“si intende per format l ’opera dell ’ingegno avente struttura originale esplicativa di uno
spettacolo e compiuta nell ’articolazione delle sue fasi sequenziali e tematiche, idonea ad
essere rappresentata in un ’azione radiotelevisiva e teatrale, immediatamente o attraverso
interventi di adattamento o di elaborazione o di trasposizione, anche in vista della
creazione di multipli.
Ai fini della tutela, l ’opera deve comunque presentare i seguenti elementi qualificanti:
titolo, struttura narrativa di base, apparato scenico e personaggi fissi ” 11.
La definizione è ricca di elementi e termini prettamente tecnici, e di per sé risulta poco
esaustiva sotto l ’ottica giuridica. Nonostante nella definizione SIAE il format venga
10
V. RAGGI, Il format package e la tutela autorale del format, in Il diritto dell ’informazione e
dell ’informatica, 2007, I, 543 ss.
11
Bollettino S.I.A.E., settembre-ottobre 1994, n.66,546.
-5-
descritto come un ’opera d ’ingegno, e quindi inquadrato in una categoria tutelata
nell ’ordinamento italiano, esso non può che essere tuttavia identificato che come un ’idea; e
quindi considerato come tale.
L ’idea infatti è qualcosa di per sé insufficiente e carente di elementi di certezza per
potergli accordare una adeguata copertura giuridica. Mancando quindi gli elementi
fondamentali su cui si struttura tutta la disciplina del settore, il corpus normativo non può
operare efficacemente12.
Proprio Macario, a tal riguardo, nell ’affrontare la definizione di format cita l ’esperienza
nord-americana sull ’argomento che definendo le difficoltà di operatività della normativa,
utilizza spesso l ’espressione “aria in cui vagano le libere idee ”13, che chiaramente trasmette
una sensazione di poca certezza e determinazione. E proprio questa mancanza di
concretezza palpabile, non permette un riscontro effettivo e tangibile del nucleo essenziale
dell ’opera protetta ossia la creatività, elemento principale delle opere dell ’ingegno14.
Esiste inoltre un ’altra questione su cui conviene far chiarezza nell ’affrontare l ’argomento
format. Si è visto che essenzialmente consiste in un ’ idea, però con il termine format si
tende ad includere oltre al prodotto d ’immaginazione dell ’autore, anche prodotti delle fasi
successive di produzione televisiva. Dalla idea di base alla realizzazione del programma
convivono molteplici fasi di progettazione prima di giungere al programma finale. E ’
quindi difficile stabilire cosa si intenda per format, e la tendenza generale di attribuire al
termine un senso ampio può arrivare ad includere anche il programma televisivo stesso.
Per chiarire fin dall ’inizio questo problema, che può essere fonte di poca chiarezza, ci
affidiamo alle prassi adottate nel settore dello spettacolo, che quando parla di format dice :
“A metà tra l ’idea astratta ed il prodotto finito si colloca quello che comunemente è
definito ‘paper format ’ per distinguerlo dal ’programme format ’, ossia appunto il
programma realizzato. ”15
12
FRANCESCHELLI, Beni immateriali, saggio di una critica del concetto, in Rivista di diritto industriale
1956, I, 427 e ss
13
14
15
MACARIO, Il format, in AIDA 1998, 55, n.16 e ss.
L. 22 aprile 1941 n.633, art 1 “…le opere dell ’ingegno di carattere creativo …”
Definizione tratta dal sito specializzato di settore www.ideamatic.com
-6-
Il deposito presso la SIAE non ha, ovviamente, alcun valore normativo16 ma rileva “ai soli
fini di precostituire un principio di prova della priorità dell ’idea17.
A decorrere dal 1994 la SIAE accetta le dichiarazioni degli schemi destinati
all ’utilizzazione radiotelevisiva. Per l ’esattezza gli iscritti alla SIAE, compilando un
apposito modulo, possono depositare, gli schemi presso la sezione DOR e chiunque, anche
i non iscritti, possono depositre presso l ’ufficio delle opere inedite della sezione OLAF, ma
“tale fatto risulta del tutto irrilevante perché il deposito non ha natura costitutiva e non
rileva ai fini del accertamento dei requisiti di tutelabilità come opera dell ’ingegno ”18.
L ’accettazione da parte della SIAE delle dichiarazioni dei suoi iscritti è di carattere
amministrativo e non può in alcun modo vincolare l ’interpretazione degli organi
giurisdizionali danno della legge sul diritto d ’autore su questo punto .
3.IL FORMAT NELLA SFERA LAICA
Per descrivere il mercato internazionale dei format è necessario definire il format in modo
da mettere in evidenza i principali elementi che lo costituiscono oggetto di compravendita
e scambio commerciale in un contesto industriale.
Fare tv é insieme affascinante e sempre rischioso.
Con i format, lo è un po ’ di meno. I format non sono i prodotti televisivi migliori, ma i più
strutturati e riconoscibili. Nel mondo, non c ’e nessuna regolarità matematica nei
comportamenti individuali, ma nei grandi numeri emergono le costanti.
Esistono miliardi di spettatori, ma pochi pubblici. Infinite cause che producono gli stessi
effetti. I format sanno quello che lo spettatore vuole. Hanno "inventato" lo spettatore per
cui sono creati.
16
GRANDINETTI, La tutelabilità erga omnes del format di programmi radiotelevisivi, in Il Diritto d ’autore,
2000, 30
17
Cfr. Bollettino SIAE gennaio-febbaraio 2001, 35 ove si specifica, peraltro, che “ non possono essere
accettati dalla SIAE format di spettacoli che nella loro stesura definitiva non rientrerebbero tra le opere
tutelate dala DOR ”
18
Tribunale di Roma, 27 gennaio 2000, in Il diritto d ’autore, 2000, 545.
-7-
Sembra coniata per loro la definizione che Umberto Eco ha dato tempo fa a proposito dei
romanzi di Ian Fleming:
“Macchine evasive perfettamente costruite su elementi di gioco scontato e ridondanza
assoluta".19
I format sono programmi che hanno saputo captare le simmetrie del gusto internazionale,
diventando i veri minimi comuni denominatori (e moltiplicatori) del sentire di oggi.
Reattori che producono emozioni primarie. Essi riducono la complessità della vita in una
serie di trappole emotive in grado di produrre effetti emozionalmente universali. Ma
perché?
Scrivevano gli autori di Lascia o raddoppia? (versione italiana del francese Quitte ou
double, a sua volta ispirato al celeberrimo The 64.000 Question), agli albori della
televisione:
“Lascia o raddoppia? è uno spettacolo che recluta i suoi personaggi dalla vita e per ciò
appunto ogni sera del giovedì è in condizioni di mettere sotto il fuoco delle telecamere un
gruppo di casi a svolgimento non preordinato né preordinabile, per ciascuno dei quali
convergono, nel breve succedersi di pochi minuti, un variante nun1ero di incognite:
l'umore dei concorrenti, i loro buchi di memoria o i buchi delle conoscenze"20.
Dopo quasi dieci anni di successi ininterrotti del loro format, presente in quel momento in
quattordici Paesi, i produttori di All you need is love (Endemol) trovavano le ragioni del
loro successo “nella sua unica combinazione di intrattenimento e vita reale. All you need is
love non è né un game, né un dating show o una fiction. E ’ piuttosto televisione
emozionale; e questo non può non commuovere gli spettatori. Lo scopo di ogni puntata e
quello di unire persone in amore ed amicizia. Gli ospiti del programma ogni settimana
cercano aiuto per trovare un partner. Utilizzando ironia ed emozioni vere All you need is
love porta speranza alle persone, fa accedere gli spettatori ad una fetta di vita emozionale
carica di sentimenti ”.
L ’accusa rivolta al format di distruggere la creatività televisiva risale alle sue origini ed
ha padri illustri. I format nascono tutti in alcune zone, geograficamente limitate. C ’è una
parte del mondo che li pensa, li testa, li mette in scena, li manda in onda e li
19
20
U. ECO, Opera aperta, Milano, Bompiani, 1964
Aa. Vv. 1956/1957: Due anni di Lascia o raddoppia?, Torino, Eri, 1958
-8-
commercializza. E una parte del mondo li acquista, li adatta e li trasmette. Una geografia
distributiva che non coincide perfettamente con le gerarchie economiche mondiali e i flussi
commerciali consolidati.
Le prime a credere nei format come volàno economico sono state nazioni, come l ’Olanda -
e poi la Svezia, e per ragioni diverse l ’Argentina - che, non avendo un passato televisivo,
hanno deciso
di riscriverlo sfidandolo. Esse hanno saputo trasformare l ’esiguità (o l ’ inesistenza) di un
proprio bacino d ’utenza in un motivo di forza: da un mercato interno troppo povero sono
partite alla conquista dei pubblici del mondo, con una proposta pensata fin dall ’inizio per
il gusto internazionale.
L ’Italia si trova nel secondo emisfero. Il fatto di aver sempre subìto i format, senza
produrli e idearli, ha creato intorno ad essi un ’automatica connotazione negativa: la parola
format viene evocata ogni volta che si lamenta una caduta di creatività televisiva.
Non si creano in Italia, ma i format sono la forma di televisione più pensata che esista.
Dispositivi a tempo variabile capaci di far scattare un ’emozione garantita dall ’incertezza
del finale. Lo sforzo ideativo che porta alla creazione di un format si concentra nella fase
di studio, sviluppo e verifica di tutte le varianti possibili prima di arrivare a scelte
definitive. Il format è una struttura che viene prima dell ’elaborazione. Una serie di scelte
precise, attuate perché altri le rispettino da quel momento in poi (altri autori, eroi ed
interpreti). Il format-matrice, il format di partenza, cristallizza una serie di opzioni e le
propone come modello riproducibile. Si tratta di una forma rigida ma dotata di una
plasticità resistente. Quando, dopo simulazioni in studio, verifiche e test di ascolto
finalmente va in onda per la prima volta, è già il risultato di un lungo percorso sotterraneo.
Fissa un punto di arrivo che si rivelerà soltanto un ottimo punto di partenza per chi lo saprà
interpretare al meglio.
Dal momento in cui i format raggiungono i mercati, ai loro team creativi spetta la
responsabilità di cominciare a ri-crearli, entro i limiti variabili che la maggiore o minore
rigidità dei format impone.
Alla base dell ’adattamento c ’è sempre un ’interpretazione. Da un ’interpretazione all ’altra
arriva un momento nel viaggio di un format in cui della versione iniziale rimane solo una
traccia irriconoscibile che va riscoperta. Solo un archeologo dei media o un filologo
-9-
potrebbero ricostruire il modello, che allora sembrava immutabile. Quello spunto iniziale,
magari irriconoscibile all ’apparenza, é il motore ed il cuore del format. E al di là degli
strati di vernice successivi sarà ancora uguale a se stesso.
Perché il format — che si riconosce per la sua apparente immobilità — é in realtà la
somma di tutte le sue versioni. La prima, quella consegnata ufficialmente al mondo della tv
e ai mercati, era solo
la condizione indispensabile. Il format, come la fiaba ed il mito, è l ’insieme di tutte le sue
versioni. Se il destino finale dell ’eroe sarà favorevole: fiaba. Se sfavorevole: mito. 21
Il format è sempre l ’ ultima versione che lo spettatore sta guardando. E la prima, che non
conoscerà mai. Il vero format non lo vede nessuno. Se esistesse, il suo spettatore ideale
dovrebbe viaggiare ininterrottamente attraverso tutte le sue varianti, collegandole
idealmente senza perdere di vista nessuna delle successive edizioni. Perché tutti i format
sono basati sul principio della “fissazione". Un termine mutuato dalla fabbricazione dei
profumi, che indica la capacità di rimanere presente nella coscienza sensoriale di una
persona. Una presenza non soltanto invisibile, ma anche indefinibile, in continua
transizione.
Agli inizi degli anni Novanta il mercato dei format era composto da pochi titoli. Oggi i
cataloghi delle maggiori case di produzione ne contano circa quindicimila. Una galassia
inesplorata,che diventa semplicissima da attraversare se li raggruppiamo per filoni di
appartenenza, al di là delle minime sfumature. Ci accorgeremo così che tutti i format del
mondo derivano da pochissimi modelli: gli strong format. I programmi faro, che hanno
provocato una frattura rispetto alla televisione preesistente. Non sono più di cinquanta e
sono in tutto il mondo22.
21
22
Mito e format sono telai sui quali si intrecciano racconti diversi che il pubblico conosce già.
Solo a titolo esemplificativo si considerino:
- All you need is love, Endemol, Olanda, 1993
- Who wants to be a millionaire?, Celador, Inghilterra,1998
- Survivor, Survivor Entertainment Group/Castaway Television Productions Ltd/ Mark Burnett
Productions, Stati Uniti, 2000
- The farm, Strix, Norvegia, 2001
- The apprentice, Mark Burnett Productions, Stati Uniti, 2004
- Strictly come dancing, Bbc entertainment, Inghilterra, 2004
- 10 -
Oltre cinquant ’anni di produzione di “nuovi ” prodotti televisivi; la pratica ormai diffusa
della programmazione non stop; la moltiplicazione dei canali hanno generato una
sensazione diffusa: che le idee originali siano finite. Senza dubbio è finita l ’epoca (o
l ’epopea) spontanea dell ’ideazione di nuovi concept.
La televisione di questi anni vive nella dialettica scomoda (o nella |imbarazzante
contraddizione) tra la rassicurante certezza di ripercorrere le tracce di successi consolidati e
l ’imbarazzo di ammetterlo.
I format hanno invaso il mondo e generato centinaia di sequel involontari e/o non ufficiali.
Non sempre è facile risalire alla fonte nella struttura labirintica delle similitudini. A chi si
ispirava La grande sfida di Gerry Scotty?
Al più conosciuto, in Italia, Scommettiamo che? (a sua volta versione adattata del tedesco
Wetten Wir?) o al belga Big Slam o ancora all ’olandese Vier Sprong? In fondo, non sono
tutte varianti del Guinness dei primati, geniale intuizione del direttore dell ’omonima
birreria?
Dal punto di vista mass mediale il format è:
-un testo audiovisivo senza frontiere, regolarmente trasmesso da un ’emittente locale o
nazionale per più puntate. Un progetto in movimento, ma comunque un testo e mai un
insieme di elementi casuali
-uno stampo preciso, una forma narrativa rigida nella quale si inseriscono di volta in volta
materiali incandescenti: moduli, storie e protagonisti differenti, ma rispettando un preciso
percorso drammaturgico, rituale ed emotivo.
Un format è molto più di un ’intenzione. È un prodotto che ha vinto le sue sfide ed aveva in
partenza l ’intenzione e la volontà di farlo. Il format offre tutte le risposte che cerchiamo,
approvate dalle scelte del pubblico. Le incertezze di chi ha aperto la strada sono diventate
le sicurezze di chi la prosegue evitandogli errori di percorso. Per chi lo acquista il format è
un successo accaduto. Per gli spettatori che lo guardano la forma mitica di un format di
successo precede il suo contenuto. Prima ancora di andare in onda in un nuovo paese parla
l ’eco del suo successo. Quando arriva sugli schermi lo spettatore sente di conoscerlo già,
- 11 -
come una fantasia indossata in anticipo. Il format è un format perfetto di
autopromozionalità. Attraente perché attuale e già trasformato nell ’immagine di se stesso.
Il format é il frutto di un contratto ideale fra la televisione e lo spettatore.
La prima ha formato il secondo e può dire di conoscerlo così bene da leggergli ormai nel
pensiero. Solo cosi può serializzare eventi che si stampano nella sua mente proprio a causa
della loro normalità. Il secondo si compiace di trovare luoghi comuni dell ’emozione: punti
ciclici di connessione emotiva, che gli consentono di sentirsi parte di un flusso e di
un’esperienza molto più ampia della sua singola esistenza. Una forma inaspettata di gravita.
Nel vissuto dello
spettatore il format e un sogno con una trama coerente e si può ingabbiare. Una buona
cattiva televisione che un giorno gli apparirà migliore di quando guardarla sembrava
vergognoso. Destinata a non diventare ricordo, ma a fare da continuo raccordo, una puntata
dopo l ’altra, pensando ogni volta: “Ancora una, poi basta!".
Secondo Moran, i programmi televisivi possono essere suddivisi in due tipi: quelli che
mettono in scena la realtà (dall ’infotainment, al talk show, al reality e al game show) e
quelli che hanno a che fare con la finzione (la serialità televisiva, dalle miniserie alle soap
opera).
I format del primo tipo di programmi (si pensi a un reality come Big Brother), possiedono
una descrizione dettagliata del concept e della struttura del programma, della scenografia,
della grafica, della musica e soprattutto delle regole del gioco, più un identikit dei
concorrenti, dell ’eventuale conduttore, degli ospiti.
I format del secondo tipo di programmi (si pensi a una serie televisiva come Ugly Betty),
contengono un abbozzo della storia e la descrizione dei personaggi.
In entrambe le categorie di programmi nei format destinati alla commercializzazione sono
automaticamente inclusi due elementi essenziali alla circolazione dei programmi: la bibbia
e il servizio di consulenza23.
La bibbia è un insieme di informazioni sulla programmazione, sul target di riferimento, sui
dati d ’ascolto e sulle caratteristiche demografiche del pubblico del programma
23
A. MORAN, Copycat TV. Globalisation, Program Formats and Cultural Identity. Luton: university of
Luton Press, 1998.
- 12 -
relativamente alla sua messa in onda nel paese d ’origine. La bibbia è anche il luogo in cui
queste informazioni vengono costantemente riviste ad ogni successiva produzione del
programma: più il programma gira per il mondo e ha successo, maggiori sono le
dimensioni della sua bibbia, che si arricchisce di indicazioni utili e aggiornate, variazioni
sul tema sperimentate in contesti diversi, problemi sorti e già risolti da altri. Una siffatta
bibbia è motivo di richiamo per chi vuole acquistarne i diritti di riproduzione e di
adattamento, dato che generalmente i broadcaster preferiscono giocare sul sicuro 24 e
basarsi sul successo che il programma ha già avuto, sebbene sia riferito ad altri contesti
televisivi.
È la società che possiede i diritti del format ad aggiornare la bibbia e a fornire ai propri
clienti un servizio di consulenza nella realizzazione del format. “Tale servizio di solito
consiste nell ’assistenza costante alle fasi iniziali dell ’adattamento da parte di un producer
esperto della produzione originale ” 25 . Il format è dunque “una tecnologia di scambio
nell ’industria televisiva che ha senso non in quanto tale ma per la funzione che svolge ”26,
un set di strumenti di lavoro che tutti gli operatori dl settore televisivo utilizzano, una sorta
di moneta di scambio universalmente accettata ,ma facilmente falsificabile, proprio perché
la sua tutela, economica e legale, è di difficile regolamentazione sin dai tempi in cui la Tv
ancora non esisteva27.
I format televisivi sono potenti catalizzatori del gusto televisivo 28 ; essi sono pensati e
strutturati per essere generici e per poter essere applicati a qualsiasi contesto televisivo.
Inoltre invece di provenire esclusivamente dagli Stati Uniti , molti di essi sono stati
sviluppato in contesti geografici periferici (Nord Europa, Australia, Sud America) come
24
E. MENDUNI, I linguaggi della radio e della televisione. Teorie, tecniche e formati. Roma - Bari, Laterza,
2006, 131.
25
A. MORAN, Copycat TV. Globalisation, Program Formats and Cultural Identity. Luton: university of
Luton Press, 1998, 14.
26
A. MORAN , Copycat TV. Globalisation, Program Formats and Cultural Identity. Luton: university of
Luton Press, 1998, 18.
27
M. PERROTTA, Il format televisivo. Caratteristiche, circolazione internazionale, usi e abusi,
QuattroVenti, 2007, 36.
28
P. TAGGI, Morfologia dei format televisivi, Come si fabbricano i programmi di successo, Roma:RAI-Eri ,
2007.
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una specie di alternativa alla compravendita di programmi già pronti: Waisbord definisce i
format un “sottoprodotto involontario dell ’esistenza di norme protezionistiche in certi
sistemi televisivi ” e ci fa notare come spesso queste restrizioni sull ’importazione di show
stranieri già prodotti abbiano favorito l ’importazione di idee di programmi straniere29.
Lo sviluppo e la popolarità dei format in contesti periferici è riscontrabile in particolar
modo quando consideriamo uno dei trend più recenti dell ’estetica e del linguaggio della
televisione globale: la reality TV. È indubbio infatti il successo dei format della reality
television e il ruolo importante che l ’Europa sta svolgendo nel concedere opzioni d ’uso ed
esportare format verso l ’esterno, compresi gli Stati Uniti30, considerando, ad esempio, i
dati del report The Global Trade in Television Formats, realizzato nel 2005 da Screen
Digest e FRAPA ( Format Recognition and Protection Association), sul commercio globale
dei format televisivi, possiamo avere conferma del crescente peso di alcuni Paesi Nord-
europei (Gran Bretagna, Olanda, Svezia) negli scambi internazionali di format31
4. IL FORMAT COME FENOMENO ECONOMICO GLOBALE
Oggi, quarant ’anni dopo l ’imperialismo culturale di Schiller, trent ’anni dopo la ricerca di
Nordenstreng e Varis 32 e venticinque anni dopo il rapporto Mac Bride 33 , il modo più
29
S. WAISBORD, “McTV. Understanding the global popularity of television formats ” , Television & New
Media, 2004, Vol.5 (4), 359-383.
30
M. PERROTTA, Il format televisivo. Caratteristiche, circolazione internazionale, usi e abusi, Quattro
Venti, 2007, 33.
31
FEY, SCHMITT e BISSON, The Global Trade in Television Formats. London: Screen Digest and
FRAPA, 2005.
32
Nel 1974 Nordenstreng e Varis pubblicarono per l ’Unesco il primo studio mai realizzato sulle dinamiche di
esportazione dei prodotti televisivi, dal titolo Television traffic- a one-way street: a survey and analysis of the
International flow of television programme material. Sulla base dei dati raccolti in un elevato numero di
paesi ( più di 50) gli autori analizzarono il contenuto e le percentuali della programmazione televisiva
domestica nei confronti di quella importata. Dalla ricerca risultarono evidenti l ’egemonia della
programmazione statunitense in un mercato non ancora globalizzato, insieme alla preferenza di chi importava
verso la televisione di intrattenimento rispetto a quella di informazione.
33
Nel 1977 per l ’Unesco una commissione guidata dall ’irlandese Sean Mac Bride e formata da personalità
del mondo della cultura provenienti da 16 diversi Paesi ( tra cui Gabriel Garcia Marquez) fu incaricata di fare
il punto sulla comunicazione nel mondo e di individuare i principali squilibri tra paesi e aree del pianeta. Due
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diffuso di importare, esportare, produrre e consumare programmi televisivi è proprio
quello di scambiare i format.
Se negli anni Cinquanta gli scambi di programmi avvenivano prevalentemente tra Paesi
che parlavano la stessa lingua e riguardavano soprattutto gli Stati Uniti e paesi del
Commonwealth, il primo commercio di format tra Paesi europei (Germania e Gran
Bretagna) risale al 1967, con Der Goldone Schuss, show tedesco basato sulla leggenda di
Guglielmo Tell, venduto alla privata ATV del circuito Indipendent TeleVision e trasmesso
con il titolo The Golden Shot.
Da quel momento in poi è cresciuta l ’importanza e l ’interesse verso i programmi europei.
Durante gli anni Settanta, una volta consolidatesi le pratiche di scambio di idee di
programmi tra i Paesi europei e persino con gli Stati Uniti, si arrivò finalmente a un
sistema di licenze a pagamento per l ’utilizzo dei programmi.
Questo coincise in quasi tutti i paesi europei con una fase di deregulation nei sistemi
televisivi, momento di rivoluzione dei palinsesti nazionali, caratterizzato dall ’aumento del
fabbisogno di programmi dovuto al numero crescente di ore di trasmissione e di canali
televisivi da riempire.
Nonostante qualche perplessità il mercato del format si è sviluppato pienamente nel corso
degli anni Ottanta, sulla spinta delle audaci società di produzione australiane Becker e
Grundy. In particolare la Grundy è stata la prima “ casa di produzione australiana a creare
una serie per un network americano ”34 producendo per la NBC Sale Of The Century e la
soap opera The Restless Years, esportata con successo anche in Germania e Olanda.
Che il mercato internazionale del format abbia preso il largo negli anni Novanta è stato
evidente soprattutto grazie al proliferare di incontri, fiere, festival e momenti di riflessione
sul format a cui l ’industria televisiva ha dato luogo in questo periodo. Le fiere si sono
sviluppate con relativa lentezza rispetto ai ritmi del mercato audiovisivo e solo di recente
hanno acquisito l ’importanza che hanno oggi.
anni dopo la commissione presentò i risultai del rapporto che affermava come l ’industria culturale
occidentale costituisse “ una forma supplementare di dominazione economica ed ideologica sul Terzo Mondo
(E. MENDUINI , (1998), La televisione , Bologna, Il mulino, 63).
34
FEY, SCHMITT e BISSON, The Global Trade in Television Formats. London: Screen Digest and
FRAPA, 2005, 43.
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