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Si tratta di un approfondimento riguardante le tematiche
sulla tutela delle confessioni religiose di minoranza che sono al
centro del dibattito giurisprudenziale e dottrinale. Si riferisce alle
questioni più dibattute, nonché principali problemi applicativi del
Concordato.
Una trattazione questa che, lascia il campo aperto verso
soluzioni diverse.
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Capitolo I
LE CONFESSIONI RELIGIOSE
NELL'ORDINAMENTO ITALIANO.
§1. "Confessioni religiose" e conflitti di lealtà
È stato osservato come, negli ordinamenti contemporanei -
primi oramai della loro struttura monistica, ogni coscienza
personale vanti uguale titolo davanti alla legge, la quale non
dovrebbe porre norme che mettano l'individuo in difficoltà
davanti alla sua coscienza; le obiezioni di coscienza non
sarebbero da vedersi solo come atti di disobbedienza alla legge
perché l'unica regola che la legge deve garantire è la libertà e non
la possibilità di obiettare.
L'ordinamento italiano mentre ha consentito il
riconoscimento di alcune ipotesi di "obiezione di coscienza" non
sempre si mostra "preparato" ad affrontare i molteplici conflitti di
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lealtà che l'esistenza propone, dando luogo a conflitti dagli esiti
poco scontati.
1
"Sulla scia del pensiero giusnaturalista la dottrina liberale
del secolo scorso ha affermato che la religione attiene
esclusivamente al momento individuale e sia pertanto un "fatto di
coscienza". Corollario di tale impostazione era quello di ritenere
esaurito il compito dello Stato nella semplice emanazione di una
"legislatio libertatis" protettiva della libertà dell'individuo. Si
tratta però di opinioni che, se hanno prodotto effetti positivi in
campo politico e normativo, favorendo la laicizzazione del diritto
e la piena affermazione del principio di libertà religiosa, trovano
ampia smentita sul piano sociologico perché ogni credenza
religiosa si qualifica sul piano sociale come portatrice di una
peculiare deontologia che i credenti tendono ad imporre a tutta la
società nella quale vivono. Inoltre lo Stato regola i
1
P. RESCIGNO, "Gruppi sociali e lealtà", in studi nelle scienze giuridiche e sociali
dell'Università di Pavia, 1959, 190-1 (ora anche in I.D., Persona e comunità, Bologna, il
Mulino, 1966-68-94; rist. analistica Padova, Cedam, 1987).
Ha osservato P. CONSORTI, Obiezione, opzione di coscienza e motivi religiosi, cit. 256,
come resti attuale "la necessità acchè lo Stato compia una propria autonoma valutazione
circa la qualità dell'affermazione di coscienza, per verificare in che misura sia degna di
tutela": non per operare "un esame sulla coscienza, né sui motivi personali che hanno
indotto ad operare una certa scelta", né per "distinguere tra coscienza buona o cattiva",
bensì per tutelare certe tendenze ed avversarie altre, attraverso scelte politiche che si
traducono in atti normativamente fissati.
8
comportamenti dei propri sudditi includendo nelle proprie norme
comandi che, rappresentano una selezione (di accoglimento o di
rigetto) rispetto a imperativi preesistenti, dettati dalla comune
morale, dalle tradizioni culturali e soprattutto dall'etica e dalla
deontologia di credenze religiose. Infine perché attorno ad ogni
credenza religiosa si sviluppa una struttura organizzativa con
centri di potere, gerarchie, possibilità di confronti interni: donde
la necessaria nascita di sistemi normativi confessionali e il
conseguente problema di determinare in che misura le regole così
sorte possano trovare applicazione nell'ambito dello Stato.
Le scelte normative dello Stato subiscono la pressione
dell'etica religiosa, inoltre il legislatore civile è chiamato a
determinare quale debba essere il regime giuridico delle
istituzioni di derivazione religiosa, e quale rilevanza possano
avere le norme interne di ciascuna confessione religiosa: in tale
duplice compito si individua la ragion d'essere del diritto
ecclesiastico civile".
2
2
Cfr. CATALANO G., Lezioni di diritto ecclesiastico, Milano, 1989, pag. 13.
9
Il rapporto dialettico tra lo Stato (impersonante nel
suo complesso la società civile), e la Chiesa e gruppi religiosi,
rappresenta un dato ineliminabile della realtà che non può essere
ignorato sul piano giuridico facendo leva sul dogma politico,
della virtuale onnipotenza dello Stato.
Tale dogma, se costituisce il presupposto giustificativo
dell'esclusività e della compiutezza autosufficiente
dell'ordinamento giuridico statuale, rivela, tutta la sua debolezza
sul piano sociologico, dove si è costretti a rilevare sia l'esistenza
di uno spazio sottratto a qualsiasi efficace azione dello Stato sia
la sussistenza di una forza di pressione esercitata ovviamente in
misura variabile dai vari gruppi confessionali.
3
"Se è pur vero che i valori religiosi incontrano crescenti
ostacoli ad affermarsi come tali in una società dove l'ordine sacro
non fa più parte integrante d'una visione del mondo distribuita in
modo omogeneo, non va tuttavia dimenticato che la nostra
3
PARSONS T., Comunità societaria e pluralismo. Le differenze etniche e religiose nel
complesso della cittadinanza, a cura di Sciortino G., 1994, sta in "IL PRISMA" n. 24, pag.
213.
10
società civile continua a vivere, in seno ad una civiltà che è
stata plasmata dai valori religiosi".
4
§2. I rapporti fra l'ordinamento statale e gli
ordinamenti delle confessioni religiose operanti
in Italia
Fra l'ordinamento giuridico dello Stato italiano e gli
ordinamenti delle confessioni religiose che hanno seguaci in
Italia si è venuto a stabilire un complesso di rapporti
fondamentalmente simili a quelli che si stabiliscono fra lo Stato
ed altri tipi di autonomie.
Vi sono alcune specificità di questo tipo di rapporti che li
differenziano da quelli analoghi o da taluno di essi che conviene
segnalare.
4
Cfr. BOTTA R., Manuale di diritto ecclesiastico, Valori religiosi e società civile, Torino,
1997.
A. PIZZORUSSO, Diritto ecclesiastico e principi costituzionali, in AA.VV. Nuovi accordi
tra Stato e confessioni religiose, Milano, 1985, p. 1342, afferma che le più importanti
novità introdotte dalla Costituzione repubblicana sono "fondamentalmente due: la
valorizzazione del principio democratico e l'accoglimento del principio pluralistico, anche
nel suo significato di pluralismo istituzionale".
11
La principale deriva dall'estraneità della materia religiosa
intesa in senso stretto rispetto al complesso di materie regolate o
suscettibili di essere regolate dall'ordinamento giuridico dello
Stato.
5
"Questa estraneità risulta dal principio separatistico
enunciato nell'art. 7, 1° comma, con riferimento alla religione
cattolica e presupposto dalle varie proposizioni che compongono
l'art. 8, nonché dall'enunciazione della libertà religiosa di cui
all'art. 19.
Ciò comporta che la materia religiosa in senso stretto non è
regolata dallo Stato, né direttamente, né mediante rinvio agli
ordinamenti delle singole confessioni e che, di conseguenza
questa materia, non è giustiziabile, né in alcun modo rilevante
5
A. PIZZORUSSO, Libertà religiosa e confessioni di minoranza, sta in: Quaderni di diritto
e politica ecclesiastica n. I aprile 1997 pag. 57.
Cfr. un'indicazione ulteriore in S. LARICCIA, voce Stato e Chiesa (rapporti tra), in Encicl.
Dir. XLIII, Milano, Giuffrè, 1990, p. 897, ove si afferma che il "principio che la disciplina
legislativa della materia ecclesiastica debba essere normalmente concordato tra lo Stato e le
confessioni religiose si applica soltanto nell'ipotesi che l'ordinamento statale ritenga
opportuno disciplinare con un "diritto speciale" il fenomeno religioso. Un'intesa o un
Concordato fra Stato e confessioni religiose saranno dunque richiesti soltanto ove si intenda
stabilire una disciplina, speciale, derogatoria o ulteriore rispetto al diritto statale comune, o
si voglia attribuire efficacia civile ad atti permanenti dagli organi confessionali; dove può
bastare il diritto comune, non si richiede una disciplina bilateralmente stabilita".
12
per lo Stato (il quale quindi non può assumere in alcun caso il
ruolo del "braccio secolare", talora esercitato in passato)".
6
La materia religiosa in senso stretto fa parte della
competenza statutaria, ma non coincide con essa, potendosi avere
sub-materie comprese nella competenza statutaria ma non nella
materia religiosa in senso stretto. Non può escludersi l'eventualità
che si abbiano casi di rinvio (eventualmente anche implicito)
della legislazione statale alla disciplina confessionale (in deroga
alla regola generale dell'irrilevanza del diritto confessionale per il
diritto statale).
Il fatto che il rinvio non riguardi tuttavia tutta quanta la
materia assegnata alla competenza statutaria delle
confessioni
religiose differenzia il rapporto che esiste fra l'ordinamento
giuridico statale e gli ordinamenti delle confessioni religiose (del
rapporto si ha invece fra l'ordinamento statale ed altri
ordinamenti autonomi, per i quali invece il rinvio riguarda tutto
quanto l'ordinamento).
6
Cfr. ivi - pag. 57.
13
Quest'ultimo è ad es. il caso degli ordinamenti degli enti locali, i
quali sono rilevanti per l'ordinamento dello Stato e "giustiziabili"
con le stesse modalità di questo anche nella parte in cui
costituiscono il prodotto di attività autonome (statuti,
regolamenti, ecc.).
7
Non vi è dubbio che risulti comune ai due ordinamenti la
disciplina delle materie appartenenti alla competenza "bilaterale"
e che queste materie siano destinate ad essere regolate mediante
accordi o intese; ma, in mancanza di esse, è applicabile la
disciplina statale vigente con efficacia supplettiva compatibile
con i principi costituzionali.
Non sono certi limiti operanti nell'ambito degli
ordinamenti delle confessioni religiose altri principi o regole
propri dell'ordinamento statale. Con riferimento alla generalità
dei rapporti autonomistici può ritenersi che i principi
costituzionali valgano anche per gli ordinamenti degli enti e delle
formazioni sociali nella misura in cui ciò non risulti
incompatibile con il riconoscimento dell'autonomia di questi.
7
Ivi - pag. 58.
14
È da ritenere che siano applicabili quanto meno i "principi
supremi" (come ritenute dalla Corte Costituzionale con
riferimento al diritto comunitario ed al diritto concordatario).
8
A tali principi, ed alle leggi interpretative di essi, deve
intendersi riferito al limite stabilito dall'art. 8, 2° comma, Cost.
secondo il quale gli statuti delle confessioni religiose non devono
contrastare con "l'ordinamento giuridico italiano".
Il limite dei principi supremi comporta che l'ordinamento
statale non possa recepire norme proprie dell'ordinamento
autonomo che siano incompatibili con essi e probabilmente
anche che i principi stessi debbano ritenersi automaticamente
inseriti negli ordinamenti delle confessioni religiose.
9
In questo caso, cioè, non sarebbe esatto affermare ad
esempio che la Costituzione della Repubblica è anche la
costituzione dell'ordinamento di ciascuna confessione religiosa
operante in Italia poiché la Costituzione regola materie di cui un
ordinamento di una confessione religiosa non ha motivo di
occuparsi (e viceversa).
8
In questo senso si è pronunciata la Corte Costituzionale con la sentenza 12 aprile 1989 n.
203.
9
A.C. JEMOLO, Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni, Torino, 1948, pp. 69 ss.
15
Sembra certo quindi che l'ordinamento di una confessione
religiosa operante in Italia non possa contenere regole
incompatibili con i principi supremi della Costituzione italiana.
Se si tratta di una confessione religiosa che opera in una pluralità
di Paesi nulla esclude che il suo ordinamento venga
conseguentemente a differenziarsi dal punto di vista territoriale.
Ne consegue che i principi supremi in questione possano
fondare anche diritti della persona all'interno dell'organizzazione
delle confessioni religiose. Il riconoscimento dell'autonomia delle
confessioni religiose, al pari di altre autonomie, non può infatti
sacrificare i diritti individuali di libertà, che possono esercitarsi
anche all'interno delle organizzazioni autonome.
10
10
A. RAVÀ, Contributo allo studio dei diritti individuali e collettivi di libertà religiosa
nella Costituzione italiana, Milano, Giuffrè, 1959.
16
§3. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica
"Le confessioni religiose sono delle Comunità sociali
stabili, dotate o non di organizzazione e normazione propria, ed
avente una propria e originale concezione del mondo, basata
sull'esistenza di un Essere trascendente in rapporto con gli
uomini.
La nostra Costituzione garantisce (art. 8) l'eguale
libertà, di fronte alla legge, di tutte le confessioni per garantire
all'individuo di professare liberamente la propria fede (art. 19:
libertà di religione) e alle assicurazioni religiose di non subire
particolari restrizioni, gravami o discriminazioni correlate alla
natura della propria attività (art. 20: libertà delle religioni).
La disciplina dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica,
è stata modificata a seguito del Concordato stipulato tra il
Governo italiano e la Santa Sede il 18 febbraio 1984, col quale
sono state apportate modifiche a tali Patti.
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Si è abbandonato il principio della religione cattolica come
religione dello Stato attenuando così quella posizione di
privilegio, in passato riconosciuta alla religione cattolica, nel
contempo si è contribuito al rafforzamento dei principi
costituzionali di libertà in materia religiosa che sono:
- l'eguale libertà davanti alla legge italiana di tutte le
confessioni religiose;
- il diritto di ciascun individuo di professare liberamente la
propria religione;
- le sentenze di nullità di matrimonio pronunciate dai Tribunali
Ecclesiastici saranno su domanda delle parti dichiarate
efficaci nella Repubblica Italiana con sentenza della Corte
d'Appello competente;
- l'insegnamento della religione non sarà più materia scolastica
obbligatoria, ma opzionale".
11
11
Cfr. FINOCCHIARO F., Diritto ecclesiastico, Bologna, 1997, pag. 51.
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"La dottrina ha individuato in diversi elementi i punti
caratterizzanti la confessione religiosa che la distinguono dagli
altri gruppi sociali: un orientamento vede nel carattere
istituzionale organizzativo e normativo e nel vincolo di una
fede comune gli elementi essenziali di una confessione, un'altra
tesi pone l'accento sulla specificità del fine perseguito dal gruppo
sociale nel campo religioso; secondo un'altra opinione una
confessione religiosa è un gruppo perseguente una finalità
religiosa consolidata nella tradizione italiana o conforme
all'opinione comune nella società italiana.
Un altro fenomeno attinente alla vita religiosa, ma che non
dà luogo ad una confessione religiosa è quello dei dissidenti
da una confessione già esistente che staccandosi da questa creano
un organismo superato. Il riconoscimento costituzionale degli
ordinamenti delle confessioni acattoliche non è incondizionato:
gli statuti organizzativi di tali confessioni devono essere
conformi all'ordinamento giuridico italiano".
12
12
Cfr. TEDESCHI M., La codificazione canonica, Problemi metodologici. Sta in: Diritto
eccles. 1992, I, 113, pag. 84 ss.