4
fornire informazioni personali, ma soprattutto di decidere dell'utilizzo dei propri
dati, di disporne, anche se non in via esclusiva, di poterne verificare veridicità,
esattezza e finalità di utilizzo anche nella fase successiva della raccolta, quando
essi sono inseriti in un archivio o in una banca dati
2
. La storia della protezione
delle informazioni è segnata da una lenta ma netta trasformazione: da generici
appelli alle buone intenzioni a regolamentazioni sempre più precise. Per quanto
le leggi esistenti possano essere diverse tra di loro, tutte esprimono la
convinzione che una efficiente protezione presupponga norme vincolanti che
delimitino chiaramente l'uso delle informazioni personali ed indichino
esplicitamente le condizioni secondo cui i dati devono essere trattati. Il
riconoscimento di un diritto di tutela della privacy informatica non si può
tradurre però in un divieto di trattamento di dati personali perché questo sarebbe
in contrasto con il diritto all'informazione. Inoltre, benché potenzialmente
invasive della sfera personale, la raccolta e l'elaborazione dei dati sono, allo
stesso tempo, operazioni di grande utilità per il perseguimento di finalità tra le
più diverse ma comunque degne di tutela. Dunque il problema è quello di trovare
un equilibrio tra il diritto del singolo alla tutela della propria sfera personale e la
libertà di procedere a trattamenti di dati per la realizzazione di obiettivi leciti o
di utilità sociale e ciò vuol dire che il diritto alla privacy dei singoli dovrà essere
bilanciato con altri diritti e di conseguenza potrà essere limitato o compresso in
favore di questi ultimi qualora siano ritenuti prevalenti
3
. Tuttavia non è solo a
livello informatico che di privacy si può parlare e infatti credo sia utile
puntualizzare che questo è solo un aspetto di un diritto che tende a tutelare
svariate situazioni della vita privata e beni giuridici. Le origini del diritto alla
privacy si fanno di solito risalire alla fine del XIX secolo ed è venuto
faticosamente emergendo dapprima oltreoceano, nel contesto di una società
come quella statunitense, che nel progresso tecnologico ha anticipato di almeno
mezzo secolo l'Europa. La nozione di privacy è il frutto di un lungo processo di
2
Cfr.Martines Francesca, “La protezione degli individui rispetto al trattamento automatizzato dei dati nel diritto
dell’Unione Europea” in Riv.Ital. Dir.pub. comunitario,2000
3
Cfr. Martines Francesca,”La protezione degli individui rispetto al trattamento automatizzato dei dati nel diritto
dell’Unione Europea”, op. cit.
5
maturazione giuridica che sottende il riferimento ad una pluralità di interessi ed
ambiti ben distinti ed individuabili: non sfugge la differenza esistente tra le
vulnerazioni per così dire fisiche della sfera della privacy e quelle che possono
essere definite le vulnerazioni informazionali della sfera dell'individuo ossia
l'indebita apprensione e diffusione di notizie riguardanti la sua sfera personale e
di intimità, con le inclinazioni, gli orientamenti, gli stili di vita che le
caratterizzano
4
. Dunque cosa è effettivamente la privacy ? Il significato del
termine tende a modificarsi o meglio ad ampliare i suoi orizzonti nel corso degli
anni: in origine si tratta della situazione dell'individuo che rivendica il diritto a
non subire arbitrarie interferenze, sotto forma di condizionamenti, nella sfera in
cui è solo con se stesso ossia tende ad escludere ingerenze esterne di qualsiasi
tipo poiché avvertite come invasioni inammissibili in un luogo non solo fisico ma
anche in quello per così dire psicologico in cui si forma e si sviluppa la propria
personalità. L'uomo vuole dunque sentirsi al riparo non solo dalle invasioni
fisiche del proprio spazio ma anche dai frequenti condizionamenti della società
che in modo occulto cerca di aggirare le sue difese psicologiche. E ancora c'è
una sfera più intima rappresentata dall'ambito familiare che è il luogo della prima
realizzazione della personalità umana in cui l'uomo espande la propria
individualità e la sua affettività: si tratta di uno spazio nel quale rientrano una
pluralità di manifestazioni significative che riguardano la propria vita familiare
con la possibilità di impedirne a chiunque, ed innanzi tutto alle autorità pubbliche,
l'accesso arbitrario e persino la conoscenza. Oltre a questa sfera squisitamente
privata, si deve tenere in considerazione la tutela delle manifestazioni che
riguardano l'individuo nello spazio della sua partecipazione attiva alla vita
pubblica. Ecco allora l'anonimato che impedisce la conoscenza della provenienza
di un comportamento che ha rilevanza esterna, sia esso una manifestazione del
pensiero oppure uno scritto ovvero determinate attività sociali ed economiche.
E' così che si arriva alla riservatezza e a venire in considerazione sono i limiti al
dominio dell'interessato sulle informazioni che in qualche modo lo riguardano: si
4
De Giacomo Claudio,”Diritto,libertà e privacy nel mondo della comunicazione globale: il contributo della teoria
generale del diritto allo studio della normativa sulla tutela dei dati personali”, Milano, Giuffrè,1999
6
va dal minimo del controllo, all'insieme di poteri che presiedono alla corretta
divulgazione sulla base della veridicità delle informazioni, fino al limite massimo
rappresentato dal potere del titolare d'impedire la circolazione di determinate
notizie sul proprio conto.Con il passar del tempo, per effetto dei repentini
cambiamenti sociali avutisi il concetto di privacy si trasforma da semplice
istanza di isolamento e solitudine in libertà delle scelte esistenziali individuali,
tra le quali merita una certa considerazione l'insieme delle regole sulla
circolazione delle informazioni personali. L'evoluzione ha sancito in via definitiva
il passaggio dalla concezione statica del diritto alla privacy, intesa come diritto
alla segretezza di quanto relativo alla propria persona, ad una concezione più
moderna e dinamica, legata proprio alle sollecitazioni della Information and
Communication Technology, della riservatezza come diritto a mantenere il
controllo sulle proprie informazioni, per impedire che altri ne facciano usi
impropri
5
. La privacy pertanto, pur all'apparenza uniforme e compatta, abbraccia
molteplici aspetti della vita dell'individuo per garantire le condizioni che rendono
possibile il formarsi di una personalità libera nella sfera privata e in quella
pubblica. In definitiva viene in discussione il concetto stesso di libertà che
spesso si sovrappone a quello di privacy ritenendosi che quest'ultima non possa
venire distinta dai diritti più generali di libertà che riguardano la persona. Ecco la
privacy intesa come un insieme complesso di diritti e libertà fondamentali,
costituzionalmente disciplinate e tutelate. Tale diritto alla privacy si dispiega
dunque nei rapporti dell'individuo nei confronti degli altri con cui si relaziona, nei
confronti della P.A., all'interno delle organizzazioni e delle formazioni sociali, nei
luoghi di lavoro. Nelle pagine che seguono sarà proprio quest'ultimo aspetto ad
essere approfondito considerato che il settore del lavoro, particolarmente vitale
per l'uomo, è quello maggiormente interessato dalle trasformazioni tecnologiche
e dunque con più facilità il diritto alla riservatezza potrebbe essere leso. Il luogo
di lavoro rappresenta lo spazio in cui il soggetto-lavoratore deve potersi
muovere con la consapevolezza di non essere leso nella propria riservatezza ed
5
Biagi Marco e Treu Tiziano, “Lavoro e Information technology : riflessioni sul caso italiano”.Il Diritto delle
relazioni industriali,2002
7
identità e di poter vivere un'esistenza libera e dignitosa così come
espressamente previsto da norme costituzionali e di rango primario.
E' fondamentale ricordare che il rapporto di lavoro costituisce probabilmente
uno degli aspetti più delicati e di maggior rilievo della vita di ogni individuo e,
d’altra parte, già nella Carta Costituzionale all’art. 4 viene espressamente
stabilito che “la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e
promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto”. Quello al lavoro
dovrebbe, dunque, costituire uno dei diritti inviolabili dell’uomo e lo Stato
dovrebbe essere in grado di garantire tale diritto ad ogni cittadino a prescindere
da qualsiasi differenza di età, sesso, razza, convincimento politico o ideologico,
abitudine sessuale, stato di salute o appartenenza ad associazioni sindacali; ciò
in ossequio, tra l’altro, al principio costituzionale sancito all’art. 3 secondo il
quale, come noto “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di
tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Proprio nel tentativo di dare piena attuazione a tali principi di rango
costituzionale, nel corso degli anni, il legislatore è più volte intervenuto a dettare
una disciplina che realizzasse un contemperamento tra gli interessi ed i diritti di
entrambe le parti coinvolte nel rapporto di lavoro (datore di lavoro e lavoratore).
E’ straordinario rendersi conto di come, già molti anni fa, in epoca ancora
lontana da ogni preoccupazione circa il diritto alla riservatezza ed al trattamento
dei dati personali, il legislatore abbia avvertito l’esigenza di farsi carico di
precludere al datore di lavoro di porre in essere tutta una serie di
comportamenti suscettibili di consentirgli di entrare in possesso di informazioni
e dati di carattere personale attinenti al lavoratore con il rischio che tali
informazioni venissero poi utilizzate per porre in essere condotte
discriminatorie.
8
2. IL LUOGO DI LAVORO SORVEGLIATO
Mentre nel XIX secolo e agli inizi del XX i lavoratori erano concentrati sotto uno
stesso tetto, ciò che facilitava la sorveglianza(così come affermava Karl Marx),
le tecnologie odierne dei mezzi di controllo sono maggiormente indirizzate al
singolo dipendente
6
. I vecchi metodi di sorveglianza del lavoro perdono
importanza, il lavoro è divenuto sempre più individualizzato e il crescente
sviluppo di specifici dispositivi elettronici fa sì che il monitoraggio dei lavoratori
sia sempre più semplice. Ormai i dipendenti divengono sempre più mobili e
perciò anch'essi dipendono in grado maggiore dalle nuove tecnologie nello
svolgimento delle loro attività lavorative. E’ormai attestato come un certo
impiego della posta elettronica e di Internet, oltre a promuovere il lavoro
collaborativo, sviluppi la produttività avvantaggiando così l'azienda. Oltre a ciò
prima che un lavoratore sia regolarmente assunto è probabile che sia controllato
per mezzo di speciali database o dello screening genetico per scoprire se questo
o quell'individuo potrà essere un dipendente responsabile e capace di lavorare
sodo. Si pensi addirittura che in Gran Bretagna varie organizzazioni saranno
presto in grado di risalire più facilmente ai controlli di base relativi ai dipendenti
potenziali, facendo uso del Criminal Records Bureau centralizzato
7
.Gli aspiranti
lavoratori sono analizzati in base alle loro propensioni ed inclinazioni piuttosto
che per quello che hanno effettivamente compiuto o per quello che è il loro
dimostrato rendimento sul lavoro. Chi lavora in postazioni fisse può essere
controllato attentamente per mezzo di telecamere, che possono essere anche
collegate ad internet, o per mezzo di badge attivi che servono per localizzare i
dipendenti che li portano addosso di momento in momento. Tramite l’uso delle
webcam si ha l'opportunità di vedere cosa stia succedendo in ufficio o nella
fabbrica in ogni momento del giorno o della notte. Anche chi lavora spostandosi
da un luogo all'altro può essere tracciato. I tachimetri dei camion registrano
velocità, percorsi e pause; coloro che lavorano a domicilio possono accorgersi
che le loro e-mail e l'utilizzo che fanno di Internet sono monitorati. Anche il
6
Lyon David,L’occhio elettronico:privacy e filosofia della sorveglianza, Milano, Feltrinelli 1997
7
Lyon David,”La società sorvegliata: tecnologie di controllo della vita quotidiana”,Milano, Feltrinelli,2002
9
tempo di non lavoro può essere soggetto a sorveglianza: i lavoratori sono
sottoposti a controllo per verificare l'abuso di sostanze nel tempo libero; le
lavoratrici sono controllate per determinare l'inizio della gravidanza. L'uso
crescente dell'e-mail ha generato un settore che produce sistemi di controllo
della posta elettronica, approntati al fine di verificare che il mezzo di
comunicazione sia utilizzato in modo appropriato. Automaticamente, i lavoratori
possono essere sorpresi mentre usano la posta elettronica per comunicazioni di
tipo personale o mentre navigano in Internet senza che vi sia una ragione
riconducibile all'attività lavorativa. Inoltre alcuni sistemi offrono caratteristiche
che possono essere impiegate per identificare e frenare le attività sindacali.
Anche l'uso del telefono può essere registrato, al fine di scoprire "utilizzi
impropri". Ma anche se il dipendente lavora a casa, utilizzando il computer, le
sue attività possono essere tracciate altrettanto facilmente. Ulteriori tipi di
sorveglianza sul posto di lavoro emergono quali conseguenze di altre attività. Mi
riferisco ai sistemi di telesorveglianza installati allo scopo di prevenire il
taccheggio nei grandi magazzini che possono diventare uno strumento
manageriale comune anche per la facilità con cui essi riescono a mimetizzarsi. In
alcuni negozi britannici, le telecamere della televisione a circuito chiuso,
installate per tenere d'occhio i clienti con le mani lunghe, sono impiegate anche
per controllare la minaccia di furto da parte dei dipendenti. E inoltre le stesse
telecamere riprendono altri aspetti delle prestazioni dei lavoratori, quali la
conformità delle procedure riguardanti i registratori di cassa o la restituzione e il
cambio delle monete, così come gli aspetti emotivi del lavoro. Tutto ciò mostra
come la sorveglianza possa sollevare problemi relativi non tanto al controllo dei
lavoratori da parte del management quanto all'identificazione delle aree che
dovrebbero essere considerate private nell'ambito del posto di lavoro.
Cercherò di analizzare quali sono attualmente le garanzie poste a tutela della
privacy del lavoratore sia all'interno che all'esterno dei luoghi di lavoro, nei
confronti degli altri lavoratori ma soprattutto del datore di lavoro, verificando
quali sono gli strumenti di tutela che, nel corso degli anni, il legislatore ha voluto
10
garantire a quella che, per tradizione, è la parte più debole del rapporto
contrattuale di lavoro.
3. LA RISERVATEZZA PRIMA DELLO STATUTO DEI LAVORATORI
Inizialmente in materia di diritto del lavoro la riservatezza sembrava essere
estranea alla logica del contatto sociale propria dei contratti di lavoro eppure la
conclusione del contratto, così come il permanere del vincolo contrattuale, sono
strettamente legati alla valutazione della persona del contraente. In effetti
l'implicazione della persona del prestatore nel rapporto determina
necessariamente, in sede di stipulazione del contratto, una parziale rinuncia, da
parte dello stesso prestatore, alla tutela della propria riservatezza nei confronti
del datore di lavoro. Emergeva chiaramente che la peculiarità del contratto di
lavoro costituita dall'immanenza della stessa persona del lavoratore nel
contenuto del rapporto limitava in maniera più o meno penetrante l'autonomia
dello stesso prestatore. Si sentiva pertanto l'esigenza di una disciplina speciale
del contratto che tutelasse la riservatezza di quest'ultimo. Il diritto alla
riservatezza del prestatore di lavoro trova il suo fondamento normativo, oltre
che nell'art.41 co.2 Cost., nell'art.2087 c.c., che impongono al contraente-datore
di lavoro di non esercitare la sua posizione economicamente e contrattualmente
dominante in modo tale da ledere la dignità e la personalità morale del
lavoratore. Accanto a queste disposizioni generali, altri precetti costituzionali
(artt.32 e 24 Cost.) sono stati utilizzati per colmare aree vuote di diritto sì da
costruire una rete di protezione avverso le intrusioni-aggressioni del datore di
lavoro. Dunque, prima dell'entrata in vigore dello Statuto dei Lavoratori, sono
stati proprio questi principi e disposizioni, in particolar modo del settore
civilistico, ad operare nella materia del contratto di lavoro per la tutela della
privacy. Per questa via sono stati raggiunti importanti risultati, come quello di
escludere che il contratto di lavoro potesse assoggettare il lavoratore a controlli
da parte del datore di lavoro su aspetti della sua vita irrilevanti rispetto alla
corretta esecuzione della prestazione lavorativa ; o quello di escludere
11
l’esistenza di un obbligo precontrattuale, a carico del lavoratore, di informare il
datore di lavoro su fatti o circostanze irrilevanti ai fini della valutazione della sua
attitudine professionale; oppure quello di escludere la legittimità di forme di
controllo vessatorio e spionistico all’interno dell’azienda lesive della dignità e
della libertà morale del lavoratore, e comunque esorbitanti dai limiti della
subordinazione tecnica di cui si è detto in precedenza
8
. Furono, in questo modo,
significativamente anticipati alcuni dei contenuti più indicativi dello Statuto,
anche se non poteva essere data una soluzione sicura ad altri importanti
problemi, quali ad esempio quello della definizione delle modalità pratiche di
attuazione dei controlli a distanza mediante impianti audiovisivi, degli
accertamenti sanitari sulla persona del lavoratore, e delle perquisizioni all’uscita
del luogo di lavoro. In assenza di una normativa legislativa specifica non poteva
escludersi sempre con sicurezza la validità del consenso prestato dal lavoratore
alle multiformi aggressioni portate dalla prassi aziendale contro la sua
riservatezza in nome delle esigenze ‘ obiettive ’ della organizzazione produttiva.
Una testimonianza esemplare di quale fosse, negli anni precedenti
all’elaborazione ed approvazione dello Statuto dei lavoratori, il grado di tutela
dei diritti del lavoratore in azienda, ci perviene da uno scritto di Crisafulli del
1954
9
in cui si può leggere come “ è un dato di comune esperienza che tali diritti
( ovvero quelli individuali garantiti dalla nostra Costituzione ) subiscono
gravissime menomazioni, fino ad essere addirittura soppressi, all’interno delle
aziende lavorative, e più in generale sui luoghi di lavoro. Forte del contratto
individuale di lavoro e del regolamento di impresa, l’imprenditore esercita il più
delle volte i propri poteri di supremazia sui lavoratori dipendenti ignorandone
puramente e semplicemente la personalità di cittadini, cui la Costituzione
attribuisce una serie di libertà fondamentali”. Quasi anticipando i principi che nei
vent’anni successivi saranno codificati nella Carta dei lavoratori, così conclude
l‘Autore: “ i diritti fondamentali spettanti ai lavoratori come ad ogni soggetto, in
8
Ghezzi,”Polizia privata nelle imprese e tutela dei diritti costituzionali dei lavoratori” e Pera,”Responsabilità
dell’imprenditore per omessa tutela della personalità del lavoratore”
9
Crisafulli, Diritti di libertà e poteri dell’imprenditore, in Riv. Giur. Lav.,1954,pp.67 ss.
12
base alla Costituzione della Repubblica, non possono dunque subire, all’ interno
dell’ azienda, altre limitazioni al loro esercizio che non siano quelle strettamente
indispensabili per il normale esplicamento della prestazione lavorativa"
10
.
4. IL PRIMO ESPRESSO RICONOSCIMENTO LEGISLATIVO DEL DIRITTO
ALLA RISERVATEZZA : LO STATUTO DEI LAVORATORI
Con l’entrata in vigore dello Statuto, il sistema di controllo al quale i lavoratori si
assoggettano mediante il contratto di lavoro viene ricostruito su nuove basi
mediante una vera e propria procedimentalizzazione del potere datoriale
esercitato sui dipendenti. La vigilanza sull’attività lavorativa può essere
effettuata solo con particolari accorgimenti e seguendo determinate procedure.
In ogni caso, tale potere di controllo deve essere attuato in modo tale da non
ledere i diritti e le libertà fondamentali del lavoratore. Le norme della legge n.
300 del 1970 si occupano dei c.d. controlli in positivo, cioè quelli volti ad
acquisire dati ed informazioni sulle opinioni e sui comportamenti dei lavoratori.
Lo Statuto non ha eliminato il potere di controllo del datore di lavoro dal codice
civile, ma ne ha semplicemente disciplinato le modalità di esercizio, privando la
funzione di vigilanza del’impresa degli aspeti più “polizieschi”
11
.
Particolarmente importanti sono, da questo punto di vista, i limiti alquanto
penetranti all'esercizio dei poteri di vigilanza del datore di lavoro posti dallo
Statuto con le norme che disciplinano il controllo (diretto, attraverso il personale
di vigilanza ex art. 3, o a distanza, ex art. 4, 2°, 3° e 4°comma) della prestazione
di lavoro, vietando controlli occulti o con modalità (impianti audiovisivi ed altre
apparecchiature, ex art. 4, 1°comma, ritenuti vessatori) oppure svolti a mezzo di
soggetti (guardie giurate,art. 2 ) a cui è riservato il solo compito di
salvaguardare il patrimonio aziendale. Poi ci sono altre due disposizioni: l’ art. 5
in tema di accertamento sullo stato di malattia del lavoratore e l’ art. 6
concernente le visite personali di controllo. La specificità delle due norme si
10
Ancora Crisafulli,op.cit.
11
Cosi Cosentino Segio,Orientamenti giurisprudenziali e problemi pratici sul diritto alla privacy del lavoratore, su
www.rassegna.it/2005/dirittolavoro/articoli/05
13
evidenzia anzitutto in relazione all’oggetto del controllo che non riguarda la
prestazione di lavoro, in più, entrambe le disposizioni, coinvolgono, in maniera
più evidente rispetto alle norme precedenti, la riservatezza del lavoratore in
quanto consentono intrusioni ( a fini diagnostici o di tutela del patrimonio
aziendale ) sulla sua persona seppure articolate individuando specifici ambiti e
finalità entro i quali il lavoratore può essere legittimamente richiesto di disporre
della propria riservatezza. Ma è nel successivo art. 8 dello Statuto dei lavoratori,
la norma-principio che formalizza e incardina il diritto di riservatezza del
lavoratore, giacché, secondo l’usuale tecnica del divieto,contorna la sua persona
di una zona di rispetto impedendo al datore di lavoro di indagare, anche a mezzo
di terzi, al fine di conoscere le sue opinioni politiche, sindacali o religiose
nonché i fatti non rilevanti per la valutazione delle sue attitudini professionali.
Può dirsi, allora, che accanto alle ipotesi di tutela del riserbo, dell’isolamento
materiale e psicologico del lavoratore, come tali ascrivibili al contenuto
‘primordiale’ del diritto alla privacy, il fulcro della disciplina lavoristica sta
proprio nel predetto art.8
12
. A questo punto non è difficile risolvere il contrasto
dottrinale tra chi ha indicato nello Statuto l’atto di nascita del ‘diritto alla
riservatezza’ del lavoratore subordinato
13
e chi ha invece interpretato le norme
statutarie come specificazione di un principio generale preesistente
14
. In
entrambe le tesi è contenuto un nucleo di verità: se è vero che con la
stipulazione del contratto di lavoro subordinato il prestatore necessariamente
sacrifica tali diritti, assoggettandosi al potere di controllo del datore di lavoro, è
però anche vero che questo assoggettamento contrattuale non poteva, neanche
prima dell’entrata in vigore dello Statuto, concretarsi in una rinuncia totale alla
propria riservatezza da parte del lavoratore; ed in ogni caso il contratto non
avrebbe mai potuto pregiudicare la tutela della riservatezza del lavoratore con
illeciti extracontrattuali del datore di lavoro, ed in particolare con le indagini ed i
12
Cfr.Chieco,Il diritto alla riservatezza del lavoratore,in Giornale di diritto del lavoro e relazioni industriali, Cacucci
1998,pag.22
13
Pera , Lezioni di diritto del lavoro e commento agli artt.4 e 6 dello statuto,Cedam 1977,pag.495
14
Romagnoli U.,sub artt. 4 e 8 in Statuto dei diritti dei lavoratori, Zanichelli, Il Foro Italiano,1979
14
controlli da questo svolti o promossi in modo scorretto, o senza giustificato
motivo, sulla vita privata del proprio dipendente
15
. A questo punto ritengo sia
utile soffermarsi sugli artt.2 e 3 St.Lav. e in particolar modo sugli artt. 4 e 8
St.Lav. che a distanza di molti anni occupano ancora oggi una posizione di
supremazia nel sistema poiché richiamati dalla l.675/96 e in maniera espressa
dal d.lgs.196/2003 di cui seguirà una trattazione approfondita successivamente.
5. GLI ARTT. 2 E 3 DELLO STATUTO DEI LAVORATORI
Il lavoratore subordinato, in ragione del suo inserimento nell’organizzazione
dell’impresa, è soggetto al potere direttivo imprenditoriale ex art. 2094 e 2104
c.c. e, quindi, alle disposizioni della gerarchia aziendale, in ordine al tipo e alle
modalità consone all’attività da disimpegnare.
Tale condizione di base che lo differenzia, di rado per libera scelta, dal
lavoratore autonomo, responsabile dei risultati nei confronti del committente, fa
si che non possa ritenersi lesa la sua “libertà” o “dignità” (di cui all’art. 41 Cost.
ed alla L. n. 300/’70) dal fatto di una supervisione ad opera dell’imprenditore o
dei dipendenti espressamente investiti di compiti di sorveglianza da parte del
capo dell’impresa.
Con l’art. 2 della L. n. 300/’70, il legislatore ribadì i compiti tipici delle guardie
giurate (attinenti alla sola vigilanza sul patrimonio aziendale) coniugando ad essi
il divieto di accesso delle guardie ai reparti di lavorazione (salvo eccezionali e
motivate esigenze riguardanti la salvaguardia del patrimonio) nonché il divieto di
vigilanza sull’esecuzione del lavoro e tanto meno di contestazione sia in ordine
alle modalità di esecuzione della prestazione sia in ordine ai rapporti tra i
dipendenti. Tali divieti vengono poi assistiti dalla sanzione penale (ex art. 38 L.
n. 300/’70) a carico del datore di lavoro inosservante nonché da sanzione
amministrativo/disciplinare a carico della guardia giurata inadempiente, in
quest’ultimo caso su iniziativa e dietro denuncia dell’Ispettorato del lavoro (art.
2, ult. co., L. n. 300/’70).
15
Ichino,Diritto alla riservatezza e diritto al segreto nel rapporto di lavoro,Giuffrè 1979,pag.59