2
una propria immagine sul territorio e nell’ambiente. Conseguentemente, la
valutazione sul bene paesaggistico è da sempre ontologicamente soggettiva.
Tale sofisticata relazione caratterizza specificamente il bene paesaggio
indirizzando l’evoluzione della legislazione di tutela ad una concezione che
rispecchia sempre una modalità d’essere dell’uomo.
Alla luce della Convenzione Europea sul Paesaggio
1
e degli ultimi studi
scientifici in materia, si è arrivati a definire tale relazione complessa in termini di
immagine unitaria ed integrata delle dimensioni naturale–morfologica, storico–
culturale e percettivo- simbolica. In tal senso, il paesaggio è generalmente
considerato come interrelazione tra componenti fisico-ambientali tendenzialmente
invariabili - sistemi morfologici ed ecologici -, segni e permanenze della storia,
nonché fattori connessi ai valori sociali, percettivi, estetici, immaginari e simbolici
che le popolazioni locali hanno assunto come luogo di identificazione collettiva
2
.
Per avere una rappresentanza idonea del valore paesaggistico, in modo da poter
concepire un intervento legislativo efficace, è necessario, dunque, identificarlo,
articolarlo e descriverne la razionalità degli elementi. Ne deriva una tutela giuridica
volta oggi ad indirizzare l’azione dell’uomo sui fattori del paesaggio, prevedendone
cambiamenti e dinamiche future.
Il percorso evolutivo della concezione della tutela del paesaggio ha un carattere
progressivamente speculativo, che implica una maggiore capacità di
approfondimento e di analisi.
Nella prima legge sul paesaggio, la L. n. 1497/39, recante: “Legge sulle bellezze
naturali”, la tutela si espletava nei confronti degli ambiti paesaggistici di tipo
naturale e storico rilevanti dal punto di vista estetico.
La non ancora maturata cognizione della complessa problematica ambientale
indirizzò il legislatore a riconoscere come valore meritevole di tutela esclusivamente
1
La Convenzione Europea del Paesaggio, adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 19 luglio 2000, è
stata aperta alla firma il 20 ottobre 2000. La Convenzione è stata firmata dai Ministri competenti per il paesaggio dei
paesi membri del Consiglio d’Europa. L’attuazione della convenzione sarà seguita congiuntamente dai comitati
intergovernativi.
2
Come, per esempio, i luoghi in cui le collettività festeggiano il loro patrono o dove, attraverso produzioni locali o
tipiche, hanno impresso una particolare connotazione al territorio.
3
quello del particolare pregio. Non veniva colta la rilevanza scientifica dei dati
biologico-naturalistici e mancava un’analisi di tipo dinamico, atta a rilevare la
complessiva azione dell’uomo sul territorio, sia in termini di incidenza sul paesaggio,
sia come patrimonio culturale diffuso. In sostanza, la normativa del 1939 si limitava
a prevedere pure forme di conservazione dell’eredità naturalistica e storica ricevuta.
La successiva L. n. 431/85, c. d. Galasso
3
, conduce ad una diversa visione
della natura e della storia. La tutela che la connota si traduce in una percezione dell’
ambiente quale complesso impianto scientifico sottoposto ad un oggettivo rischio
determinato dall’incalzante sviluppo economico ed industriale.
Il paesaggio, inoltre, viene identificato come bene culturale antropologiamente esteso
e come processo equilibrato di costante sintesi ed integrazione tra dimensioni passata,
presente e futura. Viene, pertanto, decisamente superata la precedente ratio
conservativa puramente estetica.
Le successive ed attuali prospettive di tutela del paesaggio aggiungono
l’importanza del fattore sociale-simbolico, totalmente trascurato dalle normative
pregresse. I principi contenuti nella Convenzione Europea sul Paesaggio, che Stato,
Regioni e Province Autonome si sono obbligati ad attuare nell’Accordo del 19 aprile
2001, fanno riferimento costante all’aspetto percettivo delle popolazioni locali e agli
elementi in cui essi si identificano. In tal modo si definisce un nuovo orientamento in
cui mutano notevolmente l’oggetto, l’ambito di tutela e la politica di pianificazione
paesistica.
L’impegno di “valutare i paesaggi identificati, tenendo conto dei valori
specifici che sono loro attribuiti dai soggetti e dalle popolazioni interessate”,
contenuto nella Convenzione sopracitata, è complementare all’adozione di una
gestione dinamica, volta principalmente all’obiettivo di ottenere uno sviluppo
sostenibile. Si potrà realizzare, in tal modo, un’immagine unitaria in grado di
integrare gli elementi naturali-morfologici e quelli umani di natura storico-culturale
e percettivo-simbolica.
3
I principi di tale legge sono riconfermati nel T. U. 490/99 attualmente vigente.
4
Ciò è particolarmente degno di significato in quanto permetterà di tutelare le
pagine di storia passata e quelle future, garantendo all’uomo la possibilità di
continuare ad esprimersi culturalmente in un ambiente che egli contribuisce a
definire.
La tutela e la valorizzazione del paesaggio tendono a divenire due concetti
assimilabili e complementari, rilevabili nell’ambito della conservazione e della
gestione integrata.
Tali affermazioni, come anche le riforme indotte dalla revisione del titolo V
della Costituzione, comportano un capovolgimento della definizione dei compiti e
delle modalità operative della pubblica amministrazione.
Il principio di sussidiarietà, anche nel dibattito attualmente in corso in sede di
ulteriore revisione del titolo V, risulta sempre più contraddistinto da principi di
collaborazione e di mutua integrazione tra le varie Amministrazioni addette alla tutela
e alla gestione, così come tra esse e i cittadini legati al territorio.
Per questo motivo è oggi essenziale concordare strategie d’azione e di
concertazione atte a delineare quadri condivisi, indispensabili per il raggiungimento
di così complesse ed articolate finalità.
La prima parte della trattazione che segue avrà l’intenzione di approfondire il
percorso giuridico–evolutivo poc’anzi descritto, per poi tracciare una panoramica
specifica sulle istituzioni attualmente vigenti. Successivamente, sarà delineato il
risultato di una ricerca da me effettuata nell’ambito delle singole normative regionali,
sia in relazione alle leggi che ai piani paesistici, al fine di comprendere in che modo
siano stati attuati gli istituti più problematici della legislazione nazionale ed i principi
della Convenzione Europea sul Paesaggio.
5
CAPITOLO PRIMO
LA LEGISLAZIONE SUL PAESAGGIO DALLA LEGGE DEL 1939 FINO AL
TESTO UNICO SUI BENI AMBIENTALI E CULTURALI.
1.1. La prima legge sul paesaggio: la L. 1497/39.
La prima legge ordinaria di tutela del paesaggio avente una rilevanza
nell’aprire la strada all’attuale normativa è la 1497/39 intitolata Legge sulla tutela
delle bellezze naturali
4
.
Classico esempio di disciplina organica di settore realizzata nell’ordinamento
fascista nel decennio che va dal 1930 al 1940, essa assume una particolare
connotazione nell’ambito dell’interpretazione dell’art. 9 Cost. nei primi anni di
vigenza della Carta costituzionale.
Dal momento, infatti, che l’art. 9 si limita ad enumerare l’obbligo di tutela del
paesaggio tra i principi fondamentali della Repubblica, ma non chiarisce le modalità
attraverso le quali questa deve essere realizzata, si ritenne che la norma costituzionale
fosse una “sublimazione”
5
della Legge sulle bellezze naturali, nella quale erano
specificati i diversi strumenti di tutela.
In questa prospettiva, la legge 1497/39 fu vista dal costituente come il modo
migliore per trovare un punto di incontro tra la tutela del valore protetto e lo sviluppo
economico. Tale giudizio favorevole sul sistema di amministrazione settoriale
tracciato era privo, però, di un riscontro oggettivo, poiché in realtà la legge, come
accaduto sovente anche per altre normative in quegli anni, non aveva mai avuto
applicazione a causa dei noti fatti bellici.
Nel dopoguerra la legge sulle bellezze naturali non ha comunque ottenuto una
collocazione capace di garantirle un proprio ubi consistam ed un’interna capacità di
4
La legge preesistente, che era sulla tutela del panorama ( n. 778/1922) era inadeguata allo scopo di tutela, in quanto
non prevedeva l’obbligatorietà dei pareri degli organi competenti sui progetti di nuova edificazione e nemmeno la
perimetrazione delle aree meritevoli di tutela.
5
Così l’on. Clerici, in “Atti dell’assemblea costituente”, Discussioni, p. 3419.
6
sviluppo duttile alle mutazioni, ai nuovi avvenimenti
6
ed alle connesse recenti
esigenze.
Così la normativa, pur divenuta anacronistica, è rimasta in vita svolgendo effetti
inadeguati e consentiti solo da una forza di inerzia insita nell’ordinamento giuridico
7
.
La dottrina
8
, anticipando di un decennio il legislatore ordinario, ritenne che il
significato della legge non andasse considerato in riferimento al valore che le parole
del costituente potevano significare in quel dato momento
9
e che la norma della
Costituzione non avesse più il significato di sublimazione di una normativa ormai
vetusta
10
. Di fatto, però, ancora a metà degli anni ’70, la legge 1497 viene utilizzata
per risolvere alcune nuove problematiche, in primis per sorreggere l’interpretazione
dell’esatta portata dell’espressione paesaggio.
In particolare, il concetto di paesaggio viene accostato a quello di bellezze
naturali, in un senso che mira a tutelare i valori paesistici sotto il profilo dei quadri
naturali che realizzano. Conseguenza di tale impostazione è che, fino alla
pubblicazione della legge Galasso, la tutela della Costituzione non è volta a tutelare
ciò che è nel paesaggio, ma riguarda solo la mera conservazione del visibile e dello
scenario naturale
11
.
La legge 1497/39 prevede, in particolare, l’immodificabilità, se non previo
consenso del Soprintendente
12
, di singoli beni immobili considerati come bellezze
individuali e delle località che si manifestano come bellezze d’insieme
13
.
6
Si pensi in particolare allo sviluppo edilizio e viario e allo sviluppo industriale con le annesse alterazioni di vario
genere prodotte nell’ ambiente circostante.
7
Tale sistema di tutela depotenziato rimase vigente fino alla L. 431/85 sia per gli interessi delle diverse parti, e sia
perché il sistema politico che si era formato era in grado di risolvere contrasti particolari ma non di imporre soluzioni di
carattere generale con interessi diffusi non accorporabili né politicamente né economicamente. Ai problemi esegetici
riguardanti tale normativa sono stati dedicati numerosi lavori. Vedi GRISOLIA, in Enc. Del dir., alla voce Bellezze
naturali; PASINI, Tutela bellezze naturali.
8
F. Melensi, in “Commentario della Costituzione”, G. Branca - Nicola Zanichelli Editore.
9
Come è noto, l’interpretazione della legge deve riferirsi alla ratio deducibile da essa e non alla voluntas del legislatore
desumibile dai lavori preparatori al testo normativo, che è sempre solo riferibile ad un momento contingente.
10
Inoltre l’interpretazione delle norme costituzionali non può basarsi sul regime di una legge ordinaria, per giunta in tal
contesto, pre - costituzionale.
11
F. Melensi, cit.
12
In virtù del D. lgs. n. 616/77 recante; “ Trasferimento e delega delle funzioni statali alle regioni in attuazione
dell’art. 1 della legge 382/755, in G.U. n. 234 del 29 Agosto 1977 ”, tale compito spetterà alla Regione.
13
L’individuazione in concreto del bene vincolato viene inserita in appositi elenchi compilati Provincia per Provincia in
due distinti elenchi. La commissione decidente viene individuata in ogni Provincia tramite decreto del Ministro della
7
Sotto questo profilo, la legge del ‘39 individua nel vincolo paesistico lo
strumento giuridico fondamentale per ottenere una notifica
14
all’interno
dell’ordinamento della suddivisione tra aree rientranti o meno nell’ambito di tutela.
Essa finalizza le misure di salvaguardia al vincolo paesistico stesso, lasciando
all’amministrazione la mera facoltà di redigere i piani paesaggistici
15
.
Da questo momento
16
, conseguentemente, si riconosce un potere del Ministero che è
limitato a questo fine e che si enuclea significativamente nella facoltà di integrare gli
elenchi di determinazione del vincolo approvati ex ante dai sopraintendenti.
Solo nella prima metà degli anni ‘70 la dottrina inizia ad intendere la tutela del
paesaggio in modo più ampio, come forma del territorio creata dalla comunità
umana che vi è insediata
17
, ed abbandona il criterio estetico per abbracciare la tutela
della flora della fauna e dell’ambiente ove agisce l’uomo
18
.
In questi anni ancora non si è affermato in modo chiaro un concetto di
“invariante” ambientale capace di assumere uno status all’interno dell’ordinamento
giuridico; la tutela paesaggistica, di conseguenza, permane disancorata da una
visione d’insieme nella programmazione dell’uso del territorio
19
.
Pubblica Istruzione, il quale, dopo aver esaminati gli atti, approva l’elenco con le eventuali modifiche che ritiene
opportune.
Tale concezione di tutela è stata definita elitaria, in quanto si basava su una percezione soggettiva del valore tutelando,
attribuita ad una ristretta cerchia di studiosi ed operatori, ispirati da una visione di matrice culturale, avulsa da una
chiara inclinazione di tutela ambientale che fosse omnicomprensiva delle problematiche ad essa connesse.
Vedi A. Clementi, “Interpretazioni del paesaggio”, A. Clementi – Meltemi Editore; Josè Maria Ballester, in Atti della
Conferenza Nazionale per il Paesaggio, Ministero per i beni e le Attività Culturali – Giangemi Editore.
14
Questo termine è usato da R. Gambino “ Modi di intendere il paesaggio”, in Interpretazioni di Paesaggio, cit., al fine
di sottolineare come le leggi sul paesaggio che si sono esplicate si siano meramente limitate ad inserire le aree da
tutelare all’interno di elenchi speciali, creando delle gerarchie nell’ambito delle unità territoriali. La Convenzione
Europea sul Paesaggio, come si vedrà, prevederà una tutela più globalizzante verso l’intero ambito territoriale.
15
Il Piano paesaggistico è stato introdotto nell’ordinamento dall’art. 5 della legge in esame e disciplinato dall’art. 3 del
R.D. 3 – 6 – 1940, n. 1357.
16
In Circolare del 31/08/85, Div. II, Prot. n. 7472.VIII. 3 del Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali, avente per
oggetto: Applicazione della legge 8 Agosto 1985, n. 431.
17
Così PREDIERI, “La regolazione giuridica degli insediamenti turistici e residenziali nelle zone alpine”, in Foro
Amm. 1970, III, p.360.
18
In questa nuova dimensione, al di là del formale dato normativo ancora vigente, la L. 1497/39 verrà travolta
empiricamente e muterà fisionomia, dapprima a livello dottrinale e, solo nel 1985, tramite legge dello Stato. La tutela
cambierà scopo e arriverà in generale a significare il controllo degli interventi dell’uomo sul territorio
19
Il concetto di territorialità nello stesso ambito urbanistico, tarda ad affermarsi negli anni ’40 e ’50 a causa del periodo
bellico e postbellico, nonostante la pregressa vigenza della L. n. 1150 del 1942 prevedesse già il piano di
coordinamento ed il piano intercomunale. Solo negli anni ’60 l’esigenza della pianificazione territoriale assume una
centralità strategica, sull’onda anche dell’affermarsi del metodo della programmazione economica e della
pianificazione, assunte a mezzo fondamentale per fronteggiare gli squilibri economici e territoriali di grandi comparti
geografici del paese. In quel periodo, infatti, vengono introdotti piani di coordinamento dello sviluppo per ogni
Regione a cura del CIPE.
8
1.2 Il riconoscimento costituzionale del paesaggio: l’art.9.
La tutela del valore paesaggistico trova un successivo riconoscimento nell’ambito
dell’articolo 9 della Costituzione secondo cui “la Repubblica promuove lo sviluppo
della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio
storico ed artistico della Nazione”.
La norma, sancendo la salvaguardia del paesaggio e del patrimonio storico ed
artistico della Nazione come principio fondamentale della Repubblica, garantisce un
grado di tutela di massimo livello e prescrive, come principio cardine per il
legislatore ordinario e per la giurisprudenza, l’impossibilità di sottrarne allo Stato la
titolarità.
Il fondamentale atto del Costituente è quello di riconoscere a priori l’assolutezza e di
suggellare l’importanza di un valore indifettibile del patrimonio dello Stato.
Da un lato si può osservare come la lettura delle norma citata andasse già
condotta alla luce di altri principi e disposizioni contenute nella Carta
Costituzionale
20
, non solo per i richiami diretti all’obbligo di tutela del paesaggio
21
,
bensì anche per una visione corretta della tutela dei diritti, in stretta connessione con i
doveri di solidarietà, stante la funzione sociale che la proprietà è chiamata ad
assolvere
22
.
Non andava trascurata, infatti, l’estendibilità del principio dell’ art. 49 Cost.,
per il quale la libertà di iniziativa economica “non può svolgersi in contrasto con
l’utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità
umana”.
Dall’altra parte invece il legislatore costituzionale omette qualsiasi riferimento alla
materia ambientale, non solo nel senso di valore connesso o trasversale al paesaggio,
ma non introducendone alcun connotato esplicito.
20
In questo ambito si fa riferimento alla Carta Costituzionale omettendo per il momento l’argomento della revisione del
titolo V.
21
Contestualmente alla tutela del patrimonio storico ed artistico della nazione.
22
In Circolare del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali del 31/08/85, Divisione II Prot. N°7472.VIII.3, avente
per oggetto Applicazione Legge 8 Agosto 1985, n°431.
9
Diversamente i tratti giuridici del concetto di “ambiente” verranno introdotti
per la prima volta con l’entrata in vigore della l. cost. 18 ottobre 2001 n. 3, recante:
“Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione”,
la quale attribuisce
alla legislazione esclusiva dello Stato un elenco tassativo di materie quali la tutela
dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
La cosiddetta “costituzionalizzazione” della “materia ambiente
23
” evidenzia
che nel 1948 non esisteva ancora quella questione ecologica che si sarebbe
manifestata, in tutta la sua problematicità, a partire dagli anni Settanta quando, sulla
base di un’interpretazione estensiva dell’art. 9 della Costituzione, si è determinata
una costituzionalizzazione materiale
24
dell’ambiente, punto di partenza per la sua
tutela.
Tuttavia, per molti anni, la tutela del paesaggio è stata intesa dal legislatore ordinario
e dalla giurisprudenza come materia a parte disconnessa da una finalità specifica di
tipo ambientale.
Queste tendenze hanno reso ancor più difficile il consolidarsi della cultura di
una qualità globale della pianificazione territoriale, sancendo una netta separazione
tra la pianificazione paesaggistica e l’ urbanistica, fonte di incongruenze e criticità
nell’ambito dell’ applicazione del diritto
25
.
23
Tale processo si attua in virtù della modifica art. 114 e 117 della Costituzione.
24
Tale denominazione si ritrova in A. Lucarelli, “La potestà regolamentare delle regioni e l’ambiente dopo la riforma
del Titolo V” , in Il foro Amministrativo T.A.R. Vol. 1 Febbraio 2002 pag. 777.
25
Ciò si deduce dalla lettura armonica degli Atti della Conferenza Nazionale sul Paesaggio.
10
1.3 Delega alle Regioni della tutela paesaggistica: D.p.r. 616/77.
La tematica dei rapporti tra lo Stato, le Regioni e gli enti locali, nonché del
riparto delle rispettive competenze, ha attraversato -negli anni che vanno dalla
vigenza della Legge sulle bellezze naturali fino alla promulgazione della Galasso-
una fase di profonda trasformazione. Quest’ultima ha riguardato anche la materia
ambientale e, di conseguenza, la tutela del paesaggio.
Il dibattito concernente la protezione della natura, infatti, si è riaperto con
nuove prospettive negli anni Settanta, in occasione dell’istituzione delle Regioni a
statuto ordinario e dei decreti di trasferimento delle materie indicate dall’articolo 117
della Costituzione.
Nell’ambito degli interventi aventi ad oggetto la protezione della “natura”, un
primo sostanziale ampliamento degli spazi di autonomia delle Regioni si è
determinato con l’entrata in vigore del D.lgs. 616 del 1977
26
.
In particolare all’art. 82, modificativo della L. 1497/36, vengono delegate alle
Regioni le funzioni più significative riguardanti la “protezione delle bellezze naturali
per quanto attiene la loro individuazione, la loro tutela e le relative sanzioni
27
”.
Nello specifico, l’oggetto della delega consiste nella individuazione delle
bellezze naturali (lett. a), nella concessione delle autorizzazioni o del nulla osta per le
loro modificazioni (lett. b), l’adozione di provvedimenti cautelari (lett. e) e di
demolizione, nonché l’irrogazione delle sanzioni pecuniarie
28
(lett. f).
Come si è osservato, gli effetti del decreto 616 si esplicheranno direttamente
sugli strumenti amministrativi di tutela del paesaggio ed incideranno notevolmente
sull’applicazione del diritto. Vi si ravvisa nitidamente, da parte del legislatore, una
volontà di disegnare un’inversione di tendenza in coerenza con il generale
mutamento degli assetti di distribuzione delle funzioni amministrative ma, al
26
D. p .r. 24 Luglio 1977, n. 616, Trasferimento e delega delle funzioni statali alle regioni in attuazione dell’art.1 della
legge 382/1975, in G.U.n. 234 del 29 Agosto 1977.
27
Art. 82, comma 1 , recante: “ Beni ambientali”.
28
Sulla portata e le valenze di queste attribuzioni subito dopo l’emanazione del d.p.r. n. 616 del 1977 vedi, tra i molti, G.
Morbidelli, “Urbanistica, beni ambientali, acque ed inquinamenti”, in Le Regioni 1977, 1265 s.s.
11
contempo, una consapevolezza ancora ridotta delle nuove problematiche connesse al
rapido sviluppo economico ed industriale e generate dalla piaga speculativa.
Per poter comprendere come e se la legge Galasso abbia risolto totalmente o
parzialmente le questioni lasciate pendenti, è opportuno, in ogni caso, soffermarsi
sul grado di incidenza che il decreto n. 616 ha prodotto sugli strumenti
amministrativi di tutela.
Il decreto, come poc’anzi sottolineato, innova sensibilmente la normativa,
infatti dispone la delega alle Regioni del potere di determinare la sussistenza del
vincolo, il contenuto e l’efficacia del piano e di rilasciare l’autorizzazione paesistica.
Nel nuovo delicato equilibrio di assetti, un forte temperamento era già
assicurato dalla riserva da parte dello Stato delle funzioni di indirizzo e
coordinamento delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale, di cui
all’art. 3 della legge 382 del 1975, con particolare riferimento all’articolazione
territoriale degli interventi di interesse statale e alla tutela dell’ambiente ed ecologica
del territorio, nonché alla difesa del suolo
29
” .
Il legislatore inoltre, nell’intenzione di mitigare la portata della modifica
legislativa, ha previsto il potere ministeriale di integrazione degli elenchi delle
bellezze naturali, ora approvati dalle regioni, mostrando in tal modo di considerare
ancora il vincolo come strumento principale di tutela del paesaggio e rimanendo, in
tal modo, ancorato alla ratio del legislatore del ‘39.
La giurisprudenza è unanime nell’intendere tale potere come concorrente e
non sostitutivo e, pertanto, si comprende come il legislatore si sia riferito ad un
potere proprio dello Stato non oggetto di delega alle regioni (…) il cui esercizio non
è condizionato pertanto, al rispetto della procedura prevista per l’integrazione degli
elenchi in relazione al potere delegato alle Regioni medesime
30
.
Da ciò si deduce che nell’intento del legislatore di allora non vi era il fine di
realizzare una dialettica istituzionale, ma una mera operazione di distribuzione di
29
Così l’art .1 lett. a del d.p.r. 616/77.
30
Cons. Stato, Sez. VI , 3 Febbraio 1994 n. 79, in Foro it. 1994, III, 318 s.s. , Cons. Stato, Sez. VI, 14 gennaio 1993, n.
29, ivi 1993, III; in dottrina v. F. Liguori, “Appunti sul potere governativo di integrazione degli elenchi delle bellezze
naturali”. in Rivista giuridica dell’edilizia 2002.
12
potere finalizzata ad ottenere una forma di accertamento semplicemente più estesa
sull’esistenza o meno dei requisiti qualificanti la sussistenza del bene paesaggistico.
Il piano, se pur delegato alle Regioni, permane di natura facoltativa
e, conseguentemente, non viene previsto il potere di sostituzione dello Stato in caso
di inadempienza delle stesse, come disciplinato invece dalla normativa successiva.
E’ opportuno rilevare che solo la legge Galasso individuerà nel piano
paesistico lo strumento giuridico indispensabile per la tutela dell’ambiente,
finalizzando tale strumento a misura di salvaguardia e di inibizione verso qualsiasi
trasformazione del territorio fino alla redazione dello stesso
31
.
Il nullaosta verrà delegato, come già evidenziato, alle Regioni, alcune
32
delle
quali, però, tenderanno a subdelegare tale compito ai Comuni, generando un vero e
proprio “trait d’union” tra la discipline dell’urbanistica e quella paesistica. Tale fatto
giuridico ha determinato in dottrina una discussione su taluni aspetti interpretativi che
ne derivano. In particolare, su quali siano le conseguenze dell’inosservanza della
delega da parte dei Comuni a cui si è attribuito il potere – dovere.
Questa questione, risolta in molti casi dalle leggi regionali
33
s’inserisce in una
normativa che, complessivamente, non affronta in modo maturo ed approfondito il
problema della frantumazione degli interventi, dei ritardi amministrativi e dell’inerzia
dell’amministrazione. Il d.p.r in esame, trascurando inoltre e soprattutto lo strumento
del piano, che permane facoltativo, mostra in tal modo di contemplare in modo
superficiale il nuovo contesto su cui applicare la legge.
Le nuove esigenze dovute all’incalzante sviluppo industriale, come in parte
dedotto in dottrina, rendevano già indispensabile l’utilizzo di uno strumento atto ad
accostarsi alla tutela dell’ambiente dal punto di vista gestionale, dinamico e
31
In Circolare cit..
32
Anche la Regione Veneto – mantenuto per qualche anno in capo a se stessa l’esercizio (disciplinato con l.r. 41/1978 e
40/1981) delle funzioni delegate in materia paesistica – presto si orientò ad esercitare la sua facoltà di subdelega agli
enti locali attribuitale dalla d.p.r. 616: preferì però mantenere differenziate le autorità rispettivamente deputate al
rilascio delle concessioni ed autorizzazioni edilizie e ad i nulla – osta paesistici. Con la legge regionale 6 Marzo 1994,
n. 11 provvide a subdelegare non già ai Comuni, bensì alle Province buona parte delle funzioni concernenti i beni
ambientali.
33
Per esempio la Regione Veneto nella l.r. 2671978 recita che in caso di inerzia persistente o continuata delle direttive
statali o regionali si possa, previa diffida, adottare provvedimenti ai fini della revoca della subdelega.
13
dialettico; solo in tal modo sarebbe stato possibile ottenere una normativa duttile
rispetto alle mutazioni e, quindi, capace di aderire ad un nuovo contesto, per poterlo
modellare secondo la desiderabilità cogente della norma.
Differentemente, il legislatore del ’77 ha proceduto ancora rigidamente su
un filo segnato dalla stessa prospettiva estetico – percettiva che si rinveniva nella
Legge sulle bellezze naturali.
Un approccio maggiormente in sintonia con i mutamenti della realtà socio -
economica, che si potrà osservare solo nella successiva legge Galasso avrebbe
necessitato inoltre, come elemento collante, di una diversa concezione nella
distribuzione delle funzioni, che non si limitasse una divisione del peso del lavoro
connesso al potere, ma una sorta di condomino istituzionale
34
tra il potere centrale e
quello periferico
35
.
Questa fase d’incertezza risultava aggravata dal fatto che molte zone del territorio
dello Stato rimanevano al di fuori della tutela paesaggistica
36
, costringendo alla
realizzazione di alcuni provvedimenti d’urgenza che verranno assorbiti non senza
difficoltà dalla successiva normativa.
In assenza di un vincolo esteso ex lege a determinati beni dislocati sul territorio
aventi le caratteristiche di valore ambientale, il Ministro adotterà, infatti, diversi
decreti ministeriali in virtù del D.M. 21 Settembre 1984, determinando una
dichiarazione di notevole interesse ambientale di alcune zone, che in tal modo sono
state assoggettate ad un regime di immodificabilità relativa, vincolata al nullaosta
della stessa Regione. Le problematiche che tali dichiarazioni hanno suscitato trovano
più compiuta interpretazione nell’ambito della successiva legge Galasso.
34
La Corte Cost., nella sentenza n. 157 del 1988 parla di “ condominio istituzionale” tra Stato e Regione.
35
Contrariamente, come si è detto in questo paragrafo il D.p.r. 616, quando tratta il potere di integrazione da parte dello
Stato dell’elenco dei beni vincolati, si rivolge, secondo la dottrina, ad un potere proprio dello Stato e non ad un potere
eventuale e sostitutivo frutto di un approccio dialettico tra le istituzioni..
36
Solo la legge Galasso estenderà il vincolo ex lege a determinati tipi di beni, al prescindere di un provvedimento
amministrativo.
14
1.4 La c. d. Legge Galasso: L. 431/85.
Tale legge
37
, detta Galasso dal nome del sottosegretario al Ministero dei Beni
Culturali e Ambientali che firmò il decreto per la delega del Ministro, opera delle
trasformazioni essenziali nell’ambito della tutela ed è tutt’oggi la normativa di
riferimento in materia paesaggistica.
In primo luogo, se ci sofferma sul momento genetico della legge in esame, si
ravvede, nel tentativo di matrice amministrativa di modificare l’apparato giuridico,
una risposta emergenziale alle nuove necessità contingenti relative ad una diversa
situazione economico e sociale.
L’operatore giuridico amministrativo, presa coscienza della necessità
imminente di porre freno al massiccio degrado ambientale
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generato dalle nuove
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La legge 431/85 nacque come un atto amministrativo – il D.M. 21 settembre 1984 – che sottoponeva a tutela
paesistica, ai sensi della legge 1497/39, una serie di beni individuati per categorie il cui elenco veniva disposto nello
stesso decreto all’art.1.
L’art. 2 statuiva che, in vista dell’adozione di adeguati strumenti di pianificazione paesistica, gli organi periferici del
Ministero dei beni culturali individuassero, tra i beni vincolati ai sensi della legge 1497/39 e in altre zone di interesse
paesistico, le aree in cui fossero vietate modificazioni dell’assetto del territorio, nonché opere edilizie e lavori
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.
Successivamente il decreto fu annullato dal Tribunale Amministrativo del Lazio, il quale ritenne che il vincolo di cui
alla legge 1497/39 non potesse imporsi sui beni individuati per categorie e, per parare gli esiti dell’annullamento, i
contenuti del decreto vennero riproposti nella legge 431/85 (di conversione, con modifiche, del D. L. 27 giugno 1985, n.
312).
I decreti ministeriali (c. d. Galassini) adottati in base all’art. 2 del D.M. 21 settembre 1984 per imporre il vincolo di
inedificabilità assoluta sulle aree di particolare pregio ambientale e paesaggistico, ma pubblicati dopo l’entrata in
vigore della L. 8 agosto 1985, n. 431, sono inefficaci quanto all’apposizione del vincolo che compete alla Regione, cui
il relativo potere è stato delegato dalla stessa legge, ma conservano piena efficacia quanto all’autonoma dichiarazione di
interesse ambientale che esse implicano, ed al regime di inedificabilità relativa che ne consegue. Pertanto, le opere
insistenti nelle aree cui i decreti si riferiscono necessitano comunque dell’autorizzazione di cui all’art. 7 della L. 29
giugno 1939, n. 1497. L’esclusione dal vincolo paesaggistico disposta dal sesto comma dell’art. 82 del D.P.R. 24 Luglio
1977. n. 616, come modificato dal D.L. 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni, nella L. 8 agosto 1985, n.
431, si applica solamente ai beni vincolati in base al quinto comma dello stesso art. 82, ma non ai beni il cui vincolo
paesaggistico è stato apposto con apposito decreto ministeriale emesso nell’osservanza del procedimento previsto dalla
L . 29 giugno 1939, n 1497, ovvero nell’esercizio del potere di integrazione degli elenchi delle bellezze naturali di cui
all’art. 82 del D.P.R. 616/77. Le concessioni edilizie rilasciate per l’esecuzioni di opere incluse nelle aree vincolate,
senza previa acquisizione e dell’autorizzazione paesaggistica di cui all’art.7 della L. 29 giugno 1939, n.1497, sono
illegittime e meritevoli di annullamento. T.A.R Marche Sent. 23 febbraio 2000, n. 742. Da ciò è logico sottoporre
l’attenzione alla distinzione, pacificamente riconosciuta in giurisprudenza, tra il profilo dell’individuazione del bene
meritevole di tutela da quello della definizione del contenuto della tutela ( rimesso alla pianificazione). Nella specie si
osservi che il vincolo paesistico (cioè l’individuazione di un’area come meritevole di tutela) può essere legittimamente
imposto proprio con lo stesso provvedimento applicativo della misura cautelare (che determina l’inedificabilità assoluta
dell’area) senza che da tale con testualità sia lecito interferire una presunta strumentalità del vincolo rispetto alla misura
di salvaguardia. Alla luce di tanto, il decreto ministeriale sottoposto al giudizio del T.A.R., ancorché potenzialmente
inefficacie quanto all’imposizione del regime di inedificabilità assoluta non lo è affatto quanto all’autonoma
dichiarazione del loro interresse ambientale con conseguente assoggettamento degli eventuali interventi di
trasformazione edilizio – urbanistico a delle aree stesse al regime autorizzatorio di cui alla L. 1497/ 1939. In M. Sgroi
“Il Commento”, in Urbanistica e appalti 4/ 2001, p. 441 s.s.
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Si rifletta sul fatto che nello stesso anno della promulgazione della L.431/85 veniva approvato il condono edilizio.
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forme di sviluppo economico e di sfruttamento delle risorse, si muoverà nel senso di
estendere automaticamente l’ambito del territorio vincolato a categorie di zone
predeterminate.
Tale crisma emergenziale è comprovato dal fatto che il modello della novella
legge - pur presentando valori profondamente diversi e dimostrando una raggiunta
consapevolezza di una nuova desiderabilità sociale, volta ad una tutela certa ed
effettiva del valore paesaggistico - si incardina su quello del ’39.
Il legislatore nel conferire al vincolo un regime di predeterminatezza
modificherà il modo di intenderne la tutela poiché, oltre ad estenderlo
quantitativamente, lo amplierà dal punto di vista qualitativo e funzionale.
In questo senso, dal momento che viene preordinata ope legis una categoria di
beni tutelata paesaggisticamente al prescindere della voluntas dell’amministratore
pubblico, verrà posta in essere una disciplina maggiormente autorevole e forte
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che
si esplicherà sia verso la pubblica amministrazione sia nei confronti dei cittadini
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.
Dal versante della pianificazione, come sottolinea gran parte della dottrina, la
legge 431/85 si è mossa verso una generale valorizzazione di un piano territoriale
paesistico già esistente e previsto dall’art. 5 della legge 1497/39, nel quale già si
optava per una soluzione dinamica della gestione del vincolo
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.
Sostanzialmente la principale finalità del legislatore della Galasso è quello di
recuperare le potenzialità di cui erano dotati i piani, mortificate dalla prassi
applicativa e dall’inerzia delle regioni
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.
Conseguentemente la pianificazione paesistica, da facoltativa diventa
obbligatoria per le Regioni e per lo Stato, che in caso di inadempienza delle Regioni,
deve esercitare i previsti poteri sostitutivi.
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M. Sgroi, “Il Commento alla T.A.R. Marche sent.23 febbraio 2000, n. 742”, in Urbanistica ed Appalti, 4/2001.
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I cittadini destinatari della norma non sono solo quelli che, proprietari, detentori o possessori per porre in essere un
fatto riguardante un bene vincolato debbono chiedere l’autorizzazione, ma anche i terzi generici che con un qualunque
fatto possono operare delle modifiche non accettabili ex lege sul bene tutelato.
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Tale finalità è una delle novità maggiormente caratterizzanti della riforma corrispondente ad una modifica dei valori
protetti.
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In questo senso l’art. 1 – bis prevede l’obbligatorietà del piano ed il potere di sostituzione statale.