L’indagine che si sta per affrontare cercherà di individuare le norme del
nostro ordinamento giuridico applicabili ai contratti conclusi tra un
professionista ed un consumatore sulla rete.
Il commercio elettronico per i consumatori finali (c.d. Business to
Consumer o B2C) costituisce un settore particolare rispetto all’ampio spettro di
attività che rientrano nell’alveo della nozione di e-commerce.
Questa particolare forma di diffusione commerciale appare segnata da
alcune caratteristiche, così sommariamente individuabili:
1. i prodotti sono offerti a tutti i potenziali clienti della Rete;
2. la classificazione di tali prodotti è operata dal sito e presentata a tale
potenziale cliente;
3. gli importi delle operazioni commerciali (denominate sempre più
spesso «transazioni» per una nazionalizzazione del termine di chiara
matrice di common law «transaction», ovvero realizzazione di accordi
commerciali o, più genericamente, di affari, che, tuttavia, nella nostra
tradizione giuridica di civil law ha ben altro significato) sono
contenuti;
4. è richiesta una stretta integrazione tra raccolta degli ordini e gestione
della logistica;
5. i pagamenti vengono preferibilmente effettuati on-line;
6. i vantaggi risiedono principalmente nella velocità, ampiezza della
4
scelta e personalizzazione del servizio.
un bene immateriale che possa agevolmente essere consegnato ….mediante downloading, ossia
letteralmente «scarico», nella memoria rigida del computer dell’acquirente”.
4
() Così AA.VV., “Guida al commercio elettronico, L’impresa italiana di fronte ad i nuovi mercati
digitali”, in www.minindustria.it, 2000, pag. 26.
8
Come noto, elemento costante delle organizzazioni sociali è la presenza di
un’autorità preposta al controllo di un territorio; tale controllo ha reso possibile
la formazione dello Stato moderno, che presuppone, oltre ad un’autorità, una
base territoriale sicura in cui il potere possa essere esercitato.
Nel Ciberspazio, al contrario, non rileva che un sito sia localizzato sul
territorio di un Paese piuttosto che di un altro; si pensi ai c.d. hypertext,
programmi accessibili a tutti che consentono di visitare un numero indefinito di
luoghi situati in Paesi i diversi. “Ciccando” si oltrepassa infinite volte la
frontiera degli Stati, senza accorgersene ed annullando ogni distanza di tempo e
di spazio.
Questa «transnazionalità» è un tratto caratterizzante di Internet, legato alla
sua stessa struttura e che limita fortemente interventi normativi volti a darne una
regolamentazione.
Come nell’antica tragedia greca, anche qui si realizza, in forme affatto
diverse, una unità di tempo, di luogo e di azione. Ma le finalità sono ben diverse:
in allora si trattava di metter in scena i caratteri dell’umana esistenza; oggi la
scena è invasa dal consumo e dal profitto.
Il mondo dell’informazione e della «realtà virtuale» ormai si affianca e in
parte sostituisce il mondo della produzione di beni e di servizi tradizionali,
creando una rete universale tra i soggetti non più, come è avvenuto agli albori di
Arpanet, solo informativa, ma collegata alla circolazione di beni e servizi.
L’accoglimento nel diritto comunitario, sia della nozione di
“consumatore” sia di principi di protezione applicabili ai contratti conclusi dai
consumatori, ha costituito un’autentica svolta nel percorso di adeguamento degli
ordinamenti giuridici alle nuove esigenze dell’economia capitalistica, perché ha
imposto limitazioni all’attività degli operatori economici dettate dal rispetto dei
diritti fondamentali e delle posizioni soggettive delle categorie protette, ora
9
ancor più rimarcate dai fenomeni della globalizzazione e della diffusione delle
5
tecnologie informatiche.
Infatti, profittando della casualità delle scelte dei consumatori e della loro
diffusa disinformazione, l’impresa è in grado di proporre acquisti, in apparenza
vantaggiosi per i clienti, che si rivelano invece, concluso l’accordo,
6
sorprendentemente vantaggiosi per il venditore. Così accade, ad es., nel caso
dei contratti conclusi su internet, fattispecie in cui il consumatore versa in una
situazione particolarmente debole, non avendo di solito la possibilità di provare
il prodotto, di conoscerne in anticipo le qualità, di poter riscontrare l’esistenza
delle qualità promesse o di operare utili confronti con prodotti offerti da altre
imprese e comunque non può fare ricorso all’intervallo di tempo che spesso
intercorre tra il momento della scelta e il momento dell’acquisto.
Inoltre ed a differenza di quanto rileva per i tradizionali contratti cartacei,
qualora il consumatore concluda dei contratti on-line, sorge spontanea una
molteplicità di problematiche tutte connesse alla peculiarità del luogo fisico nel
quale il contratto si perfeziona (internet), tenendo presente che la connessione
alla rete è sempre accompagnata a costi per chi ne fruisce, con conseguente
aumento, per il consumatore, dell’aspettativa di ricevere dal professionista tutte
le informazioni necessarie e rilevanti per la conclusione del contratto.
Nell’e-commerce è preponderante l’offerta di prodotti direttamente
acquistabili dal sito dal quale vengono pubblicizzati compilando sic et
5
() In questo senso G. Alpa, “Il diritto dei consumatori”, Laterza, Roma-Bari, 2003, pag. 235-236.
6
() Sulle insidie del web P. B. Maggs, “Protezione del consumatore su internet”, in Responsabilità
civile e previdenza, 1999, fasc. 2, pag. 581, in cui l’Autore sottolinea come Internet offre vantaggi ai
truffatori: “La FTC statunitense ha realizzato numerosi «giorni di navigazione» durante i quali dozzine
di esperti hanno «navigato» in Internet alla ricerca di truffatori…Particolarmente impressionanti in
questo senso sono stati i lavori della prima «Giornata Internazionale di Pulizie su Internet» coordinata
dalla Commissione australiana per la concorrenza ed i consumatori, con la partecipazione di funzionari
dei servizi di protezione dei consumatori di 24 Paesi e di 23 Stati degli Stati Uniti…...Gli Stati federali
partecipanti inviarono 180 lettere di diffida ad operatori di siti del web….”.
10
simpliciter un modulo (form) nel quale indicare i propri dati, scegliere la
tipologia di pagamento preferita ed infine manifestare la propria accettazione
cliccando per l’adesione (point and click). Ne consegue che l’acquirente vede
fortemente compressa la propria autonomia negoziale, posto che non partecipa
alla formazione del contenuto contrattuale, essendo quest’ultimo già
7
predeterminato in toto dall’offerente.
È a questo punto doveroso individuare quali sono, nel nostro ordinamento,
quelle prescrizioni che devono essere osservate nel formulare offerte di prodotti
e servizi on-line rivolte al consumatore.
Cronologicamente tutto si risolve intorno agli anni novanta, mediante
l’attuazione delle direttive comunitarie sul tema con leggi speciali o con
modificazioni al codice civile. Di assoluta importanza sono:
- la direttiva 93/13/CEE concernente le clausole abusive nei contratti
stipulati con i consumatori, attuata con L. 6.2.1996, n. 52, art. 25;
- la direttiva 97/7/CE sulla tutela dei consumatori per quanto riguarda i
contratti negoziati a distanza, attuata con D.Lgs. 22.5.1999, n. 185;
- la direttiva 99/44/CE, su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei
beni di consumo, attuata con D.Lgs. 2.2.2002, n. 24.
- la direttiva 2000/31/CE, cd. «Direttiva sul commercio elettronico», la
quale detta una specifica disciplina in tema di contratti conclusi per via
elettronica, attuata con D.Lgs. 70/2003.
Inoltre, sussistendo negoziazione a distanza attraverso l’utilizzo della rete
telematica, è necessario che il contratto stipulato tra le parti divenga inalterabile
ed anche inaccessibile a terzi, al fine di garantire la riservatezza della
contrattazione, anche in base al dettato della L. n. 675 del 31 dicembre 1996.
7
() Così M. Gherardi, “E-commerce, acquisti on line e condizioni generali di contratto: il business to
consumer”, in Responsabilità comunicazione impresa, 2001, fasc. 4 (dicembre), pag. 448.
11
CAPITOLO PRIMO
La figura del consumatore.
1. La figura del consumatore. - 1.1. (Segue) Il consumatore persona fisica. - 1.2. (Segue) Scopo estraneo
all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. - 1.3. Le nuove prospettive definitorie.
1. La figura del consumatore.
Il “consumatore” costituisce ormai una categoria a sé, variamente
configurata negli ordinamenti nazionali ed oggetto di un lungo processo
8
culturale, prima ancora che normativo.
L’importanza di dare una definizione di consumatore si può cogliere sotto
vari profili, poiché “la sua tutela risulta essere organizzata, dal punto di vista
della tecnica normativa, da una parte su un livello definitorio della nozione di
consumatore e di associazione di consumatori, e dall’altra parte su un livello
istituzionale riguardante il ruolo delle associazioni in giudizio e nell’attività
8
() E’ interessante proporre alcuni passi de “Il diritto dei consumatori”, op. cit., pag. 3-10, in cui G.
Alpa, così discorre sulle “origini giuridiche” della figura del consumatore: “….Si può perciò dire che
la «scoperta» del consumatore è piuttosto recente……..La «coscienza» del consumatore, cioè
dell’individuo che operando nell’ambito di un ordinamento giuridico prende contezza della sua
funzione, dei propri interessi, e finalmente delle proprie pretese (sperando di poterle trasformare in
diritti), si accompagna all’operare di gruppi e di associazioni, dando luogo ad una sorta di movimento
di opinione e di azione, che sarà denominato consumerism, ….negli Stati Uniti d’America.……Negli
anni Sessanta e soprattutto negli anni Settanta del Novecento il movimento dei consumatori si estende
anche nell’Europa continentale: sorgono associazioni private…..; compaiono le prime trasmissioni
radiofoniche e televisive dedicate all’informazione e all’educazione dei consumatori……Sono
introdotte le prime leggi che, per singoli settori, con interventi specifici, si preoccupano di tutelare i
consumatori dalle frodi e dalla pubblicità ingannevole. Prende avvio quel fenomeno, che rimarrà
costante e si ripeterà in tutte le esperienze, degli interventi frammentati, ma anche delle variegate
risposte dei singoli ordinamenti alle istanze di protezione…….”.
13
9
istituzionale”; di non poco rilievo è, altresì, la valutazione dei motivi che
rendono necessaria la sua determinazione, che generalmente vengono
identificati nella necessità di approntare “regole e rimedi tali da proteggere
interessi considerati al tempo stesso meritevoli e deboli” rispetto a quelli del
10
professionista.
La categoria dei consumatori si caratterizza per l’indeterminatezza e la
trasversalità.
Infatti, così come non esiste un’unica nozione di consumatore nel nostro
ordinamento, poiché il legislatore (comunitario e nazionale) ha dettato,
11
“consapevolmente”, molteplici definizioni di consumatore secondo l’ambito
che veniva disciplinato, non è possibile neanche individuare uno status del
12
consumatore, inteso come qualità giuridica dello stesso riguardo alla sua
posizione nella società, poiché non è possibile individuare degli elementi
naturali che tipicamente lo contraddistinguano, individualmente o all’interno di
gruppi sociali più o meno estesi.
“Quello del contraente consumatore non è uno status, che si acquista o si
perde in conformità a peculiari requisiti, ma una qualificazione soggettiva
desumibile dal ruolo che una parte assume nell’ambito di uno specifico
13
contratto”. Da ciò deriva che l’essere consumatore costituisce uno status
14
temporaneo.
9
() Così G. Alpa, “Il diritto dei consumatori”, op. cit., pag. 33.
10
() Così G. Alpa, “Ancora sulla definizione di consumatore”, in I contratti 2001, pag. 205.
11
() Così M. Caserta, “La nozione di consumatore secondo la cassazione”, in I contratti, 2002, pag.
343.
12
() Così G. Alpa, “Il diritto dei consumatori”, op. cit. pag. 7.
13
() Corte di Giustizia delle Comunità Europee, sez. IV, sentenza 3 luglio 1997, causa C269/95, in
Guida al diritto, n. 35 del 20 settembre 1997, pag. 85.
14
() Nel senso che il soggetto agente cessa d’essere consumatore “un momento dopo l’atto di
consumo”, V. Franceschelli, “Consumer protection; teoria dell’atto di consumo ed il centenario del
14
Nelle varie definizioni fornite dal legislatore, il consumatore è
15
contrapposto al professionista e configurato, in un’ottica residuale e negativa,
16
come colui che è diverso dal professionista e che si caratterizza per essere:
- una persona fisica
- che persegue con il contratto degli scopi estranei all’attività
imprenditoriale o professionale eventualmente svolta.
Tra le altre disposizioni in materia, si esprime in questo senso anche la L.
30 luglio 1998, n. 281 che, nel disciplinare i diritti dei consumatori e degli
utenti, all’art. 2, lett. a, definisce i consumatori come “le persone fisiche che
acquistano o utilizzano beni o servizi per scopi non riferibili all’attività
imprenditoriale eventualmente svolta”.
Inoltre, si esprimono nello stesso senso:
- l’art. 1469 bis, 2° co., c.c., secondo cui “il consumatore è la
persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività
imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”;
- l’art. l, lett. a), D.lgs. n. 50 del 1992, che per consumatore intende
“la persona fisica che (….) agisce per scopi che possono essere
considerati estranei alla propria attività professionale”;
codice di commercio”, in Giur. Comm., 1982, pag. 776, richiamato anche da R. Di Marzio, “Intorno
alla nozione di «consumatore» nei contratti”, in Giust. Civ., 2001, I, pag. 2154. Secondo l’Autore “ciò
vuol dire anche che non lo era ancora nel momento precedente e che prima o subito dopo può rivestire
la qualità d’imprenditore”.
15
() Così F. Guerinoni, “Sulla nozione di consumatore”, in I contratti, 2002, pag. 525.
Inoltre G. Alpa, “Ancora sulla definizione di consumatore”, op. cit., pag. 206, secondo cui “la
definizione di consumatore è al tempo stesso minimale e negativa: minimale, perché prende in
considerazione la persona fisica; negativa, perché individua ciò che l’individuo non deve fare per poter
essere considerato consumatore”.
16
() In questa prospettiva, “il consumatore non è il singolo individuo in quanto tale (il «particulier»)
ma l’individuo che è parte di un rapporto istituito con un soggetto a lui contrapposto, che presenta
caratteristiche opposte, cioè un individuo (o un ente) che svolge attività professionale (commerciale,
finanziaria, liberale, etc.)”, Così G. Alpa, “Ancora sulla definizione di consumatore”, op. cit., pag.
205.
15
- l’art. 121, 1° co., D.lg. n. 385 del 1993, ai sensi del quale
destinataria della disciplina di tutela relativa al credito al consumo
è la “persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività
imprenditoriale eventualmente svolta”;
- l’art. 1, lett. c), D.lgs. n. 427 del 1998, che identifica il
“consumatore-acquirente” tutelato in caso di contratto relativo
all’acquisizione di un diritto di godimento a tempo parziale su
beni immobili, con la “persona fisica che non agisce nell’ambito
della sua attività professionale”;
- l’art. 1, lett. a), D.lgs. n. 24/2002, ai sensi del quale destinatario
della disciplina sulle garanzie nelle vendite di consumo, è
“qualsiasi persona fisica che (….) agisce per scopi estranei
all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”.
Le raccolte di giurisprudenza degli ultimi venti anni denunciano un uso
frequente della locuzione consumatore. Ciò che appare rilevante è che
l’espressione consumatore non è sempre impiegata per individuare il soggetto
destinatario della disposizione da interpretare e applicare, né configura
necessariamente il titolare dell’interesse alla cui protezione è finalizzata la
disposizione, ma è impiegata anche per raggiungere altri scopi, sicché l’uso del
termine consumatore è mediato o interinale per raggiungere uno scopo ulteriore.
Nei modelli di decisione e nei provvedimenti paragiurisdizionali, si
possono isolare almeno cinque diverse accezioni di «consumatore»:
(i) il titolare dell’interesse protetto, la cui violazione è dedotta nel
procedimento (ad egli sono riferite le pronunce mediante le quali
trovano applicazione le disposizioni di diritto comunitario e di diritto
interno destinate a proteggere i consumatori individuali);
16
(ii) il titolare di un interesse protetto in quanto tutelato in capo
all’associazione cui il consumatore appartiene;
(iii) il titolare di un interesse che è rilevante in quanto appartenente a una
categoria, e perciò è qualificato come interesse collettivo o come
interesse diffuso;
(iv) il titolare di un interesse che confluisce in un interesse più generale o
pubblico, che concorre nel determinare la valutazione di conformità o
meno di un atto o di un comportamento alle prescrizioni legislative;
(v) il modello a cui fare riferimento per assumere le valutazioni relative
alla conformità di un atto o di un comportamento alle prescrizioni
17
legislative”.
Nell’esaminare alcune tra le pronunce più espressive in merito alla
nozione di consumatore, sarà evidente come “i punti di crisi della nozione di
consumatore sono per un verso rappresentati dalla invocata estensione dello
status ad enti non personificati, soprattutto se perseguenti scopi non lucrativi, e
per un altro dal difficile punto di confine tra atti funzionali a scopi
18
imprenditoriali ed atti destinati al consumo individuale”.
In quest’ambito da argine opera “l’obbligo per i giudici nazionali di
interpretare il diritto locale quanto più possibile alla luce della lettera e dello
19
scopo della disciplina comunitaria”, essendo la definizione di consumatore
17
() Così G. Alpa, “Gli usi del termine consumatore nella giurisprudenza”, in Nuova giu. civ. comm.,
vol. II, 1999, pag. 4 e ss, in cui l’Autore specifica l’ambito della prima categoria individuata in cui “il
consumatore è considerato in quanto portatore diretto di un interesse riconosciuto e garantito dalla
legge”.
18
() Così R. Conti, “Lo status di consumatore alla ricerca di un foro esclusivo e di una stabile
identificazione”, in Corr. giur., 2001, pag. 524.
19
() Così C. Perfumi, “La nozione di consumatore tra ordinamento interno, normativa comunitaria ed
esigenze del mercato (Commento a ord. C. Cost. 20 novembre 2002, n. 469)”, in Danno e
responsabilità, 2003, pag. 707. L’Autore alla nota 22 ricorda che “risulta dalla giurisprudenza della
Corte…... che nell’applicare il diritto nazionale, a prescindere dal fatto che si tratti di norme
precedenti o successive alla direttiva, il giudice nazionale deve interpretarlo quanto più possibile alla
17
enunciata dalla legge comunitaria e la disciplina conseguente espressione della
competenza a legiferare in materia.
1.1. (Segue) Il consumatore persona fisica
La dottrina si è divisa sulla scelta del legislatore comunitario ed italiano di
considerare il consumatore come una persona fisica.
Una parte della dottrina si mostra favorevole all’applicazione della
disciplina anche a quei soggetti che, seppur diversi dalla persona fisica, ponendo
in essere degli atti di consumo in una situazione d’inferiorità contrattuale
20
necessitano di tutela.
Altra parte della dottrina, in linea con la scelta legislativa, ritiene che
l’esclusione degli enti di diritto e di fatto dalla tutela legislativa, sia
21
giustificabile, oltre che in un’ottica comunitaria, anche a livello di ordinamento
nazionale in quanto:
luce ed alla lettera e dello scopo della direttiva per conseguire il risultato perseguito da quest’ultima e
conformarsi pertanto all’art. 189, comma 3, del Trattato CE (divenuto art. 249, comma 3, CE):
sentenza C-456/98 del 13 luglio 2000, Centrosteel srl c. Adipol GmbH, punto 16”.
20
() Così, tra gli altri: G. Alpa, “La legge sui diritti dei consumatori”, in Corr. Giur., 1998, pag. 997; V.
Roppo, “La nuova disciplina delle clausole abusive nei contratti tra imprese e consumatori”, in Riv.
Dir. Civ, 1994, pag. 282.
21
() In questo senso F. Guerinoni, “Sulla nozione di consumatore”, op. cit, pag. 526. Sottolinea
l’Autore: “(a) che il giudice italiano deve interpretare il proprio diritto nazionale alla luce della lettera
e dello scopo della direttiva, onde conseguire il risultato perseguito da quest’ultima e conformarsi
pertanto all’art. 189, terzo comma del trattato CE: da ciò non potrebbe che trarsi la conseguenza che il
giudice ha l’obbligo di identificare il consumatore con la sola persona fisica. Infatti, l’estensione della
normativa anche all’imprenditore divaricherebbe le legislazioni degli Stati membri, producendo un
effetto diametralmente opposto a quello prefissato dalla direttiva 93/13/CEE nei considerando nn. 8 e
nell’art. 1; (b) che per il legislatore comunitario l’identificazione del consumatore con la persona fisica
non professionista non è accidentale, né casuale, essendo al contrario ribadita in numerose direttive
anteriori e successive alla 93/13….”.
18
a) questi non possono agire per fini extraprofessionali, essendo sempre
tenuti ad operare legittimamente solo in funzione della realizzazione
degli scopi sociali che ne giustificano l’esistenza e la capacità, perciò
rimanendo sempre in ambito lato sensu professionale;
b) essendo dotati di maggiore diligenza e/o forza contrattuale rispetto al
22
consumatore, sono più attenti alla contrattazione.
La questione è stata oggetto di varie pronunce da parte dei giudici
nazionali e comunitari.
In ambito comunitario, la Corte di Giustizia delle Comunità europee,
nella sentenza 22 novembre 2001, procedimenti riuniti n. C-541/99 e C-
23
42/99, è stata chiamata a stabilire se il concetto di consumatore ai sensi della
disciplina delle clausole abusive, introdotte dalla Dir 1993/13/CE, “sia
esclusivamente riferito alla persona fisica, con esclusione di qualsiasi altro
soggetto” (punto 10 della sentenza, quesito n. 2, seconda parte).
Sulla base di un’argomentazione puramente letterale, la Corte rilevava
che, poiché l’art. 2, lett. b, della direttiva 1993/93/CE definisce “consumatore”
“qualsiasi persona fisica” che soddisfa le condizioni enunciate dalla medesima
disposizione, “risulta quindi in modo chiaro….che una persona diversa da una
persona fisica, che stipula un contratto con un professionista, non può
considerarsi consumatore ai sensi di detta disposizione”.
22
() Rileva G. Capilli, “La nozione di consumatore alla luce dell'orientamento della consulta
(Commento a C. Cost. 22 novembre 2002, n. 469)”, in I Contratti, 2003, fasc. 7 (luglio), pt. 1, pag.
658: “È stato sottolineato, in tal senso, che l’imprenditore, diversamente dal consumatore, al momento
di aderire ad un contratto, è generalmente attento ed accorto da avere cognizione dell’affare,
rientrando la sua conclusione nell’ambito dell’attività professionale. In base a tali considerazioni non
potrebbe condividersi, quindi, l’affermazione di chi ritiene che, per esempio, i piccoli imprenditori
possano trovarsi di fronte al venditore professionista nella «identica situazione di sudditanza del
consumatore non imprenditore che conclude lo stesso contratto per esigenze di vita»”.
Nello stsso senso Morello, “Clausole vessatorie, clausole abusive: le linee di fondo di una nuova
disciplina”, in Notariato, 1996, pag. 291
23
() Corte di Giustizia, sentenza 22 novembre 2001, in I contratti, 2002, pag. 519-520.
19
Va rilevato che la sentenza avrà valore anche per tutte quelle normative di
favor che fanno riferimento ad una nozione di consumatore identica o simile a
24
quella della DIR 1993/13/CE.
In seguito si sono espressi nello stesso senso i Giudici della Corte
25
Costituzionale con la sentenza 22 novembre 2002, n. 469.
26
Con ordinanza del 5 luglio 1999, il Giudice di pace di Sanremo ha
sollevato la questione di legittimità costituzionale della norma contenuta nell’art.
1469 bis, secondo comma, del Codice civile “nella parte in cui non equipara al
consumatore le piccole imprese e quelle artigiane”, fondata sull’irragionevole
27
discriminazione tra questi due soggetti.
Il Giudice di Pace con la questione sollevata cercava di sollecitare una
sentenza additiva della Corte che consentisse di attribuire la qualifica di
consumatore alla parte contrattuale con un minore potere, indipendentemente
24
() Così F. Guerinoni, “Sulla nozione di consumatore”, op. cit, pag. 521.
25
() Pubblicata su Foro it. 2003, pag. 332
26
() Ordinanza del 5 luglio 2001, Style Car s.n.c. c. Grizzly Italia s.p.a., in Giur. merito, 2002, I, pag.
649.
27
() Nel caso particolare, una società di persone aveva sottoscritto una polizza, nella quale era stata
inserita dall’assicuratore una clausola compromissoria che, in caso di controversia, prevedeva un
arbitrato irrituale tra le parti. Al verificarsi di tale circostanza, successivamente, la suddetta società
radicava, invece, a discapito della previsione contrattuale, la competenza del tribunale secondo i criteri
individuati dalla normativa a tutela del consumatore, denunciando contemporaneamente la
vessatorietà, e conseguente inefficacia, della clausola compromissoria ex contactu. Il Giudice di Pace
di Sanremo, con l’ordinanza del 5 luglio 1999, sollevava la questione di legittimità costituzionale della
norma anzidetta, in relazione all’art. 3 della Costituzione in quanto non sarebbe ragionevole la
discriminazione operata tra piccolo imprenditore e artigiano rispetto al «privato consumatore» ed agli
art. 25 e 41 Cost., per la violazione dei principi alla base dell’armonizzazione delle legislazioni in
Europa, volti alla realizzazione di un libero mercato in ambito comunitario, sottolineando che
«l’interprete ove si fermi alla prima parte del secondo comma dell’art. 1469 bis, si trova di fronte ad
una nozione di consumatore particolarmente angusta, non idonea a tutelare, secondo la ratio legis e le
direttive comunitarie tutte le parti deboli dei rapporti contrattuali al consumo», e che tenuta in
considerazione la finalità della norma in oggetto, volta a tutelare la parte debole del contratto rispetto a
quella con maggiore potere contrattuale, «a parità di debolezza contrattuale» sarebbe ingiustificata una
discriminazione tra piccolo imprenditore e artigiano da un lato e privato consumatore dall’altro.
20
dalla veste in cui agisca e, quindi, anche qualora si tratti di un imprenditore
28
individuale o collettivo, come i piccoli imprenditori ed artigiani.
La Corte ha concluso per la non fondatezza della questione di legittimità
costituzionale, ritenendo che solo la persona fisica possa essere consumatore e
che la norma così strutturata sia conforme ai dettami costituzionali, basandosi
sul fatto che la definizione di consumatore recepita dal legislatore italiano è non
solo conforme al modello della direttiva comunitaria 93/13, ma trova conferma
anche nelle definizioni accolte nei vari Stati membri, come per esempio la
Germania e in quella delineata nel progetto di Codice civile europeo.
Per valutare la conformità della norma alla nostra Costituzione si è reso
necessario procedere mediante un accertamento della concreta ratio della norma,
nonché degli interessi che la stessa mira a proteggere, e si è concluso per la
legittimità della disposizione così come recepita dal legislatore italiano, siccome
volta a tutelare i soggetti che secondo l’id quod plerumque accidit sono
presumibilmente privi della necessaria competenza a negoziare.
Infatti, la difesa erariale ha evidenziato la duplicità della disciplina accolta
dal nostro codice, che distinguerebbe chiaramente la figura del consumatore,
disciplinata in modo sostanziale dagli artt. 1469-bis ss., da quella del
«contraente debole», cui invece si riferiscono gli artt, 1341, 1342 e 1370 c.c. ai
29
fini di una tutela meramente formale.
28
() Osserva C. Perfumi, “La nozione di consumatore tra ordinamento interno, normativa comunitaria
ed esigenze del mercato”, op. cit., pag. 703, che “seguendo il percorso logico giuridico del giudice di
pace, lo stravolgimento dell’attuale parametro si dovrebbe fondere sulla constatazione oggettiva e
sostanziale che nei contratti per adesione risulterebbero come deboli tutti quei «contraenti», intesi
come soggetti, di qualsivoglia natura fisica o giuridica, parti di una transazione, che, dinanzi alle
clausole negoziali predisposte dal «professionista», sono costretti a soggiacere alla mera possibilità di
accettare le clausole predisposte del formulario standard, benché vessatorie, o di rinunciare alla
prestazione, senza alcuna forza contrattuale da poter opporre nella fase cruciale delle trattative”.
29
() Così C. Perfumi, ult. op. cit., pag. 703. L’Autore sottolinea che “l’esaustività della tutela garantita
all’imprenditore debole risulterebbe, di converso, volta a disciplinare l’attività contrattuale di un
soggetto socio-economico dotato di una posizione peculiare all’interno degli assetti transattivi, che
non può essere affiancato al consumatore sulla scorta di valutazioni di convenienza e capacità di
21
L’esclusione dall’ambito della definizione di consumatore di categorie
come quelle dei professionisti, dei piccoli imprenditori e degli artigiani, sarebbe
dovuto, quindi, al fatto che, trattandosi di soggetti che esercitano abitualmente
un’attività che gli consente di contrattare su di un piano di parità, non si
troverebbero in quella situazione di inferiorità contrattuale richiesta dal
legislatore per l’applicazione della disciplina delle clausole abusive.
Nell’unico precedente analogo, la Corte si sottrasse dal pronunciarsi sulla
costituzionalità dell’art. 1469 bis., giudicando inammissibile la questione
sottoposta con l’ordinanza del Giudice di Pace de L’Aquila del 3 novembre
30
1997 per insufficiente motivazione sulla rilevanza, in quanto la fattispecie
concreta avendo per oggetto un contratto di fornitura d’energia elettrica già in
corso prima dell’entrata in vigore dell’art. 1469 bis c.c, non rientrava nel campo
31
di applicazione della disciplina di cui agli artt. 1469-bis-sexies, c.c..
assorbimento dei possibili risvolti economici dell’operazione effettuata, essendo in grado di riversare
sul mercato il danno subito a seguito di una eventuale abusività del contratto realizzato con un
aumento del corrispettivo per le proprie prestazioni. Il consumatore, invece, soggetto privilegiato dalla
disciplina speciale del 1469-bis ss., si identificherebbe di riflesso come il contraente «debole»
incapace di alcuna reazione dinanzi ad aumento dei costi derivanti «dall’abusività», cui è in grado di
far fronte esclusivamente con una riduzione dei consumi”.
30
() Nell’ordinanza di rinvio, in Gius. Civ., 1998, I, pag. 2341, il giudice di pace de L’Aquila, ha
ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della norma dell’art.
1469 bis Codice civile con ferimento agli artt. 3, 35 e 41 della Cost., nella parte in definisce
consumatore solo la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o
professionale eventualmente svolta e non anche la persona fisica che agisce per scopi professionali e la
persona giuridica, imponendo una disciplina differenziata e discriminatoria per situazioni soggettive e
contrattuali analoghe, se non identiche. La diversità di trattamento, rileva il giudice della rimessione,
“non sembra avere sufficiente e razionale giustificazione, apparendo evidente che consumatore è colui
il quale consuma o adopera per i suoi bisogni i prodotti dell’agricoltura e dell’industria, e tale non
sarebbe per la normativa precisata anche la persona giuridica o la persona fisica che agisce per scopi
imprenditoriali o professionali. Tale discriminazione sembra al giudicante concretarsi non solo nella
mancanza di tutela del lavoro in tutte le sue forme, restando fuori della finalità della norma artigiani,
piccoli imprenditori, imprenditori agricoli, imprese familiari ecc. che pure devono intendersi
consumatori, ma anche nella violazione del principio di uguaglianza, perché si impone un trattamento
differenziato senza un apprezzabile motivo costituzionale e quindi irragionevole” (ord. cit. pag. 2341).
31
() Cort. Cost., 24 giugno 1999, n. 282, in Foro italiano, 1999, II, pagg. 3118 ss.
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