2
2 L’assicurazione
L’art. 1882 del Codice Civile definisce l’assicurazione come quel
“contratto con il quale l’assicuratore, verso il pagamento di un premio,
si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad
esso prodotto da un sinistro, ovvero a pagare un capitale o una rendita
al verificarsi di un evento attinente alla vita umana”.
Il contratto di assicurazione è dunque un contratto aleatorio,
ovvero un contratto in forza del quale una parte si accolla il rischio di
un evento causale che incide sul contenuto della sua prestazione
contrattuale a fronte di una controprestazione fissa
2
, con il quale un
soggetto si garantisce contro le conseguenze patrimonialmente
dannose del verificarsi di un rischio determinato, ripartendole tra una
pluralità di soggetti esposti al medesimo rischio
3
.
Diremo pertanto che oggetto del contratto di assicurazione è la
salvaguardia dell’assicurato da un rischio, identico ad altri soggetti,
che viene “assunto” dall’assicuratore
4
.
2
C. M. BIANCA, Il Contratto, Diritto Civile, Vol. 3, Giuffrè Editore, Milano 2000, pag. 491
3
A. DONATI – G. VOLPE PUTZOLU, Manuale di diritto delle assicurazioni, Giuffrè Editore,
Milano 1999, pag. 3
4
A. ANTONUCCI, L’assicurazione fra impresa e contratto, Cacucci Editore, Bari 1997, pag. 16
3
Questa particolare forma contrattuale nasce in Italia nel XIV
secolo come assicurazione dei rischi marittimi, ovvero come forma di
prestito a cambio marittimo e successivamente come contratto di
compravendita sottoposto a condizione risolutiva con il quale
l’assicuratore comprava la nave o le merci assicurate sotto la
condizione risolutiva del “salvo arrivo” ovvero si obbligava a pagare il
corrispettivo della compravendita all’alienante-assicurato solo qualora
la nave non fosse giunta a destinazione
5
.
Solo dal XVII secolo, tuttavia, il contratto di assicurazione
assume le forme attuali dando vita, nel corso degli anni successivi, ad
un ampliamento sempre maggiore dei rischi garantiti e delle finalità
perseguite con il contratto per giungere, infine, ai nostri giorni con la
partizione tra ramo vita e ramo danni che, a loro volta, racchiudono 6
sottorami diversi per il “rischio” vita (durata della vita umana,
nuzialità e natalità, fondi di investimento, Permanent Health
Insurance, operazioni di capitalizzazione, gestione di fondi collettivi)
e 18 sottorami per il “rischio” danni (infortuni, malattia, corpi e
veicoli terrestri, ferroviari, aerei, marittimi, merci trasportate,
incendio, danni ai beni, responsabilità civile (nelle varie forme),
5
A. DONATI – G. VOLPE PUTZOLU, Manuale di diritto delle assicurazioni, Giuffrè Editore,
Milano 1999, pag. 8
4
credito, cauzione, perdite pecuniarie varie, tutela giudiziaria,
assistenza)
6
.
In realtà il contratto di assicurazione, così come costruito nel
nostro ordinamento, si presta all’assunzione dei rischi più disparati
fornendo, pertanto, la possibilità di creare ulteriori “sottorami” in linea
con le esigenze dettate dall’evoluzione dell’economia e del sentire
sociale.
Da quanto detto, risulta evidente la funzione cautelare del
contratto di assicurazione volta, nel ramo danni, a tenere indenne
l’assicurato dal verificarsi di un evento pregiudizievole nei suoi
confronti, mentre nel ramo vita il contratto di assicurazione svolge
essenzialmente una funzione previdenziale, volta a costituire una
rendita in caso di morte o, in alternativa, a costituire forme alternative
di risparmio per il futuro (si pensi alle operazioni di capitalizzazione o
ai fondi di investimento).
Queste molteplici sfaccettature del contratto di assicurazione
hanno reso il prodotto assicurativo estremamente diffuso tra i cittadini,
tanto da imporsi come un importantissimo settore dell’economia
nazionale.
6
A. DONATI – G. VOLPE PUTZOLU, Manuale di diritto delle assicurazioni, Giuffrè Editore,
Milano 1999, pag. 22
5
L’enorme mole di fondi gestiti attraverso la riscossione dei premi
(ovvero i corrispettivi pagati dai contraenti), la necessità di garantire
gli assicurati sulla solvibilità dell’impresa di assicurazione e
sull’effettivo pagamento dell’indennizzo o della rendita al verificarsi
dell’evento dedotto come rischio nel contratto, nonché l’importanza di
taluni interessi perseguiti con le varie tipologie contrattuali, hanno
spinto il legislatore nel corso degli anni a dotare questo settore di una
iper-regolamentazione fino a rendere obbligatorie alcune forme di
assicurazione (soprattutto nel ramo danni) quali, ad esempio,
l’assicurazione obbligatoria sulla responsabilità civile derivante dalla
circolazione di veicoli e natanti, o l’assicurazione obbligatoria sugli
infortuni per le casalinghe.
E proprio per ordinare e riorganizzare questa enorme mole di
norme di settore nonché per potenziare le forme di protezione dei
singoli soggetti “obbligati” dalla legge a dotarsi di particolari forme di
assicurazione (si vedano quelle poc'anzi richiamate), soprattutto per
proteggere quei soggetti sforniti di particolari cognizioni tecniche
quali i consumatori
7
, il legislatore italiano ha delegato il Governo con
la legge n. 229/2003 a realizzare un unico testo nel quale racchiudere
in maniera esaustiva tutta la disciplina sulle assicurazioni private,
7
Art.4 Legge Delega 229/2003
6
delega portata ad esecuzione con il Decreto Legislativo n. 209 del 7
settembre 2005 istitutivo del Codice delle Assicurazioni Private.
7
CAPITOLO PRIMO
LA FIGURA DEL CONSUMATORE
8
I.1 L’individuazione nell’ordinamento comunitario del consumatore
come soggetto meritevole di tutela
Prima di analizzare le principali innovazioni introdotte dal Nuovo
Codice delle Assicurazioni, ritengo necessario soffermarmi sulla
figura del consumatore così come delineata dalla normazione
comunitaria e nazionale per poi verificare in che modo il D. Lgs.
209/2005 ha inteso potenziarne la tutela nei rapporti assicurativi.
La nozione di consumatore, quale soggetto destinatario di una
particolare tutela nei rapporti contrattuali, è di origine piuttosto
recente ed è tuttora in fase di assestamento tra le aperture della
dottrina e le chiusure della giurisprudenza.
In realtà, del trattamento dei consumatori nella fase negoziale si
cominciò a discutere in sede comunitaria, specie ad opera delle
associazioni di consumatori, intorno alla metà degli anni Settanta.
Mentre venivano predisposti numerosi progetti di direttive con
cui si cercava di offrire ai consumatori maggiori informazioni e
maggiore trasparenza dell’operazione economica contrattuale, in
alcuni Stati membri, come ad esempio la Germania, la Gran Bretagna,
la Francia, si provvedeva a introdurre discipline speciali sulle
9
condizioni generali di contratto e sui contratti conclusi mediante
moduli o formulari.
Tali regole andavano così a tutelare, seppure in via indiretta, il
consumatore che spesso diviene controparte in questo tipo di rapporto
contrattuale e viene a trovarsi in uno status di “debolezza” nei
confronti dell’impresa o del professionista che predispone i formulari
8
.
Ma i modelli normativi predisposti nei vari Stati risultavano
difformi tra loro e tale disparità di disciplina finiva per comportare
una disparità di trattamento tra consumatori nell’ambito del mercato
europeo e, di riflesso, disparità di trattamento tra professionisti.
Là dove vigeva una disciplina di tutela, si avvantaggiavano i
consumatori locali, ma non i consumatori di altro Stato e, in modo
simmetrico, venivano limitati nella libertà negoziale i professionisti,
mentre erano liberi i professionisti nel cui Stato non vigevano
discipline di protezione dei consumatori
9
.
8
G. ALPA, I contratti del consumatore, in M. Bessone (a cura di) Istituzioni di diritto privato,
Giappichelli, Torino, 1997, pag. 599.
9
G. ALPA, op. cit., pag. 599
10
I.2 La Direttiva 93/13/CEE
Per ovviare a questi problemi si giunse pertanto alla redazione
della direttiva CEE 5 aprile 1993 n. 93/13
10
che ha imposto agli Stati
membri di adottare una tutela contrattuale minima ed uniforme in
ambito comunitario del consumatore nei confronti del professionista.
In tale occasione compaiono anche le prime importanti nozioni di
consumatore e professionista, figure che si contrappongono nel
sinallagma contrattuale oggetto di tutela: con il termine professionista
viene dunque indicato “il produttore o distributore di beni e servizi
che pone in essere il contratto nel quadro della sua attività
imprenditoriale o professionale”, mentre consumatore è “la persona
fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o
professionale eventualmente svolta”
11
.
10
in G.U.C.E. del 21/04/1993, n. 95
11
L’art. 1469 bis, comma 2 c.c., riporta le seguenti definizioni di consumatore e di professionista:
“in relazione al contratto di cui al primo comma, il consumatore è la persona fisica che agisce per
scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Il professionista è
la persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che, nel quadro della sua attività imprenditoriale
o professionale, utilizza il contratto di cui al primo comma”. Tale definizione richiama quella data
dalla Direttiva 93/13/CEE che all’art. 2 lett. b) e c) così dispone: “ai fini della presente direttiva si
intende per: a) […]; b) “consumatore”: qualsiasi persona fisica che, nei contratti oggetto della
presente direttiva, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale; c)
“professionista”: qualsiasi persona fisica o giuridica che, nei contratti oggetto della presente
direttiva,agisce nel quadro della sua attività professionale, sia essa pubblica o privata”.
11
Proprio per questo suo agire al di fuori di una specifica attività
imprenditoriale o professionale, il consumatore viene qualificato come
contraente debole, ovvero come soggetto il più delle volte sfornito di
competenze tecniche o di una adeguata forza contrattuale per contrarre
su un piano paritario con l’operatore professionale, soprattutto nei
contratti di massa come quelli di assicurazione.
La direttiva 93/13/CEE prevedeva che gli Stati membri dovessero
uniformarvisi entro il 31 dicembre 1994 ma in Italia è stata recepita
soltanto nel 1996 con la legge 6 febbraio 1996 n. 52 che ha dettato la
disciplina dei “contratti del consumatore” inserendola nella disciplina
dei contratti prevista dal codice civile con la formulazione degli
articoli 1469 bis – 1469 sexies riuniti nel Capo XIV bis del Titolo
Secondo, Libro Quarto denominato “Dei contratti in generale”
12
.
12
C. M. BIANCA, Il Contratto, Diritto Civile, Vol. 3, Giuffrè Editore, Milano 2000, pag. 374
12
I.3 La protezione del consumatore nell’ordinamento italiano
Gli articoli 1469 bis – 1469 sexies c.c. dettano la disciplina delle
clausole vessatorie inserite nei contratti, ovvero quelle clausole
predisposte unilateralmente dall’imprenditore-professionista che
determinano uno squilibrio giuridico e non economico tra le parti
13
,
sancendone l’inefficacia qualora non siano state oggetto di
contrattazione specifica tra le parti o qualora, nonostante la
contrattazione, siano comunque contrarie a norme imperative.
Tali articoli, tuttavia, non escludono la disciplina codicistica
relativa alle condizioni generali di contratto prevista dagli artt. 1341 e
1342 c.c. qualora questi ultimi si presentino come più favorevoli per il
consumatore.
Ma la tutela del consumatore non si arresta qui ed è sfociata in un
progetto di tutela globale dei suoi più rilevanti interessi, intento
formalmente proclamato e raggiunto dalla “Legge sui diritti dei
consumatori e degli utenti” del 30 luglio 1998 n. 281, salutata in
dottrina come il bill of rights dei consumatori
14
che riconosce e
garantisce i diritti dei consumatori, specificandoli e indicandoli come
diritti fondamentali; tra questi, anche il diritto alla correttezza,
13
G. ALPA, op. cit., pag. 605
14
L’espressione è attribuita a G. ALPA da M. C. BIANCA, Il Contratto, in Diritto Civile, Vol 3.,
Giuffrè Editore, Milano 2000 pag. 395 nota 114.
13
trasparenza ed equità la cui tutela è stata potenziata nel Nuovo Codice
delle Assicurazioni Private.
I.4 La definizione di consumatore sulla scorta della giurisprudenza
nazionale ed europea
Abbiamo detto poc'anzi che la figura del consumatore è in fase di
assestamento; infatti tale nozione è tuttora soggetta alle aperture della
dottrina a fronte delle chiusure della giurisprudenza ed è importante,
ai fini della presente ricerca, capire cosa debba intendersi, oggi, per
consumatore.
Secondo autorevole dottrina, la nozione di consumatore adottata
dalla Direttiva 93/13/CEE e mutuata integralmente nell’ordinamento
italiano (“consumatore è la persona fisica che agisce per scopi estranei
all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”)
tralascia una prospettiva utilizzata durante i lavori preparatori che
inseriva l’avverbio “direttamente” accanto al verbo “rientrano”,
impedendo in tal modo di tutelare anche quegli acquirenti che
accedono al mercato per procurarsi beni che sono utili alla propria
14
attività ma non ne costituiscono elemento produttivo necessario (si
pensi al personal computer per un medico)
15
.
Sulla stessa linea di pensiero si sono schierati anche altri illustri
autori, quali Oppo e Ruffolo
16
che, non ritenendo giusta la
discriminazione della tutela tra consumatore ed altri soggetti parimenti
“deboli” ancorché diversi dalle persone fisiche o “professionisti” che
acquistano beni potenzialmente strumentali alla propria attività, si
sono spinti a dilatare la nozione di consumatore fino a ricomprendervi
anche i soggetti che contraggono per uso “promiscuo” (ovvero per uso
privato e allo stesso tempo per scopi professionali), gruppi di
consumatori, artigiani e piccoli imprenditori arrivando a coniare la
seguente definizione: “consumatore è chiunque contragga per
acquisire beni e servizi al di fuori dell’esplicazione della sua specifica
attività professionale”
17
.
Seguendo quest’ultima interpretazione, ad esempio, un medico
dovrebbe essere qualificato consumatore nell’acquisto di un personal
15
S. FERRERI, L’intervento dell’Unione Europea a tutela dei consumatori e le possibili relazioni
di sustrato negli Stati membri, in Rivista di Diritto Civile, 2002, parte II, pag. 633.
16
C. M. BIANCA, op. cit., pag. 378. Si veda a proposito: OPPO, in C.M. BIANCA e G. ALPA (a
cura di), Clausole abusive nei contratti stipulati dai consumatori. L’attuazione della direttiva
comunitaria del 5 aprile 1993, Padova, 1994, pag. 6: “è giustificato escludere il professionista,
cioè il professionista intellettuale da questa tutela, e soprattutto è giustificato escludere l’impresa
debole rispetto all’impresa forte? Oppure su questo terreno possiamo lavorare sugli accenni al
rispetto del principio di buona fede che sono contenuti anche nella direttiva per cercare di superare
quella che a me sembra […] una incoerenza?”. Si veda anche RUFFOLO (a cura di), Clausole
“vessatorie” e “abusive”. Gli artt. 1469 bis e ss. c.c. e i contratti del consumatore, Milano, 1997,
pag. 20.
17
C. M. BIANCA, op. cit., pag. 377.
15
computer mentre riacquisterebbe la qualifica di operatore
professionale nell’acquisto di un’apparecchiatura medico-scientifica.
Ma l’entusiasmo della dottrina nel riportare sotto l’ala delle
norme a tutela del consumatore tutta una serie di altri soggetti
“contrattualmente deboli”, si è scontrata con la giurisprudenza
dominante, sia della Corte di Giustizia della Comunità Europea che
della Corte di Cassazione e della Consulta che, in più occasioni e con
orientamento quasi costante, hanno dato un’interpretazione rigorosa e
restrittiva della definizione contenuta nella direttiva 93/13/CEE e
nell’art. 1469 bis comma 2 del codice civile.
Recentemente, infatti, la Corte di Cassazione intervenuta sul
punto con la sentenza n. 10127/2001
18
, ha statuito che deve essere
considerato “professionista” tanto la persona fisica quanto quella
giuridica che utilizza il contratto nel quadro della sua attività
imprenditoriale o professionale.
18
In Nuovo INFOUTET - DVD Aurum 4-bis/2004: Al fine dell'applicazione della disciplina di cui
agli art. 1469 bis ss. c.c. relativa ai contratti del consumatore, deve essere considerato
"consumatore" la persona fisica che, anche se svolge attività imprenditoriale o professionale,
conclude un qualche contratto (avente ad oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi -
secondo l'originaria formulazione del comma 1 dell'art. 1469 bis c.c. - e senza tale limitazione
dopo la modifica di cui all'art. 25 l. 21 dicembre 1999 n. 526) per la soddisfazione di esigenze
della vita quotidiana estranee all'esercizio di dette attività, mentre deve essere considerato
"professionista" tanto la persona fisica, quanto quella giuridica, sia pubblica che privata, che,
invece, utilizza il contratto (avente ad oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi e senza
tale limitazione dopo l'entrata in vigore della citata l. n. 526 del 1999) nel quadro della sua attività
imprenditoriale o professionale. Perchè ricorra la figura del "professionista" non è necessario che il
contratto sia posto in essere nell'esercizio dell'attività propria dell'impresa o della professione,
essendo sufficiente che venga posto in essere per uno scopo connesso all'esercizio dell'attività
imprenditoriale o professionale.