INTRODUZIONE La vita morale dell’uomo fa
parte della materia dell’artista,
ma la moralità dell’arte
consiste nell’uso perfetto di
uno strumento imperfetto.
L’artista non ha bisogno di
dimostrare nulla, poiché
perfino la verità può essere
dimostrata.
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1
Oscar Wilde, Il Ritratto di Dorian Gray , Torino, Einaudi 2005, prefazione.
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Un principio che va tenuto bene in mente, in un paese democratico come l'Italia, è
quello espresso dall'articolo 21 della Costituzione, che sancisce la libertà di
manifestazione del pensiero tramite l'uso delle forme di comunicazione. Questa libertà,
secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale, nel passaggio da libertà negativa
a positiva, si avvale del diritto di informare e di essere informati. Le garanzie disposte
al riguardo dall'art. 21 coprono tutte le possibili forme di comunicazione,
comprendendo oltre a quelle orali e scritte anche quelle espresse con altri mezzi di
diffusione (cinema, televisione, radio, teatro ecc.). L'ultimo comma dell'articolo 21
definisce il limite invalicabile di restrizione della libertà di espressione: il buon
costume.
Il concetto di “buon costume” ha subito numerosi cambiamenti con il passare del
tempo, i cambi generazionali e l'evolversi della mentalità sociale hanno fatto sì che
fossero eliminati particolari veti. È stata abbandonata l’idea di buon costume riferita
alla morale comune o etica sociale ( boni mores ), ma allo stesso tempo si è affermata la
restrizione del concetto al pudore sessuale, con una attenzione particolare alla tutela
dello sviluppo della personalità dei minori. Al riguardo possiamo citare la sentenza del
19 febbraio del 1965, in cui la Corte Costituzionale, investita di un procedimento
inerente l'articolo 553 del Codice Penale, sanciva:
Nel corso di un procedimento penale a carico dell'On. Giancarlo Matteotti, il
Pretore di Lendinara ha sollevato d'ufficio la questione sulla legittimità
costituzionale dell'art. 553 del Codice Penale, che punisce «chiunque
pubblicamente incita a pratiche contro la procreazione o fa propaganda a favore di
esse» e dell'art. 112 del T.U. delle leggi di P.S. nella parte in cui questo vieta di
mettere in circolazione scritti o disegni che divulgano, anche in modo indiretto o
simulato o sotto pretesto terapeutico o scientifico, i mezzi rivolti a impedire la
procreazione o a procurare l'aborto o che illustrano l'impiego dei mezzi stessi, in
relazione all'art. 21 della Costituzione, giusta il quale «tutti hanno diritto di
manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro
mezzo di diffusione».
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Secondo l'accusa le disposizioni prese in considerazione soffrivano di
incostituzionalità e quindi andavano interpretate come limite del buon costume, inteso
2
Estratto sentenza Corte Costituzionale, n. 9 del 19 febbraio 1965, in
http://www.giurcost.org/decisioni/1965/0009s-65.html (01/11/2006).
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come pudore sessuale.
La Corte stessa non cercò una definizione esauriente dell'argomento limitandosi a
formulare questa sentenza:
Tuttavia ai fini della decisione non è necessario che la Corte affronti e risolva i
contrasti e le divergenze d'opinione, dottrinali e giurisprudenziali, che si sono
manifestati a questo proposito, né che dia una definizione puntuale ed esauriente
del buon costume. In questa sede è sufficiente affermare che il buon costume non
può essere fatto coincidere, come è stato adombrato dall'Avvocatura dello Stato,
con la morale o con la coscienza etica, concetti che non tollerano determinazioni
quantitative del genere di quelle espresse dal termine 'morale media' di un popolo,
'etica comune' di un gruppo e altre analoghe. La legge morale vive nella coscienza
individuale e così intesa non può formare oggetto di un regolamento legislativo.
Quando la legge parla di morale, vuole riferirsi alla moralità pubblica, a regole,
cioè, di convivenza e di comportamento che devono essere osservate in una società
civile. Non diversamente il buon costume risulta da un insieme di precetti che
impongono un determinato comportamento nella vita sociale di relazione, la
inosservanza dei quali comporta in particolare la violazione del pudore sessuale,
sia fuori sia soprattutto nell'ambito della famiglia, della dignità personale che con
esso si congiunge, e del sentimento morale dei giovani, ed apre la via al contrario
del buon costume, al mal costume e, come è stato anche detto, può comportare la
perversione dei costumi, il prevalere, cioè, di regole e di comportamenti contrari
ed opposti.
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In parole povere è difficile conciliare buon costume e coscienza etico-morale, ma così
facendo in qualche modo ci si lava le mani ritenendo il concetto non classificabile, dato
che non viene data nessuna definizione specifica.
Nella sentenza n. 368 del 27 luglio 1992, la Corte Costituzionale affermò che il
concetto di buon costume tende a variare notevolmente secondo le condizioni storiche,
d'ambiente e di cultura. Considerato che si tratta di un limite, il buon costume tende a
significare un valore riferibile alla collettività in generale, nel senso che denota le
condizioni essenziali e indispensabili, in relazione ai contenuti morali e alle modalità di
espressione del costume sessuale in un determinato momento storico, per assicurare una
convivenza sociale conforme ai principi costituzionali inviolabili della tutela della
dignità umana e del rispetto reciproco tra le persone (come afferma l’articolo n. 2 della
3
Ibidem.
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Costituzione).
L’articolo 21 della Costituzione, al fine di prevenire trasgressioni al buon costume,
prevede la censura sugli spettacoli. Va ricordato che la stampa, organo vittima di feroce
repressione e strumentalizzazione durante i regimi totalitari, oggi non viene colpita da
questo articolo. Bisogna considerare anche l'art. 529 del Codice Penale che definisce
colpevoli di oscenità atti ed oggetti che, secondo il mutevole senso del pudore,
offendano l'attuale etica-morale, senza però fare una netta distinzione tra tutela del
maggiorenne e quella del minore.
Sembra paradossale voler proteggere il maggiorenne da uno spettacolo, poniamo ad
esempio un film, dato che esistono organi di informazione che permettono allo stesso di
documentarsi e di essere consapevole di ciò che sta per andare a vedere. Dal punto di
vista del minore, però, il tutto potrebbe apparire anche giustificato. Peraltro la censura
al minore va oltre il limite imposto dal buon costume; infatti il Regolamento di
esecuzione della legge 21 aprile 1962, n. 161, sulla revisione dei film e dei lavori
teatrali all’articolo 9 afferma:
Debbono ritenersi in ogni caso vietate ai minori le opere cinematografiche e
teatrali che, pur non costituendo offesa al buon costume ai sensi dell’art. 6 della
legge:
contengano battute o gesti volgari; indulgano a comportamenti amorali;
contengano scene erotiche o di violenza verso uomini o animali, o relative ad
operazioni chirurgiche od a fenomeni ipnotici o medianici se rappresentate in
forma particolarmente impressionante, o riguardanti l'uso di sostanze stupefacenti;
fomentino l'odio o la vendetta; presentino crimini in forma tale da indurre
all'imitazione od il suicidio in forma suggestiva.
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Tutto questo anche per effetto degli articoli 30 e 31 della Costituzione;
È diritto e dovere dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli […]. (Art. 30)
La Repubblica […] Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli
istituti necessari a tale scopo. (Art. 31)
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La tutela dei minori sembrerebbe un pezzetto di puzzle perfettamente incastrato
all'interno della macchina sociale. Ma se esaminiamo più a fondo l'azione di tutela
4
Cit. in Alfredo Baldi, Schermi Proibiti: la censura in Italia 1947-1988 , Venezia, Marsilio 2002, pp.
186-187.
5
La Costituzione della Repubblica Italiana , in http://www.quirinale.it/costituzione/costituzione.htm
(02/11/2006).
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noteremo un’incongruenza: uno degli obbiettivi che si pone l'istruzione è proprio quello
di formare e rendere vivido il senso critico dell'individuo. Un film può contenere al suo
interno molteplici significati. Se da un lato è positivo proteggere il fanciullo da visioni
o messaggi poco edificanti o socialmente pericolosi evitando che entri in contatto con
essi, dall'altro, così facendo limitiamo il suo senso critico, dato che non gli diamo la
possibilità di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, praticando una sorta di
'repressione protettiva'. Sotto alcuni aspetti la censura è troppo rigida e inflessibile, a
volte invece di tagliare nettamente o proibire categoricamente, si potrebbe trovare la via
di mezzo al fine di permettere la ricezione di immagini e contenuti (magari
opportunamente 'filtrati') al più vasto pubblico possibile.
L’espressione e l’idea stessa di “buon costume” sono strettamente collegati in
generale alla protezione del pudore sessuale e della decenza. Il Codice Penale italiano,
infatti, agli articoli 527 e 538, prevede sanzioni per chi viola il buon costume mediante
«offese al pudore e all'onore sessuale»;
6 lo stesso Codice, all'articolo 726, punisce gli
«atti contrari alla pubblica decenza» e il «turpiloquio».
7 Per quanto riguarda la
questione del rapporto tra arte e buon costume, ciò ha dato spesso luogo ad ambiguità e
fraintendimenti.
L'articolo 33 della Costituzione omette di menzionare il limite del buon costume, nel
proclamare la libertà dell'arte, della scienza e di tutto ciò che concerne il loro
insegnamento. L'articolo 529 del Codice Penale non considera oscena l'opera d'arte o di
scienza, a patto che, per motivi estranei allo studio, sia indirizzata a minori. Detto
questo sorge un problema: alcune sentenze hanno dichiarato che l'arte non è mai
oscena, altre che l'osceno non è mai arte. La prima soluzione risulta essere quella
maggiormente veritiera dato che l'opera d'arte non può essere oscena, in quanto il dato
artistico non ammette un giudizio di oscenità. Ma questa valutazione, per quanto si sia
diffusa nella mentalità comune, basta a garantire che i giovani sono veramente protetti
al giorno d’oggi?
L’evoluzione del comune senso del pudore ha fatto sì che nel corso degli anni visioni
'inopportune' per i minori' siano diventate per loro normali o addirittura nemmeno
degne di nota. La televisione, il cinema e internet pullulano di immagini e concetti
censurabili, secondo i criteri del passato.
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Codice Penale , art. 527 “Atti osceni” , in http://www.studiocelentano.it/codici/cp/codicepenale002a.htm
(02/11/2006).
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Codice Penale , art. 726 “Atti contrari alla pubblica decenza. Turpiloquio”, in
http://www.studiocelentano.it/codici/cp/codicepenale003a.htm (02/11/2006).
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