4
CAPITOLO PRIMO
LA SALVAGUARDIA DEI DIRITTI DEI LAVORATORI IN
CASO DI TRASFERIMENTO D’AZIENDA: LA NORMATIVA
COMUNITARIA
1. INTRODUZIONE
Rappresentare la composita struttura del diritto del lavoro
comunitario utilizzando un criterio di analiticità crescente è senza
dubbio opportuno per evidenziare le diverse fonti che hanno
contribuito alla sua formazione.
A livello europeo si è cercato di armonizzare quanto previsto in
ambito internazionale con quanto stabilito negli ordinamenti
giuridici dei singoli stati
1
.
Per quel che concerne l’ambito specifico del trasferimento
d’azienda, il primo passo importante verso un’omogeneizzazione
delle legislazioni nazionali è rappresentato dalla direttiva n. 187 del
14 febbraio 1977.
1
Vedi Galantino L., Diritto Comunitario del lavoro, Giappichelli, Torino, 2001, pg. 6 e seg.
5
Questa prima direttiva europea individuava quale ambito di
efficacia della fattispecie i “…trasferimenti di imprese di
stabilimenti o di parti di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in
seguito a cessione contrattuale o fusione…”, attribuendo così la
qualità di cedente ad “…ogni persona fisica o giuridica che, in
conseguenza del trasferimento, perde la veste di imprenditore
rispetto all’impresa, allo stabilimento o alla parte di stabilimento.”
2
.
La genericità della terminologia utilizzata dalla norma, che non
forniva una definizione specifica di trasferimento ma si limitava ad
un semplice elenco dei possibili oggetti di cessione, ha
ripetutamente richiesto l’intervento della Corte di Giustizia volto a
precisare sia cosa si dovesse intendere per impresa, stabilimento, o
parte di stabilimento, sia lo strumento giuridico con il quale detto
trasferimento sarebbe dovuto avvenire.
La Corte ha, così, elaborato una nozione più generale, quella di
“entità economica”, considerando i termini di “impresa, stabilimenti
e parti di stabilimenti” usati dal legislatore comunitario, come
semplici esemplificazioni della stessa.
2
Art. 2, dir. n. 77/187.
6
Essa, inoltre, ha individuato una serie di indici rivelatori
dell’esistenza di un trasferimento, che spetta poi al giudice
nazionale riscontrare concretamente.
L’elaborazione giurisprudenziale definitiva della nozione di
trasferimento di azienda derivava dall’art. 1 della direttiva n. 98/50
CE che espressamente considerava come trasferimento “…quello di
un’entità economica che conserva la propria identità, intesa come
insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un’attività
economica, sia essa essenziale od accessoria…”, per di più
chiarendo che la normativa protettiva si applicava anche ai
trasferimenti delle “…imprese pubbliche o private che esercitano
un’attività economica, che perseguano o meno uno scopo di
lucro…”.
La direttiva n. 2001/23, infine, abrogando le precedenti direttive n.
77/187 e n. 98/50, ha dettato una organica disciplina dell’istituto,
per quanto largamente coincidente con le disposizioni previgenti.
La dir. n. 23 è rilevante, ai fini del presente lavoro, poiché
costituisce il riferimento esplicito della legge delega n. 30/2003 e
quindi anche del d. lgs. 276/03 di esercizio della delega.
7
2. LA DIRETTIVA N. 77/187
La direttiva n. 187 del 1977, basata sul Programma di azione sociale
del 1974 e sull’art. 100 del Trattato di Roma (1951), mirava a
garantire la continuità dei rapporti di lavoro esistenti all’interno di
un’entità economica, indipendentemente dal mutamento del
titolare
3
.
Per capire la ratio che la ispirò, bisogna collocarla in un periodo
storico ben preciso: siamo all’indomani del primo shock
petrolifero
4
.
L’effetto principale di tale evento fu quello che gli economisti, in
gergo, definiscono “razionalizzazione in termini tecnico-produttivi”
consistente nella “riconversione” o ulteriore utilizzazione dei beni
immobili con conseguenti licenziamenti.
Tutto ciò provocò sostanzialmente tre risultati:
¾ crescente ricorso a forme di concentrazione di imprese
¾ chiusura di stabilimenti
¾ aumento del tasso di disoccupazione.
3
Vedi Arrigo G., Diritto del lavoro dell’Unione Europea, Vol. II, Giuffrè, Milano, 2001, pg. 84.
4
Vedi Roccella M.– Treu T., Diritto del lavoro comunitario, Cedam, Padova, 2002, pg. 285.
8
La direttiva trovava applicazione nei confronti dei er era attuata
“…trasferimenti di imprese, stabilimenti o parti di stabilimenti ad
un nuovo imprenditore in seguito a cessione contrattuale o
fusione…(art. 1.1) e, comunque, nel caso e nei limiti …in cui
l’impresa, lo stabilimento o parte di esso da trasferire si trovi
nell’area di applicazione del Trattato… (art. 1.2)”
5
.
A breve distanza, furono emanate altre due direttive, la n. 78/855
del 10 ottobre 1978 e la n. 82/891 del 17 dicembre 1982, che
estesero l’ambito di tutela dei lavoratori anche alla fusione per
incorporazione ed alla scissione di società per azioni
6
.
Successivamente, con la sentenza Redmont del 19 maggio 1992,
causa C-29/91, La Corte di Lussemburgo precisò che si ha “cessione
contrattuale” anche nel caso in cui una pubblica autorità decida di
interrompere le sovvenzioni a favore di un ente, provocandone in tal
modo la cessazione di ogni attività, per destinare le medesime
sovvenzioni ad un altro ente che persegue un analogo scopo; con ciò
si intese ricomprendere nel trasferimento d’azienda tutte le ipotesi
aventi ad oggetto un’entità ancora esistente, dotata di propria
identità o, comunque, avente una autonoma funzionalità
7
.
5
Vedi Foglia R., L’attuazione giurisprudenziale del diritto comunitario del lavoro, Cedam,
Padova, 2002, pg. 199.
6
Ibidem, pg. 199.
7
Ibidem, pg. 199; nonché Arrigo G. op. ult. cit., pg. 89, nota 41.
9
Approfondendo l’esame della direttiva n. 77/187, risulta la sua
applicabilità a tutti i casi di mutamento della persona fisica o
giuridica responsabile dell’impresa che assume le obbligazioni del
datore di lavoro nei confronti dei dipendenti dell’impresa
medesima; ciò, almeno, è quanto si evince dal contestuale esame
delle due sentenze Mercks cause C-172/94 e C-71/96.
Risulta chiaro che l’obiettivo finale a cui si tendeva era quello di
salvaguardare il lavoratore dalla possibilità di essere licenziato o di
diventare oggetto di trattamenti meno favorevoli (art. 4)
8
. Seguendo
questo filo conduttore, diveniva obbligatorio, a carico di entrambe
le parti, cedente e cessionario, il rispetto della procedura di
informazione e consultazione, in tempi utili, dei rappresentanti dei
lavoratori sia sui motivi che sulle conseguenze giuridico-
economiche e sociali derivanti dal trasferimento.
La suddetta procedura, però, si correlava alle situazioni giuridiche,
attive o passive che fossero, dei soli lavoratori ancora alle
dipendenze del cedente al momento del trasferimento; per cui ve ne
8
Ibidem, pg. 200 e seg. “…a qualunque atto conseguisse, la cessione doveva…risultare neutra o,
se si preferisce indolore…La garanzia della continuità dei rapporti di lavoro, non poteva essere
elusa ricorrendo al licenziamento, a ciò ostando l’espressa esclusione del trasferimento dai motivi
di recesso, anche se ciò “pregiudica i licenziamenti che possono aver luogo per motivi economici,
tecnici, o d’organizzazione che comportano variazioni sul piano dell’occupazione” (art. 4).
10
erano esclusi i lavoratori, già dipendenti dello stesso cedente, i
quali avessero rifiutato il passaggio alle dipendenze del cessionario.
L’art. 1 della direttiva 187 in esame era applicabile anche nel caso
di passaggio di un’impresa da un ente pubblico, di diretta
emanazione dello Stato, ad una società di diritto privato anche
qualora tale trasferimento non fosse derivato da contratto ma fosse
avvenuto sotto forma di concessione amministrativa; occorreva
tuttavia che i dipendenti interessati al trasferimento fossero
inizialmente assoggettati, dalle norme di diritto interno, alla
disciplina del diritto del lavoro: sent. 14 settembre 2000, causa C-
343/98
9
.
Tuttavia, dall’applicazione della direttiva restavano fuori le imprese
di navigazione, e, per costante giurisprudenza, le imprese soggette a
procedure concorsuali meramente liquidatorie
10
.
9
Vedi Corte di Giustizia causa C- 343/98, Dir. Lav., 2000, pg 898. La Corte pronunciandosi sulle
questioni sottopostele dall’Arbeitsgerich di Lorrach, con ordinanza del 28 novembre 1995,
dichiara: “ L’art. 1, n. 1, della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente
il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei
lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti, dev’essere
interpretato nel senso che quest’ultima si applica ad una situazione nella quale un ente pubblico,
che aveva…aggiudicato l’appalto per la sorveglianza di alcuni suoi locali ad una prima impresa,
decide, alla scadenza o in seguito a recesso dal contratto che la vincolava a quest’ultima,
di…assegnare tale appalto a una seconda impresa, purché l’operazione si accompagni al
trasferimento di un’entità economica tra le due imprese. La nozione di entità economica si
richiama ad un complesso organizzato di persone e di elementi che consentono l’esercizio di una
attività economica finalizzata al perseguimento di un determinato obiettivo. La mera circostanza
che i servizi di volta in volta prestati dal precedente e dal nuovo…appaltatore siano analoghi non
consente di concludere nel senso che sussista il trasferimento di un’entità del genere”.
Il fatto assoggettato alla citata sentenza si è verificato in Germania.
10
Foglia R., L’attuazione giurisprudenziale del diritto comunitario del lavoro, cit., pg. 201.
11
Il testo della direttiva 187, essendo lacunoso e generico in vari
punti, ha prodotto un notevole contenzioso giudiziario, come si
evince dalle numerose sentenze a cui fin qui si è fatto richiamo.
Pertanto frequenti sono stati i rinvii alla Corte di Giustizia la quale
ha contribuito alla ricostruzione di alcune parti della medesima
direttiva, influenzando profondamente sia gli ordinamenti delle
Corti nazionali che le normative interne dando, così, luogo ad
un’intensa elaborazione dottrinale.
La conformazione del mercato interno degli Stati membri della
Comunità Europea, nonché le loro tendenze legislative per quanto
riguarda il salvataggio delle imprese con difficoltà economiche ed il
maggior rilievo giuridico-istituzionale assunto dalla Carta sociale
comunitaria nei trattati di Maastricht e di Amsterdam sono stati la
causa, alla fine degli anni Novanta, di una spinta propulsiva rivolta
alla riforma di suddetta direttiva.
Tra le proposte di modifica presentate dalla Commissione, non
tutte accolte, come evidenziato da un’autorevole dottrina
11
, nel testo
approvato dal Consiglio, risultano di particolare rilievo, per ciò che
riguarda la nostra trattazione, quelle inerenti a:
11
Arrigo G., op. ult. cit., pg. 87 e seg.; nonché Foglia Raffaele op. ult. cit., pg. 206 e seg. I due
autori enumerano, sia pure con diverse terminologie, tutti i casi evidenziati di seguito in questa
stessa pagina.
12
¾ applicazione della direttiva a tutte le imprese, pubbliche o
private, esercitanti un’attività economica, anche non a scopo
di lucro;
¾ ampliamento della nozione di “trasferimento”, in modo da
comprendere ogni cessione, derivante da contratto, da
decisione giudiziaria, e da disposizioni di legge o
provvedimenti amministrativi;
¾ divieto degli Stati membri di escludere dalla protezione i
lavoratori a tempo parziale, a tempo determinato e interinali;
¾ previsione della responsabilità solidale del cedente e del
cessionario rispetto ai diritti dei lavoratori coinvolti nel
trasferimento di imprese;
¾ estensione della direttiva ai casi di insolvenza trattati in
procedure non meramente liquidatorie;
¾ precisazione che gli obblighi di informazione e di
consultazione sussistono a prescindere dal fatto che le
decisioni di trasferimento siano prese dal datore di lavoro
stesso oppure da un’impresa che esercita il controllo;
13
¾ delimitazione della facoltà degli Stati membri di derogare
agli obblighi procedurali della direttiva per le imprese con
meno di 50 dipendenti e prive di rappresentanze aziendali dei
lavoratori.
14
3. LA DIRETTIVA N. 98/50
La riforma della direttiva n. 77/187 si è realizzata il 29 giugno
1998, originata dalla presa d’atto della difficoltà di inquadrare
sistematicamente ipotesi, sempre più diffuse ed inedite, di
decentramento o terziarizzazione dell’impresa moderna in una realtà
economico-produttiva caratterizzata dal fenomeno della così detta
“globalizzazione”
12
.
Tale fenomeno ha provocato una trasformazione storica molto
evidente anche nel mercato del lavoro, cui ha fatto seguito il
passaggio dalla società industriale a quella postindustriale
caratterizzata dall’uso dei nuovi strumenti informatici.
Si parla, infatti, di società dell’informazione nella quale la
tecnologia, i mercati, i consumatori, le imprese si evolvono così
rapidamente che la vita media di una organizzazione è scesa da
cinquanta a pochi anni.
Parallelamente il percorso lavorativo si configura sempre meno
come rapporto stabile e definitivo con un’unica azienda e sempre
più come passaggio attraverso svariate esperienze in differenti
12
Vedi Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, atti del convegno
A.i.d.l.a.s.s., Trento 4-5 Giugno 1999; relazione di Lambertucci P.
15
imprese in continua trasformazione: il lavoro dipendente e quello
indipendente non sono più scelte definitive, antitetiche fra loro da
prendersi all’inizio della vita professionale, ma semplici momenti di
un processo evoluto destinato a durare nel tempo.
L’assetto giuridico valido nella società industriale, diventa ora
sempre più un abito stretto, incapace di contenere una mobilità
socio-economica crescente; ci si muove verso nuove
regolamentazioni tendenzialmente più elastiche ed atte a
racchiudere contenuti ed istituti in rapido cambiamento.
I processi generalmente evolutivi sono riassunti nella parola
“flessibilità” intesa come necessità, per le aziende, di adeguarsi al
veloce ritmo di trasformazione delle tecnologie che spinge verso
frequenti ristrutturazioni; per i lavoratori, sta a significare l’essere
aperti e preparati alla possibilità di esperimenti continui nell’iter
professionale con il conseguente naturale emergere di nuove
professionalità e profili occupazionali
13
.
Attualmente, la necessità di conseguire una sempre maggior
efficienza e competitività in un sistema concorrenziale
internazionale rappresenta la base della crescente propensione delle
13
Vedi L’impresa fra esternalizzazione e processi di materializzazione: le ricadute sul rapporto di
lavoro del Centro nazionale di studi di diritto del lavoro Domenico Napoletano; introduzione di
Fanelli O.. Verona 31 gennaio 2003, pg. 2.
16
aziende ad assumere dimensioni ed articolazioni sempre più
consone.
Ciò si concretizza sia attraverso un processo di integrazione
mediante fusioni o incorporazioni, sia attuando politiche opposte
alle precedenti, che puntano all’elasticità aziendale, quali
operazioni di segmentazione, scorporo e dismissioni di attività.
L’esternalizzazione di alcuni servizi, il classico outsourcing o
contracting out del gergo tecnico, è attuata attraverso molteplici
modalità che possono andare dall’appalto di servizi, al contratto di
distribuzione commerciale o di subfornitura
14
.
Questi fenomeni, apparentemente giustificati dalle strategie
d’impresa, possono nascondere l’intento dell’imprenditore di
realizzare flessibilità diversamente non conseguibili, liberandosi
delle responsabilità giuridica ed economica relative a forza lavoro
direttamente occupata, così trasferendone i rispettivi oneri
gestionali ed economici su altri soggetti.
Appare, certamente, giustificato il dubbio appena sopra evidenziato
poiché, se da un lato, il decentramento costituisce una scelta
imprenditoriale non solo lecita, se è esercitata con gli strumenti
giuridici previsti dall’ordinamento, ma anche insindacabile in
14
Foglia R., L’attuazione giurisprudenziale del diritto comunitario del lavoro, cit., pg. 210.
17
ordine alla valutazione della sua opportunità ex. art. 41 Cost.;
dall’altro non può escludersi il pericolo che alcune operazioni di
decentramento produttivo siano ispirate non a migliorare
l’organizzazione dell’azienda, ma ad aggirare norme poste a tutela
dei lavoratori
15
.
La direttiva n. 98/50, così come recita l’art. 1.1, a, “…si applica ai
trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di
stabilimenti ad un nuovo imprenditore, in seguito a cessione
contrattuale o a fusione…” purché il complesso aziendale da
trasferire si trovi ubicato nel territorio della Comunità
16
.
Le sole esclusioni riguardano i trasferimenti di imprese di
navigazione marittima e la pubblica amministrazione.
Infatti, accogliendo in pieno la giurisprudenza della Corte, è stato
chiarito che “…una riorganizzazione amministrativa degli enti
amministrativi pubblici o il trasferimento di funzioni
amministrative tra enti amministrativi pubblici… (art 1.1, c) non
15
Nel nostro ordinamento giuridico, l’art. 41 della Costituzione riconosce ai privati la libertà di
disporre delle risorse materiali ed umane ma con la limitazione che ben si adatta a questo studio e
cioè che l’iniziativa economica “…non può svolgersi…in modo da recare danno alla sicurezza,
alla libertà, alla dignità umana”. Pertanto, come giustamente rileva il Foglia, op. cit., pg. 211 “ Si
giustifica…l’approccio non ostile, ma “guardingo” della giurisprudenza chiamata a scrutinare la
correttezza di simili operazioni di ristrutturazione aziendale, spesso accompagnate anche dal
ricorso a nuove forme di collaborazione lavorativa alternative rispetto ai modelli tradizionali del
lavoro subordinato”.
16
Roccella M.–Treu T., Diritto del lavoro comunitario, cit. pg. 287.
18
costituisce trasferimento d’impresa ai sensi della direttiva.”
17
poiché il trasferimento ha ad oggetto “attività comportanti
l’esercizio di pubblici poteri”; come giustamente evidenziato dalla
sentenza Henke del 14 ottobre 1996
18
.
L’esclusione della pubblica amministrazione ha portata limitata, in
quanto “…la direttiva si applica alle imprese “pubbliche o private
che esercitino una attività economica, che perseguano o meno uno
scopo di lucro”( art. 1.1, lett. c)”
19
.
Una delle novità più importanti della direttiva 98/50 risiede nella
definizione d’azienda su cui taceva il testo precedente; infatti,
quando all’art. 1.1, b , si parla del trasferimento d’azienda si
chiarisce che “…[è il trasferimento]…di un’entità economica che
conserva la propria identità, intesa come insieme di mezzi
organizzati al fine di svolgere un’attività economica, sia essa
essenziale, o accessoria”.
Dove, per attività economiche accessorie, devono intendersi anche
quelle svolte da enti pubblici
20
.
17
Roccella M. –Treu T., op. ult. cit., pg. 287 e seg.
18
Vedi Corte di Giustizia causa C- 298/94, sentenza del 15 ottobre 1996, Raccolta, 1996. La Corte
pronunciandosi sulle questioni sottopostele dall’Arbeitsgericht di Halberstadt, con ordinanza 19
ottobre 1994, dichiara: “ L’art 1, n. 1, della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977…deve essere
interpretato nel senso che la nozione di trasferimento di impresa, di stabilimento o parte di
stabilimento non si applica al trasferimento di funzioni amministrative da un comune a un ente
amministrativo intercomunale come quello di cui trattasi nella causa principale”.
19
Arrigo G., Diritto del lavoro dell’Unione Europea, cit., pg. 95.
20
Arrigo G., op. ult. cit., pg. 94.