capitale cognitivo e l'intera organizzazione delle imprese, con rilevanti implicazioni sul ruolo,
sulla qualità e sulle competenze del capitale umano, assumendo un carattere sempre più
collettivo e interattivo grazie all'intensificazione delle relazioni di cooperazione tra le diverse
istituzioni e le imprese.
La conoscenza e i fattori intangibili in generale assumono un ruolo
preponderante nella creazione del valore data la quota crescente dell'attività economica
costituita da produzione e scambio d'informazioni, conoscenze, esperienza e servizi. II valore
dei beni deriva in molti casi da una serie di elementi intangibili, come le innovazioni
tecnologiche ed i nuovi materiali incorporati nel prodotto, il disegno, il contenuto stilistico e
di moda, l'appeal del nome di marca o la presentazione creativa. Il contenuto di conoscenza
influenza la differenziabilità del prodotto e quindi il suo vantaggio competitivo.
Il potere d'acquisto relativo dei beni manufatti tradizionali sta quindi
riducendosi rapidamente a favore dei prodotti e servizi knowledge intensive.
Le grandi imprese che non hanno saputo rinnovare il loro capitale di
conoscenza e valorizzare i loro beni intangibili, non hanno spesso mantenuto le loro quote di
mercato: circa 60% delle 500 maggiori imprese della lista Fortune d'inizio anni '80 non ne fa
più parte e molte altre hanno registrato cambi di ranking significativi.
Si afferma oggi la “cultura del cambiamento” finalizzata alla realizzazione
della società della “conoscenza” e a fornire adeguato supporto nel quadro dello sviluppo e
consolidamento di un network di imprese. L'impresa a "rete" si basa su un sistema di
condivisione produttiva e cognitiva tra impresa stessa e ricerca. In tale prospettiva assistiamo
al passaggio tra la vecchia società industriale, basata sulla produzione delle singole aziende,
verso la società dell'economia della "conoscenza", fondata sulla condivisione di conoscenza e
integrazione tra ricerca ed innovazione.
La chiave di lettura della “cultura del cambiamento” risiede principalmente
nella differenza del rapporto di valore esistente tra beni materiali (TANGIBLE ASSETS) e
beni immateriali (INTANGIBLE ASSETS) e nel ruolo strategico che questi ultimi stanno
assumendo nell’economia mondiale.
Queste tendenze evolutive pongono l’attenzione sulla problematica di
approfondire la natura delle risorse immateriali al fine di individuare criteri e metodi specifici
di definizione e valutazione.
1.1.2 Definizione d’intangible assets
Il profondo mutamento in atto nella struttura di mercato dei sistemi economici
più evoluti ha aumentato l’interesse nei confronti della componente immateriale delle attività
aziendali.
L'identificazione e la valorizzazione dei beni immateriali diventano un
obiettivo prioritario per l'impresa tesa alla massimizzazione del proprio valore economico. Le
imprese caratterizzate dalla presenza di competenze tecnologiche e manageriali distintive
sono dinamiche ed hanno un tasso di sviluppo maggiore, mentre quelle che non dispongono di
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sufficienti risorse immateriali hanno una redditività mediamente contenuta e prospettive di
sviluppo prevalentemente collegate alla capacità di reperire risorse a costi competitivi,
tendendo ad operare su mercati di beni indifferenziati o producendo in conto terzi.
L’esistenza di un rapporto causa effetto tra intangibles e flussi economici ne
richiede la corretta individuazione e questo costituisce un aspetto di grande criticità e
complessità.
Attualmente gli asset intangibili sono diventati sempre più cruciali per lo
sviluppo e la crescita di moltissimi business. Ci sono parecchie definizioni di che cosa sia un
bene intangibile; alcuni autori li definiscono come “una risorsa che non ha una consistenza
fisica ma il cui sfruttamento industriale ed economico produce benefici futuri”. Altri
autori li definiscono semplicemente come “le competenze chiave delle imprese”. Esempi di
beni intangibili: sono i brand, il know-how, le competenze, l’immagine dell’azienda; beni che
spesso non figurano neanche nei bilanci aziendali.
Potendo effettuare una sintesi delle varie definizioni, coniugando il concetto di
aree di provenienza delle risorsi immateriali e utilizzando una delle classificazioni di base
attualmente più utilizzate, possiamo ripartirle nel seguente modo:
I. Risorse relative all’area del marketing;
II. Risorse relative all’area della tecnologia;
III. Risorse relative all’area della conoscenza e delle capacità.
Quel che è certo è che sono fattori di rilevanza crescente per la competitività e
che influenzano sempre di più i risultati aziendali. Infatti, all'inizio del ventesimo secolo, le
più grandi aziende industriali nel mondo erano US STEEL, EXXON, J. & P. COATS e
Pullman. La lista equivalente include oggi MERCK, COCA-COLA, INTEL e MICROSOFT.
Questo semplice confronto esemplifica un cambiamento importante e continuo cui si sta
assistendo: il vantaggio competitivo di queste importanti imprese risiede proprio nel marchio,
nel controllo degli standard, nelle innovazioni e nella protezione brevettuale. Fra la vasta
gamma delle risorse denominate asset intangibili un sottoinsieme è rappresentato dalle
proprietà intellettuali; il nome è derivato dalla protezione legale con la quale questi asset
possono essere difesi. Esempi di diritti di proprietà intellettuale sono brevetti, segreti
commerciali, marchi e copyright.
Partendo dalla classificazione di base di cui sopra e provando ad integrarla con
una fondata su specifici aspetti qualificanti i beni immateriali si sviluppa il seguente approccio
che individua come criteri determinanti i beni immateriali:
ξ Identificabilità: alcuni beni immateriali possono essere identificati mentre altri, come
ad esempio delle sinergie generare da una particolare combinazione di input, non
possiedono tale caratteristica;
ξ Separabilità dall'impresa: questo aspetto è collegato con il precedente in quanto
proprio gli elementi agevolmente identificabili si prestano spesso ad un'eventuale
separazione dal resto dell'azienda. Tuttavia si può affermare che il requisito
dell'identificabilità della risorsa è condizione necessaria, ma non sufficiente per
garantire la trasferibilità, in via autonoma dall'azienda, del bene stesso;
ξ Modalità d'acquisizione: questo criterio di distinzione richiamato anche dalla
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normativa civilistica, distingue tra elementi acquistati da terzi e fattori immateriali
sviluppati dall'impresa stessa nel proprio ambito;
ξ Durata temporale dei vantaggi attesi.
L’applicazione di questi aspetti caratterizzanti come criteri di classificazione
permette di definire in maniera ancora più precisa l'area grigia di valore aziendale
rappresentata dall'avviamento.
Il processo d'individuazione e valutazione degli specifici beni immateriali
permette quindi d'identificare componenti di valore, che altrimenti rimarrebbero indistinte. La
configurazione d'avviamento adottata risulta più restrittiva ma più consona alla sua natura,
cioè quella di grandezza residuale espressiva di valori aziendali non suscettibili di autonoma
rilevabilità, quali ad esempio sono le sinergie prodotte dalla combinazione e dalla
organizzazione delle risorse aziendali, materiali ed invisibili. L'attento esame delle
caratteristiche delle risorse intangibili aziendali permette inoltre di evitare d'incorrere in
sovrapposizioni di risorse e in duplicazioni di valori e di realizzare un legame logico tra le
performance di profitto dell'impresa ed il profilo strategico.
1.1.3 L’importanza della proprietà intellettuale
La proprietà intellettuale si riferisce alla parte di beni immateriali di un'impresa
che è protetta da diversi strumenti giuridici di tutela ed è caratterizzata da un uso esclusivo o
limitato. Questa definizione include brevetti, marchi e diritti d'autore.
La proprietà intellettuale nasce come strumento teso a fornire agli attori privati
un incentivo razionale ad effettuare investimenti in Ricerca & Sviluppo (R&S) socialmente
apprezzabili. La tutela riconosciuta al titolare del diritto di proprietà intellettuale protegge lo
stesso dal problema dei freeriders. La possibilità di escludere altri dall'utilizzo del bene
garantisce infatti al titolare la possibilità di percepire la rendita "monopolistica" derivante dal
riconoscimento dei diritti di proprietà intellettuale. Attraverso questa tutela si producono
dunque effetti pro-concorrenziali, derivanti dalla nascita di nuovi stimoli per affrontare
ulteriori investimenti finalizzati alla creazione o allo sviluppo di nuove invenzioni.
Il costo sociale legato agli extraprofitti dell'impresa nel breve periodo viene
bilanciato da una situazione di efficienza nel lungo periodo grazie ad un tasso d'investimenti
ottimali in Ricerca & Sviluppo (R&S).
La proprietà intellettuale è oggi la fonte di maggior creazione di valore per molti
soggetti economici, che dipendono da essa per il mantenimento del loro vantaggio
competitivo e per garantire una profittabilità futura. Questo è il motivo per cui i temi della
proprietà intellettuale sono oramai divenuti parte integrante della politica internazionale di
ricerca, che mira a rendere il sistema della proprietà il più efficiente possibile, sia da un punto
di vista della struttura che dell’uso.
La crescente importanza raggiunta dalla proprietà intellettuale può essere vista
nella crescita delle attività brevettate e degli introiti ottenuti dalle licenze di tecnologia,
nonché nel fatto che la stessa è ormai arrivata a rappresentare una parte significativa del
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valore totale di una impresa.
Il rapido sviluppo della proprietà intellettuale è quindi il risultato della
moderna politica di ricerca ed innovazione, il cui obiettivo sta diventando non solo quelli di
produrre nuove conoscenze tecnologiche, ma anche e soprattutto quello di assicurarne un loro
sfruttamento ottimale.
Tale approccio è essenziale per produrre benefici socio – economici che
possono tradursi in nuovi prodotti e servizi, occupazione e in un settore imprenditoriale più
concorrenziale.
Concludiamo queste prime considerazioni riportando dalla fonte del World
Intellectual Property Organization (WIPO) l’andamento delle domande di brevetto
internazionale PCT) depositate nel periodo 1978 – 2007, l’elaborazione propria della
domande di PCT depositate dal 2000 al 2006 da alcuni paesi in via di sviluppo e il caso
STAC e il caso DELL.
Numero di domande PCT depositate da alcuni Paesi in via di
sviluppo
Stato 2000 2003 2006 Crescita
Brasile 161 219 265 64.6%
Cina 579 1.295 3.910 575%
India 156 764 627 3013%
Massico 71 131 150 111%
Repubblica
di Corea
1.514 2.949 5.935 292%
Singapore 225 282 402 78,6%
Israele 928 1.130 1.725 85,8%
Elaborazione propria su dati WIPO
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Il caso STAC e il caso DELL
Chiunque fosse scettico circa l'importanza crescente dei brevetti
nell'odierna economia dovrebbe soltanto dare uno sguardo ad
una piccola società elettronica della California, la STAC
ELECTRONICS che produce un programma di compressione
dei dati denominato STACKER.
Nel 1994 la ditta, molto piccola, ha vinto una causa contro
MICROSOFT per la contraffazione del proprio brevetto, che le è
valso un rimborso pari a 120 milioni di dollari. Specialmente
per le aziende più piccole, le start - ups, i brevetti possono
essere l'unica difesa contro un rivale molto più potente che
copia le relative idee e quindi sottrae le relativa quote di
mercato.
Effettivamente i brevetti, ma anche marchi, copyrights ed i
segreti industriali, sono diventati cruciali per le società di tutte le
dimensioni.
DELL COMPUTER, per esempio, ha sviluppato molto del
proprio successo sui brevetti, non tanto per i prodotti in quanto
tali, ma per l'innovativo modello commerciale di costruire il
prodotto dopo l'ordine e la relativa vendita diretta.
Com'è noto il modello permette ai compratori di ordinare un
PC configurato su misura via Internet. Questi ordini sono
elaborati con un funzionamento a flusso continuo della
produzione, della configurazione e del servizio al cliente per la
consegna in 72 ore. Un tal metodo commerciale offre la
maggiore convenienza per il cliente, con i costi di produzione
più bassi così come maggiori margini per l'industria. DELL ad
oggi ha circa 77 brevetti riguardanti le varie parti del relativo
processo di produzione e di verifica.
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Grafico: 2007, fonte WIPO
Grafico: 2007, fonte WIPO
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2.1 La proprietà intellettuale
2.1.1 Che cos’è la proprietà intellettuale
Con il termine “proprietà intellettuale” si intende quell’insieme di principi
giuridici che mirano a tutelare i beni immateriali frutto dell’inventiva e dell’ingegno umano.
Sulla base di questi principi, la legge attribuisce a creatori ed inventori
l’esclusività per quanto riguarda lo sfruttamento delle loro creazioni/invenzioni e fornisce ad
essi gli strumenti legali per tutelarsi da eventuali abusi da parte di soggetti non autorizzati.
La proprietà intellettuale ed i diritti ad essa connessi si suddividono in tre
macro aree principali:
Î i brevetti;
Î i marchi
ed
Î il diritto d’autore.
Laddove l’innovazione e la capacità inventiva divengono le principali leve
della competitività per le imprese e motore dello sviluppo economico sostenibile, nonché
strumento per migliorare il contesto sociale, sono spesso necessari ingenti investimenti per
implementare attività di ricerca efficaci.
Pertanto, è del tutto evidente come a simili investimenti le imprese possano
essere invogliate qualora sussista un regime brevettuale efficace che, attraverso un’adeguata
tutela consenta una elevata possibilità di recupero degli investimenti, sia attraverso la
produzione diretta sia attraverso tipologie di utilizzo alternative del titolo brevettuale.
La possibilità di una forte tutela del proprio marchio, quale segno distintivo di
riconoscimento di un’ impresa, anche a livello internazionale, diviene per le imprese uno
strumento cruciale per il mantenimento delle proprie quote di mercato.
Allo stesso modo il copyright, garantendo all’ autore il diritto esclusivo sulla
propria opera di riproduzione, di esecuzione, di diffusione, di distribuzione, di noleggio, di
prestito, di elaborazione e trasformazione, tutela le opere creative da fenomeni di furto e di
plagio che andrebbero a ledere l’autore sia dal punto di vista morale sia dal punto di vista
economico.
Tutto ciò nell’ottica in cui la tutela dei prodotti dell’ingegno e della creatività
costituisce una delle leve principali della competitività delle imprese e diviene strumento di
promozione di idee creative ed innovative.
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2.1.2 Che cos’è un brevetto
L’etimologia della parola brevetto deriva dal latino brevis, di corta durata, che
nel latino medioevale indicava un documento redatto da un notaio per conservare memoria e
provare la conclusione di un negozio, dando origine al medioevale francese bref ed inglese
brief, con il senso di breve scritto, e infine agli attuali diminutivi brevet, in francese, e
brevetto, in italiano.
L’etimologia della traduzione inglese di brevetto, patent, ha invece privilegiato
l’altro aspetto fondamentale di quest’istituto in quanto deriva dal latino patens, participio
presente di patere, cioè essere aperto, reso pubblico.
Un brevetto è un documento attestante l’attribuzione del diritto esclusivo di
godimento e di sfruttamento economico di una invenzione industriale o di un marchio
dell’impresa. Dura 20 anni a partire dalla data del deposito della sua domanda.
Il WIPO (World Intellectual Property Organization), definisce così il brevetto:
“A patent is an exclusive right granted for an invention, which is a product or a process that
provides, in general, a new way of doing something, or offers a new technical solution to a
problem. In order to be patentable, the invention must fulfill certain conditions”. I brevetti
vengono richiesti agli uffici brevetti, che sono organizzazioni appositamente create dai
governi per valutare e rilasciare i diritti di brevetto.
PROPRIETA’ INTELLETTUALE
Proprietà Industriale Diritto D’Autore
Letteratura
Pittura
Fotografia
Cinema
Teatro
Brevetti Marchi
Modelli di utilità Disegni/Modelli Software Disegni/Modelli
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Il brevetto conferisce al suo titolare il diritto di vietare ad altri di produrre,
usare, mettere in commercio, vendere o importare l'oggetto brevettato. Il brevetto può essere
ceduto o concesso in licenza, dietro pagamento di un corrispettivo al titolare.
In generale, per poter essere brevettata, un'invenzione deve essere una
soluzione di un problema tecnico, deve essere nuova, ossia mai resa nota in Italia o all'estero,
deve comportare un'attività inventiva, cioè non deve risultare in modo evidente dallo stato
della tecnica per una persona esperta del ramo, ed essere atta a trovare applicazione
industriale. Le invenzioni possono riferirsi, ad esempio, ad una macchina, un dispositivo, un
circuito elettronico, un composto chimico, un procedimento di lavorazione e così via.
E' importante tenere presente che anche una divulgazione dell'invenzione ad
opera dello stesso inventore o avente causa prima del deposito della domanda di brevetto
toglie novità e costituisce motivo di nullità del brevetto.
2.1.3 Un caso particolare: il brevetto di software
Fin dalle sue origini l’industria del software si è posta il problema di come
difendere le idee elaborate internamente e spesso costate notevoli investimenti. All’inizio si
pensò di ricorrere ad accordi contrattuali che vincolassero al segreto i dipendenti ed i clienti,
ma ben presto ci si rese conto che questa forma di protezione era del tutto insufficiente e che
un dipendente che lasciava l’azienda portava con sè un patrimonio di conoscenze che era
perfettamente in grado di utilizzare in altro modo. Per questo si pensò di utilizzare uno dei due
strumenti noti per la tutela delle opere dell’ingegno, il copyright ed il brevetto, ma l’opzione
cadde sul primo in quanto il programma venne visto, ed ancora in parte lo è, come un modo di
espressione della mente umana, paragonabile quasi ad uno scritto.
Verso gli anni Settanta si iniziò ad avvertire che questo strumento non era
adeguato al tipo di tutela voluta in quanto, se da un lato, consentiva di tutelare la forma
espressiva di un programma, dall’altro, non garantiva alcuna esclusiva sull’idea di base che
costituisce il vero valore di un software.
La giurisprudenza statunitense, in quegli anni, iniziò ad aprire il varco alla
protezione del software tramite brevetto considerato che questo strumento avrebbe dovuto
garantire maggiormente i consumatori, riconoscendo un’esclusiva solo a seguito di un esame
in merito alla novità ed all’attività inventiva, esame che è diventato, o almeno avrebbe dovuto
esserlo, più complesso ed approfondito nel corso degli anni, tanto che ultimamente si sta
rivalutando il copyright come valido strumento di tutela dei programmi.
Allo stato attuale, in linea generale, mentre tutti i programmi sono tutelati dal
copyright, non tutti i programmi sono brevettabili, ma lo sono soltanto quelli che producono
un “effetto tecnico”.
La differenza tra la protezione offerta dal copyright e quella offerta dal brevetto
è sostanziale ed il vero problema è quello del “reverse engineering”. Il copyright tutela un
programma come un’opera letteraria, per il modo in cui è scritto, per cui ogni qual volta viene
scritto un programma che esegue la stessa funzione, seguendo le stesse fasi, ma grazie ad una
“scrittura” diversa, non si ha violazione di copyright. Questa forma di tutela consente, quindi,
di operare il “reverse engineering”: è questo il motivo per cui piace agli sviluppatori
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