D’altra parte, va sottolineato il fatto che la costituzionalizzazione dei
principi e delle riforme promosse dal Padre dei turchi, in modo particolare
del nazionalismo e dell’etno-populismo, rappresenta, ancora oggi, un
ostacolo alla presa d’atto da parte della Turchia della sua essenza di Paese
multietnico e multiculturale.
Nel secondo capitolo vengono analizzate le relazioni turco-europee dal
momento della firma dell’Accordo di Ankara fino ai giorni nostri, mettendo
in evidenza da un lato le riforme suggerite alla Turchia per continuare i
negoziati in vista di un’eventuale adesione e, dall’altra, le risposte turche a
tali richieste.
Nel terzo capitolo vengono esaminate e, quando necessario, commentate le
principali obiezioni all’adesione turca. Le competenti autorità comunitarie e
anche l’opinione pubblica europea ritengono infatti che non sia sufficiente
la sola volontà di appartenere al mondo occidentale, ma che alle buone
intenzioni debbano seguire delle precise e tempestive realizzazioni dei
principi e parametri discussi.
In questo contesto, la lista delle obiezioni appare complessa: i rimproveri
più gravi indirizzati ad Ankara sono la scarsa tutela delle minoranze etnico-
religiose, le violazioni dei diritti fondamentali, in particolare la pratica della
tortura, e le limitazioni alla libertà di espressione, nonché l’annosa
questione di Cipro.
Ultima, ma non meno importante, la questione del genocidio armeno, che
rappresenta uno dei periodi più bui della storia turca e che è stato
considerato dal governo turco, per tanto tempo, un tabù. Di recente si sono
registrati i primi segnali di apertura verso un dibattito su tale evento, al fine
di una normalizzazione dei rapporti e, soprattutto, di una riconciliazione
duratura con l’Armenia.
Si tratta di ostacoli che non sono insormontabili e che potrebbero essere
rimossi mediante le riforme, anche costituzionali, auspicate da Bruxelles,
8
affinché la democrazia si affermi come “stile di vita” turco ed i valori
caratterizzanti l’Unione Europea trovino diffusione anche nel contesto
turco.
È opportuno ricordare che, se negli anni Sessanta l’Europa aveva fatto
intendere alla Turchia che sarebbe divenuta uno Stato membro,
successivamente la posizione di Bruxelles è tuttavia mutata. Infatti, le
problematiche tuttora esistenti nel contesto turco, tra cui le violazioni dei
diritti umani e le altre minacce alla democrazia, hanno sollevato una certa
apprensione in seno all’Unione, la quale, se da un lato ha proseguito le
trattative con Ankara, incoraggiando quest’ultima nel processo delle
riforme necessarie per il rispetto dei criteri di Copenhagen, dall’altro ha,
però, rimandato sine die l’adesione di tale Paese.
La conclusione di questa analisi lascia, quindi, aperti i dubbi riguardanti la
questione dell’eventuale entrata della Turchia nell’Unione, dato che non è
ancora possibile indicare quando e come potrà essere trovata una soluzione
accettabile del problema turco. Considerato che il negoziato per l’adesione
durerà a lungo è da ritenersi quindi opportuna la sospensione, nel frattempo,
di ogni giudizio. Va comunque sottolineato il fatto che benché il “sogno
europeo” della Turchia risalga a molti anni fa, esso non ha ancora potuto
essere realizzato.
È apparso piuttosto utile esaminare la delicata tematica in questione al fine
di comprendere le ragioni che non hanno consentito tale realizzazione, ma
soprattutto per acquisire una migliore conoscenza della Turchia del passato
e del presente.
Una conoscenza del contesto turco per individuare l’ambito giuridico-
culturale in cui si sono inserite le riforme adottate dalla Turchia in base alle
richieste dell’Unione Europea, ovvero gli ostacoli che ancora devono essere
rimossi affinché le stesse trovino piena applicazione. Questo, evidenziando
come l’opera di Atatürk condiziona anche la storia della Turchia moderna.
9
CAPITOLO PRIMO
LA TURCHIA TRA PASSATO E PRESENTE
1.1. Atatürk, il padre della Turchia e l’Europa
1.1.1. La nuova identità costituzionale repubblicana
Le relazioni tra la Turchia e l’Europa hanno radici lontanissime nel tempo:
si formarono in epoca ottomana e attraverso secoli di storia.
Senza soffermarci sul passato ottomano1, muoviamo direttamente dalla
proclamazione della Repubblica, il 29 ottobre del 1923, da parte di Mustafa
Kemal, colui che per primo ha dato alla Turchia quel carattere nazionale
che ancora oggi i diversi governi che si succedono al potere ad Ankara
cercano di mantenere vivo.
La parola d’ordine era “modernizzare”, tramite idee europee, stili di vita,
mentalità, ma anche attraverso concetti teorici più astratti e rivoluzionari:
concetti come patriottismo, nazionalismo e libertà.
Il 24 luglio 1923, la firma del Trattato di Losanna2 ufficializzò la vittoria di
Mustafa Kemal.
Il pensiero di Kemal, cui nel 1934 la Grande Assemblea conferirà il titolo di
Atatürk3, Padre dei turchi, può sintetizzarsi nelle famose “sei frecce”, ossia i
sei principi programmatici approvati dal Partito Repubblicano del Popolo
1
Si veda Benito Italo Volpi, L’Austria asburgica e l’Impero ottomano: due mondi in
conflitto, Acque e Terre, 2007, num. 4/5; Gianfranco Lizza, Dall’Impero ottomano alla
nuova geopolitica della Turchia, Dibattito scientifico-Bollettino della società geografica
italiana, 2006, serie XII, vol. XI, pp. 461-469.
2
Con il Trattato di Losanna la Turchia dichiarò di astenersi da qualsiasi rivendicazione
sui territori non turchi persi durante la Prima Guerra Mondiale. Inoltre fu abolito il
regime delle capitolazioni in cambio di riforme e vennero riconosciute quali minoranze
quella ebrea, la greco-ortodossa e la armena. Per le capitolazioni si veda la nota n. 40.
3
Alexander Lyon Macfie, Atatürk, London, 1994. Si veda anche Bernard Lewis, The
Emergence of Modern Turkey, London, 1979, pp. 263 e sgg., 276 e sgg., 409 e sgg.
10
nel 1931. Essi sono: il nazionalismo, inteso come esaltazione dell’identità
turca musulmana in uno spazio territoriale definito; il repubblicanesimo,
inteso come organizzazione statale moderna in opposizione alla vecchia
tradizione ottomana; l’etno-populismo, come unità dei turchi nella sovranità
della nazione, l’omogeneità sociale senza privilegi o differenze di classe; lo
statalismo, come predominanza dello Stato sulla società e la sua economia;
la secolarizzazione, che consiste nella divisione tra campo religioso e
politico, ritenuto presupposto indispensabile per la modernizzazione del
Paese; il riformismo, tradotto come trasformazione modernizzatrice della
società sotto la direzione esclusiva e autoritaria dello Stato4.
Egli comprese che il successo acquisito doveva essere sostenuto da
un’adeguata riforma istituzionale in campo politico, economico, sociale.
Ciò lo si poteva desumere dalle sue stesse parole: “Dopo i trionfi militari
che abbiamo ottenuto con le baionette, le armi e il sangue, dobbiamo lottare
per raggiungere vittorie in campi quali la cultura, la scolarizzazione, la
scienza e l’economia. I benefici durevoli delle vittorie dipendono solo
dall’esistenza di un esercito di educazione”.
Una prima Costituzione di carattere provvisorio venne votata
dall’Assemblea Nazionale il 2 gennaio 1921. Questo organo politico e
costituzionale della Turchia risaliva al 23 luglio del 1919, quando si era
data origine, di fatto, al nuovo ordinamento statale propugnato da Atatürk.
La sovranità venne affidata al popolo, l’Assemblea Nazionale era
l’interprete della sovranità popolare e titolare dei poteri sovrani. L’esercizio
del potere esecutivo fu affidato a dei commissari eletti dalla stessa
Assemblea.
4
Michele Carducci, Beatrice Bernardini d’Arnesano, Turchia, Bologna, Il Mulino, 2008,
p. 52. ; Michele Carducci, Turchia: la costituzione turca al tramonto del kemalismo,
Quaderni costituzionali, num. 4, 2007, p. 865.
11
La prima Costituzione abbandonò la vecchia denominazione di Impero
Ottomano5, modificata in quella di Repubblica turca il 29 ottobre 1923,
quando si insediò ufficialmente il governo repubblicano sotto la presidenza
di Kemal6.
Agli ultimi sostenitori della monarchia egli annunciava il principio che
avrebbe retto la Turchia rivoluzionaria: “La nazione si è ribellata e ha
deciso di assumere in prima persona l’esercizio della sovranità. Si tratta di
un dato di fatto a cui nessuno potrà opporsi. Sarebbe opportuno che tutti i
membri di questa assemblea accettassero questo punto di vista basato sul
diritto naturale. In caso contrario questa realtà non cambierà, ma cadranno
delle teste”.
Il 20 aprile del 1924 venne emanata una nuova legge costituzionale, in
sostituzione della carta provvisoria del 1921, che rappresentò il punto
d’arrivo della nuova identità costituzionale repubblicana.
La Repubblica era retta dalla Grande Assemblea Nazionale di Turchia, la
quale eleggeva tra i suoi componenti un Presidente della Repubblica che
rimaneva in carica quattro anni ed era rieleggibile7. Il potere legislativo ed
esecutivo erano accentrati nella Grande Assemblea Nazionale8. Questa
esercitava personalmente il potere legislativo9, mentre quello esecutivo era
esercitato tramite un Presidente della Repubblica, eletto dalla stessa
Assemblea, e per mezzo di un Consiglio di Commissari esecutivi nominato
dal Presidente della Repubblica10.
5
Antonello Biagini, Storia della Turchia contemporanea, Milano, Bompiani, 2006, pag.
61.
6
Ibid.
7
Tratto dalla Costituzione turca del 20 aprile 1924, art. 31,
www.dircost.unito.it/cs/20.shtml .
8
Tratto dalla Costituzione turca del 20 aprile 1924, art. 5, op. cit.
9
Tratto dalla Costituzione turca del 20 aprile 1924, art. 6, op. cit.
10
Tratto dalla Costituzione turca del 20 aprile 1924, art. 7, op. cit.
12
L’Assemblea aveva il diritto di controllo sulle attività del governo e poteva
chiederne la revoca11: tale diritto non è mai stato esercitato nel periodo di
governo di Atatürk, riconfermato per ben tre volte nella sua carica, cioè fino
alla morte nel 1938.
I deputati erano eletti a suffragio universale ogni quattro anni ed erano
rieleggibili, il diritto di voto apparteneva a tutti i cittadini turchi, maschi,
che avessero compiuto 18 anni12.
Il potere giudiziario era esercitato da tribunali, la cui indipendenza veniva
garantita dalla legge13 mentre con la soppressione dei tribunali religiosi si
realizzava l’unificazione del sistema giurisdizionale.
Gli organi costituzionali rappresentarono una novità avendo il programma
kemalista abbattuto le istituzioni del vecchio regime e sostituito ad esse la
classica divisione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario.
Le riforme introdotte da Mustafa Kemal non riguardavano però solo le
strutture politico-istituzionali, ma anche gli aspetti economici, finanziari e
coinvolgevano tutte le manifestazioni della vita sociale e della nuova
Turchia. L’obiettivo di Atatürk consisteva nel dar inizio al processo di
costruzione di un’identità nazionale turca, unita ad una marcata
occidentalizzazione. Egli, infatti, dichiarava: “La gente non civilizzata è
condannata a rimanere sotto la dominazione di quelli che sono civilizzati. E
la civilizzazione è l’Occidente, il mondo moderno, di cui la Turchia deve
far parte se vuole sopravvivere. La nazione intende adottare il modo di vita
e i metodi che la civilizzazione contemporanea offre a tutte le nazioni”14.
Ancora, ad Fadil al-Jamoli, Ministro iracheno ai tempi della monarchia,
Kemal disse: “L’Europa rappresenta il progresso, la Turchia il regresso.
11
Ibid.
12
Tratto dalla Costituzione turca del 20 aprile 1924, art. 10, op. cit.
13
Tratto dalla Costituzione turca del 20 aprile 1924, art. 54, op. cit.
14
Mariagrazia Zambon, La Turchia è vicina, viaggio in un paese dai mille volti, Milano,
Ancora Editrice, 2006, p. 20.
13
Possiamo scegliere a quale mondo appartenere. E se desideriamo il
progresso dobbiamo rivolgerci all’Europa”15.
Il sistema politico che ereditava la nuova Repubblica nel 1923 era allo
stesso tempo pluralista e subordinato all’autorità di Atatürk. Due erano i
gruppi parlamentari che si trasformarono in partiti politici: il Partito del
Popolo (ribattezzato Partito Repubblicano del Popolo, fondato l’11
settembre 1923) di Mustafa Kemal e il Partito Progressista Repubblicano di
Kâzim Karabekir. Tale pluralismo però non ebbe una lunga durata. Dopo la
rivolta curda di Sheikh Sait, infatti, fu promulgata una legge detta del
“ristabilimento dell’ordine” e furono ripristinati i tribunali
dell’indipendenza, che durante la guerra avevano pronunciato numerose
condanne a morte inappellabili. In poche settimane la stampa fu
imbavagliata, diverse testate furono ridotte al silenzio, decine di giornalisti
furono condannati a pesanti pene detentive e lo stesso Partito Progressista
Repubblicano venne messo al bando. Il tentativo di attentato contro Mustafa
Kemal il 15 giugno 1926, offrì a questi una nuova occasione per
consolidare il suo potere e il dominio del suo partito16.
Nell’agosto del 1930 però Mustafa Kemal fu obbligato a tentare una nuova
esperienza pluralista. La crisi economica mondiale, che aveva provocato un
forte impoverimento del Paese e aumentato la pressione fiscale, convinse il
presidente della Turchia della necessità di un dibattito pluralistico sulla
politica da adottare. Allo stesso tempo il rifiuto sempre più evidente delle
“rivoluzioni kemaliste” da parte della popolazione lo preoccupava molto17.
A queste preoccupazioni Atatürk decise di rispondere mediante
l’autorizzazione di un’opposizione. Egli incaricò il suo vecchio compagno
di strada, Ali Fethi, di costruire un secondo partito: il Partito Liberale.
15
Tibi Bassam, Con il velo in Europa? La grande sfida europea della Turchia, Roma,
Salerno Editrice, 2008, p. 92.
16
Hamit Bozarslan, La Turchia contemporanea, Bologna, Il Mulino, 2006, pp. 36-38.
17
Ibid.
14
Questa opposizione che in realtà non avrebbe dovuto avere un ruolo politico
significativo, mobilitò folle di persone. Ovunque Fethi era accolto come un
messia, il suo partito ottenne un reale successo alle elezioni amministrative
e i suoi quadri locali sfidarono apertamente il potere. A fronte di ciò, Kemal
decise di sciogliere il Partito Liberale, ripristinando il regime del partito
unico dopo soli tre mesi dall’inizio dell’esperienza pluralista.
Più che a una repubblica democratica di tipo occidentale o a un sistema
autoritario-populista il modello della Turchia si avvicinava piuttosto a una
oligarchia di tipo militare rappresentando questi ultimi il gruppo sociale più
colto e con una maggior esperienza internazionale e dunque in grado di
mettere in moto il processo di modernizzazione18.
Garante del kemalismo19 sarà infatti l’esercito, incaricatosi di assicurare
continuità e rispetto sentendosi in dovere di intervenire direttamente nella
vita politica ogni qualvolta tale eredità fosse minacciata o messa in
discussione.
E’ così che il kemalismo ha fornito la legittimazione ad azioni politiche,
culturali ed economiche di matrice militare20.
1.1.2. La laicizzazione e il nazionalismo turco
18
Biagini, Storia della Turchia contemporanea, op. cit., p.63.
19
Per kemalismo si intende, generalmente, una sorta di ideologia che ha nel Nutuk
(Discorso pronunciato da Kemal nel 1927) il suo manifesto. Il kemalismo si basa, oltre
che sulla figura del padre della nazione Atatürk, sulla missione di preservare la nazione. I
principi tramite cui raggiungere questa missione sono: il nazionalismo, il
repubblicanesimo, il populismo, lo statalismo, il rivoluzionarismo, le cosiddette “sei
frecce” dell’ideologia nazionale.
20
Ilaria Casillo, Il ruolo dei militari nella Turchia contemporanea, Limes, 3-9-2007, p. 2,
www.limes.espresso.repubblica.it .
15
Atatürk scelse l’Europa e sulla base di tale scelta diede impulso ad una
politica di laicizzazione, che procedeva di pari passo con
l’europeizzazione21.
Rilevante importanza va attribuita alle legge del 20 maggio 1928 che sancì
la divisione tra potere religioso e potere politico22 e l’abrogazione
dell’articolo della Costituzione del 1924 che aveva dichiarato l’Islam come
religione ufficiale dello Stato23. Si trattava della riaffermazione della laicità
e di una modernizzazione perseguita da Kemal, il quale dichiarava di voler
purificare ed elevare la fede islamica liberandola dal ruolo di strumento
politico.
L’affermazione da una parte era problematica dal punto di vista coranico,
giacché la fede islamica “ripulita” faceva riferimento a una nozione
occidentale di separazione fra religione e politica estranea alla tradizione
musulmana. Dall’altra, non suscitò immediatamente troppo scandalo in
quanto una certa separazione tra Stato e religione era già stata avviata dai
sultani riformatori. Nei mesi seguenti tuttavia Kemal chiarì con i fatti in che
cosa consisteva l’opera di “pulizia” dell’Islam24.
Nel 1924 furono aboliti, dopo il sultanato, anche il califfato e i tribunali
religiosi, venne decisa l’interruzione del lavoro dei pubblici uffici dalle ore
13 del sabato fino al mattino del lunedì successivo, decisione che determinò
un diffuso malcontento in vasti strati della società perché sembrò sostituire
il sabato ebraico al venerdì musulmano.
21
Niyazi Berkes, The development of Secularism in Turkey, Montreal, McGill University
press, 1963 (nuova ed. a cura di F. Ahmed, London, 1998).
22
Biagini, Storia della Turchia contemporanea, op. cit. , p. 62.
23
Art. 2 della Costituzione turca del 10 aprile 1924: “La religione dello Stato di Turchia è
la religione dell’Islam”.
24
Massimo Introvigne, La Turchia e l’Europa, Religione e politica nell’islam turco,
Milano, Sugarco Edizioni, 2006, p. 62.
16