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M.tuberculosis, che vi sono 30 milioni di casi di malattia attiva, che ogni anno
si verificano 10 milioni di nuovi casi (7.25 milioni nel 1997) e che 3 milioni di
persone muoiono ogni anno nel mondo di tubercolosi (circa il 6% di tutti i
decessi, di cui il 95% nei Paesi in via di sviluppo) (Shimao T , 1999).
In Italia, che pure risulta tra i Paesi a più bassa endemia rilevata
nell'ambito dell'Unione Europea, da un’analisi delle schede di notifica
individuale pervenute al Ministero della Sanità nel triennio 1992-1994,
l’andamento indica una ripresa della malattia negli ultimi anni, in particolare
delle forme combinate ed extrapolmonari, con maggior interessamento delle
età comprese tra 25-39 anni e 60-75 anni nei maschi, 20-35 anni e 60-80 anni
nelle femmine (rapporto maschi/femmine 2/1) (Squarcione S et al). Tale
andamento è probabilmente legato, per la fascia giovanile, alla coesistenza di
infezione da HIV e, per quanto riguarda l'età più adulta, al riaccendersi di
precedenti focolai oltrecchè ad una compromissione endogena.
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Sempre in Italia, il maggior numero di casi di tubercolosi è stato
notificato dalle regioni settentrionali (10-15 casi per 100.000), contro
un’incidenza inferiore al 5/100.000 per le regioni meridionali. La tubercolosi
extra-polmonare è aumentata maggiormente rispetto a quella polmonare,
risultando triplicata tra l’88 e il 95 ( Grafico ) (Harrison, 1999). La rilevata
maggiore incidenza al nord rispetto al sud si può far risalire ad una storica
maggior attenzione delle regioni settentrionali nei confronti della malattia,
tant'è che nelle stesse regioni sono da tempo attivi sistemi ad hoc per la sua
rilevazione. D'altra parte, è altrettanto vero che nelle medesime regioni il
fenomeno tossicodipendenza ed il numero dei casi di AIDS segue un
andamento parallelo alla notifica di malattia tubercolare (Squarcione S et al).
Gli ostacoli che oggi si pongono di fronte a un successo pieno del
Programma Globale di controllo della Tubercolosi (GTB), indetto dall’OMS,
sono rappresentati: 1) dal rapido incremento della popolazione mondiale; 2)
dalle migrazioni dei popoli; 3) dall’impatto epidemico dell’AIDS sulla TBC e
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sulle altre micobatteriosi; 4) dalla tubercolosi multi-farmaco-resistente (MDR-
TB), conseguenza di una non sempre corretta somministrazione dei farmaci
antitubercolari, attualmente confinata alle estese aree metropolitane (in Italia si
è manifestata a partire dagli anni 90). La crescita della popolazione accresce
automaticamente il numero di casi di malattia e l’impatto dei flussi migratori
sempre più consistenti dai Paesi in via di sviluppo modifica a sua volta le
dinamiche demografica e socio-sanitaria. Inoltre tra le severe infezioni
opportunistiche osservate nei casi di AIDS si distingue per prima la TBC,
essendo la virulenza del bacillo tubercolare enormemente accresciuta in
presenza di immunodepressione (Shimao T, 1999).
La tubercolosi ha importanti componenti sociologiche e prospera con
l’ignoranza, la povertà, il sovraffollamento e la poca igiene, nonché durante
catastrofi sociali (guerre, depressione economica). Può perciò essere
considerata un fedele indicatore del benessere sociale di una comunità.
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La tubercolosi in Italia negli anni 1988-1997
Tubercolosi polmonare
Tubercolosi extrapolmonare
Fonte: Ministero della Sanità, Bollettino epidemiologico.
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La vaccinazione antitubercolare (vaccino vivo costituito da un ceppo attenuato
di M.bovis o bacillo di Calmette e Guérin, BCG), in unica dose, è indicata solo
per alcune categorie di persone che risultino cutinegative. Queste comprendono
soggetti dal 5° al 15° anno di età, figli di tubercolotici o coabitanti in nuclei
familiari di ammalati o ex-ammalati di tubercolosi oppure che si trovino in
zone depresse ad alta morbosità, inoltre soggetti addetti a ospedali e cliniche,
studenti di medicina all’atto dell’iscrizione all’Università e militari all’atto
dell’arruolamento. Il test cutaneo può ritornare negativo dopo un certo tempo
(Moroni et al., 1998).
La tubercolosi primaria è la risposta all’infezione iniziale in un
individuo che precedentemente non sia stato infettato e sensibilizzato alle
tubercoloproteine. Di solito il primo contatto dell’organismo con il bacillo
tubercolare avviene nell’infanzia o nell’adolescenza e dà luogo ad una piccola
lesione (generalmente sottopleurica) collegata da strie linfatiche ai linfonodi
satelliti dell’ilo polmonare. Si forma così il “complesso primario tubercolare” o
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focolaio di Ghon (molto spesso indiagnosticato o tutt’al più sospettato sulla
base di un episodio di astenia, disappetenza, tosse stizzosa), la cui evoluzione
segue nella massima parte dei casi la via della fibrosi o della calcificazione
(guarigione). In soggetti con scarse difese organiche o bambini essa può
imboccare quella propria della tubercolosi riattivata, con necrosi colliquativa o
caseosi che, con l’eventuale cavernizzazione polmonare, configura
l’evoluzione tisiogena del complesso primario. Un’altra temibile eventualità è
che i bacilli si disseminino massivamente, per via ematica, in molti organi e
producano una tubercolosi miliare generalizzata.
La guarigione clinica del focolaio di Ghon, d’altra parte, va di pari passo con la
istituzione della immunità cellulo-mediata ma nel contesto del complesso
(della sua componente parenchimale o di quella linfoghiandolare) restano
inclusi dei micobatteri vivi che possono in un tempo successivo condizionare
delle “reinfezioni endogene”, dando origine alla tubercolosi post-primaria o
secondaria. La reinfezione endogena è favorita da malattie anergizzanti, come
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quelle esantematiche (morbillo, pertosse) o l’influenza, da trattamenti
corticosteroidei prolungati, da stati di decadimento delle condizioni generali
(diabete) o immunitarie (AIDS); tali condizioni possono favorire anche la
superinfezione esogena, che si realizza soprattutto quando è notevole la carica
batterica infettante.
In qualsiasi stadio dello sviluppo della lesione tubercolare si può
riscontrare una batteriemia transitoria. Ciò comporta piccole lesioni
tubercolotiche metastatiche in qualunque organo del corpo che vanno
generalmente incontro a guarigione e rimangono quiescenti per un certo tempo,
ma possono in seguito, per le mutate condizioni sistemiche, riattivarsi.
Di solito la riattivazione si verifica in zone con tensione di ossigeno
relativamente alta, più spesso all’apice del polmone, ma si manifesta, o in
seguito a diffusione ematogena dei micobatteri dalla recrudescenza polmonare
o come riattivazione indipendente, anche in sede extra-polmonare,
coinvolgendo i reni, le ossa, il Sistema Nervoso Centrale, le meningi, il midollo
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osseo o il tubo digerente (intestino, cavità orale) (Caniggia, 1995; Sherris,
1987).
Per ciò che concerne l’odontostomatologia, le lesioni orali si riscontrano tra lo
0.05% e il 5% dei pazienti con tubercolosi e possono essere primarie o
secondarie. Di solito le forme primarie sono rare e si riscontrano in giovani
pazienti con frequente caseificazione associata dei linfonodi di drenaggio. Le
lesioni secondarie, al contrario, sono più comuni e si riscontrano per lo più in
persone anziane (McCracken e Cawson, 1983; Hashimoto e Tanioka, 1987;
Turbiner et al, 1975; Soames e Southam, 1985).
Le lesioni tubercolotiche orali sono quasi sempre rappresentate da
ulcerazioni singole o multiple che colpiscono più frequentemente le aree
mucose sottoposte a trauma. La lingua è in assoluto la localizzazione più
frequente, seguita dal palato, dalle labbra, dalla mucosa vestibolare e dalle
gengive. Le ulcerazioni sono spesso indolenti e talvolta di aspetto vegetante.
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Sebbene sia questa la lesione tipica, sedi di inoculazione differenti, in presenza
di particolari situazioni di patologia dentale, possono determinare aspetti clinici
diversi, inquadrabili sia come lesioni primarie che come lesioni secondarie da
reinfezione endogena o esogena. Quindi un’alveolite specifica può conseguire
all’impianto dei micobatteri in un alveolo vuoto da estrazione pregressa, così
come una pericoronarite specifica può verificarsi in concomitanza con una
disodontiasi del terzo molare; in caso di lesioni parodontali i margini gengivali
possono apparire sottilissimi e con perdita di attacco, circondandosi di piccole
proliferazioni granulomatose. Sono state chiamate in causa anche le lesioni
cariose quali porte di ingresso per i micobatteri, capaci in tal modo di produrre
parodontite apicale specifica, anche se le lesioni ossee si realizzano più
frequentemente per diffusione ematica. Nei casi di infezione più avanzata sono
state osservate anche forme di estesa osteomielite tubercolare dei mascellari a
prognosi piuttosto severa (Desiate e coll.,1981).
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La diagnosi di tubercolosi nell’area testa-collo può presentare delle notevoli
difficoltà, proprio a causa degli aspetti clinici talvolta molto atipici. Nella
diagnosi differenziale bisogna includere la sifilide, le infezioni fungine,
l’actinomicosi, il carcinoma squamocellulare, le ulcere traumatiche e le afte
maggiori.
Si deve considerare inoltre che le adenopatie specifiche rientrano fra le
cause di tumefazione cervicale assieme alle linfoadeniti croniche aspecifiche e
al gruppo delle cisti dermoidi, epidermoidi, branchiali, del dotto tireoglosso e a
quello comprendente gli angiomi, i lipomi, le ranule di grosse dimensioni, le
lesioni specifiche non tubercolari e gli igromi cistici (Gallesio et al., 1997).
Per la conferma della diagnosi di tubercolosi generalmente si devono
eseguire la reazione di Mantoux, i campioni bioptici per l’esame istologico, la
colorazione acido-resistente e le colture. In caso di sospetta lesione tubercolare
è indicata una radiografia del torace per ricercare il possibile coinvolgimento
polmonare e, in caso di positività, questa è seguita da un esame sistemico al
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fine di evidenziare lesioni tubercolari eventualmente presenti in altre aree
(tratto urinario, ossa e articolazioni, meningi,intestino, sierose, ecc.)
(Macfarlane e Samaranayake, 1989; Spouge, 1973; Waal e Kwast, 1988).
Scopo di questo studio è eseguire un esame retrospettivo di una serie di
pazienti affetti da tubercolosi oro-faciale (OFT) per valutare le manifestazioni
cliniche della malattia.