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Capitolo I
L’esistenza di Tommaso di ser Giovanni da Castel San Giovanni, noto
già presso i contemporanei come Masaccio, fu breve, ma in quanto
dedicata completamente alla pittura, capace di lasciare un segno in-
delebile in tutti gli artisti che furono poi, ancora più di lui, i protago-
nisti e i simboli del Rinascimento.
A sostegno delle parole appena scritte, è sufficiente spiegare l’origi-
ne del suo soprannome e il successo che alcune opere di Masaccio
ebbero già presso gli artisti suoi coevi e immediatamente successivi.
“Fu persona astrattissima e molto a caso, come quello che avendo
fisso tutto l’animo e la volontà alle cose dell’arte sola, si curava poco
di sé e manco di altrui. Non già perché è fusse vizioso, essendo egli
la bontà naturale, ma per la tanta straccurataggine (...) perché e’ non
volle pensar già mai in maniera alcuna alle cure o cose del mondo, e
non che altro al vestire stesso per Tommaso che era il suo nome, fu
da tutti detto Masaccio.” Così lo descrive il Vasari, che nelle Vite stila
anche un già lungo ma forse incompleto elenco degli artisti che tra
il ‘400 e il ‘500 avrebbero osservato, copiato e studiato il ciclo straor-
dinario delle Storie di San Piero. Tra i nomi del suddetto elenco figu-
rano, fra gli altri, quelli del Verrrocchio, del Ghirlandaio, di Botticelli,
del Perugino, di Leonardo da Vinci e di Michelangelo Buonarroti, che
viene ricordato pure nell’epitaffio di Fabio Segni: “Pinsi e la mia pit-
tura al ver fv pari; l’atteggiai l’avvivai le diedi il moto le diedi affetto;
insegni il Bvonarroto a tvtti gli altri e da me solo impari”.
Essendo esiguo il numero di documenti che possono essere d’aiuto
Masaccio e il Rinascimento
1. Alcune note biografiche
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i. MASACCiO E iL RiNASCiMENTO
a ricostruire le tappe della vita del pittore occorre guardare con un
occhio molto attento anche alcuni dati tecnici delle sue opere; è il
caso del Trittico di San Giovenale, riconosciuta come “opera prima”
della sua produzione. L’affresco rivela una serie di abilità tecniche e
di espedienti usati dall’artista che lasciano facilmente dedurre che
questa, in realtà, non sia stata la sua opera d’esordio; l’opera è da-
tata al 1422, lo stesso anno a cui si fa risalire l’iscrizione all’arte dei
medici e degli speziali. Questi dati ci fanno allora presumere che già
a ventun’anni Masaccio avesse un’importante esperienza di mestiere
ed una discreta condizione economica; l’iscrizione all’arte comporta-
va infatti il pagamento di alcuni tributi nonché la sanzione legale di
un’attività che quindi evidentemente doveva essere già ben avviata e
redditizia. A ragione del ritrovamento di alcune tracce dei pagamenti
eseguiti per una pigione di un’abitazione in San Niccolò, sappiamo
che Masaccio arrivò a Firenze tra il 1417 e il 1421, ma a proposito
della sua formazione come pittore non esistono notizie certe ma solo
alcune ipotesi. Il Vasari segue la “scorciatoia” per cui interpreta il rap-
porto Masolino-Masaccio come quello maestro-allievo, altri fanno ri-
salire la formazione dell’artista al periodo in cui viveva ancora a Castel
S.Giovanni, visti gli stretti rapporti che la sua famiglia, i Cassai ovvero
i costruttori di cassoni, intratteneva ovviamente con gli artisti. Due
figure che possono essere state determinanti nell’avvicinare il giova-
ne Masaccio all’apprendistato della pittura sono quella del secondo
marito della madre dell’artista, Tedesco di Mastro Feo e quella del
padre dell’artista stesso, Giovanni di Mone. Il primo era uno speziale,
1. Masaccio,
Trittico di San Gio-
venale, 1422. Cascia
di Reggello, Museo
Masacio
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i. MASACCiO E iL RiNASCiMENTO
che si rapportava frequentemente con gli artisti in quanto loro forni-
tore di materie prime, il secondo era un notaio, attività di altissimo
livello culturale che lo metteva in contatto con cartolai e miniatori,
figure che Masaccio ritroverà nelle botteghe contigue alla sua unica
documentata, quella di Sant’Apollinare. Prende quindi corpo l’ipotesi
di una formazione in questo ambiente, confermata anche dallo studio
di alcuni particolari del Trittico di San Giovenale già chiamato in causa
prima, e magari ad opera di Niccolò di Ser Lapo, pittore più anziano
di molto di Masaccio con cui condivise la bottega almeno dal 1425.
Tuttavia, la compagnia certamente più celebre che stipulò Masaccio
fu quella che lo legò a Masolino da Panicale nel periodo tra il 1423
e il 1425; insieme a Firenze lavorarono al Trittico Carnasecchi per la
cappella dell’omonima famiglia in Santa Maria Maggiore, alla pala
d’altare detta Sant’Anna Metterza, già nella Chiesa di Sant’Ambrogio
e alla celeberrima Cappella Brancacci presso la Chiesa del Carmine.
Dopo la partenza di Masolino per l’Ungheria, nel settembre del 1425,
Masaccio lavorò all’affresco della Sagra per il chiostro della Chiesa
del Carmine; l’opera andata perduta commemorava la cerimonia di
consacrazione della chiesa avvenuta nel 1422, a cui, secondo Vasa-
ri, erano presenti l’artista stesso insieme a Donatello Brunelleschi e
Masolino. Sempre secondo Vasari, Masaccio inserì nell’opera i ritratti
degli stessi artisti, di Antonio Brancacci, committente dell’appena ci-
tata cappella e le figure di molti altri cittadini illustri della Firenze del
tempo.
L’unico lavoro datato e del quale l’attribuzione è certificata da una
serie di scritti originali è il polittico che Masaccio realizzò per una cap-
pella della chiesa del Carmine di Pisa tra il 1425 e il 1426. La com-
missione arrivò dal notaio Giuliano di Colino degli Scarsi che per de-
2. Attribuito ad An-
drea Commodi,
Copia della sagra di
Masaccio,
XVI secolo.
Collezione privata
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i. MASACCiO E iL RiNASCiMENTO
formazione professionale conservò quasi ogni documento relativo ai
pagamenti e quindi all’esecuzione dell’opera. Ancora a questi anni
risalgono diverse opere che Masaccio realizzò per privati, che infatti
rallentarono l’esecuzione del polittico di Pisa; tra questi si ricordano
un affresco in casa Ruccellai a Firenze, un Desco da Parto e la Madon-
na Casini, soprannominata dal Longhi Madonna del solletico.
Tra il 1425 e il 1428 Masaccio realizzò per la Chiesa di Santa Maria
Novella di Firenze la Trinità; l’affresco fu il frutto della collaborazione
con Brunelleschi che ne progettò il sontuoso impianto prospettico.
Difficile è la ricostruzione dell’ultimo periodo della vita dell’artista val-
darnino; alcuni documenti ne provano la presenza a Pisa durante il
1427 ma è chiaro che il nostro soggiornò a Roma fino alla primavera
del 1428, periodo in cui morì per cause sconosciute a ventisette anni
(la stessa età a cui morì il padre e questa coincidenza lascia pensare a
una qualche patologia ereditaria). A questo periodo capitolino si fan-
no risalire il Polittico di Santa Maria Maggiore, altra opera realizzata
insieme a Masolino, e gli affreschi di Santa Caterina nella Basilica di
San Clemente, per i quali comunque l’attribuzione resta molto dub-
bia.
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i. MASACCiO E iL RiNASCiMENTO
2. Masaccio, Firenze e gli altri
Il 1417 fu uno dei tanti anni, tra il medioevo e l’età moderna, ricor-
dato a Firenze anche per lo svolgersi di un’epidemia di peste. Allo
scadere della paura per il contagio, Masaccio si trasferì in San Nic-
colò, trovando lo scenario straordinario che già circa tre lustri prima
Leonardo Bruni aveva descritto nel suo panegirico Laudatio florenti-
nae urbis; il potere era in mano ad un governo oligarchico di poche
famiglie di banchieri che condussero la città per circa quarant’anni
in un clima di fervore economico e sebbene la libertas riguardava
preminentemente l’indipendenza del centro da enti superiori piut-
tosto che l’uguaglianza personale o tra i ceti, il malcontento del
popolo e della classe media non coinvolta nel governo era ancora
latente e lontano. La città era simbolo della ricchezza intellettuale
a cui si affiancava una discreta agiatezza materiale; questo, insieme
all’avanzata struttura istituzionale, politica e sociale permise il fiorire
e il ripetersi a ritmo serrato di esperienze artistiche uniche ed eccel-
lenti. Firenze era in procinto di divenire la capitale dell’Umanesimo
rinascimentale.
Il quadro della pittura fiorentina dei primi decenni del ‘400 era cer-
tamente cosmopolita e variegato; il giovanissimo Masaccio si trovò
subito a contatto con una serie di artisti già in grado di arricchire e
innovare il linguaggio figurativo del gotico internazionale, sedotti
com’erano dalla grandezza della lezione di Giotto e dalla grande
passione per l’antico esplosa col nuovo secolo. Ci si riferisce, fra gli
altri, ad Alvaro Pirez, a Rossello di Jacopo Franchi, al Maestro del
1419 e al Maestro della Madonna Strauss. Era inoltre ancora vivis-
simo il fascino della produzione di Gherardo Starnina che realizzò
il suo lavoro principale proprio presso la chiesa del Carmine e che
certamente fu alla base dell’opera giovanile di Masolino, la cui atti-
vità fu senza dubbio influenzata anche dall’arrivo alla corte di Marti-
no V di Gentile da Fabriano. All’epoca lavoravano anche numerose
schiere di seguaci dei vari Jacopo di Cione, Mariotto di Nardo e dei
Gaddi; quindi una serie di artisti che vissero e produssero, non solo
condizionati dalla poetica di Giotto, ma ancorati a questa e incapaci
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i. MASACCiO E iL RiNASCiMENTO
3. Gherardo di Jaco-
po Starnina,
Madonna col bambi-
no fra angeli e i santi
Giovanni Battista e
Nicola di Bari,
1404 circa.
Firenze, Galleria
dell’Accademia
di rileggerla ed innovarla; e proprio qui va inquadrata la grandezza
di Masaccio, che fu in grado, invece, di sintetizzarla e di usarla come
punto di partenza, tanto da essere definito da Berenson, nuovo fon-
datore, “Giotto rinato” e da Longhi, artista per eccellenza, “senza
preistoria”.
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i. MASACCiO E iL RiNASCiMENTO
E’ necessario tener conto anche delle altre arti, oltre alla pittura, che
hanno necessariamente concorso a segnare la formazione di una fra
le personalità più geniali dell’intero Rinascimento. Soprattutto intor-
no alla scultura, si sviluppavano una serie di dibattiti e di nuovi temi
che coinvolgevano artisti di levatura altissima quali il Lamberti, il Ghi-
berti, piuttosto che Jacopo della Quercia, Brunelleschi e Donatello. Si
parlava della statuaria monumentale, della ripresa dei temi “antichi”
della statua, della fusione in bronzo, della coroplastica. Sono gli anni
in cui vengono realizzate le statue per il campanile, per le nicchie
di Orsanmichele e gli “sproni” di Santa Maria del Fiore; si dibatte
quindi a proposito del rapporto delle opere con lo spazio, dell’at-
tenzione alle condizioni di veduta, di correzioni ottiche. Brunelleschi
inizia l’impresa della costruzione della cupola e studia lo spazio, il
modo di dividerlo, di gestirlo, di metterlo in relazione con le parti che
lo compongono, di rappresentarlo nelle sue tre dimensioni su una
superficie. Sarà lui più di ogni altro a influire sulla formazione, sulla
produzione e sulle conoscenze di Masaccio.
4. Filippo Brunelle-
schi,
Crocifisso,
1410-1415.
Firenze,
Basilica di Santa Ma-
ria Novella