La trattativa commerciale: il ruolo dell’interprete. Pagina 3
CAPITOLO PRIMO
INTRODUZIONE ALLA MEDIAZIONE LINGUISTICA E
CULTURALE
1.1 Aspetti teorici e storici: una visione di insieme sulla
traduzione e sull‟interpretazione
Il vasto campo di indagine che comprende il concetto di traduzione e/o
interpretazione è stato molte volte sottoposto a innumerevoli prese di
posizione e pronuncia di diverse definizioni da parte di molti teorici. Tale
disciplina nacque con l’intento di dare la possibilità di conoscere aspetti
culturali, di costumi e sociali appartenenti a gruppi linguistici diversi,
che per tale motivo, incontravano difficoltà nella loro diffusione; è
proprio qui che la mediazione linguistica e culturale inizia a mettere in
atto il suo ruolo, quello appunto di mediare la comunicazione tra diversi
popoli. Storicamente la traduzione risale al momento in cui si iniziarono
a delineare delle teorie che cercassero di dare una maggiore completezza
alla disciplina. Ciò avviene quando la traduzione inizia a conoscere un
grande sviluppo, sia tecnico sia pratico, grazie soprattutto al
riconoscimento della sua multidisciplinarietà e alla nascita di nuovi
paradigmi teorici, che a partire dagli anni sessanta, si affermano fino a
diventare punti di riferimento indiscussi.
1
Il campo della traduzione,
cosi, si va via via facendosi strada con le teorie che permisero una
maggiore attenzione all’applicazione che trovarono riscontro positivo su
diversi campi di indagine.
1
Salmon, L., Teoria della traduzione, Vallardi, Milano, 2003.
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“Ciò che distingue una teoria “vera” da una “falsa” è la
durata e la vastità del consenso che ad essa decreta il mondo
scientifico, cioè la comunità degli scienziati”.
2
Il termine “traduzione” è stato sempre utilizzato in riferimento all’attività
di ricodifica interlinguistica in forma scritta dove, a differenza
dell’interpretazione, l’attenzione del traduttore deve essere rivolta al
concetto di “fedeltà” nei confronti del testo “originale”. Il suo compito
sarà quello di scovare le simmetrie e le asimmetrie del testo su cui
lavora.
3
Dall’altro lato troviamo invece il termine “interpretazione”,
ovvero, l’attività di ricodifica interlinguistica orale, presenta tecniche
diverse, riassumibili in: consecutiva, simultanea, chuchotage, trattativa.
4
Il concetto di traduzione identifica diversi tipi di approcci, non soltanto a
livello di testo, ma anche della ricodifica in lingua naturale del pensiero.
Di solito, facendo riferimento alla definizione di traduzione è impossibile
non citare la figura di Jakobson con la sua tripartizione linguistica,
schema che viene preso in considerazione nel momento in cui un
traduttore si trova di fronte alla decodifica di un codice linguistico.
5
A
questo proposito è giusto citare la tripartizione funzionale proposta dal
teorico e linguista slavo:
- “Traduzione endolinguistica o intralinguistica: ovvero la
ricodifica di un messaggio all‟interno di una stessa lingua,
compreso ciò che viene detto a qualcuno (destinatario
2
Ivi, pag.17.
3
Salmon, L., Op. cit.
4
Ivi., pag. 27.
5
Cfr. Salmon, L., Op. cit.
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secondario) e che, da questi riferito (in quanto tramite), giunge
modificato a un terzo (destinatario primario)”;
6
- “Traduzione interlinguistica: ovvero il passaggio di un
messaggio tra due lingue naturali, comprese le situazioni di
diglossia (per esempio, l‟utilizzo parallelo, con ruolo diverso,
di lingua e dialetto); la traduzione tra le due lingue può essere
passiva (verso la lingua madre) o attiva (verso la seconda
lingua o L2)”;
7
- “Traduzione intersemiotica: ovvero il passaggio da un codice
a un altro quando almeno uno dei due codici non è una lingua
naturale: dal testo scritto a quello cinematografico,
dall‟immagine alla musica, dalla formula algebrica al disegno
geometrico ecc”.
8
Nell’atto traduttivo ruolo importante è giocato sì dalla figura del
traduttore che con le sue capacità linguistiche dovrà portare pensieri della
L1 in maniera inalterata nella L2, ma soprattutto dovrà tenere bene in
considerazione dei piccoli accorgimenti, i quali, sono essenziali per la
buona riuscita dell’intero operato. La tecnica di traduzione che dovrà
essere adottata deve seguire delle specifiche istruzioni che saranno
applicate in maniera rigorosa dal traduttore. Innanzitutto quando un
traduttore si trova di fronte ad un testo dovrà tenere in considerazione il
registro, il contesto, l’autore, il destinatario, la coppia di lingue coinvolte
e la componente emotiva che la fa, quasi, sempre da padrona. Come
secondo, fare attenzione al valore del messaggio che deve essere diffuso
e infine essere consapevoli di seguire in maniera gerarchica tutti i
passaggi precedentemente impostati senza ometterne alcuno.
6
Ivi., pag. 29.
7
Ivi, pag. 30.
8
Ibidem.
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Nel campo dell’interpretariato (traduzione orale) entriamo in un ambiente
ben diverso, rispetto alla traduzione scritta, dato che vengono a confluire
differenti elementi riguardo il procedimento da attuare. Innanzitutto,
come per la traduzione, anche nel caso dell’interpretazione esistono
diverse tipologie quali: interpretazione simultanea, consecutiva,
chuchotage e trattativa.
9
Questa specifica attività consiste nello stabilire
una comunicazione orale o gestuale tra due o più attori di una
conversazione che non condividono lo stesso codice linguistico.
L’interpretazione, come anche la traduzione, rientrano nel macrocosmo
della mediazione linguistica e culturale. Nel momento dell’atto
interpretativo il procedimento non avviene prendendo in esame le singole
parole di un discorso, cioè attraverso l’andamento “parola per parola”,
bensì soffermandosi sul trasferimento fedele del senso del messaggio da
una lingua ad un’altra. A differenza del traduttore, l’interprete deve
lavorare su messaggi fugaci i quali devono essere trasmessi
istantaneamente; il fattore che sfavorisce l’interprete è il poco tempo a
disposizione per riflettere e per ricercare lo stile più adatto.
10
Di
conseguenza, l’interprete svolge il suo operato in tempo reale e a diretto
contatto con l’oratore e il destinatario del messaggio, mentre la fruizione
dei lettori e l’opera di mediazione del traduttore avvengono in luoghi e
momenti diversi che possono ricoprire anche anni e secoli.
9
Ibidem.
10
Ibidem.
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1.2 Le modalità dell‟interpretazione
Le modalità di svolgimento dell’atto interpretativo avvengono in tre fasi
e da ciò nasce la caratteristica principale che si innesca nel momento in
cui avviene l’atto interpretativo, ovvero, il “triangolo di
comunicazione”.
11
La prima fase viene chiamata fase di ascolto, nella
quale l’interprete riceve nella lingua di partenza il messaggio che dovrà
rendere nella lingua d’arrivo; la seconda viene detta di comprensione e di
analisi, nella quale l’interprete deve decifrare e assimilare l’informazione
da tradurre; la terza fase detta di riformulazione, l’interprete riformula in
maniera fedele, precisa e completa il messaggio da tradurre. Ovviamente
nell’atto traduttivo e interpretativo vengono messe in pratica le
conoscenze linguistiche delle due lingue che sono utilizzate nell’atto di
ricodifica del messaggio; queste lingue vengono divise in attive, che sono
quelle verso cui l’interprete lavora e si suddividono in lingua A (la lingua
principale, la lingua madre) e lingua B (la lingua verso la quale
l’interprete proietta la sua traduzione, pur non essendo la principale, ne
ha perfetta padronanza) e poi ci sono le passive, o lingua C, che sono
quelle di cui si ha una perfetta comprensione e a partire dalle quali
l’interprete lavora verso le lingue A e B. I principali modelli di
interpretazione sono la consecutiva, dove l’interprete prende appunti, è la
più antica pratica traduttiva, nella quale l’interprete ascolta il discorso
dell’oratore e solo in un secondo momento decodifica il messaggio.
12
In
questa pratica interpretativa, il ruolo dell’interprete è quello di
memorizzare tutto ciò che viene detto aiutandosi con un block-notes
11
Salmon, L., Op. cit.
12
Ibidem.
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attraverso la presa di appunti in modo che la sua traduzione resti fedele al
testo di partenza. La durata delle porzioni di discorso da interpretare
variano in base alla situazione specifica, ma di solito la porzione del
discorso pronunciata non supera mai i 10-15 minuti.
13
L’aspetto negativo
di questa tipologia di interpretazione è che la durata dell’intervento viene
raddoppiata, dato che, ad orazione conclusa l’interprete dovrà ripetere il
tutto nella lingua di arrivo.
Nell’interpretazione simultanea il lavoro dell’interprete avviene in
maniera simultanea allo svilupparsi del discorso stesso. In questa
specifica modalità interpretativa non si può parlare di contemporaneità,
perché sussiste sempre uno scarto di tempo detto “décalage”, che
consiste nel fatto che l’interprete non sempre può anticipare il senso del
discorso, dato che non tutte le lingue hanno una struttura sintattica
uguale, come ad esempio nel tedesco, che a differenza dell’italiano, il
verbo è spesso posto alla fine del sintagma, per questo l’interprete dovrà
aspettare che la frase sia completata prima di iniziare a tradurre.
14
Durante l’atto interpretativo, l’interprete si trova, di solito, all’interno di
una cabina dotata di una consolle, attraverso la quale, può ascoltare
mediante le cuffie l’oratore e fornire l’interpretazione simultanea
attraverso un microfono, verso tutti coloro che non conoscono la lingua
dell’oratore, muniti anch’essi di cuffie. L’interprete oltre che ascoltare
l’oratore deve anche essere in condizioni di vederlo, per aiutarsi
attraverso la sua gestualità nell’atto interpretativo.
15
13
Ibidem.
14
Ibidem.
15
Ibidem.
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Nello chuchotage, che è una variante dell’interpretazione simultanea,
l’interprete è posizionato a fianco degli ascoltatori, ai quali trasmette in
maniera “sussurrata” la traduzione. In questo tipo di interpretazione non
avviene l’utilizzo di particolari apparecchiature tecnologiche ed è
possibile metterla in pratica solo se chi ne fruisce è composto da un
ridotto numero di persone (di solito 2 o 3). Data la particolarità della
modalità di interpretazione, la prerogativa principale dell’interprete è
quella di sussurrare il messaggio, questo lavoro può svolgersi solo per un
breve periodo di tempo a causa, spesso, di condizioni acustiche
pessime.
16
L’interpretazione di trattativa è caratterizzata da un contesto informale,
come ad esempio riunioni di lavoro, stipulazione di contratti,
manifestazioni sportive, assistenza linguistica in caso di fiere, aziende,
musei, ecc.
17
Il lavoro dell’interprete consiste nel memorizzare brevi
passaggi del discorso, pronunciato da parte dell’oratore, e renderli nella
lingua d’arrivo in presenza di due o più persone.
16
Ibidem.
17
Ibidem.
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1.3 Il panorama della mediazione linguistica e
comunicazione interculturale
“Il termine mediazione è fortemente polisemantico: si presenta
denso di significati, interpretazioni e implicazioni per l‟agire
sociale, educativo e culturale. Vuole dire, al tempo stesso,
dividere e spartire, ma anche avvicinare, unire, ricomporre. I
due poli, della distanza e della vicinanza, sono ugualmente
evocati, così come presente sulla scena è l‟idea del cammino,
di ciò che sta nel mezzo, del costruire passo dopo passo
prossimità e approssimazione. La ricchezza e la multiformità
del termine rendono tuttavia visibili anche l‟incertezza e
l‟ambivalenza dell‟azione, la pluralità dei ruoli affidati ai
mediatori, la varietà degli obiettivi del dispositivo”.
18
La figura del mediatore riveste un ruolo importante nell’ampio panorama
di integrazione culturale, dove la richiesta dei mediatori è sempre più
diffusa. I principali ambiti nel quale il mediatore lavora sono i servizi per
i più piccoli e per gli adulti, per la salute e per la cura, per l’educazione e
l’inserimento sociale.
19
La prerogativa principale di questa occupazione è
quella di arginare le differenze culturali e linguistiche che si innescano
nel momento in cui entrano nella nostra comunità soggetti di provenienza
culturale e linguistica differente, con lo scopo di colmare le distanze e le
fratture che si creano con il loro ingresso e nella relazione con altri
popoli. I progetti che si prefiggono i mediatori sono quelli di creare
percorsi specifici di integrazione e scambio interculturale.
18
Favaro, G., Capirsi diversi: idee e pratiche di mediazione interculturale, Carrocci,
Roma, 2004, pag. 13.
19
Ibidem.
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Prendendo in esame il particolare termine “culturale” è da notare che
spesso nel citarlo si va incontro ad errori, perche, di frequente, il concetto
di cultura viene messo in discussione; ed è proprio per questo che il
termine “mediazione” viene seguito dal termine “inter-culturale”, dove
appunto il prefisso “inter-“ denota proprio l’enfasi che deve andare a
ricadere sulle specifiche competenze inerenti al piano affettivo e
cognitivo del mediatore, ovvero ricoprire il ruolo di educatore alla
comprensione.
20
“Per mediatore interculturale intenderemo gli insegnanti e gli
operatori che, con consapevolezza, si interrogano e attrezzano
per favorire, non tanto la transizione da una cultura all‟altra,
quanto la ricomposizione – dove possibile – tra riferimenti
culturali, allo scopo di creare momenti pedagogici capaci di
andare oltre le reciproche differenze… Per mediatore culturale
invece, ci riferiamo a colui o colei che, in quanto membri delle
comunità di appartenenza dei bambini immigrati, hanno il
compito di tutelare che queste non vengano del tutto disperse e
di farle conoscere ai bambini italiani”.
21
L’approccio di mediazione interculturale può essere messo in pratica in
differenti campi di indagini, come per esempio, l’ambito socio-sanitario,
quello scolastico ed educativo.
22
In seguito agli innumerevoli studi svolti
per cercare di definire con maggior rigore il ruolo del mediatore, si è
arrivati alla conclusione che questa figura ha il compito di fare da tramite
nel tentativo di attenuare le asimmetrie e le disuguaglianze all’interno
20
Cfr. Favaro,G., Op.cit.
21
Ivi, pag. 27.
22
Cfr. Favaro, G., Op.cit.
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della comunità etnica in cui opera.
23
Le principali prerogative di un
mediatore, nell’atto pratico del suo lavoro, sono quelle di scegliere il
modo più corretto per comunicare, quindi, attraverso gesti, parole,
sguardi e costruire uno spazio relazionale adatto, con i membri stranieri,
nel quale possa iniziare il suo lavoro.
24
Ovviamente nell’atto di
mediazione deve mostrare il suo interesse nei riguardi dell’argomento da
trattare, nell’ascolto di storie di singoli e trasformarle in storie di tutti.
Nel fare ciò il mediatore deve sempre tenere a mente il fatto che sta
lavorando con persone di etnie, cultura e provenienza linguistica
differente.
25
Una volta delineato il ruolo del mediatore proiettato verso il
raggiungimento degli scopi interculturali, è d’obbligo definire con
precisione lo spazio che occupa, ovvero, scoprire il modo in cui si
colloca simbolicamente, se a fianco dell’utente straniero oppure a fianco
dell’operatore o cerca di mantenere uguale distanza con entrambi. A
questo proposito vengono delineate tre ruoli che il mediatore ricopre:
colui che media, che si schiera, che facilita la relazione.
26
Nel primo caso, mediatore che media, si comporta come se fosse un
“ponte” dove elemento essenziale del suo operato è quello di favorire il
corretto andamento della comunicazione, correggendo malintesi e
stabilendo punti di contatto tra le parti.
27
Quindi il mediatore instaura
legami con entrambi gli interlocutori. A questo specifico ruolo viene dato
il nome di:
23
Ibidem.
24
Ibidem.
25
Ibidem.
26
Favaro, G., Op. cit., pag. 35.
27
Ibidem.
La trattativa commerciale: il ruolo dell’interprete. Pagina 13
- Mediatore linguistico-culturale;
- Mediatore culturale;
- Mediatore interculturale;
- Mediatore del conflitto.
28
Nel secondo caso, mediatore che si schiera, si mette dalla parte
dell’utente , questo legame si instaura per difesa e perché si crea un
rapporto nei confronti di un connazionale. In questo spazio il ruolo del
mediatore è quello di tradurre, di spiegare argomenti e opinioni,
insomma, difenderlo da tutti i punti di vista. Parola chiave di questo
ambito è quello della “difesa” per il corretto andamento della
comunicazione.
29
In questo specifico ambito la denominazione della
figura del mediatore può essere:
- Mediatore etnico;
- Mediatore di comunità;
- Operatore comunitario;
- Leader o rappresentante del gruppo;
- Agente di sviluppo comunitario.
30
Nel terzo caso, infine, il mediatore che facilita la relazione, lo specifico
ruolo viene anche definito “traghettatore”, cioè il mediatore che si
schiera dalla parte dell’operatore. Il suo principale compito è quello di
facilitare la comunicazione attraverso l’esplicitazione delle cose non
28
Ivi, pag. 37.
29
Ivi, 35.
30
Ivi, pag. 38.