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INTRODUZIONE
La scelta di affrontare una riflessione sulla comunicazione nasce dalla
constatazione che, oggi, il comunicare riveste un valore ben più grande che in
passato e, pertanto, necessita di una maggiore attenzione: se in passato, infatti, in
una realtà formata da piccoli gruppi, il comunicare faceva parte delle attività
umane più comuni; oggi, invece, soprattutto con l’irrompere dei media, si è messa
in moto una serie di cambiamenti di tale entità che siamo portati a definire la
nostra società come una “società della comunicazione”.
Se sfogliamo un vocabolario notiamo che tra i termini più diffusi nelle lingue
occidentali si trova proprio “comunicazione”, con le relative forme verbali e
deverbali.
La comunicazione è, infatti, parte integrante della vita di ciascuno di noi: dal
semplice scambio di parole con le persone che ci circondano al trasferimento di
notizie su scala più ampia grazie alla diffusione dei nuovi mezzi mediatici, che
consentono il superamento delle barriere spazio-temporali, ma implicano anche
nuove forme di azione e interazione nel mondo sociale. Tutto è, o fa,
comunicazione.
“Comunicare” allora, non è un semplice scambio di informazioni, ma
presuppone l’instaurarsi di una relazione tra i soggetti impegnati in questo
processo, ponendo le basi per un vero e proprio atto di condivisione.
È grazie allo scambio di idee e di modi di pensare che l’uomo ha la possibilità
di intraprendere un percorso sempre più consapevole verso la costruzione della
propria identità personale.
Inoltre, grazie ai media odierni, ciascuno di noi ha la possibilità di fare
esperienza di situazioni delle quali altrimenti non si sarebbe avuta conoscenza.
Questi mezzi tecnici, che permettono il trasferimento delle informazioni, non
rendono possibile, però, instaurare un vero e proprio dialogo fatto di parola e di
ascolto, ma consentono soltanto una trasmissione di notizie unidirezionale.
Pensiamo alla radio o alla televisione: l’ascoltatore può ascoltare, ma non
rispondere, per cui viene meno una delle caratteristiche fondamentali della
4
comunicazione face to face, cioè l’alternarsi del ruolo del mittente e del
destinatario.
I Greci avevano una figura in qualche modo assimilabile ai mezzi di
comunicazione quali radio e televisione: era il kÁrux, l’araldo ufficiale, il
mediatore dell’informazione tra il potere e il popolo.
Da questa considerazione si nota, allora, come la comunicazione mediata non
sia una caratteristica esclusiva della realtà odierna, ma anche nel mondo greco era
possibile il trasferimento di notizie da parte di chi svolgeva questo compito per
mestiere. La differenza sostanziale risiede nel fatto che il messo ufficiale
condivide spazio e tempo col destinatario e la trasmissione di informazioni rimane
comunque orale; non così invece i media odierni, che permettono una
comunicazione su scala molto più ampia.
L’analisi condotta nel corso di questa tesi, allora, parte da noi, dalle nostre
problematiche, per poi spingersi fino al mondo greco, interrogando i classici su un
argomento che possa favorire la riflessione sulla realtà odierna.
La scelta di un tema “attuale”, a mio parere, non basta a far sì che la ricerca
possa porsi al servizio del mondo in cui viviamo; credo necessario, piuttosto, che
il rapporto con l’attualità sia esplicito
1
, per questo ho incluso la riflessione sul
presente all’interno dell’oggetto della tesi, come si vede dalla scelta del titolo
stesso.
Si è cercato, allora, di portare avanti un’indagine “comparata” - sugli antichi e
su noi - il cui obiettivo è far sì che antichità e modernità si illuminino a vicenda
2
.
Questa tipologia di analisi nasce dalla constatazione che siamo comunque
uomini del XXI secolo che si dedicano alla lettura dei classici con gli stessi occhi
con i quali si osserva la realtà che ci circonda. Lo sguardo che rivolgiamo al
passato non può che essere strettamente legato alla società in cui viviamo e alla
vita in cui siamo immersi
3
.
Nel momento in cui ci approcciamo ai classici ciò che ci influenza sono i
nostri pre-giudizi e le nostre idee, che non dobbiamo rigettare, ma dei quali anzi
1
Cfr. Cozzo (2010).
2
Un tipo di analisi basata sul metodo di ricerca adoperato in questa tesi è presente in Cozzo
(2010).
3
Cfr. Cozzo (in corso di pubblicazione sulla rivista francese Mètis).
5
dobbiamo prendere coscienza. È un po’ come se indossassimo degli occhiali, che
possono essere cambiati, ma non eliminati, che ci fanno vedere il mondo passato
non in sé, ma come lo concepiamo alla luce del nostro modo di relazionarci col
presente. Pensiamo ad esempio ad Erodoto
4
, che da padre della storia viene poi
considerato padre della geografia, dell’antropologia e perfino del giornalismo, in
relazione alla fortuna istituzionale delle varie discipline, senza mai essere
riconosciuto padre dell’interdisciplinarità, perché non rientra nell’organizzazione
dell’istituzione accademica. Sarebbe la realtà contemporanea, quindi, a
determinare ora questo ora quel giudizio su uno stesso autore classico, ora su
questa ora su quella tematica.
L’analisi della figura del kÁrux nel mondo greco vuole, allora, essere una
ricerca sull’antico capace di problematizzare il presente. Per spiegare questa
relazione tra antico e moderno è molto significativa la metafora del granchio
adoperata da Kuchenbuch, citata da Illich
5
, analizzata da Cozzo
6
: gli animali,
quando fuggono, guardano nella direzione in cui si muovono; il granchio, invece,
cammina all’indietro guardando fisso l’oggetto da cui si allontana. Muovendo
liberamente da questa immagine, possiamo considerare questa metafora come un
invito a non perdere il contatto con la vita quotidiana, quando si intraprende una
riflessione sul mondo greco: pur guardando al passato, l’occhio può allargare la
sua visuale fino al punto dell’osservatore, cioè il presente.
Le fonti tragiche che riguardano la figura del kÁrux sono state lette, quindi,
alla luce di questa esigenza di compartecipazione ai problemi della vita odierna, in
vista di un rapporto con l’attualità.
La riflessione sulla trasmissione dell’informazione, oggetto di studio della
presente tesi, si articola in tre capitoli.
Il primo capitolo ha la finalità di spiegare i concetti chiave su cui si basa
l’analisi contenuta in questo elaborato. Riflettendo su cosa si intende per
comunicazione, oggi, si focalizzerà l’attenzione soprattutto sul suo valore di
“condivisione” insito nello scambio di informazioni. La distinzione, poi, tra
comunicazione analogica e digitale parte dalla riflessione di Watzlawick (1971)
4
Riflessione contenuta in Cozzo (1997), pp. 57-82.
5
Illich (1992), p. 192.
6
Cozzo (2006), p. 10.
6
che, analizzando l’uomo mentre comunica, afferma che questo processo possiede
due dimensioni distinte: da un lato il contenuto, ciò che le parole dicono, dall’altro
la relazione, quello che i parlanti lasciano intendere, a livello verbale e non, sulla
qualità della relazione che intercorre tra di loro. Si passerà, poi, ad analizzare
quali sono i principali mezzi di comunicazione odierni, con particolare riferimento
alla televisione.
Una volta esposti questi concetti, i paragrafi seguenti si concentreranno sul
mondo greco. Quando si parla di comunicazione in Grecia, il rapporto fra discorso
e realtà è molto più immediato rispetto ad oggi, soprattutto perché mantiene il suo
carattere orale. La comunicazione costituiva qui una delle funzioni primarie
dell’operare comunitario. La struttura stessa della polis, grazie soprattutto alla
presenza dell’agorà, permetteva, infatti, una facile circolazione delle notizie. Tre
erano i promotori della comunicazione mediata: l’¥ggeloj, il semplice
messaggero, il kÁrux, il portavoce del potere istituzionale e il p r šs buj,
l’ambasciatore.
A questo punto sarà la figura dell’araldo greco a rivestire un ruolo di primo
piano in questa analisi. Le sue funzioni, legate all’ambito politico, al diritto
internazionale e al campo religioso, verranno richiamate sulla base delle
informazioni che ci provengono dai poemi omerici, dalle iscrizioni, dalle opere
storiografiche, ma anche dalle opere teatrali, tragiche e comiche.
Data la pluralità di testi che ci parlano del ruolo del messo ufficiale, una
selezione è necessaria. Il secondo capitolo della tesi, pertanto, si concentrerà sul
kÁrux tragico, cioè si analizzerà il ruolo di questo personaggio a partire dalle
informazioni che ci provengono dalle opere giunteci integralmente di Eschilo,
Sofocle ed Euripide. I versi che ci parlano della presenza dell’araldo sulla scena ci
permetteranno anche di vedere la relazione tra ciò che il kÁrux dice e il modo
attraverso il quale il personaggio trasferisce quanto gli è stato ordinato, grazie alla
presenza di indizi lessicali sottili o anche a delle sue precise riflessioni.
Le tragedie non ci forniscono tutti gli esempi delle situazioni in cui agiva
l’araldo, tuttavia ci permettono di vedere alcuni comportamenti concreti - per
quanto probabilmente stilizzati sulla scena - di questo personaggio.
7
Il messo ufficiale riveste anche un’importante ruolo nello sviluppo tragico, in
quanto spesso è questo personaggio che si sostituisce all’¥ggeloj nel descrivere
ciò che è avvenuto fuori dalla scena, informando il pubblico. Soprattutto in
relazione a questa funzione dell’araldo si vedrà come una stessa vicenda possa
essere raccontata focalizzando l’attenzione su alcuni particolari e non su altri.
Si è ritenuto opportuno analizzare il modo attraverso il quale il messo ufficiale
articola il discorso. Nello specifico, si rifletterà sulle parole dell’araldo degli
Eraclidi e su come lo scontro con Iolao possa costituire un vero agone retorico.
L’attenzione si concentrerà, poi, su due k»rukej con una caratteristica loro
propria, in quanto non anonimi, Taltibio e Lica.
L’ultimo capitolo conterrà un’analisi dei composti di kÁrux: si tratta di forme
verbali, nominali e aggettivali con cui questo termine è in rapporto, in modo da
mettere in luce la relazione tra le caratteristiche dell’araldo e il tipo di
comunicazione cui tali composti fanno riferimento.
8
CAPITOLO I
COMUNICARE OGGI E NEL MONDO GRECO
1. COSA SI INTENDE PER COMUNICAZIONE
La parola “comunicazione” ha una storia antica e la sua geografia è molto
estesa dal momento che, sia pure in forme diverse, tale termine si ritrova in tutte
le culture e i lessici del mondo. Per lungo tempo si è pensato che
“comunicazione” fosse un semplice “trasferimento di informazioni” da un
soggetto (mittente) a un altro (destinatario). Tale definizione, però, non tiene
conto del ruolo attivo svolto da chi riceve il messaggio, che lo decodifica, lo
comprende, lo valuta e dà una risposta
7
. Da qui deriva una seconda accezione del
termine “comunicazione”, intesa come condivisione, scambio di messaggi dal
quale si origina un processo circolare. Solo dopo la risposta del destinatario,
infatti, si può parlare di comunicazione. Si tratta di un esercizio di abilità e
razionalità che presuppone la scelta degli argomenti, la loro articolazione e
concatenazione, i codici e le modalità che si reputano più adatti a seconda della
situazione. Lo scambio elementare di informazioni, allora, è solo strumentale per
arrivare a una vera comunicazione come atto di condivisione
8
.
“Comunicare” e “comunità” rinviano allo stesso etimo, l’aggettivo latino
communis/commune, e fanno parte della medesima area semantica. Se tale
connessione può sembrare banale, risalendo indietro nel tempo possiamo cogliere
sensi più profondi di quelli comunemente noti. La radice del termine
“comunicazione” risale, infatti, ai verbi greci koinÒw (“rendo comune”, “unisco”,
7
Cfr. Livolsi (2003), pp. 12-15.
8
Di condivisione si parla in Giacomarra (2008).
9
“notifico” e anche, curiosamente ma non tanto, “prostituisco”) e koi n wn šw
(“partecipo”, “sono implicato”, “sono d’accordo”).
La stessa cifra connotativa la troviamo nella forma latina communico, “metto
in comune”, “condivido”, “rendo”, “sono partecipe di qualcosa”; da qui si arriva
all’idea di “avere rapporti con qualcuno”, infatti mettere al corrente qualcuno di
qualcosa vuol dire anche coinvolgerlo, fino ad arrivare in alcuni casi ad instaurare
un vincolo comunitario.
La parola “comunicazione”, inoltre, contiene la radice latina munus (ssc. mei),
cioè “scambio” nel senso utilitaristico di incontro tra individui, ma anche nel
senso di “condivisione”.
La comunicazione non è solo una parte del vivere sociale, ma è la condizione
primaria della società, in quanto stabilisce o rafforza il contatto fra i suoi membri,
ne assicura l’esistenza grazie al continuo scambio di messaggi. Accanto alla
permanenza, la comunicazione rende possibile anche il cambiamento, o per lo
meno accompagna il mutamento della comunità.
La comunicazione svolge un ruolo fondamentale in seno alle relazioni sociali.
Tra le definizioni di “relazione” che possiamo trovare nel Grande dizionario del
Battaglia ricordiamo “rapporto o interdipendenza tra un soggetto individuale e un
altro o la collettività”, o anche “contatto, comunicazione, rapporto fra persone
nella società”: comunicazione appunto.
La relazione sociale è allora vista come comportamento di più individui
instaurato reciprocamente e che richiede un minimo di relazione da entrambe le
parti
9
. La società è il prodotto di questa interazione: l’uomo agisce in vista di un
obiettivo e stabilisce relazioni sociali quando il suo scopo si riconosce in quello di
altri. Il soggetto diventa importante e lo diventa in relazione all’altro uomo.
Attraverso pratiche di comunicazione che vanno dalle interazioni individuali
alle comunicazioni di massa, si finisce poi per condividere non solo conoscenze,
ma anche valori, che contribuiscono a rafforzare il proprio senso di identità.
L’individuo prende coscienza di se stesso in base ai diversi punti di vista dei
membri del suo gruppo, arrivando così alla formazione del “Sé”, che scaturisce
9
Cfr. Giacomarra (2008), pp. 54-59.
10
dall’intreccio tra “Io”, come l’individuo si vede in se stesso, e “Me”, come
l’individuo si percepisce nel giudizio degli altri
10
.
Da queste considerazioni siamo portati ad affermare che oggi più di ieri
viviamo in una “cultura della comunicazione”
11
. Il comunicare, oggi, ha un valore
immediatamente più grande che in passato. Non che prima non si comunicasse,
ma in una società fatta da piccole aggregazioni l’apprendimento della lingua e lo
scambio di informazioni avvenivano secondo modalità “naturali”, senza una vera
e propria consapevolezza. Il diffondersi della scrittura e soprattutto l’irrompere
delle comunicazioni di massa misero in moto cambiamenti complessi. Il
comunicare, nella nostra realtà contemporanea, fa appello a tecniche e regole da
acquisire e padroneggiare ed è sempre più importante imparare a comunicare
bene.
“Comunicare”, oggi, si può anche intendere come “varcare i confini”,
“oltrepassare le barriere e i limiti”. Ciò vale sia per la vita organica, in quanto le
cellule comunicano perché sfaldano membrane, sia per la vita sociale, dove
attraverso la comunicazione si superano le barriere. In entrambi i casi si passa dal
semplice sguardo di organismi monocellulari alla trasmissione di messaggi
complessi, dal semplice incrociarsi di sguardi alle trasmissioni di informazioni
elettroniche: tutto è, o fa, comunicazione
12
.
2. COMUNICAZIONE ANALOGICA E DIGITALE
Una riflessione sulla comunicazione a partire dall’osservazione dell’uomo
mentre comunica è quella che è stata condotta da Watzlawick
13
, che nota come la
comunicazione sia una condicio sine qua non della vita umana.
Come prima considerazione l’autore afferma che l’atto del comunicare
costituisce di fatto un’azione, un comportamento, che non ha un suo opposto, cioè
non esiste un non-comportamento. Se si considera poi che il comportamento ha
10
Cfr. Giacomarra (2008), pp. 63-66.
11
Cfr. Id., (1997), pp. 32-36.
12
Cfr. Id., (2008), pp. 7-12.
13
Watzlawick (1971).
11
valore di messaggio, ne consegue che non si può non comunicare. L’attività o
l’inattività, le parole o il silenzio comunicano comunque qualcosa, che influenzerà
gli altri e alla quale non si può non rispondere. La comunicazione si verifica,
infatti, anche quando non è espressamente intenzionale. Da questa considerazione
il primo assioma della pragmatica della comunicazione è che non si può non
comunicare
14
.
La comunicazione non trasmette soltanto un’informazione, ma al tempo stesso
impone un comportamento. In un messaggio è possibile individuare
l’informazione in sé, cioè il suo contenuto, ma anche la sua tipologia, ad esempio
l’aspetto di comando. Espressioni differenti possono recare più o meno lo stesso
contenuto di informazione, ma possono definire relazioni differenti. Ogni
comunicazione, allora, ha un aspetto di “notizia”, cioè di contenuto, e un aspetto
di “comando”, cioè di relazione.
Un’altra caratteristica fondamentale della comunicazione riguarda
l’interazione tra comunicanti, che procedono con una sequenza ininterrotta di
scambi. Un comportamento di A influenzerà la successiva risposta di B, poi
avverrà il processo inverso e così via. Tale sequenza è ordinata dalla
punteggiatura e sarà vitale per le interazioni in corso.
L’ultima considerazione sulla pragmatica della comunicazione mette in luce
come in un normale scambio comunicativo di tipo diretto tra due o più persone,
gli individui adoperino sempre sia il linguaggio “analogico” che quello
“digitale”
15
.
Con il termine analogico si fa riferimento a quel tipo di segnali che
contengono una qualche rappresentazione o immagine di significato cui si
riferiscono. Consiste nell’impiego di segni che hanno con ciò che designano un
immediato rapporto di significato, in quanto rappresentano un’analogia. Numerici,
simbolici o digitali sono, invece, quei messaggi che rimandano a un sistema
simbolico codificato e formalizzato di segni, la cui relazione col significato di cui
sono portatori è del tutto arbitraria. La comunicazione digitale è veicolata dal
linguaggio: fra la parola e il significato, infatti, non sussiste alcun rapporto
14
Per gli assiomi della comunicazione si veda Watzlawick (1971), pp. 40-61.
15
Sulla differenza tra i messaggi analogici e i codici simbolici le informazioni sono tratte da
Livolsi (2003), pp. 17-22; e da Fileni (1984), pp. 1-16.