Introduzione
Nel panorama odierno, parlare di Cina in un qualsiasi contesto comporta il
coinvolgimento, seppur implicito, di un'infinità di dinamiche. Queste sono frutto di
secoli e secoli di successione imperiale che ha permesso il radicamento saldo di alcuni
valori, specificatamente quelli confuciani, e la costruzione di una comunità che di quei
valori ne ha fatto il proprio pilastro e collante. La storia poi, dalla caduta dell’ultima
dinastia, ha preso pieghe inaspettate, portando una società cresciuta sulla base di una
cultura spirituale alla scoperta e coltivazione di una più occidentale cultura materiale.
Nonostante ciò, la sovrastruttura ideologica del paese resta comunque inflessibile,
continuando a gettare le proprie luci e ombre su cittadini che, più o meno ignari, ne
seguono il flusso. Questo sistema di valori negli anni ha trovato uno specchio in cui
riflettersi e manifestarsi visibilmente proprio nei suoi cittadini, attraverso cioè le loro
scelte di abbigliamento e il susseguirsi di mode e stili nel paese. Questi infatti offrono
una narrazione storica da una prospettiva forse sottovalutata ma efficace nel rendere lo
stato d’animo della popolazione. In Cina, tra l’ascesa – e il fiorire – di un’industria della
moda e gli eventi storici viene quindi a crearsi un legame peculiare, che è poi reso unico
dal ruolo che in questa dialettica gioca la presenza capillare del potere statale, i.e. il
Partito Comunista Cinese.
Sulla base di questi presupposti, per i quali viene in seguito fornita evidenza, la presente
tesi intende analizzare un movimento recente nell’ambito della moda: il guochao 国潮,
tendenza che coniuga la tradizione e il passato della Terra di Mezzo con il suo nuovo
proposito di xiandaihua 现代化, modernizzazione. Obiettivo ultimo della trattazione è
quello di situare tale movimento nel contesto spazio-temporale e politico odierno,
fornendo così ulteriore prova del nesso che c’è tra la figura dello stato in Cina e ciò che
i cinesi indossano. Citando McCracken, Simona Reinach scrive che «l'abbigliamento,
come tutta la cultura materiale, può parlare ‘sotto voce’» (McCracken, 1990, citato in
Segre Reinach, 2019, p. 14): le pagine che seguono vogliono amplificare questo
sussurro e dargli la voce che merita.
La scelta di trattare questo tema è motivata dal desiderio di unire due mie passioni: il
mondo della moda e la Cina. Ho sempre trovato intrigante il potere dei vestiti di
rivelare, seppur involontariamente, aspetti dell’identità di chi li indossa. Mi sono quindi
documentata su come questo ‘linguaggio’ potesse rivelarmi qualcosa in più su un paese
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che, grazie a questi tre anni di studi universitari, oggi mi affascina e incuriosisce. Ho
scoperto una connessione tra questi due argomenti inaspettatamente profonda e ricca di
chiavi di lettura, che ho avuto modo di approfondire anche con la partecipazione ad un
webinar organizzato dalla società di consulenza marketing Daxue Consulting, tenutosi
direttamente dalla sua sede di Shanghai, in data 18 ottobre 2022.
La tesi si articola in tre capitoli. Nel primo capitolo vengono fornite delle conoscenze
base utili alla comprensione generale dell’argomento. Queste conoscenze riguardano sia
l’ambito della moda in generale che la sua articolazione specifica in Cina, illustrando
quindi il contesto nel quale va ad inserirsi la tendenza guochao. Questa premessa è
completata da una tabella, situata in appendice, della terminologia cinese che si incontra
nel corso della tesi. Il secondo capitolo presenta gli avvenimenti storici della Cina
contemporanea in parallelo agli sviluppi che hanno interessato l'abbigliamento e
l’industria della moda; si analizzano quindi le implicazioni politiche del settore. Tale
analisi serve ad interpretare il legame, illustrato nell’ultimo paragrafo, tra i vestiti e i
concetti di globalizzazione e modernizzazione. Nel terzo capitolo si giunge all’apice
della trattazione con l’indagine condotta attorno al movimento guochao, indagine che
inizia presentando la manifestazione della tendenza a livello nazionale e internazionale
e prosegue con l’introduzione della “cultura della cancellazione” cinese. Il capitolo si
conclude con la contestualizzazione del fenomeno nel panorama storico e politico
odierno, fulcro di tutta la trattazione. In conclusione sono situate alcune riflessioni sulla
direzione che potrebbe prendere questo rapporto tra moda e stato alla luce degli ultimi
sviluppi, che non vedono più le esigenze della popolazione assecondate dal fidato
partito comunista.
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Capitolo 1 Il contesto
1.1. La moda, fenomeno globale
Per comprendere a pieno il contesto nel quale il movimento stilistico del
guochao si inserisce, è necessario fornire delle conoscenze di base riguardanti l’ambito
della moda – shizhuang 时装 in cinese. Tali informazioni hanno lo scopo di definire e
delimitare un campo del quale, proprio per la sua natura sociale, si discute sempre molto
ma effettivamente si conosce poco e i cui contorni sono spesso poco chiari.
Tralasciando la definizione più estesa di moda, che la intende come l’imporsi di modelli
e gusti predominanti negli ambiti più disparati (spesso specificati), ciò a cui si fa
riferimento nella seguente tesi è alla moda come fenomeno sociale riguardante
unicamente l’ambito dell’abbigliamento (così come intesa in senso assoluto senza
particolari specificazioni).
1
Soprattutto in tempi recenti, la riflessione sociologica su
questo fenomeno si è fatta più intensa e ciascuno studioso ha cercato di darne una
visione più personale e onnicomprensiva, soprattutto perché i piani di interpretazione
sono molteplici. Nella prefazione al manuale Moda: la storia completa, Valerie Steele si
riferisce alla moda con molti termini diversi: da «meccanismo regolatore di gusto» e
«fenomeno globale» a «arte» e «rete di industrie» (Fogg, 2019, pp. 6-7), mentre
Encyclopædia Britannica la definisce semplicemente come “gli stili di abbigliamento e
accessori indossati in un dato momento da gruppi di persone” (si confronti testo con
Steele & Major, 2022). È importante evidenziare la fondamentale distinzione emersa
dagli studi sociologici tra vestito (clothing o dress), concreto, visibile e neutro, e moda
(fashion), astratta e carica di significati collaterali che esercitano un’attrazione sul
consumatore.
2
Kawamura afferma che la moda non è una questione di vestiti, come
invece vuole la credenza popolare, o perlomeno, non solo di vestiti. Naturalmente, i
2
Kawamura, 2005, citato in Zhao Jianhua, The Chinese Fashion Industry: An Ethnographic Approach,
Bloomsbury Academic, Regno Unito, 2013, p. 4.
1
«Moda: fenomeno sociale che consiste nell’affermarsi, in un determinato momento storico e in una data
area geografica e culturale, di modelli estetici e comportamentali (nel gusto, nello stile, nelle forme
espressive), e nel loro diffondersi (...). Come espressione del gusto predominante (tipico di una
determinata società) la moda interessa ambiti intellettuali, ideologici, movimenti artistici e letterari, o, più
genericamente, abitudini, comportamenti, preferenze (...). Con uso assol., o senza partic. specificazioni, il
termine fa in genere riferimento all’ambito dell’abbigliamento (ma anche delle acconciature, degli
ornamenti personali, del trucco, ecc.), nel quale il fenomeno è caratterizzato, soprattutto in tempi recenti,
dal rapido succedersi di fogge, forme, materiali, in omaggio a modelli estetici che in genere si affermano
come elementi di novità e originalità.» Tratto da V ocabolario Treccani. (n.d.). mòda. Treccani. Consultato
online a novembre 2022 su https://www.treccani.it/vocabolario/moda/
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vestiti sono la forma attraverso la quale la moda si manifesta ma, tramite questa, gli
abiti si fanno veicolo di espressione politica, economica e culturale (Kawamura, 2018).
L’antropologa Reinach condensa il concetto in questa definizione: la moda è «un punto
di intersezione tra abito, corpo e cultura» (Segre Reinach, 2019).
I processi relativi alla moda sono premessa naturale alla nascita di un’industria della
moda ma non sufficienti da sé; è infatti necessario che vi siano in un paese le condizioni
economiche e sociali affinché questo accada, che sia cioè industrializzato e moderno.
Questo spiega come in Cina non si possa parlare di una vera e propria industria fino ad
un certo periodo.
3
Encyclopædia Britannica definisce l’industria della moda come
un’impresa globale che riguarda la realizzazione e vendita di vestiti di ogni tipo, dai più
ricercati ai più comuni (Steele & Major, 2022). Coinvolge tutti gli stadi di produzione,
che vanno dal reperimento delle materie prime e design del capo alla sua realizzazione,
distribuzione e promozione.
“Haute-couture” (alta moda), “prêt-à-porter” (pronto da indossare) e “fast fashion”
(moda veloce) sono i tre modelli principali scaturiti dalla dialettica tra arte ed economia
nel campo della moda. Nell’haute-couture – gaoji shizhuang 高级时装 – il prodotto
finale è considerato una forma d’arte, un bene d’artigianato di lusso, innovativo e
ricercato; all’estremo opposto, il fast fashion è caratterizzato da una produzione seriale
di capi facilmente adattabili che puntano tutto sullo stare al passo con i frenetici
cambiamenti dei gusti dei consumatori e quindi sulla vendibilità, mettendo in secondo
piano l’unicità del prodotto. Nel mezzo si posiziona il prêt-à-porter – gaoji chengyi 高
级成衣 – i cui capi, sempre prodotti in serie, tentano di coniugare alta qualità e
commerciabilità. Questa distinzione è importante per comprendere il pensiero comune
che generalmente associa la Cina agli stabilimenti di produzione di moda veloce
(paradossalmente l’unica categoria a non avere un termine in cinese), considerato oggi
l’unico modo di fare moda lì. È vero che di questo mercato la Cina si è servita
ampiamente per lanciarsi nell’economia globale ma si dimentica spesso anche
l’esistenza di un “Made in China” – zhongguo zhizao 中国制造 – di qualità frutto dei
shizhuang shejishi 时装设计师, cioè dei designers cinesi. Per designer si intende il
creativo che progetta il disegno dei vestiti cercando di andare incontro ai bisogni dei
consumatori e a quello che è lo spirito sociale contemporaneo, piuttosto che dettando lui
con i capi la moda del momento, come abitualmente si crede. Considerando il fashion
3
Ibidem.
10
design come il tentativo di trovare un compromesso tra espressione artistica dell'autore
e creazione di un bene commerciabile, la figura del fashion designer, specialmente
quello cinese, assume caratteristiche peculiari, illustrate nel paragrafo successivo.
4
Tutte le variabili illustrate entrano in gioco tra di loro andando a costituire il cosiddetto
‘sistema moda’; ciò che è rilevante capire ai fini della tesi ce lo dice chiaramente Valerie
Steele in conclusione della già citata prefazione: «il sistema moda non riguarda tanto la
vendita di vestiti, quanto la vendita di stili di vita o addirittura sogni» (Fogg, 2019, p. 7).
1.2. Il sistema moda in Cina
Prima di affrontare il movimento del guochao, si rivela utile illustrare
brevemente il contesto sociale nel quale nasce e si inserisce. Questo contesto è dato
dalla situazione attuale in Cina dell’industria tessile e dell’abbigliamento –
rispettivamente fangzhi gongye 纺织工业 e fuzhuang gongye 服装工业 – e
dell’industria della moda, il cui dialogo e interscambio è continuo e concretamente
espresso dai look sfoggiati dalla popolazione.
Stando ai dati del 2020, la Cina occupa il primo posto sia come esportatore di tessuti
che di abbigliamento (43,5% del totale) e detiene questo record dagli anni novanta, con
l’Unione Europea in entrambi i casi destinazione primaria dei prodotti.
5
La copertura di
un range così ampio di importatori comporta quindi una varietà nella qualità e nei
prezzi, anche con prodotti destinati al mercato del lusso, lontani dall’immaginario
comune che li vuole necessariamente tutti economici e di bassa qualità. Nonostante nel
sistema di importazione di vestiti la Cina sia considerata un Original Equipment
Manufacturer (OEM), responsabile cioè solo di una parte del prodotto finale, alle
aziende manifatturiere è richiesto il pacchetto completo, che va dall’acquisizione dei
tessuti all’aspetto logistico della spedizione, lasciando agli importatori gli aspetti
lucrativi (design e marketing) oltre che l’importante ruolo di facciata.
Dal 2019 è il più grande mercato della moda al mondo e continua ad evolversi
costantemente e rapidamente, affiancando le sue Shanghai e Pechino alle grandi città
del settore come Milano e Parigi. È importante sottolineare il breve tempo nel quale
queste industrie si sono formate: basti pensare infatti che, fino al 1984, l’acquisto di
tessuti era razionato e soggetto alla presentazione di coupon distribuiti dal governo (il
5
FashionUnited Business Intelligence. Global Fashion Industry Statistics. (n.d.). Fashion United.
Consultato online a novembre 2022 su https://fashionunited.com/global-fashion-industry-statistics
4
Ibidem.
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