3
Introduzione
“Qui cum tantus in ampliando regno et subigendis exteris
nationibus existeret et in eiusmodi occupationibus assidue versaretur,
opera tamen plurima ad regni decorem et commoditatem pertinentia
diversis in locis inchoavit, quædam etiam consummavit.”
1
Eginardo incomincia così il suo capitolo destinato alle opere
fatte costruire da Carlo Magno, descrivendole come abbellimento e
comodità del Regno; parla della basilica della Santa Madre ad
Aquisgrana, del ponte sul Reno, presso Magonza e poi cita alcuni
“palatia operis egregii”: “unum haud longe a Mogontiaco civitate,
iuxta villam cui vocabulum est Ingilenheim, alterum Noviomagi super
Vahalem fluvium, qui Batavorum insulam a parte meridiana
præterfluit”
2
.
Se esaminiamo questa frase, notiamo subito la presenza di tre
termini: “palatia”, “civitas” e “villa”. È da questi tre vocaboli che la
nostra indagine prende spunto. Attraverso di essi riusciamo a farci
una prima idea di dove Carlo Magno soggiornava quando si muoveva
in Europa. Dapprima ci soffermeremo sui palazzi e sul loro significato
all’interno della logica di potere del regno; vedremo come questi
siano inseriti in una cornice più ampia che è rappresentata dalle
“villæ” e dalle città. Dopo aver esaminato un luogo particolare, il
monastero, verranno analizzati i “castra”. Infine si noterà come anche
delle “località naturali” possano avere una certa rilevanza.
1
Eginardo, Vita di Carlo Magno, a cura di V. Marucci, Roma 2006, pp. 88-89:
“mentre si occupava in modo così continuo dell’ampliamento del regno e della
sottomissione dei popoli stranieri, tuttavia diede inizio a molte opere destinate
all’abbellimento e alla comodità del regno in diversi luoghi.”
2
L. cit.
4
E’ evidente infatti, come si possa intravedere, in questa
ripartizione dei capitoli, uno schema che ricalca la qualità delle
residenze di Carlo, in cui queste sono collegate tra di loro su più
livelli. A un primo livello troviamo i “palatia”, insieme con gli
accampamenti e le fortificazioni militari, i “castra”; passando al
secondo livello, troviamo le “civitates” e le “villæ”. Vedremo che
rispetto alla geografia europea i palazzi sono inseriti in un circuito che
vede Carlo più nelle civitates in Italia e più nelle villæ in quella che
viene definita la Francia, intesa in generale come regno dei Franchi.
In un livello che potremmo definire intermedio troviamo poi i
“monasteria”. I luoghi naturali, rappresentati ad esempio dalle
confluenze dei fiumi, fanno parte a sé stante.
L’analisi proposta, prende in questione l’arco temporale che va
dal 768 all’814, esaminando così le residenze che Carlo visitò durante
la sua vicenda politica, anche se vedremo alcune eccezioni, che
serviranno per l’argomentazione del discorso.
Per arrivare a comprendere il significato delle parole, indicanti i
luoghi delle residenze caroline, ci siamo serviti di diverse fonti, oltre
alla biografia tracciata da Eginardo
3
, tratte però tutte dai Monumenta
Germaniæ Historica (MGH), tra le quali gli Annales regni Francorum
4
,
gli Annali di Lorsch
5
, gli Annali di Fulda
6
, la Cronaca del monastero di
3
Op. cit.
4
MGH, Annales regni Francorum inde a. 741 usque ad 829, qui dicuntur Annales
Laurissenses maiores et Einhardi, in Scriptores rerum Germanicarum in usum
scholarum separatim editi, Hannover 1895.
5
MGH, Annales Laureshamenses in Scriptores, Annales et chronica aevi carolini,
Hannover 1826.
6
MGH, Annales Fuldenses in Scriptores, Annales et chronica aevi carolini, Hannover
1826.
5
Moissac
7
e gli Annales Mettenses priores
8
. Inoltre dal momento che il
palazzo, situato nelle “villæ” o nelle “civitates”, esprime dei
documenti ufficiali, servendoci di questi abbiamo ricavato ulteriori
informazioni, nelle date topiche dei diplomi, su come venivano
concepite le residenze regie.
9
7
MGH, Chronicon Moissiacense in Scriptores, Annales et chronica aevi carolini,
Hannover 1826.
8
MGH, Annales Mettenses priores, in Scriptores rerum Germanicarum in usum
scholarum separatim editi, Hannover 1895.
9
MGH, Diplomata Karolinorum, I: Pippini, Carlomanni, Caroli Magni diplomata, ed.
E. Mülbacher, Hannover 1906.
6
Cap. 1. I palatia
1.1 Il carattere itinerante della regalità.
Un carattere fondamentale dell’alto medioevo, che in questo
senso si discosta dalla tarda antichità, è che non esiste una capitale
stabile di un potere regio o imperiale. È solo spostandosi che il
sovrano riesce a preservare il suo titolo. In questo senso, Voltmer
parla di “signoria itinerante” o “regalità itinerante” constatando che “il
potere si concretizza, conformemente alla sua sostanza, nella forma
di un’interazione e comunicazione fra le persone del posto”
10
. E’ solo
la “præsentia” del re che rende concreto il potere su un dato
territorio, ed è proprio il rapporto præsentia-absentia che forma
relazioni di potere nei diversi territori. Il re arriva in un luogo e lì
amministra la giustizia, convoca assemblee, emette diplomi e poi si
sposta compiendo così quello che viene definito l’iter regis per regna.
E’ evidente come alcune regioni possano diventare più importanti di
altre perché toccate più frequentemente dall’itinerario del sovrano.
Voltmer spiega che l’esercizio della signoria attraverso la presenza di
persona porta pace e la possibilità di acquisire privilegi e di eliminare
abusi, e una lunga assenza può significare non curanza,
disattenzione, se non tempi del tutto difficili e discordie
11
.
Ci troviamo in una società, in cui vale una concezione del potere
basata sulla personalità, dove esiste una consapevolezza limitata del
10
E.Voltmer, ‹‹Palatia›› imperiali e mobilità della corte(secoli IX-XIII), in Arti e
storia nel Medioevo, I: Tempi spazi istituzioni, a cura di E. Castelnuovo e G. Sergi,
Torino 2002, p. 561.
11
Op.cit., p. 565.
7
potente, che conosceva su quali persone e quali gruppi poteva avere
diritti, ma non conosceva esattamente su quale territorio ed entro
quali confini la sua autorità era riconosciuta
12
. La signoria esercitata
di persona incarna il principio secondo il quale la regalità è
considerata come un ufficio a cui spetta il compito della difesa o il
ripristino di pace e giustizia, ma corrisponde anche all’aspettativa dei
nobili, che sono rispettati dal re in quanto questo presta attenzione
alle loro domande
13
. Così anche ospitare il re diventa importante, dal
momento che la sua presenza equivale proprio al soddisfacimento di
queste domande
14
.
Carlo, che doveva rafforzare una dinastia appena nata, da una
sola generazione, ben conscio di questa prassi che era un
meccanismo automatico del re in questo periodo, si spostò in tutta
Europa, concedendo privilegi, immunità, dimostrando che il suo
potere era molto presente, cercando così di mantenere unito un
regno molto vasto che grazie alle sue nuove conquiste, tra cui quella
legittimante dell’Italia, si trasformò in un impero. Questo nuovo
impero, però differisce nettamente da quello originario romano
fondamentalmente per la pluralità di capitali. Se è vero che
Aquisgrana è considerata ideologicamente una seconda Roma
15
, di
fatto resta comunque una residenza preferita. Il centro dell’impero
carolingio quindi non è una residenza in particolare ma sono tutte le
12
G. Sergi, La territorialità e l’assetto giurisdizionale e amministrativo dello spazio,
in Uomo e spazio nell’Alto Medioevo (Settimane di studio del centro italiano di studi
sull’alto medioevo L), Spoleto 2003, p. 482.
13
Voltmer, ‹‹Palatia›› cit., p. 564.
14
Op.cit., p. 584.
15
M. D’Onofrio, Roma e Aquisgrana, Roma 1983, p. 41: nel poema “Karolus
Magnus et Leo papa Aquisgrana” è definita seconda Roma.
8
residenze, in particolare alcune preferite ad altre. Non deve esistere
nell’impero di Carlo un centro e una periferia, ma solo più centri, che
amministrano una data circoscrizione.
Ovviamente la mobilità di Carlo è influenzata dal susseguirsi
delle stagioni naturali, così mentre nel periodo estivo egli è occupato
dalle campagne militari, in inverno deve fermarsi obbligatoriamente
in un determinato luogo: il palazzo.
1.2 I Palazzi
Il palazzo, può essere considerato quindi, lo strumento di
governo per eccelenza
16
. Vediamo ora cos’è esattamente un
“palacium”. Innanzitutto è una costruzione fisica, con particolari
caratteristiche comuni. Dalle fonti archeologiche
17
apprendiamo che la
base costitutiva del palazzo è l’aula, una stanza rettangolare, a volte
fornita di absidi semicircolari come nel caso di Ingelheim o
Aquisgrana. Questa è una sala molto importante, perché è qui che
vengono radunate le assemblee generali del regno ed è il luogo dove
si ricevono le ambasciate estere: l’aula è la stanza di rappresentanza.
Il trono si individua in una stanza attigua all’aula come ci perviene
dalla struttura del palazzo di Paderborn. Ovviamente intorno all’aula e
al trono, si sviluppa il complesso residenziale vero e proprio, di solito
di fattura lignea, come sicuramente doveva essere ad Aquisgrana. Il
palazzo era un grande complesso di edifici, tra i quali spiccava
soprattutto la cappella regia. L’esemplare più famoso e
caratterizzante dell’architettura carolingia è senza dubbio la basilica di
16
A.Barbero, Carlo Magno un padre dell’Europa, Bari 2008, p. 169.
17
D’Onofrio, Roma e Aquisgrana cit., p. 180 sgg.
9
Santa Maria ad Aquisgrana. Dato che non è questa la sede per
un’analisi approfondita dell’architettura carolingia, ci limiteremo a
notare una particolarità di questa cappella. Questa, “pur echeggiando
uno schema bizantino (si ispirava alla basilica di san Vitale a
Ravenna) alla fine, se ne discosta sensibilmente, in quanto
l’architettura del nuovo impero doveva esprimere quelle divergenze
che esistevano fra Aquisgrana e Bisanzio sia a livello teologico che
politico. Carlo infatti, non permise che la sua chiesa di palazzo
suggerisse nella sua struttura di fondo l’idea di un culto del
sovrano”.
18
Si nota così come il seggio del re fosse posto nell’area
occidentale della cappella e non in quella orientale, come usavano i
Bizantini, che era invece il posto dell’altare e cioè di Dio: Carlo
rispettava le posizioni, in un’ottica gelasiana del potere.
In più bisogna sottolineare come attorno al palazzo sorgessero
strutture per il divertimento e per la salute del re. Ci riferiamo
sicuramente ai complessi termali dei palazzi di Ingelheim e
Aquisgrana
19
. I palazzi sono sempre contornati da foreste o boschi, la
cui importanza, oltre al fattore economico, è data dalla caccia.
Questa, come la guerra, fa parte degli “attributi tipici della vita
nobiliare, nonché del sottofondo determinante della mentalità
signorile. Essa rappresenta l’occasione e la necessità di un’azione
comune, e nello stesso tempo offre la possibilità al singolo di provare
il proprio coraggio e di farsi valere. Inoltre nello speciale sistema della
comunicazione e dell’interazione, retto dalla præsentia regis, la caccia
in compagnia dei fedeli svolge un’importante funzione politica: quale
ambiente che dà l’immagine di una comunità, dove viene curata
18
D’Onofrio, Roma e Aquisgrana cit., p. 132.
19
Questo è uno dei motivi per cui dal 795 Carlo la scelse come residenza preferita.