8
implica una riduzione del tempo di progettazione (Time To Market) e di evasione ordini
(Time To Order). Il primo obbiettivo si può raggiungere tramite il ricorso a tecnologie
informatiche in progettazione, che unite al contemporaneo coinvolgimento dei fornitori
e dei clienti anche in questa fase consente di risparmiare tempo e contemporaneamente
di ridurre gli sprechi. Per quanto riguarda il secondo aspetto, l’introduzione di tecniche
produttive che consentano di ridurre il lead time tipo Just In Time e di pianificazione
tipo Manifacturing Resource Planning (MRP2), guidate da previsioni non più a
lunghissimo termine ma di breve periodo, consente il soddisfacimento in tempo reale
delle richieste del mercato. L’analisi continua dell’andamento del sell-out dei negozi è
una delle informazioni vitali in questo contesto per la formulazione di previsioni valide.
La raccolta di queste preziose informazioni è oggi possibile grazie all’integrazione
informativa tra produttore e distributore ottenuta attraverso l’utilizzo di sistemi EDI
(Electronic Data Interchange) che consentono di attuare una reale partnership
sull’informazione tra i vari attori.
L’analisi corre quindi lungo due direttrici parallele : il flusso fisico ed il flusso
informativo. La separazione ed il mancato collegamento dei due flussi lungo la filiera è
all’origine dei lunghi tempi necessari per passare dalla materia prima al prodotto finito.
Ciò contrasta con la natura di mutevolezza e variabilità insite in questo settore e che si
sono oggigiorno più che mai accentuate.
Analizzeremo, dopo aver affrontato il problema da un punto di vista teorico, un
caso pratico, portando all’attenzione del lettore un’importante realtà come la Fashion
Box, licenziataria del marchio REPLAY, azienda tra le più importanti a livello
nazionale ed internazionale nel mercato dello streetwear, con un fatturato consolidato
annuo di circa 350 miliardi realizzati per oltre il 70% all’estero. Vedremo come
l’azienda ha reagito ai cambiamenti sopra accennati che hanno investito il settore del
tessile abbigliamento e cercheremo di capire quale sia il suo atteggiamento nei confronti
della competizione sul tempo. Ci soffermeremo in particolare sugli aspetti commerciali,
distributivi e produttivi che caratterizzano questa realtà. Vedremo come ha organizzato
la produzione che, nel caso specifico, è realizzata completamente da terzisti che
lavorano coordinati dall’azienda. Cercheremo di capire, infine, come si è organizzato il
servizio Express, attraverso il quale l’azienda evade gli ordini pervenuti dai suoi clienti
9
in tutta Europa, in qualsiasi periodo dell’anno, in sole 24/48 ore. Cercheremo alla fine di
dare una nostra personalissima valutazione su Fashion Box confrontando gli elementi
esposti nei capitoli che vanno dal primo al quarto per quanto riguarda la base teorica,
con i contenuti del capitolo quinto che riportano le risultanze della nostra esperienza
nell’azienda considerata.
Se il presente lavoro è felicemente giunto a compimento lo si deve, oltre
all’impegno di chi scrive, anche alla collaborazione di tutti coloro con i quali sono
venuto in contatto durante la sua elaborazione e stesura. Un ringraziamento innanzitutto
é rivolto al Prof. Claudio Baccarani ed al Prof. Federico Testa, che hanno contribuito in
modo determinante, oltre che alla mia formazione, anche alla realizzazione di questa
ricerca. Un grazie è ovviamente rivolto a tutta la Fashion Box S.p.A. che ha permesso di
arricchire il lavoro di un contributo altamente significativo. In particolare il mio
pensiero è rivolto al Presidente Sig. Claudio Buziol, all’Amministratore Delegato Sig.
Attilio Biancardi, alla Responsabile dell’Ufficio Personale Dott.ssa Nadia Bettarello,
alla Sig.na Monica Mason del medesimo Ufficio, alla Dott.ssa Angela Massarotto
dell’Ufficio Commerciale, alle Receptionists Katia e Silvia. Un grazie del tutto speciale
per il prezioso tempo concessomi va alla Dott.ssa Katia Fincato dell’Ufficio Personale,
al Responsabile Pianificazione Industriale Sig. Patrizio Antonello ed alla sempre
impegnatissima Sales Management Assistant Dott.ssa Paola Del Pesce.
Desidero dedicare questo lavoro a tutti coloro, familiari ed amici, che mi hanno
aiutato e sostenuto in questi anni di vita accademica.
11
Capitolo Primo
1 Capitolo Primo
Lo scenario competitivo nel settore tessile abbigliamento
“Ma la moda è proprio una cosa tanto futile ? Oppure - come pensiamo - questi segni
testimoniano in profondità su una data società, una data economia, una data civiltà,
con i loro slanci, le loro possibilità, la loro gioia di vivere ?”
F. Braudel (storico francese, 1902/1985)
1.1 Evoluzione recente nel tessile abbigliamento (TA) in Italia
Il settore tessile ed abbigliamento (TA) ha ricoperto nel corso degli anni un ruolo da
protagonista nel nostro Paese. L’evoluzione del settore è andata di pari passo con quella
del Sistema Moda italiano alternando a periodi di espansione altri di forte tensione, in
conseguenza dei mutamenti nell’ambiente competitivo internazionale.
Tentiamo ora di meglio individuare il settore del TA. Per definire e delimitare
l’oggetto di osservazione è metodologicamente necessario il passaggio attraverso una
linea di demarcazione, uno spartiacque, una frontiera che separi le unità che vanno
incluse nell’aggregazione da quelle che ne vanno escluse
1
. In generale, il principale
denominatore comune è rappresentato dall’esistenza di omogeneità tra le merci
prodotte, non solo in funzione dell’uso finale di cui sono suscettibili, ma anche dei
materiali utilizzati, rispetto ai quali si ricostruiscono all’indietro le fasi di lavorazione
necessarie fino agli inputs di materia prima o di materiali
2
.
Nel nostro caso il settore TA comprende tutte quelle unità volte alla produzione di
abbigliamento. Considerando il processo terminale di settore partiamo dalla fase di
filatura per giungere, come vedremo in seguito, sino alla confezione pronta per essere
distribuita. Definire così un settore però potrebbe essere troppo generico : abbigliamento
1
Panati G., Golinelli G., Tecnica economica industriale e commerciale, La Nuova Italia Scientifica,
Roma, 1991, p. 314
2
Panati G., Golinelli G., op. cit. pp. 316/317
12
Capitolo Primo
è tutto ciò che noi utilizziamo per coprirci, comprese le tute da ginnastica o quelle da
sci. Sarebbe quindi necessario individuare dei criteri base che ci permettano di
circoscrivere un ambito preciso. D’altro canto così facendo si rischia di perdere una
visione generale del settore dato che imprese che oggi non sono in concorrenza
all’interno di esso potrebbero esserlo domani
3
(pensiamo ad esempio alla Pal Zileri : da
questa stagione ha lanciato una nuova linea di prodotti informali, la Pal Zileri Sport,
entrando così in competizione con imprese con cui prima non aveva nulla a che fare
dato che operava esclusivamente nella fascia di mercato del total look con qualità
sartoriale).
L’universo dell’abbigliamento si presenta estremamente variegato e, a prima vista
sembra arduo cercare di ben delimitare un ambito. Gli indumenti hanno infatti un
duplice scopo : la loro prima ed originale funzione è quella di coprirci e di ripararci, ma
questa funzione ha ormai perso molta della sua importanza a fronte della seconda
funzione dell’abbigliamento, quella di comunicare un messaggio agli altri con il nostro
look. Come districarsi dunque in questo ambiente così complesso ? Semplicemente
ricordando i motivi che ci hanno spinto ad affrontare il presente lavoro : cioè lo studio
della competizione sul tempo in questo settore. Per questo fine non ci interessa la
specifica tipologia di output delle varie imprese. Ogni prodotto destinato ad essere
indossato dovrà per forza prima essere filato (partendo da materie prime di origine
animale, vegetale o di sintesi) tessuto, tinto e quindi confezionato secondo un
determinato disegno. Tutte queste operazioni ovviamente richiedono un certo tempo ed
il nostro obbiettivo d’indagine sarà analizzare come sia possibile ridurre questo tempo.
Potremmo quindi considerare prodotti di abbigliamento giovane oppure più classico,
destinati all’uomo o alla donna piuttosto che al bambino o al ragazzo ma la sostanza non
cambierebbe, tutti questi capi di abbigliamento devono subire all’incirca le stesse
lavorazioni e sono quindi soggetti alle stesse problematiche dal punto di vista della
competizione sul tempo.
3
Testa F., Le dinamiche competitive nel settore della calzetteria femminile, CEDAM, Padova, 1993, p. 14
13
Capitolo Primo
Per questo abbiamo deciso di considerare ai fini del presente lavoro tutte le
imprese che rientrano nella produzione di capi di abbigliamento, partendo dalla filatura
sino a scendere tutta la filiera per giungere alla confezione e quindi alla vendita.
1.1.1 Lo scenario internazionale del settore TA
Questo settore ha dovuto affrontare negli ultimi anni cambiamenti molto importanti sia
dal punto di vista dell’atteggiamento del consumatore che dal punto di vista del mercato
globale. Il progressivo smantellamento dell’accordo Multifibre, che ha regolamentato il
commercio mondiale dei prodotti tessili e dell’abbigliamento sino al 1995, con la
conseguente completa liberalizzazione di questi prodotti entro il 2005, unita alla
crescente concorrenza dei paesi emergenti, che sfruttano il basso costo del lavoro locale,
hanno introdotto nuovi elementi nel settore del TA tanto che l’alta qualità e lo styling
tipici del “made in Italy” non bastano più da soli ad arginare l’assalto dei competitors
stranieri. Il percorso di eliminazione graduale di dazi e contingenti del vecchio accordo
Multifibre (che, ricordiamo, regolava il commercio mondiale di prodotti del TA),
previsto nel quadro della firma degli accordi finali dell’Uruguay Round, procede lungo
due direttrici : da un lato aumenteranno progressivamente i contingenti esistenti,
dall’altro si realizzerà la liberalizzazione delle importazioni per tipologie di prodotto
che verrà attuata in modo graduale.
Il settore del TA italiano è ai vertici a livello mondiale in molte produzioni :
secondo paese al mondo tra i maggiori esportatori di filati
4
(graf. 1.1, dati riferiti
all’anno 1996), secondo paese al mondo tra i maggiori esportatori di tessuti
5
(graf. 1.2,
dati riferiti all’anno 1996), secondo paese al modo tra i maggiori esportatori di
abbigliamento maschile
6
(graf. 1.3, dati riferiti all’anno 1996). Tuttavia saper mantenere
questa posizione predominante rappresenta una vera e propria sfida per l’italian fashion
system alle soglie del nuovo millennio.
4
Elaborazioni Hermes Lab su dati ONU Comtrade in www.pittimmagine.it
5
Elaborazioni Hermes Lab su dati ONU Comtrade in www.pittimmagine.it
6
Elaborazioni Hermes Lab su dati ONU Comtrade in www.pittimmagine.it
14
Capitolo Primo
Gr af . 1 . 1
Maggiori esp. di filati in mil. di $
0
1.000
2.000
3.000
4.000
Germany ITALIA China Pakistan Usa Korea Rep. Untd King France
Fonte : elaborazioni Hermes Lab su dati ONU Comtrade 1996
Graf . 1 . 2
Maggiori esp. di tessuti in mil. di $
0
1.000
2.000
3.000
4.000
5.000
6.000
7.000
8.000
Korea Rep. ITALIA China Germany France Japan Belgium Pakistan
Fonte : elaborazioni Hermes Lab su dati ONU Comtrade 1996
Gr af . 1 .3
Maggiori esp. abb. masc. in mil. di $
0
1.000
2.000
3.000
4.000
5.000
6.000
7.000
China ITALIA Hong Kon Usa Germany Thailand Indonesia Tunisia
Fonte : elaborazioni Hermes Lab su dati ONU Comtrade 1996
15
Capitolo Primo
1.1.2 Il settore TA italiano in cifre
Cerchiamo ora di meglio inquadrare le principali peculiarità del settore. Anzitutto
appare evidente l’estrema frammentazione delle imprese, dato che circa 75% di esse
occupa da 1 a 19 addetti (tab. 1.1). Si noti inoltre come l’insieme delle imprese
medio/grandi (con più di 100 addetti) raggiunga solamente il 3% del totale delle imprese
del TA. Questo non è comunque un fatto del tutto negativo poiché consente alle imprese
di adattarsi alle esigenze mutevoli del mercato, sia dal punto di vista quantitativo che
qualitativo.
Tabella 1.1 - distribuzione imprese TA per classi di addetti
classi di addetti 1-19 20-49 50-99 100-199 200-499 500 e più
% di imprese 75% 17% 5% 1.9% 0.9% 0.2%
Fonte : ISTAT censimento intermedio industria e servizi 1996
Pur in presenza di questa frammentazione il settore ha fatturato nel suo complesso
(cioè considerando assieme industrie di filatura, tessili e della confezione) ben 89.250
miliardi di Lire nel 1998 (tab. 1.2) offrendo lavoro a 695.000 dipendenti con un trend di
crescita occupazionale in calo negli ultimi anni (- 3.5% dal 1996) causa la spinta verso
l’automazione di molti processi
7
. Per quanto riguarda il turnover si passa dagli 84.460
miliardi di Lire del 1996 ad un fatturato previsto per il 1999 di 91.400 miliardi. Gli
indici a base mobile mostrano un marcato rallentamento nel 1998 (+ 2.0% rispetto
all’anno precedente, che aveva fatto segnare un +3.6 sul 1996) con qualche segnale di
ripresa nel 1999 con un aumento previsto del fatturato pari al 2.4%. L’export (che
comprende anche le esportazioni di filati e tessuti) nel periodo considerato mostra un
andamento analogo con una crescita che rallenta negli ultimi anni. Anche qui l’anno più
critico è il 1998 con un + 1.9% rispetto al 1997 che invece aveva fatto segnare un
lusinghiero +5% sull’anno precedente. Come visto sopra per il fatturato timidi segnali di
ripresa fanno sperare in aumento del 3.2% per l’anno 1999. Per quel che riguarda le
importazioni (che anche qui comprendono tessuti e filati) pure queste segnano il passo
facendo segnare aumenti sempre più contenuti (tab. 1.2). Si passa da un importante
7
Vinelli A., Forza C., Quick Response, CEDAM, Padova, 1996, p. 5
16
Capitolo Primo
+16.6% del 1997 sul 1996 ad un +8% nel 1998 per concludere con un incremento del
7.1% pronosticato per il 1999.
Tabella 1.2 - il settore TA italiano (industria del filato del tessile e
dell’abbigliamento)
Anno 1996 1997 1998 1999*
fatturato 84.460 87.500 89.250 91.400
export 44.713 46.949 47.850 47.800
import 17.235 20.096 21.700 22.850
n° addetti 701.800 699.000 695.000 678.000
Fonte : Federtessile, Hermes Lab, Pratofutura dati in miliardi di £ *previsioni
Come si nota quindi il trend congiunturale del 1998 porta in eredità per il sistema moda
italiano un netto rallentamento. Probabilmente non poteva essere diversamente in un
quadro generale dominato da previsioni della crescita mondiale corrette continuamente
al ribasso, mercati turbolenti e indici della produzione stagnanti. Nonostante il calo dei
tassi di interesse, che hanno riportato un po’ di calma nei mercati finanziari, per il
sistema moda il rischio di una caduta non è ancora scongiurato. Oggi il settore soffre
soprattutto per la mancanza di certezze ; non si sa bene se l’attende uno scivolone, se
continuerà a rimanere in una fase di stallo o se, a partire dalla seconda metà del 1999,
può sperare in una moderata ripresa. Tentiamo di mettere un po’ di ordine. A livello
generale ci sarà un rallentamento della crescita, ma niente che lasci intravedere
un’implosione. Persistono qua e là sacche di recessioni locali (in Giappone, in Russia, in
parte del Mercosur e del Sud/Est Asiatico) ma non ci sarà una riduzione del PIL
mondiale che alla fine crescerà almeno del 2% (stime FMI). In ogni caso non vi sono
serie minacce di riduzione dei livelli assoluti negli scambi internazionali, nella
produzione e nella produzione del reddito globale. Il punto di minimo di questa grigia
parentesi congiunturale probabilmente è stato superato alla fine del 1998 anche se
l’ondata depressionaria si è trascinata agli inizi del 1999. Le condizioni per una ripresa
dovrebbero comunque materializzarsi nella seconda metà del 1999.
Vediamo infine di valutare le distribuzione sul territorio delle industrie del TA. Il
grafico 1.4 mostra come la maggioranza delle imprese si trovi al nord/est, circa il 30%,
si noti anche poi come il nord nel suo complesso ospiti la metà di tutte le imprese
17
Capitolo Primo
graf. 1.4
Dist. geo. imprese TA
nord/est (32,0%)
nord/oves t (18,0%)
centro (26,0%)
sud (22,0%)
isole (2,0%)
Fonte : ISTAT, censimento intermedio industria e servizi 1996
tessili e dell’abbigliamento italiane ; scendendo lungo la penisola troviamo dati via, via
decrescenti, 26% al centro, 22% al sud e solo il 2% alle isole (dati ISTAT, censimento
intermedio industria e servizi 1996).
Dopo aver delineato la dimensione del settore e la sua dinamica recente,
considerando tutte le unita produttive del TA cerchiamo di meglio focalizzarlo
nell’ottica dell’industria dell’abbigliamento. Infatti non tutto il filato prodotto è
destinato alle lavorazioni tessili e non tutto ciò che è tessuto è destinato alla confezione
di prodotti per l’abbigliamento. Il filato, infatti, é destinato anche a lavorazioni diverse
come si evince dalle tabella 1.3.
Tabella 1.3 - percentuali dei prodotti ottenuti lavorando il filato in Italia
tessitura
ortogonale
tessitura a
maglia
calze maglieria esterna
e intima
altri
prodotti
TOTALE
53% 14.3% 5.9% 16.9% 9.9% 100%
Fonte : nostre elaborazioni da Federtessile, dati riferiti all’anno 1996
La questione si complica ulteriormente se pensiamo anche a tutte le possibili forme di
impiego del tessuto che non è esclusivamente destinato alla produzione di indumenti
(tab. 1.4).
Con il tessuto è quindi possibile ottenere una estrema varietà di prodotti dei quali
poco più della metà, il 66%, è rappresentato da indumenti . Ovviamente ai fini della
nostra ricerca l’attenzione andrà rivolta a questa percentuale di prodotti il cui comparto
produttivo specifico andremo ad analizzare in dettaglio nelle pagine che seguono.
18
Capitolo Primo
Tabella 1.4 - percentuali dei prodotti ottenuti lavorando il tessuto in Italia
arredament
o
abbigliamento biancheria per la
casa e coperte
altri prodotti TOTALE
12.6% 66% 12% 9.4% 100%
Fonte : nostre elaborazioni da Federtessile, dati riferiti all’anno 1996
1.1.3 L’industria dell’abbigliamento in Italia
Cerchiamo dunque adesso di approfondire la conoscenza dell’industria
dell’abbigliamento cioè di quell’insieme di unità produttive che si trovano a valle della
filiera del TA cioè dopo le industrie della filatura e quelle tessili.
Nonostante la continua crescita del fatturato, aumentato del 7.8% negli ultimi tre
anni, e delle esportazioni, aumentate ben del 14.2%, anche qui il trend occupazionale è
tuttavia negativo, con una perdita di 10.000 posti di lavoro dal 1996. Gli indici a base
mobile indicano un incremento del fatturato dello 0.9% dal 96 al 97 giungendo poi ad
esplodere dal 97 al 98 con un +4.1% (a differenza del settore TA nel suo complesso che
segna +1.9%) concludendo infine quest’anno con un incremento previsto del 2.6%.
Tabella 1.5 - l’abbigliamento italiano in cifre
Anno 1996 1997 1998 1999*
fatturato stimato 54.000 54.500 56.750 58.210
esportazioni 25.825 26.558 28.100 29.500
importazioni 7.980 9.484 11.400 14.000
saldo commerciale 17.845 17.074 16.700 15.500
n° addetti 297.000 293.000 290.000 287.000
n° aziende 36.400 36.580 36.250 35.850
fatturato medio 1.48 1.49 1.56 1.62
Fonte : Moda Industria dati in miliardi di £ *previsioni
Come si evince dalle tabelle 1.5 e 1.6 le esportazioni rivestono un ruolo
fondamentale per l’industria italiana della moda tanto essere state per il settore
dell’abbigliamento, anche grazie alla svalutazione della lira , una vera e propria ancora
di salvezza nella prima metà degli anni 90’. Per quanto riguarda le importazioni il loro
19
Capitolo Primo
andamento indica nell’ultimo triennio un aumento molto importante del 75.4%,
passando dai 7.980 miliardi del 1996 agli attuali 14.000 miliardi. Il saldo commerciale
ha ovviamente risentito di questo poderoso aumento, controbilanciato solo in parte
dall’aumento delle esportazioni ( 14.2%), incamminandosi lungo un sentiero
discendente con un calo del 13.1% nel periodo considerato. Il numero delle aziende, pur
in presenza di un continuo aumento del fatturato, è in calo, in special modo negli ultimi
due anni, con una diminuzione del 2% rispetto al massimo toccato nel 1997. Questo
calo ha favorito però l’aumento del fatturato medio per azienda passato da 1.48 miliardi
del 1996 agli attuali 1.62 miliardi, segnando forse l’inizio di un lungo percorso verso la
concentrazione delle imprese italiane della moda.
Tabella 1.6 - rapporto esportazione/produzione nel settore abbigliamento
Anni 1996 1997 1998 1999*
export/produzione 52.8% 54.6% 56.9% 60.1%
Fonte : Moda Industria *previsioni
Analizzando ora la tabella 1.6 possiamo capire a fondo l’importanza che rivestono i
clienti stranieri per le aziende italiane. Negli ultimi anni è sempre stata crescente la
quota di produzione esportata sino a giungere all’attuale 60.1% che testimonia
l’internazionalità del settore.
Dal 1997 anche la domanda interna ha ripreso a dare segni di risveglio sostenendo in
modo più robusto la crescita del fatturato delle imprese che iniziavano a risentire della
crisi asiatica (tab.1.7).
Tabella 1.7 - andamento dei consumi finali nazionali
Anni 1996 1997 1998 1999*
consumo finale 51.650 52.600 54.400 56.100
Fonte : Moda Industria in miliardi di £ *previsioni
Infatti dal 1996 la domanda è passata da 51.650 miliardi agli attuali 56.100 con aumenti
in base mobile rispettivamente del 1.8% nel 1997, del 3.4% nel 1998 ed infine del 3.1%
nel 1999.
20
Capitolo Primo
Ma non è tutto oro quello che luccica. Infatti la crescita dei consumi è stata in parte
soddisfatta dall’aumento delle importazioni che hanno fatto segnare un +75.4 rispetto al
1996 con produzioni di basso livello, sia dalla Francia che dalla Germania
8
(tab. 1.8).
Tabella 1.8 - rapporto importazioni/consumo apparente in Italia
Anni 1996 1997 1998 1999*
import/consumo apparente 24.7% 28.8% 33.5% 39.9%
Fonte : Moda industria *previsioni
Il confronto tra le tabelle 1.6 e 1.8 fa emergere un’interessante considerazione : infatti da
una parte notiamo che le nostre imprese sono sempre più “esterofile” dato che porzioni
sempre maggiori di produzione sono destinate a vendite oltre confine, dall’altra si nota
come i nostri concorrenti stranieri guadagnino fette sempre maggiori di domanda
interna, in special modo negli ultimi anni, da quando cioè non devono più fare i conti
con una Lira eccessivamente debole.
Tabella 1.9 - principali paesi fornitori del mercato italiano
PAESI DI ORIGINE Miliardi di £ % su import abbigliamento
Cina 863,4 10,4%
Romania 825,4 10%
Tunisia 704,8 8,5%
Francia 667,0 8%
Germania 391,5 4,7%
Belgio 388,4 4,6%
India 356,5 4,3%
Bangladesh 294,4 3,6%
Turchia 288,7 3,5%
Spagna 271,8 3,3%
Fonte : Moda Industria su elaborazioni ISTAT (periodo dal 09/97 al 09/98)
Analizziamo ora in dettaglio quali sono i principali paesi stranieri concorrenti
dell’Italia sul mercato nazionale, e quali invece sono i suoi principali clienti sul mercato
8
Modini C., Le istanze dell’industria, in “Fashion”, 1998, n°1255, p. 8
21
Capitolo Primo
internazionale. La tabella 1.9 illustra con dati aggiornati a settembre 1998 quali sono i
principali fornitori esteri del mercato italiano dell’abbigliamento, maglieria e calzetteria.
E ‘ estremamente interessante notare come i primi tre paesi
(Cina, Romania e Tunisia) siano paesi in via di sviluppo e assieme rappresentino il
28.9% del totale delle importazioni, mentre i primi tre paesi industrializzati (Francia,
Germania e Belgio) considerati nel loro complesso giungono appena al 17.3%, cioè a
circa la metà.
Particolare attenzione merita il fenomeno Cina che, se da un lato rappresenta un
temibile concorrente, dall’altro si configura come un mercato di sbocco molto
appetibile
9
. Nel mercato mondiale, infatti, il nostro paese mantiene la leadership,
soprattutto per quanto riguarda la creatività del prodotto e l’avanguardia dei processi,
anche se la tendenza per il futuro fa presagire un probabile sorpasso da parte della Cina
per quanto riguarda la quantità di capi esportati. La Cina , e tutta la zona del sud/est
asiatico, secondo il parere di numerosi esperti, rappresenterà il mercato del terzo
millennio con un notevole trasferimento di imprese in questo territorio
10
. Questo
fenomeno di trasferimento è favorito dal fatto che le tecnologie produttive
nell’abbigliamento sono essenzialmente “labour intensive” e per certi versi, di tipo
tradizionale, e possono essere portate in un paese, come la Cina, in cui esiste una cultura
secolare nel settore. La joint venture in loco sembra essere lo strumento che permette di
superare la competizione e la concorrenza con i produttori locali e, nel contempo,
consente di penetrare un mercato straniero altrimenti inaccessibile. Contro eventuali
comportamenti opportunistici va detto che dai casi noti in letteratura di collaborazioni in
estremo oriente è emerso come le competenze stilistiche, ma soprattutto tecniche legate
alla realizzazione di confezioni di qualità non sono facilmente acquisibili poiché sono
per loro stessa natura scarsamente codificabili ed in buona parte incorporate nelle
persone e nella cultura organizzativa delle imprese
11
.
Passiamo ora ad esaminare i dati relativi ai principali paesi stranieri clienti
dell’Italia per quel che riguarda l’industria dell’abbigliamento. La tabella 1.10 è, al pari
9
Vinelli A., Forza C., op. cit., 1996
10
Vinelli A., Forza C., op. cit., 1996
22
Capitolo Primo
della 1.9, aggiornata a settembre 1998 e mostra la destinazione delle esportazioni
dell’industria dell’abbigliamento, maglieria e calzetteria.
Tabella 1.10 - principali paesi clienti dell’industria italiana della moda
PAESI DI DESTINAZIONE Miliardi di £ % su export abbigliamento
Germania 3.969,5 18,9%
Francia 2.280,8 10,9%
Stati Uniti 2.175,8 10,4%
Regno Unito 1.423,7 6,8%
Giappone 1.411,4 6,7%
Svizzera 964,9 4,6%
Spagna 933,0 4,4%
Paesi Bassi 706,4 3,4%
Belgio 641,0 3,1%
Austria 516,8 2,5%
Fonte : Moda Industria su elaborazioni ISTAT (periodo dal 09/97 al 09/98)
Anche in questo caso notiamo come i primi tre paesi (Germania, Francia e Stati Uniti)
assorbano addirittura il 40,2% del totale delle esportazioni dell’industria italiana della
moda, mentre mancano totalmente esportazioni nei succitati paesi asiatici in via di
sviluppo fatta eccezione per una modesta quota di 440 miliardi (2,1% delle esportazioni)
verso Hong Kong (ora territorio della Cina) non compresa nei primi dieci paesi clienti
dell’Italia. Nel totale le esportazioni verso paesi europei raggiungono il 62% mentre il
restante 38% è destinato a paesi extra europei in particolare Giappone e Stati Uniti che
assieme assorbono il 17.1% della produzione italiana venduta all’estero.
Venendo infine alle proiezioni per il futuro
12
, si prevede un aumento della
domanda interna perché il clima di fiducia delle famiglie rimane su buoni livelli (ma la
previsione non tiene conto del recente conflitto nei Balcani).Tuttavia la percentuale di
reddito destinata ai consumi di vestiario si sta comunque posizionando su livelli più
europei, cioè attorno all’8%, rispetto al 10% dei primi anni 80’.
11
Camuffo A., Cappellari R., Forall Pal Zileri, Torino, ISEDI, 1997, p. 68
12
Modini C., op. cit.