4
INTRODUZIONE
Oggetto del presente lavoro è una parte del diritto processuale
penale che attiene al sistema probatorio con specifico riferimento ad
una delle parti eventuali del processo penale. La testimonianza della
parte civile è un tema che ha subito un’evoluzione storica special-
mente negli anni ’70, quando era ancora vigente il processo inquisi-
torio.
Il tema è stato anche oggetto di dibattiti congressuali a partire
dai più grandi processualpenalisti come Giandomenico Pisapia con
riguardo al rapporto tra azione civile e giudizio penale e
all’opportunità dell’inserimento dell’istituto della parte civile che
“costituisce un peso di fondo nello svolgimento del processo penale
fino ad assumere il ruolo di accusa privata
1
con il rischio di turbare
il normale equilibrio delle parti”
2
. Di tale posizione si fece interprete
il Carnelutti
3,
che non esitò ad escludere l’istituto della parte civile,
1
Cattaneo M.A., Il liberalismo penale di Montesquieu, Napoli, 2000, p. 44: nel ca-
pitolo VI dell’Esprit de lois Montesquieu, “filosofo della procedura”, paragonando il
processo penale alle forme di governo, prende in considerazione la funzione
dell’accusa nelle varie forme di governo. Egli ricorda che a Roma ogni cittadino
aveva la facoltà di accusare un altro; l’istituto dell’accusa privata ben si inquadra
nella repubblica, in cui “ogni cittadino deve avere uno zelo illimitato per il bene
pubblico, al contrario della monarchia in cui l’accusa è pubblica ma è parte del pro-
cesso”. Montesquieu considera conforme allo spirito della repubblica il processo
accusatorio allo stato puro, secondo il modello dell’antica Roma e di molte poleis
greche: un processo nel quale l’accusa può essere esercitata da quisque de popu-
lo.
2
AA.VV., La testimonianza nel processo penale, Atti del VI Convegno Enrico De
Nicola( Foggia-Vieste), Milano, 1974, p. 20
3
Carnelutti F., Principi del processo penale, Napoli, 1960, p. 53 , dopo aver os-
servato che il rito accusatorio mal si concilia con l'esercizio dell'azione civile in se-
de penale per il peso eccessivo che la presenza della parte civile può avere nel
processo penale, fino ad assumere la veste di una vera e propria accusa privata
turbando il normale equilibrio delle parti, sottolinea che data la profonda diffe-
renza strutturale tra processo civile e processo penale la presenza della parte civile
nel processo penale dà vita ad un ibrido, in cui i vantaggi sono minori degli svan-
taggi, imponendo accanto al problema dell'essere quello dell'avere; Conso G., In-
troduzione, in AA.VV., Nuovi profili nei rapporti tra processo civile e processo pe-
nale, XIVXV, il quale rileva che la "semplificazione avrebbe dovuto passare anche
attraverso l'esclusione dell'azione civile nel processo penale, mentre ciò è avvenu-
to solo in qualche rito alternativo"; Ghiara A., sub art. 74, in Commento al nuovo
5
incompatibile con la struttura del processo accusatorio puro, dibat-
tuto tra l’imputato e il pubblico ministero, in quanto essi hanno un
medesimo interesse, l’accertamento della verità e lo perseguono se-
condo due diverse valutazioni.
Il processo accusatorio è processo di parti bipartisan basato
sui principi dell’oralità, dell’immediatezza e della pubblicità, assenti
del tutto nel processo inquisitorio basato sulla figura del giudice i-
struttore. “Il processo accusatorio, continua Pisapia, è volto
all’accertamento della verità e ha come fondamentale esigenza quel-
la di ristabilire un equilibrio tra le parti”
4
. Tra i vari dibattiti con-
gressuali merita di essere citato il discorso dell’Onorevole Valiante
che recita: “Se il processo penale è restaurazione di un ordine viola-
to, il primo diritto è quello della persona offesa dal reato”
5
.
Si vedrà
nel corso del lavoro che l’istituto della parte civile è opportuno a se-
conda che venga adottato il sistema dell’unione o della separazione
dei giudizi. La Costituzione e allo stesso modo la CEDU all’art. 6 ga-
rantiscono i diritti dell’imputato, primo fra tutti il diritto di difesa e
la presunzione di innocenza, mentre ben poco si dice dei diritti della
persona offesa, che vengono fatti valere dallo Stato attraverso il
Pubblico Ministero avente nel processo inquisitorio il monopolio
dell’azione penale. E poiché la parte civile ha un interesse personale
all’esito del processo, cosicché con il processo accusatorio si ha un
processo fondato sulla dialettica delle parti, “se è sacro il diritto di
difesa dell’imputato, lo è altrettanto quello della persona offesa”
6
.
codice di procedura penale, a cura di Chiavario M., p. 362; Malinverni A., Princi-
pi del processo penale, Torino, 1972, che ricorda come l'istituto della parte civile è
sorto quando si è sviluppato il procedimento inquisitorio trovando in questo legit-
timazione e ragioni di conferma
4
Pisapia G., Relazione introduttiva al VI Convegno di studio E. De Nicola sul tema
Azione civile e processo penale, in AA. VV, La testimonianza nel processo penale,
Milano, 1974, p. 3
5
On. Valiante, intervento al Convegno su Azione Civile e processo penale, ivi, p.7
6
Dominioni O., La testimonianza della parte civile, Milano, 1974, p. 3
6
La testimonianza della parte civile è stata soggetta a dubbi di
illegittimità costituzionale per contrasto con il principio di ugua-
glianza e con il diritto di difesa in numerose ordinanze della Corte
7
sia durante il periodo di vigenza del Codice Rocco del ‘30 sia con
l’avvento del Codice Vassalli del 1988 ed è stata portata anche
all’attenzione dei giudici di merito
8
. Si prenda ad esempio
l’ordinanza 190/1971 del Pretore di Iseo in cui gli articoli posti in
discussione sono gli artt. 106, 350, 447 co. 2, 408 c.p.p. abrogato e
l’art. 246 c.p.c. laddove quest’ultimo non consente alle parti neces-
sarie del processo civile la compatibilità della posizione di parte con
l’ufficio di testimonio, mentre nel processo penale vi è l’obbligo te-
stimoniale a carico della persona offesa dal reato, che nello stesso
giudizio penale si sia costituita parte civile per la tutela del diritto
alle restituzioni od al risarcimento del danno. Ciò sembra contrasta-
re con il diritto di difesa e con il principio d’uguaglianza (art. 3 e 24
Cost.)
9
.
Il codice di procedura penale del 1988 ha introdotto nel nostro
ordinamento il processo penale di stampo accusatorio, abbando-
nando, di conseguenza, quello di tipo inquisitorio, con evidenti ri-
flessi sui rapporti tra processo penale e processo civile e azione civi-
le riparatoria e processo penale
10
e con evidenti riflessi anche sulla
disciplina della prova testimoniale, che costituisce da sempre “la
spina dorsale di ogni sistema probatorio”
11
. La soluzione della pro-
blematica può essere diversa a seconda che si sposi l’indirizzo fran-
7
Corte Cost., 30 novembre 1971, n. 190, in Giur. Cost., 1971, p. 2227; Corte
Cost., 1 febbraio 1973, n. 2, in Giur. Cost., 1973, p. 4; Trib. Bergamo, 4 dicembre
1970 in Giur. Cost., 1971, p. 909
8
Pret. Reggio Calabria, 13 gennaio 1999, Rodà, in Giur. It., 1999, p. 1494 nota
Scuderi F. ; Pret. Iseo, 9 dicembre 1969, in Giur. Cost.,1970, p. 864; Pret. Mogo-
ro, 15 maggio 1970, in Giur. Cost., 1970, p. 1861
9
Tonini P., L’oggetto della testimonianza della parte civile e della persona offesa,
in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 1970, p. 2666
10
Strina E. - Bernasconi S., Persona offesa -parte civile, Milano, 2001, p. 194
11
De Cataldo Neuburger L., Testimoni e testimonianze deboli, Padova, 2006, p. 72
7
cese fondato sulla prevalenza dell’azione civile sul processo penale
ovvero si preferisca il modello anglosassone dell’assoluta indipen-
denza dei due processi. Il codice di procedura penale del 1930 era
rigorosamente improntato allo schema francese, avente come prin-
cipi informatori quello della unitarietà della giurisdizione, le esigen-
ze di economia e speditezza dei giudizi e quello dell'efficacia erga
omnes della sentenza penale. In particolare, il principio dell'unità
della giurisdizione
12
rappresentava il cardine dell'intero sistema: il
diritto ha lo scopo di dare certezza ai rapporti giuridici, per cui il bi-
sogno di Giustizia non può essere soddisfatto da pronunce tra loro
confliggenti, come nell'ipotesi in cui per il medesimo fatto un sogget-
to venga assolto dal giudice penale e invece condannato da quello
civile. Pertanto, lo ius dicere, la giurisdizione, deve essere unica,
perché unica, e non duplice, deve essere la Giustizia.
Ciò comportava varie conseguenze: innanzitutto, la pregiudi-
zialità del giudizio penale nei confronti del processo civile e ammini-
strativo, con l’obbligo della sospensione del giudizio civile, ammini-
strativo e disciplinare, se fosse stata promossa l’azione penale per
un fatto che influiva sulla loro decisione (art. 3 c.p.p. abr.). In se-
condo luogo, era prevista l’autorità del giudicato penale sui giudizi
civili e amministrativi, in relazione all’accertamento dei fatti mate-
riali. Infine, era prescritta l’autorità del giudicato civile nel giudizio
penale, soltanto quando la decisione sull’esistenza di un reato di-
pendeva dalla risoluzione di una controversia sullo stato delle per-
sone (art. 21 c.p.p. abr.).
12
La Relazione al Progetto Preliminare chiamava il principio "teoricamente esat-
to", anche se da non applicare "con pedantesca meticolosità", per evitare "i gravi
inconvenienti già lamentati nell'applicazione del codice in vigore". Riserve, peral-
tro, dettate esclusivamente in vista di determinare le tipologie di formule di pro-
scioglimento preclusive dell'esercizio dell'azione civile in sede propria, operando il
principio nella sua massima espansione nella previsione dell'efficacia ultra rem ed
ultra partes del giudicato penale quanto all'accertamento dei fatti materiali.
8
Inoltre, gli artt. 25, 27, 28 c.p.p abr., in ossequio al medesimo
principio, avevano sancito l’efficacia erga omnes delle sentenze pe-
nali. L’art. 25, infatti, stabiliva che l’azione civile non poteva essere
proposta, né proseguita o riproposta dinnanzi al giudice civile o
amministrativo, ogni volta che fosse stata emessa, a seguito di giu-
dizio, sentenza penale di assoluzione che dichiarasse “che il fatto
non sussisteva” o “che il fatto non era stato commesso
dall’imputato” oppure “che non era sufficiente la prova del fatto o
che l’imputato lo avesse commesso”.
L’art. 27, c.p.p. invece, dichiarava l’efficacia vincolante nel
giudizio civile o amministrativo per il risarcimento dei danni della
sentenza irrevocabile di condanna, della sentenza irrevocabile pro-
nunciata in giudizio nei confronti di individui minorenni, con la
concessione del perdono giudiziale, e del decreto di condanna dive-
nuto esecutivo, per quanto concerneva la sussistenza del fatto, la
sua illiceità e la responsabilità dell’imputato.
Infine, l’art. 28 c.p.p stabiliva che la sentenza penale irrevocabile di
condanna o di proscioglimento pronunciata a seguito di dibattimen-
to, nonché il decreto penale irrevocabile avessero autorità di giudi-
cato nei giudizi civili o amministrativi, non aventi ad oggetto la resti-
tuzione o il risarcimento dei danni, nei quali si controverteva un di-
ritto, il cui riconoscimento dipendeva dall’accertamento di fatti ma-
teriali che erano stati oggetto del processo penale
13
.
La Corte costituzionale con la sentenza 22 marzo 1971, n. 55
aveva dichiarato l’illegittimità dell’art. 28 c.p.p. abr. nella parte in
cui disponeva che nel giudizio civile o amministrativo l’accertamento
dei fatti materiali oggetto di un processo penale fosse vincolante an-
che nei confronti dei soggetti rimasti estranei al giudizio stesso, in
13
Cremonesi L., Pregiudizialità e rapporti tra processo penale e processo civile, in
Giust. Pen.,1993, p. 585
9
quanto non posti in condizione di intervenirvi
14
. In seguito, con la
sentenza 27 giugno 1973, n. 99, aveva dichiarato l’illegittimità costi-
tuzionale dell’art. 27 c.p.p. abr., nella parte in cui disponeva che nel
giudizio civile o amministrativo la pronuncia del giudice penale a-
vesse autorità di cosa giudicata anche nei confronti del responsabile
civile rimasto estraneo al processo penale in quanto non posto in
condizioni di parteciparvi
15
. Infine, con la sentenza 26 giugno 1975,
n. 175 aveva dichiarato la parziale illegittimità dell’art. 75 c.p.p.
abr., nella parte in cui disponeva l’operatività del vincolo ivi previsto
anche nei confronti di soggetti rimasti estranei al giudizio penale
perché non legittimati a costituirsi parte civile o, comunque, di fatto
non posti in grado di parteciparvi
16
. Tali soggetti, che non avevano
potuto fare valere le proprie ragioni nel processo penale, vedevano
vanificato il proprio diritto di difesa anche nel processo civile.
Dal confronto delle disposizioni del codice abrogato con quelle corri-
spondenti del c.p.p. del 1988, emerge l’adeguamento della nuova
normativa alle sentenze della Corte costituzionale. La Corte ha valu-
tato che “rispetto al c.p.p. previgente si è abbandonata la soluzione
che privilegiava la giurisdizione penale, in coerenza con il sistema
del rito accusatorio”
17
, mirato all’accertamento del fatto-reato e sco-
raggiando anche la partecipazione del danneggiato dal reato al pro-
cesso penale, in coerenza con il sistema del rito accusatorio" (sen-
tenza n. 192 del 1991), dall'altro ha ribadito che " la garanzia di po-
ter agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legitti-
mi, sancita dall'art. 24 Cost., non eleva a regola costituzionale quel-
la del simultaneus processus" (sentenza n. 60 del 1996).
In ordine ai rapporti tra processo penale e processo civile, di
grande importanza è il problema della efficacia della sentenza pena-
14
Corte Cost.,20 marzo 1971, n. 55, in Foro It, 1971, p. 824
15
Corte Cost.,27 giugno 1973, n. 99, in Foro It, 1973, p. 2009
16
Corte Cost.,26 giugno 1975, n. 165, in Foro It, 1976, p. 36
17
Corte Cost.,23 dicembre 1997, n. 433, in Dir. Pen. Proc.,1998, p. 288
10
le irrevocabile nel giudizio civile o amministrativo di danno.
L’art. 651 c.p.p., in ordine all’efficacia alla sentenza penale di
condanna nel giudizio civile o amministrativo di danno, ha stabilito
che la sentenza penale irrevocabile di condanna pronunciata in se-
guito a dibattimento “ha efficacia di giudicato quanto
all’accertamento dellasussistenza del fatto, della sua illiceità penale
e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, nel giudizio civile
o amministrativo di danno promosso nei confronti del condannato e
del responsabile civile che sia stato citato o sia intervenuto nel pro-
cesso penale. La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di con-
danna pronunciata a norma dell’art. 442 c.p.p. (giudizio abbreviato),
salvo che vi si opponga la parte civile che non abbia accettato il rito
abbreviato”. Le innovazioni consistono nel fatto che l’efficacia vinco-
lante è attribuita unicamente alla sentenza penale di condanna e
non più al decreto penale di condanna e alla sentenza irrevocabile di
concessione del perdono giudiziale.
L’art. 652 c.p.p., nel disciplinare l’efficacia di giudicato della
sentenza penale di assoluzione pronunciata a seguito di dibattimen-
to nel processo civile o amministrativo di danno, prevede l’effetto
vincolante “quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o che
l’imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto
nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legitti-
ma, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni ed il risar-
cimento del danno promosso dal danneggiato che si sia costituito o
sia stato posto nelle condizioni di costituirsi parte civile nel processo
penale, salvo che il danneggiato dal reato abbia esercitato l’azione in
sede civile a norma dell’art. 75 c.p.p., co. 2.
La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di assoluzione
pronunciata a norma dell’art. 442 c.p.p., se la parte civile ha accet-
tato il rito abbreviato. Nel caso in cui il danneggiato abbia esperito
l’azione civile dopo essersi costituito parte civile nel processo penale,
11
non soltanto avrà efficacia di giudicato la sentenza penale irrevoca-
bile di assoluzione, ma verrà inoltre sospeso il processo civile. Se,
invece, l’azione civile è stata esercitata per la prima volta davanti al
giudice civile e prima della sentenza penale irrevocabile di assolu-
zione senza essere trasferita in sede penale, essa non avrà alcuna
efficacia vincolante nei confronti del processo civile. La ratio di tale
disciplina è di impedire che il danneggiato dal reato possa decidere
in maniera strumentale il momento e la sede più opportuni per
l’esercizio dell’azione risarcitoria
18
.
18
Lozzi G., Lezioni di procedura penale, Torino, 2004, p. 128
12
CAPITOLO I: I SOGGETTI
1.1 La parte civile e le altre parti nel processo penale
“È un’esperienza eterna che qualunque uomo, che ha un de-
terminato potere, è portato ad abusarne(…)Perché non si possa a-
busare di un potere, bisogna che per la dispersione delle cose, il po-
tere arresti il potere”
19
: l’insegnamento di Montesquieu, fedele so-
stenitore del principio della separazione dei poteri dello Stato, con-
tiene la medesima finalità a cui adempie il sistema della divisione
delle funzioni nell’attuale processo penale; essa tende ad evitare che
l’uso di un potere degeneri in abuso. Nel sistema accusatorio fonda-
to sul principio dialettico
20
, i poteri di ricerca, ammissione, assun-
zione e valutazione della prova devono essere divisi tra il giudice,
l’accusa e la difesa in modo che nessuno di essi ne abusi
21
. Privile-
giando l’interesse pubblicistico del processo penale all’accertamento
della verità, si ritiene che essa possa meglio venire a galla se le fun-
zioni processuali sono ripartite tra soggetti aventi interessi contrap-
posti. Ad un giudice imparziale spetta decidere sulla base di prove
ricercate dall’accusa e dalla difesa
22
.
19
Montesquieu C.L., Lo spirito delle leggi, Ginevra, 1748, libro I, cap. IV, trad. it.,
Milano, 1989
20
Per Calamandrei la dialettica del processo assomiglia alla dialettica parlamen-
tare. La pluralità delle parti assomiglia alla pluralità nella lotta politica. Come
dall’urto delle parti politiche nascono le leggi, così dal contraddittorio delle parti
processuali nascono le sentenze. Il processo è un dialogo, una conversazione, fat-
ta di ragionamenti, di persuasioni, fra il giudice e l’avvocato. Non è un caso che in
molte città il Palazzo di giustizia si chiamasse “Palazzo della Ragione”. Il principio
fondamentale del processo e la sua garanzia suprema è il contraddittorio: il che
significa che la volontà del giudice non è mai una volontà sovrana, ma è sempre
condizionata dalla volontà e dal comportamento delle parti. Al contrario, nel pro-
cesso penale cosiddetto inquisitorio – che è sopravvissuto nel nostro ordinamento
e nel nostro costume – le parti sono sostanzialmente elementi figurativi e il giudi-
ce è tutto.
21
Tonini P., La prova penale, Padova, 1999, p. 3
22
Siracusano D., Diritto processuale penale, Milano, 2004, p. 47
13
L’essenza dell’attuale “processo ad impronta programmatica-
mente accusatoria” si può cogliere nella contesa tra due parti, net-
tamente contrapposte, accusatore e accusato, risolta da un organo
al di sopra di entrambe”, dunque processo di parti bipartisan
23
.
Il concetto di “parte” è delineato in dottrina con riferimento a
quei soggetti “il cui agire, in un quadro di ricerca della verità è o-
rientato alla disputa e, quindi al successo di una tesi”, i quali ri-
chiedono una decisione giurisdizionale in accoglimento di essa”. Du-
rante la vigenza del c.p.p. Rocco la dottrina è venuta elaborando in
tema di parti processuali un ricco apparato di classificazioni e di
concetti normativi che permette di capire il mutare dei problemi del
processo penale. Una prima teoria definiva la parte come “la situa-
zione giuridica subbiettiva costituente materia del processo”
24
. Tale
categoria ricomprende i soggetti che secondo l’ipotesi enunciata con
l’imputazione hanno inferto o sofferto la lesione penale; tale concet-
to va tenuto distinto dal termine “ufficio processuale”, che denota i
soggetti titolari di poteri processuali. Questi due concetti vanno te-
nuti distinti affinché non si confondano ”le persone nei confronti
delle quali si fa il processo”
25
con le persone che fanno il proces-
so”
26
. Secondo questa concezione l’imputato è parte nel processo,
23
Il principio di parità tra accusa e difesa trova piuttosto esplicazione nei diversi
meccanismi previsti nelle varie fasi del procedimento per dare piena attuazione al
diritto di difesa, tra cui le investigazioni difensive disciplinate dall'art. 38 delle di-
sposizioni di attuazione del codice di procedura penale, espressamente finalizzate
all'esercizio del diritto alla prova (e alla controprova), e i poteri di acquisizione
probatoria del giudice nel caso di inerzia o negligenza delle parti (artt. 422 e 507
c.p.p. rispettivamente in sede di udienza preliminare e di dibattimento), poteri
qualificati da questa Corte come sostitutivi, ma "non eccezionali", (sentenze n.
190 del 1991 e n. 111 del 1993); Corte Cost., 11 aprile 1997, n. 96, in Giust.
Pen., 1997, p. 442
24
Foschini G., Sistema del dir. proc. Pen., Milano, 1965, p. 88: a parte non è un
soggetto processuale, bensì oggetto, materia del processo
25
Foschini G., op. cit, Milano, 1965, p. 88; Dominioni O., Le parti nel processo
penale: profili sistematici e problemi, Milano, 1985, p. 13, v. Dominioni O., Parte
(Voce) in Enc.dir., vol. XXXI, Milano,1981, p. 961.
26
Più completa è la nozione fornita da Florian E., Diritto processuale penale, To-
rino, 1939, p. 99: “parte è colui che nel processo penale deduce o contro il quale nel
processo viene dedotto un rapporto di diritto sostanziale,come ad oggetto dello
14
per il solo fatto che con l’imputazione gli è ascritta la responsabilità
del reato
27
. Questa teoria va abbandonata in quanto il concetto di
parte
28
processuale veniva applicato anche nel processo di stampo
inquisitorio, basato sul principio di autorità del giudice istruttore
facendo coincidere la parte processuale con l’ufficio processuale:
l’imputato dovrebbe esservi qualificato come parte, ma non costitui-
rebbe un ufficio processuale. L’analisi del concetto di parte va con-
dotta tenendo conto della nozione processuale, secondo la quale
parte “è colui che tende ad una decisione giudiziale di fronte a un
altro soggetto, ed è colui di fronte a cui tale decisione giudiziale vie-
ne chiesta”
29
.
“Il c.p.p. del 1930 processuale abbandonando il processo a
parte unica giustapponeva la parte pubblica (pubblico ministero) al-
le parti private (imputato, parte civile, civilmente obbligato per
l’ammenda e responsabile civile).
Con riferimento all’indagato, al quasi imputato e al pubblico
ministero nella fase delle indagini preliminari che raccolgono il ma-
teriale probatorio utile per suffragare le proprie domande davanti al
giudice, esse figurano come parti potenziali in vista dell’assunzione
di qualifica di parti effettive: i poteri e le facoltà di cui è investito
l’indagato sono funzionali alle indagini preistruttorie e agli atti che
ne costituiscono l’epilogo, (promovimento dell’azione penale o decre-
to di archiviazione). Secondo tale assetto sono disciplinate anche le
stesso,in quanto sia munito delle correlative facoltà processuali necessarie per farlo
valere o rispettivamente per oppugnarlo”.
27
Dominioni O., op.cit., Milano, 1985, p. 7
28
Nella Relazione ministeriale sul Prog. Prel. del c.p.p.: “Quando il codice usa il
termine parti si comprende oltre l’imputato, la persona civilmente obbligata per
l’ammenda, il responsabile civile e la parte civile, il Pubblico Ministero, ove questo
non venga escluso esplicitamente o implicitamente da una disposizione particola-
re.
29
Dominioni O., op.cit., Milano, 1985, p. 13: La concezione di parte in senso so-
stanziale è individuata in “colui che si presenta in giudizio per chiedere in proprio
nome, o nel cui nome è demandata l’attuazione della volontà della legge, e colui di
fronte al quale essa è domandata”.
15
parti legittimate a costituirsi parti civili, quali il danneggiato, il re-
sponsabile civile e il civilmente obbligato per l’ammenda.
Parlando di parte come del soggetto che prospetta una propria
tesi di cui si chiede al giudice l’accoglimento ed escludendovi il giu-
dice che pronuncia la decisione ed è organo al disopra delle parti,
iudex super partes
30
, il riferimento sarà in primis al pubblico mini-
stero. Ricorre anche con frequenza in dottrina la distinzione delle
parti del processo fra parti necessarie ed eventuali potendo il pro-
cesso prescindere da queste ultime. “Il processo non può esserci
senza almeno due parti”, quali imputato e pubblico ministero.
Il nuovo Codice di procedura penale ha voluto inquadrare il
magistrato del Pubblico Ministero per comodità PM in un’ottica di
parte (pubblica) processuale, come coprotagonista del contradditto-
rio dialettico tipico del cosiddetto processo accusatorio. Ricordo co-
me con la legge Carrotti di riforma del Giudice unico e la legge sulle
investigazioni difensive n. 397/2000 il nostro processo abbia cam-
biato volto, ma non si sia ancora raggiunta una completa parità di
parti tra accusa e difesa, si tende a evitare il dibattimento; il Pubbli-
co Ministero e parallelamente il difensore hanno già poteri nella fase
anteriore delle indagini. Il principio è quello della necessaria com-
pletezza delle indagini. Con la legge 479/1999 l’intendimento del le-
gislatore ad assicurare “una giustizia più rapida ed efficace ma an-
che più rispettosa delle garanzie processuali delle parti” viene per-
seguito privilegiando le definizioni del processo in fase preliminare e
riducendo così il numero di giudizi dibattimentali ove si verificano,
più che in ogni altra fase, i tanto vituperati ritardi nella definizione
del processo; ciò in ottemperanza del principio costituzionale della
ragionevole durata del processo. Lo spostamento del punto nevralgi-
co del processo penale nella fase preliminare ha reso necessario
30
Siracusano D.,op.cit., Milano, 2004, p. 47
16
l’introduzione, in tale fase, di una serie di regole attuative del prin-
cipio del contraddittorio, regole che costituiscono correttivi volti a
compensare il maggiore tasso di inquisitorietà acquisito dal proces-
so penale. La nuova formulazione dell’art. 369 bis c.p.p., introdotto
dall’art. 19 della legge 6 marzo 2001 n. 60, che obbliga il Pubblico
ministero ad informare la persona sottoposta alle indagini del suo
diritto di difesa e l’introduzione della disciplina delle indagini difen-
sive nel codice nel titolo VI bis del libro V, costituiscono esempi della
volontà del legislatore di voler applicare il principio del contradditto-
rio all’intero procedimento penale.
Nel nostro ordinamento vige il regime della separazione delle
carriere tra giudice e PM. Il ruolo del pubblico ministero si presenta
come un organo statuale, in veste di parte pubblica
31.
La qualifica di
parte puntualizza “la più netta distinzione tra quest’organo e il giu-
dice
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; si tratta di sfuggire alla “giurisdizionalizzazione” del PM, in
modo che gli vengano conferiti poteri diversi dal giudice. Si è parlato
talora di parte imparziale, e la norma trova una conferma normativa
nell’art. 52 c.p.p. L’art. 52 del c.p.p. prevede per il pubblico ministe-
ro la facoltà di astenersi quando esistono "gravi ragioni di conve-
nienza, ma non essendo giudice non è soggetto a ricusazione. Tra i
compiti più importanti il PM è l’organo di promovimento dell’azione
penale, è titolare del diritto alla prova ex art. 190 c.p.p. e ha l’onere
di persuadere il giudice circa la colpevolezza dell’imputato. È il pri-
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La Suprema Corte (Sezioni Unite n. 106 del 26 febbraio 1999) ha affermato che
il pubblico ministero, nel processo penale, ha il ruolo di "parte pubblica", tenuta,
perché tale, ad agire esclusivamente in funzione del perseguimento dei fini istitu-
zionali assegnatile dall’ordinamento; pertanto egli ha il dovere di essere e di fare
tutto il necessario per apparire imparziale, sostanziandosi tale dovere nell’obbligo
di comportarsi in modo da rendere indubitabile che l’azione da lui svolta non sia
influenzata da interessi o risentimenti personali.
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Come più volte affermato dalla Corte Costituzionale il Pubblico Ministero è al
pari del giudice, soggetto soltanto alla legge e si qualifica come "un magistrato ap-
partenente all'ordine giudiziario collocato come tale in posizione di istituzionale in-
dipendenza rispetto ad ogni altro potere", che "non fa valere interessi particolari ma
agisce esclusivamente a tutela dell'interesse generale all’'osservanza della legge"
(sentenze nn. 190 del 1970, 96 del 1975, 88 del 1991 della Corte costituzionale).