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PREFAZIONE
L’arco rappresenta nella storia la forma strutturale di maggiore efficienza
statica, in quanto sopporta i carichi verticali attraverso un meccanismo
resistente nel quale risulta predominante lo sforzo normale di compressione.
Nei ponti ad arco a spinta eliminata l’impalcato è situato all’altezza delle
imposte dell’arco e i carichi che gravano sull’impalcato vengono trasferiti
all’arco per mezzo di elementi di sospensione, chiamati pendini, che collegano
le due strutture. Tali pendini creano una collaborazione tra i due elementi
strutturali principali. Questa collaborazione è importante per far fronte alle
azioni variabili da traffico che provocano un aumento delle sollecitazioni
flettenti sull’arco, ma anche sull’impalcato. In quest’ottica si potrebbe quindi
operare sulle pretensioni dei pendini per modificare il comportamento di tutta
la struttura sia nelle fasi di costruzione che nelle fasi di esrcizio. Determinare
una sequenza di tesatura dei cavi, per raggiungere un comportamento ottimale,
risulta quindi essere una problematica sicuramente interessante.
È proprio su quest’aspetto che la seguente tesi si basa, presentando una
procedura di ottimizzazione per la determinazione delle pretensioni nel caso
dei ponti ad arco a spinta eliminata in calcestruzzo e di applicarla e
generalizzarla su dei modelli di ponti con diverse caratteristiche.
Nel primo capitolo della tesi si parla dell’evoluzione dei ponti ad arco nella
storia facendo riferimento ai materiali, alle tecniche costruttive e alle
conoscenze teoriche che si sono sviluppate nel tempo. Si fa una classificazione
delle varie tipologie di ponti ad arco esistenti, descrivendo per ogni tipologia
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le caratteristiche dal punto di vista statico e dal punto di vista morfologico.
Inoltre vengono elencate le più importanti metodologie costruttive utilizzate
per la realizzazione di tali strutture, partendo da quelle utilizzate in passato
fino a parlare delle tecnologie più moderne.
Nel secondo capitolo si concentra l’attenzione sullo studio dei ponti ad
arco a spinta eliminata, la cui terminologia anglosassone è bowstring, adatti
sia per le strutture metalliche che per quelle in calcestruzzo armato. Vengono
approfondite le tematiche relative alle nuove tecnologie utilizzate per la
costruzione, ai principi statici e al funzionamento globale di queste strutture
nelle fasi di esercizio. Si fa inoltre un cenno delle più recenti evoluzioni di
schemi strutturali dove si combina la struttura ad arco con le passerelle
pedonali a banda tesa. Infine si parla dell’influenza dei fenomeni lenti nel
tempo nei ponti ad arco in calcestruzzo.
Il terzo capitolo è stato dedicato alla descrizione dei fondamenti teorici
della statica dell’arco nelle sue varie configurazioni e del comportamento
statico del sistema combinato arco-trave. Nella parte finale dello stesso
capitolo si approfondisce lo studio del comportamento strutturale dei ponti ad
arco a spinta eliminata con varie disposizioni degli elementi di sospensione
facendo un accenno pure alla tipologia dei ponti “Network”.
Nel quarto capitolo viene illustrata la procedura proposta per la
determinazione delle pretensioni da dare ai cavi di sospensione nei ponti ad
arco a spinta eliminata che si basa sul metodo delle deformazioni imposte.
Negli ultimi due capitoli vengono illustrate le applicazioni numeriche della
procedura proposta su due modelli di ponte bowstring con luce e
configurazione geometrica differente.
Nell’ultima parte della tesi sono state fatte alcune considerazioni sulla
metodologia proposta, in funzione dei risultati ottenuti dalle applicazioni
numeriche.
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CAPITOLO 1
L’EVOLUZIONE E LA STRUTTURA
DEI PONTI AD ARCO
1.1 Introduzione
La realizzazione di ponti ad arco risale a tempi antichissimi; esistono resti
archeologici di conci in pietra di ponti ad arco risalenti alla civiltà dei Sumeri
in Mesopotamia, intorno al 2000 a.C.. Gli storici dell’architettura concordano
sull’ipotesi che in Europa siano stati gli Etruschi i primi ad utilizzare la
struttura ad arco, in Italia attorno all’800 a.C. Il ponte ad arco era inteso come
una struttura in cui i segmenti di pietra sono disposti in senso radiale. Né gli
egizi né i greci utilizzarono l’arco nelle loro costruzioni, anche se ci sono
documenti che dimostrano che ne erano a conoscenza. È nell’architettura
romana che l’arco trova il suo primo periodo di grande diffusione e diventa il
principale metodo di costruzione dei ponti e ciò prosegue fino al XVIII secolo.
Grazie alla messa a punto di murature con malte molto resistenti, i Romani lo
Gianvito D.S.-La tesatura degli elementi di sospensione nei ponti ad arco a spinta eliminata in calcestruzzo
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utilizzarono per opere grandiose tutt'ora perfettamente conservate. Se
facciamo riferimento alla civilizzazione delle culture mesopotamiche, che
sorsero nella regione tra le rive del Tigri e dell’Eufrate, ci si accorge che la
costruzione di ponti ad arco si sviluppò relativamente tardi, diffondendosi
solamente in epoca romana dal 700 a.C. (Santiago P., Fadòn. M., 2004). I
principi fondamentali delle costruzioni ad arco sono stati conosciuti e utilizzati
con successo per secoli. Magnifici archi in pietra costruiti sotto la direzione di
ingegneri dell’antico impero Romano sono ancora in servizio dopo 2000 anni,
come supporti per acquedotti ed importanti strade. Uno dei maggiori esempi è
il Pont du Gard, costruito come parte del sistema di approvvigionamento
idrico per la città di Nimes, in Francia (Fig.1.1), costituito da archi sovrapposti
di 24 metri di luce e un’altezza totale di 47 metri (Fernàndez Troyano, 2005).
Gli archi multipli venivano costruiti utilizzando una sola centina, che
veniva smontata e rimontata per realizzare l’arco successivo. Il cedimento di
un arco non comprometteva la statica dell’intera struttura e la pila doveva
essere molto spessa per poter resistere alla spinta asimmetrica cui era
sottoposta durante la costruzione. Un altro esempio di configurazione ad
arcate multiple è rappresentata dal ponte di Alcàntara sul fiume Tago, con
archi di 28,8 metri di luce e con un’altezza totale di 47 metri. I romani
riuscirono a raggiungere anche luci considerevoli come nel caso del ponte di
Narni sul fiume Nera costituito da un arco di 32 metri di luce. Nel periodo
Figura 1.1 Il Pont du Gard, Francia
Capitolo 1. L’evoluzione e la struttura dei ponti ad arco
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Medievale venne costruito il ponte di Trezzo sull’Adda con una luce di 72
metri e successivamente vennero realizzati molti altri ponti ad arco in pietra,
ma che tuttavia non possedevano la perfezione geometrica di quelli romani
(Fernandez Troyano, 2005). Una delle caratteristiche peculiari dei ponti
medievali è il profilo a schiena d’asino dove il vertice delle due rampe è
situado al di sopra dell’arco principale come per esempio nel ponte della
Maddalena, sul fiume Serchio vicino Lucca (Fig.1.2).
I ponti ad arco in pietra hanno attraversato varie fasi nel corso della storia:
ponti ad arco romani, ponti ad arco medievali, i ponti all’età del Rinascimento
e i ponti ad arco dell’età moderna. Nel Rinascimento si utilizzarono piu’
frequentemente archi ellittici policentrici e archi scemi con profilo
ribassato.Tra i ponti dell’età Moderna (costruiti tra il XVI e il XVIII secolo)
ricordiamo il Ponte della Concordia sul fiume Senna a Parigi costituito da
cinque archi, progettato da J.R. Perronet, costruito tra il 1787 e il 1791 e
ancora oggi in uso (Fig.1.3). Il XVIII secolo rappresenta il momento storico in
cui l’approccio alla costruzione dell’arco in pietra avviene in modo più
razionale. Perronet introdusse una serie di innovazioni nei ponti in pietra che
determinarono un’autentica rivoluzione nella loro costruzione, come la
diminuzione dell’ampiezza delle pile, l’incremento considerevole del
ribassamento degli archi e l’utilizzo di archi con un solo centro (Fernandez
Troyano, 2005)
Figura1.2 ponte della Maddalena sul fiume Serchio, vicino Lucca
Gianvito D.S.-La tesatura degli elementi di sospensione nei ponti ad arco a spinta eliminata in calcestruzzo
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La pietra fu il materiale da costruzione principale per archi fino a circa due
secoli fa. Una svolta molto incisiva nello sviluppo di queste opere fu impressa
dalla rivoluzione industriale, allorché furono disponibili i materiali ferrosi nel
campo delle opere civili e nella realizzazione delle ferrovie: la ghisa, il ferro e
poi l’acciaio, resistente a trazione, liberarono i progettisti dall'unico schema
fino ad allora possibile per ponti di grande importanza, cioè la struttura ad
arco. Lo sviluppo successivo dei ponti fu anche dovuto alla padronanza
aquisita dagli ingegneri nel calcolo teorico delle strutture attraverso la
resistenza dei materiali e la teoria delle strutture, che consentì loro di
comprenderne il meccanismo resistente (Fernandez Troyano, 2005).
La realizzazione della ferrovia, con la sua rigidità di tracciato, richiese
grandi luci per superare ostacoli che fino ad allora, con la trazione animale,
erano stati parzialmente limitati. I rilevanti progressi nel campo dei ponti
metallici continuarono per tutto il secolo scorso, durante il quale furono
impostati tutti i temi ripresi nelle grandi opere in acciaio del Novecento.
Nel 1779, fu costruito il primo ponte ad arco in metallo di 32 metri di luce.
Costruito in ghisa, ha permesso il transito dei veicoli sulla valle del fiume
Severn, a Coalbrookedale, in Inghilterra (Fig.1.5). Il ponte è ancora in servizio
ma è ora limitato al traffico pedonale. In seguito, molti ponti in ferro o in
acciaio vennero costruiti successivamente. Tra questi l’Eads Bridge, con tre
Figura 1.3 Ponte della Concordia, Parigi
Capitolo 1. L’evoluzione e la struttura dei ponti ad arco
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campate ad arco in acciaio tubolare, 502, 520, e 502 m di luce, sul fiume
Mississippi a St. Louis (Fig.1.4). Anche se è stato completato nel 1874, porta
ora quotidianamente grandi volumi di traffico autostradale e ferroviario su due
differenti livelli, costituiti da piattaforme che gravano sugli archi tramite
elementi verticali di collegamento. Tale ponte fu costruito, usando un
procedimento innovativo a quei tempi per la costruzione dell’arco, che
consisteva nella costruzione degli archi per sbalzi successivi compensati a
partire dalle pile, sostenendo provvisoriamente i semiarchi con dei tiranti fino
a chiuderli in chiave.
Con questa tecnica venne costruito anche il ponte di Maria Pia sul fiume
Duero a Oporto dove in questo caso il sistema di tiranti si fece partire dalle
pile laterali dell’impalcato e il ponte Garabit con arco di 166 m di luce
(Fig.1.5) sulla valle della Truyère, tutti e due realizzati da Gustave Eiffel. A
metà del XX secolo questa tecnica è stata adattata alla costruzione dei ponti in
cemento armato e attualmente risulta il miglior sistema costruttivo per i grandi
ponti a travata in c.a.p.
I ponti ad arco in acciaio, fino alla diffusione dei ponti strallati, hanno
permesso di coprire le grandi luci senza dover ricorrere ai ponti sospesi. Un
esempio è il viadotto di Tanus sul fiume Viaur, completato in Francia nel
1902, costituito da un arco di 220 metri di luce sulla linea ferroviaria da Rodez
ad Albi e il ponte di Sydney completato nel 1932 avente una luce di 503 metri.
Figura 1.4 ponte di St. Louis sul fiume Mississipi, detto anche Eads Bridge