8
La scansione temporale dei principali avvenimenti che hanno modificato gli
ordinamenti del calcio italiano ed internazionale occupano la parte terza.
Lo scopo è di delineare le evoluzioni normative iniziando dalla sentenza
Bosman, autentico punto di partenza nei rapporti tra Unione Europea e sport,
per finire con i nuovi regolamenti FIFA sui trasferimenti internazionali dei
calciatori.
Nonostante la letteratura che lega calcio ed economia sia piuttosto scarsa,
nell’ultima parte della trattazione abbiamo cercato di esaminare i problemi
economici che vivono il calcio italiano ed internazionale, derivanti dall’aumento
esponenziale del costo del lavoro. Innanzitutto si è cercato di tracciare il quadro
generale della situazione dei club europei, con una particolare attenzione al
caso italiano, sono state poi proposte alcune soluzioni.
La parte finale della tesi è dedicata allo studio delle relazioni che legano
successi sportivi e finanziari. Da ultimo si è affrontata l’evoluzione delle nuove
fonti di reddito, indicando quali tra queste potranno garantire nel futuro i
migliori equilibri nei bilanci societari.
9
CAPITOLO I
Le Teorie dei differenziali salariali
In questo primo capitolo introdurremo i concetti della Teoria dei differenziali
salariali con l’obiettivo di analizzare le cause dell’esistenza di disuguaglianze
salariali tra occupazioni, cercando di applicare al complesso settore sportivo del
calcio alcune di queste nozioni. Cercheremo quindi di tracciare delle analogie e
dei paragoni tra i salari dei lavoratori comuni e quelli dei campioni dello sport, al
fine di capire le differenze che animano le due strutture salariali.
Dopo una prima analisi della Teoria neoclassica, si spiegheranno le ragioni
dell’esistenza dei differenziali salariali; iniziando dalla Teoria del capitale
umano, che descrive l’influenza del fattore istruzione sul livello di reddito finale,
si evidenzieranno le disuguaglianze per compensazione e per talento. Le prime
derivano da quello che Smith definisce “gli svantaggi e i vantaggi” di ciascuna
occupazione; perciò le variazioni di salario sarebbero delle compensazioni.
Quelle definite “per talento” sono quelle che si verificano con la presenza di una
particolare dote naturale che, a fronte di una alta domanda del mercato, spinge i
salari verso l’alto.
Si affronteranno anche altre due spiegazioni: la prima evidenzia gli influssi dei
differenti settori di lavoro (differenziali salariali “interindustriali”), mentre l’altra
analizza gli effetti della dimensione dell’impresa (differenziali salariali “per
dimensione”).
10
1. La Teoria neoclassica sui differenziali salariali
La remunerazione del lavoro gioca un ruolo fondamentale nel rapporto tra
impresa e lavoro ed in quello tra impresa e mercato, sotto due diversi aspetti:
• come costo sostenuto dall’impresa
• come reddito effettivamente percepito dal lavoratore
L’obiettivo di questo capitolo e dell’intera tesi, è quello di analizzare le diverse
“dimensioni” della remunerazione del lavoro, intesa come variabile chiave per
comprendere la dinamica della domanda e dell’offerta nel mercato del lavoro;
entrambe, infatti, agiscono al livello microeconomico sulla determinazione del
salario.
In condizioni di equilibrio e in presenza di una forza lavoro omogenea, ogni
lavoratore è remunerato secondo il valore della sua produttività marginale.
La Teoria neoclassica sostiene, infatti, che lavoratori dotati dello stesso capitale
umano, dovrebbero ricevere lo stesso salario a prescindere dal settore economico
in cui sono occupati. Allo stesso modo in un’economia aperta, anche in assenza
di movimenti internazionali dei fattori di produzione, il libero scambio dovrebbe
portare al completo pareggiamento dei prezzi dei fattori. Quindi, differenziali
salariali tra industrie e tra paesi non dovrebbero essere osservati.
Tuttavia, l’esistenza di una forza lavoro non omogenea rappresenta un’ipotesi più
aderente alla realtà: i lavoratori, infatti, possono essere caratterizzati da differenti
11
fattori (differenti livelli di istruzione, diverse esperienze lavorative, etc.) che,
arricchendo il capitale umano, influenzano la produttività.
La presenza di differenziali salariali risponde, dunque, all’esigenza di remunerare
diversamente differenti produttività
1
.
La spiegazione neoclassica delle disuguaglianze del salario proviene da:
• La Teoria della discriminazione
• La Teoria del Job-Search
• La Teoria del capitale umano
La Teoria della discriminazione afferma che il differenziale salariale è
determinato da parte degli imprenditori nell’assunzione di alcuni lavoratori
piuttosto che altri. Secondo la Teoria del Job-Search, invece, le informazioni sul
mercato condizionano la ricerca dell’impiego: ed è la loro diversa distribuzione
la causa dell’esistenza dei differenziali salariali.
La Teoria del capitale umano è analizzata, vista l’importanza e la maggior
attinenza con la realtà attuale, singolarmente nel paragrafo successivo.
Ma anche tenendo conto delle diversità nel capitale umano, nel mondo reale si
osservano disuguaglianze retributive di entità rilevante.
Così, recentemente un gran numero di studi si è volto ad offrire spiegazioni
teoriche sull’esistenza dei differenziali salariali non competitivi, spiegazioni che
analizzeremo nel corso del capitolo.
1
Brunetta R., Economia del lavoro, (Scheda 10) , Utet Università, 1999
12
2. La Teoria del capitale umano
Numerosi sono i fattori che incidono sull’offerta di lavoro e accanto agli elementi
tradizionali della funzione di comportamento del lavoratore (stato di salute, oneri
della ricerca, informazioni disponibili, etc.), si trova l’istruzione. Questo
elemento, che insieme con gli altri determina l’età di entrata nel mercato del
lavoro, ci permette anche di istruire una relazione positiva tra istruzione e
retribuzione della futura occupazione. Ciò consente di ottenere una misura
dell’investimento che si intende effettuare su se stessi, in termini di istruzione, e
che dovrà naturalmente coprire tutti i costi:
• costi diretti dell’investimento (costi istruzione, spostamenti-trasporti etc.)
• costi-opportunità (perdite di salario derivanti da occupazioni alternative
non accettate per dedicarsi alla formazione)
• costi psicologici (fatica dello studio, spostamenti, stress per la ricerca di
un nuovo lavoro)
Come indica infatti la Figura 1, i benefici dell’istruzione si rifletteranno nei
guadagni futuri che saranno superiori rispetto a quelli che si sarebbero potuti
ottenere con l’entrata immediata nel mercato del lavoro.
13
C
T’
T
H
B
S’ S
L’ L
U’
U
A
Redditi
Età
Figura 1. Relazione tra l'istruzione e il reddito
La retta ABU identifica i redditi delle professioni a basso livello di formazione,
mentre quella CBT evidenzia i redditi delle professioni ad elevato livello di
istruzione. Dalla Figura 1 emerge che gli incrementi retributivi sono maggiori per
i lavoratori più istruiti (retta CT), rispetto a quelli meno istruiti (retta AU) → U’
L’ / U’ S’ = T’ L’ / T’ S’
14
2.1. L’incidenza del fattore istruzione nella dispersione salariale
Il rapporto tra retribuzione e istruzione può essere visto da due angolazioni:
A) Per il soggetto che si offre sul mercato del lavoro, la scelta degli studi da
intraprendere sarà funzionale al raggiungimento di una retribuzione più
elevata e quindi dipenderà:
• dalle preferenze individuali
• dall’utilità che il soggetto attribuisce ad un aumento della remunerazione
• dal costo connesso alla ulteriore istruzione
B) Per l’impresa la disponibilità di lavoratori con un livello di istruzione più
elevato garantirà, di regola, maggiori livelli di produttività che permetteranno
di pagare dei salari maggiori. D’altra parte se un’azienda non ha necessità di
avere manodopera qualificata (date le particolarità tecniche dei suoi cicli
produttivi), non riterrà necessario attirarla offrendo salari elevati. Viceversa,
un’azienda che ha bisogno di reclutare forza lavoro specializzata avrà un
vantaggio a scegliere una politica di salari elevati.
Va però rilevato
2
, che considerare la remunerazione come l’unico risultato del
rendimento dell’investimento in istruzione non è del tutto corretto dal punto di
vista analitico, in quanto:
2
Brunetta R., Economia del lavoro, (Scheda 10) , Utet Università, 1999
15
• si possono sovrastimare i benefici derivanti dall’istruzione in quanto la
maggiore remunerazione può dipendere dall’abilità individuale (fattore
difficilmente distinguibile dall’istruzione)
• la remunerazione non è l’unico beneficio ricavabile dall’istruzione in
quanto, a parte altri benefici non monetari (maggior cultura, capacità
critica etc.), si dovrebbero prendere anche in considerazione le varie forme
di remunerazione indiretta (indennità, agevolazioni, fringe-benefits, etc.)
• l’istruzione ha anche un “rendimento sociale” in rapporto ai benefici che
la collettività tre dall’esistenza di lavoratori più istruiti
• infine, si può anche parlare di “esternalità” dell’istruzione come effetto
propulsivo che la presenza di lavoratori istruiti determina anche sugli
individui che lavorano con loro, attraverso un processo di diffusione o
riorganizzazione delle mansioni.
Uno studio di Katz L. e Murphy K.
3
, evidenziato nella Tabella 1, si analizzano le
variazioni del salario reale per i lavoratori statunitensi a tempo pieno (1963-87).
3
Katz L.-Murphy K., “Changes in Relative Wages”, 1963-1987,in Quarterly Journal of Economics, 1992
16
Dallo schema sottostante appare evidente l’evoluzione dei salari per livello di
istruzione.
1963-71 1971-79 1979-87
Tutti 19,2 -2,8 -0,3
Per istruzione
meno della maturità 17,1 0,3 -6,6
maturità 16,7 1,4 -4
meno di 4 anni di università 16,4 1,5 1,5
4 o più anni di università 25,5 -10,1 7,7
Per sesso
maschi 19,7 -3,4 -2,4
femmine 17,6 -0,8 6,1
Per esperienza
1-5 anni 17,1 -3,5 6,7
25-35 anni 19,4 -0,6 0
Tabella 1. Variazioni del salario per i lavoratori statunitensi a
tempo pieno 1963-87
4
Dal 1979 al 1987, il salario reale dei lavoratori che non avevano completato la
scuola media superiore è diminuito del 6,6%.
Al contrario, il salario reale dei lavoratori che avevano frequentato l’università è
aumentato del 7,7%. L’evidenza mostra che il divario è ulteriormente aumentato
a partire dal 1979.
Anche i salari relativi dei lavoratori con più esperienza sono aumentati: dal 1979
al 1987 infatti, il salario di un lavoratore con meno di 5 anni di esperienza è
diminuito del 6,7%, mentre quello di un lavoratore con una esperienza dai 26 ai
35 anni è rimasto constante. Infine si è notato, sempre nello stesso periodo, che i
4
Fonte: Katz L.-Murphy K., “Changes in Relative Wages”, 1963-1987,in Quarterly Journal of
Economics, 1992
17
salari femminili sono aumentati sia in termini assoluti, sia rispetto a quelli degli
uomini. Come conseguenza di questi cambiamenti nella distribuzione salariale,
alcuni gruppi di lavoratori hanno subito riduzioni molto forti dei salari reali;
quelli maschili con il solo diploma di scuola superiore e meno di 5 anni di
esperienza, sono diminuiti da 10 dollari l’ora nel 1973 (in dollari del 1993) a 7,70
dollari nel 1993. Una riduzione di circa il 30%.
3. La Teoria dei differenziali compensativi e l’apporto del talento
Iniziamo con l’affermare che, affinché ciascuno possa scegliere liberamente il
tipo di occupazione preferito, le caratteristiche del sistema economico
dovrebbero essere diverse da quelle che sono attualmente
5
.
Immaginiamo tuttavia che, nell’ambito delle occupazioni retribuite con un
salario, si realizzi questa libertà di scelta e che ciascuno abbia anche la medesima
probabilità di ottenere il posto di lavoro richiesto. In tali condizioni, i salari
differiranno solo tanto quanto occorre per rendere uguali quelli che A.Smith
chiamava i “vantaggi e gli svantaggi” delle varie occupazioni. Infatti, secondo il
principio dell’uguaglianza dei vantaggi netti, tenderebbe a realizzarsi un
movimento degli operai da un’occupazione all’altra finché l’offerta di lavoro,
modificando il livello dei salari, renda uguali i vantaggi netti nei due mestieri. I
salari, quindi, tenderebbero a differire fra loro nella misura corrispondente alla
5
Dobb M., I salari, Einaudi, 1965
18
differenza di “sgradevolezza” (o costo) delle varie occupazioni. Per citare Adam
Smith: “Entro un dato ambiente, il complesso dei vantaggi e degli svantaggi dei
diversi impieghi del lavoro e del capitale si deve compensare esattamente, o
tendere continuamente a compensarsi. Se in un dato ambiente vi fosse un
qualsiasi impiego evidentemente più o meno vantaggioso degli altri, nel primo
caso vi si affollerebbe tanta gente, e nell’altro caso tanta gente ne diserterebbe,
così che alla fine i vantaggi/svantaggi tornerebbero presto al livello degli altri
impieghi”
6
.
Continuando su questa linea, quindi, ci si attenderebbe che la gente schivi le
occupazioni più sgradevoli o pericolose come il lavoro nelle fognature o nelle
miniere di carbone, a meno che i salari di queste occupazioni non siano
abbastanza elevati da compensare gli svantaggi. Se non fosse così (e nella realtà
non è così), il risultato sarebbe una forte scarsità di lavoratori disponibili a
svolgere questi mestieri; la stessa scarsità che tenderebbe ad elevare i salari.
Analoghe considerazioni valgono per le occupazioni che implicano una maggiore
probabilità di disoccupazione, o un’ampia incertezza sui guadagni. D’altra parte
se alcuni mestieri sono particolarmente piacevoli e interessanti, o concedono una
speciale distinzione sociale, prestigio, speciali privilegi e probabilità di
avanzamento, ci si può attendere che la preferenza popolare affolli questi
mestieri, a tal punto da renderli “a buon mercato” (salari inferiori che altrove).
Inoltre, ci sono gli impieghi che richiedono una costosa educazione o
addestramento, un lungo periodo di prova o di apprendistato (come l’avvocato o
6
A. Smith, Wealth of Nations, 1826
19
il commercialista); queste peculiarità tendono ad elevare i salari delle medesime
occupazioni. La spesa per l’addestramento preventivo assumerebbe quindi il
carattere di un investimento, effettuato soltanto nel caso in cui il salario futuro
fosse abbastanza elevato da giustificare tutte le spese.
Gli impieghi che invece richiedono un’attitudine naturale piuttosto rara, come per
il fantino, il cantante d’opera, o il calciatore, otterranno un salario
eccezionalmente alto a fronte di una acuta domanda di mercato; questo a causa
della concorrenza che anima il suddetto genere di occupazioni. Coloro che
occuperanno questi ruoli “privilegiati”, non solo riceveranno degli stipendi
elevati che compensino gli svantaggi derivanti dal tipo di lavoro svolto, ma
vivranno anche in una situazione di particolare agio. I vantaggi complessivi della
loro occupazione, infatti, saranno maggiori che altrove
7
; si ritiene quindi che
questi lavoratori ricevono un “prezzo di scarsità”, cioè la “rendita” di una qualità
naturale che risulta scarsa
8
.
Nel sistema reale ed effettivo in cui viviamo, il principio dell’uguaglianza dei
vantaggi netti è lontano dalla realizzazione. Inoltre le variazioni dei salari sono
più ampie di quelle dei vantaggi o svantaggi previsti per le diverse occupazioni.
Secondo Maurice Dobb le differenze reali nei salari sono in tale contraddizione
con il principio enunciato, da indurre a pensare che esso non possa essere affatto
una spiegazione delle più rilevanti differenze di salario esistenti nel nostro
sistema. In quest’ultimo infatti, il lavoro più sgradevole della comunità è fra
7
A. Smith, Wealth of Nations, 1826
8
argomento che approfondiremo nel secondo capitolo con la Teoria delle Superstars
20
quelli meno pagati, anziché fra quelli più pagati; stesso discorso per gli impieghi
considerati pericolosi per la salute e per la vita
9
.
4. I differenziali salariali “interindustriali” e “per dimensione”
Da ormai molto tempo, i differenziali salariali sono un argomento di interesse
nella letteratura economica. In modo particolare, l’attenzione è stata rivolta a
verificare l’esistenza e la dimensione di differenziali salariali tra lavoratori che
hanno le stesse mansioni e che si trovano nella stessa area. Due tipi di
dispersione salariale sono stati maggiormente oggetto di studio: i differenziali
salariali tra industrie e quelli associati alla dimensione dell’impresa.
I primi descrivono le variazioni di salario presenti tra lavoratori che ricoprono la
stessa qualifica ma in settori diversi; per esempio tra un operaio del settore
automobilistico e un operaio del settore tessile. Le disuguaglianze per
dimensione, invece, si verificano all’interno di uno stesso settore lavorativo;
quindi tra operai occupati entrambi nel settore industriale automobilistico, ma in
due aziende diverse, una più grande dell’altra.
I differenziali salariali osservati, comunque, potrebbero essere spiegati all’interno
del modello neoclassico facendo ricorso al concetto di differenziale
compensativo e a differenze non misurabili nella qualità del lavoro, etc.
9
Dobb M., I salari, Einaudi, 1965
21
Il settore lavorativo, infatti, presenta spesso delle diversità di natura non
pecuniaria: i differenziali interindustriali potrebbero essere spiegati, quindi, come
una compensazione per queste diversità nelle caratteristiche del lavoro.
Ovviamente anche la diversa abilità nello svolgere il proprio lavoro, a parità di
mansione, è una delle possibili spiegazioni delle diversità di retribuzione che è
stata osservata. Le imprese quindi pagano di più i lavoratori migliori, e i
differenziali osservati, per settore o per dimensione, sono dovuti al fatto che in un
certo settore o al di sopra di una certa dimensione le imprese preferiscono
impiegare personale competente; perciò nascono differenze salariali giustificate
dalla dimensione delle imprese. A questo punto sorge un altro problema: solo una
parte della qualità del lavoro offerta da un lavoratore può essere messa in
relazione con attributi osservabili della forza-lavoro. L’impossibilità di esaminare
interamente la qualità del lavoro potrebbe essere alla base dei differenziali
salariali “non spiegati”
10
.
La maggior parte delle analisi empiriche però, sembrano respingere l’ipotesi che
i differenziali compensativi e la qualità del lavoro osservata (o inosservata),
possano spiegare in maniera esauriente la parte più consistente della dispersione
salariale.
10
Quintieri B.- Rosati F.C., “Differenziali salariali e politiche commerciali strategiche”, da Economia &
Lavoro, n.2 (pp.15-27), 1992