INTRODUZIONE
Lo scopo principale di questa trattazione è duplice: da un lato chiarire le
posizioni in epoca medioevale del Cattolicesimo e dell’Islam in riguardo
all’interesse; dall’altro mostrare come questo dibattito sia ancora attuale e ci
inviti a riflettere sui meccanismi del nostro sistema economico.
La scelta del periodo medioevale è particolarmente significativa per il tema che
stiamo trattando. E’ proprio nei primi secoli del Basso Medioevo, infatti, che la
tendenza a condannare l’interesse (già diffusa in tempi remoti, come
dimostrano i testi sacri), si radicalizzò ulteriormente sia sul versante cattolico
che su quello islamico, tanto da minacciare la nascente economia monetaria.
Eppure, a partire dal Quattrocento, in Europa una nuova forma mentis e le
fiorenti realtà urbane posarono le fondamenta per un nuovo paradigma
economico e culturale: il capitalismo.
Per questo motivo il divieto dell’interesse è di fondamentale importanza per lo
studioso di storia economica: osservando la sua evoluzione, infatti, si può
individuare il momento storico in cui la vecchia economia cedette il passo al
nostro modello vigente e in che modo gli autori del tempo reagirono a questo
scardinamento di valori.
Anche noi in questi anni di crisi economica assistiamo ad uno scardinamento
della nostra realtà che il dibattito contemporaneo ancora non riesce a
ricomporre. E se è vero ciò che affermava Cicerone, che la storia è magistra
vitae, tanto più sarà utile rivolgersi ad essa per cercare risposte e tentare di
non ripercorrere strade sbagliate.
Prima di affrontare il tema propriamente storico della trattazione discuteremo
nel primo capitolo il delicato rapporto che è intercorso storicamente tra etica
ed economia, concentrandoci soprattutto sulle critiche mosse al pensiero
marginalista. Questo per contestualizzare ulteriormente la ricerca e porre
alcune questioni metodologiche.
Dal secondo capitolo in poi inizieremo la trattazione vera e propria analizzando
inizialmente la visione economica ricavabile dalla lettura della Bibbia e del
Corano e in seguito presenteremo il dibattito relativo al prestito ad interesse in
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seno alla Chiesa Cattolica e alla società islamica.
Nelle Appendici inoltre abbiamo riportato, per facilitarne la consultazione, i
passi della Bibbia e del Corano di rilevanza economica e, per facilitarne
l’interpretazione, abbiamo ritenuto di organizzarli in categorie omogenee.
Per quanto riguarda la trattazione relativa al pensiero cattolico riteniamo
doveroso fare una precisazione. L’autore di cui ci siamo avvalsi maggiormente
è Oscar Nuccio. E’ bene chiarirlo perché l’opera di Nuccio è spesso e volentieri
in aperto contrasto rispetto ad altri autori come Le Goff e Weber, le cui ipotesi
sullo sviluppo del pensiero capitalista sono comunemente ritenute autorevoli.
Tuttavia il lavoro di Nuccio non può essere ignorato. Dimostra anzi la sua
esattezza proprio alla luce dell’accurata analisi (che per ponderosità delle opere
non ha certamente pari), del pensiero economico medioevale italiano sia a
livello generale sia a livello dei singoli autori.
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CAPITOLO 1
ETICA ED ECONOMIA: UNA VISIONE ALTERNATIVA
FRATTANTO LA PRIMA FASE DELL'ERA DELLA MACCHINA SI È COMPIUTA.
Essa ha avuto come conseguenza un'organizzazione della società che ha
tratto il suo nome dalla sua istituzione centrale, il mercato. Quel sistema
è in declino. Eppure la nostra filosofia pratica è stata plasmata in modo
preponderante da quell'episodio spettacolare. Nuove nozioni dell'uomo e
della società divennero correnti e ottennero lo status di assiomi. Eccoli:
per quanto riguarda l'uomo, si fu costretti ad accettare l'eresia che i suoi
moventi possano essere definiti <<materiali>> e <<ideali>>, e che gli
incentivi attorno ai quali la sua vita materiale si organizza derivino dai
moventi <<materiali>>. Sia il liberalismo utilitaristico sia il marxismo
popolare hanno favorito simili concezioni. Per quanto riguarda la società,
fu proposta la dottrina affine che le sue istituzioni erano determinate dal
sistema economico. […] E' ovvio che in un'economia di mercato
entrambe quelle affermazioni erano vere. Ma soltanto in un'economia
del genere. Rispetto al passato, una simile concezione non era altro che
un anacronismo. Rispetto al futuro, era un mero pregiudizio. Eppure,
sotto l'influenza delle scuole di pensiero contemporanee, rafforzata
dall'autorità della scienza e della religione, della politica e degli affari ,
quei fenomeni rigorosamente delimitati nel tempo finirono con l'essere
considerati eterni, trascendenti l'epoca del mercato. Per superare tali
dottrine, che impacciano la nostra mente e il nostro spirito e rendono
molto più difficoltosa quella rettifica destinata a salvare la vita, può darsi
che sia necessaria addirittura una riforma della nostra coscienza.
Karl Polanyi, 1968
Nel dibattito economico attuale, che risente ancora delle ferite della crisi del
2008, spesso si fa appello a nuove regole che moderino il mercato e le
operazioni economiche. La regola finanziaria di matrice europea, ispirata alla
prudenza e alla stabilità che hanno guidato la redazione dei cosiddetti pilastri
1
costituenti il sostrato dell'attività bancaria europea, non ha impedito o
arrestato le ingenti speculazioni che hanno condotto alla crisi. Per questo,
quando si invocano nuove regole bisognerebbe intendersi su che tipo di regole
siano e a chi siano rivolte.
Riteniamo che i vari inviti a regolamentare i mercati, al di là del livello tecnico
e prudenziale, intendessero riportare l'attenzione sull'importanza che gli attori
economici assumano un atteggiamento etico quando operano.
Quando si accosta l'etica all'economia bisogna però scontrarsi con una realtà
ormai assodata, cioè che il libero mercato non solo esiste al di fuori del codice
1
Ci si riferisce ai pilastri di Basilea 2
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etico che noi normalmente accettiamo nelle nostre relazioni sociali, ma ne
genera uno esso stesso. L'etica di mercato a cui ci riferiamo è quella di
derivazione utilitarista la quale, nonostante il dibattito contemporaneo ne abbia
ampiamente superato la visione, viene ancora data per scontata non solo in
ambito economico, ma nell'indagine etica propriamente umana.
Con questo intendiamo dire che se il fine dell'economia capitalista è il profitto,
si assume che anche il fine dell'agire umano sia fondamentalmente la
massimizzazione del profitto individuale.
La convinzione che la legge del profitto muova innanzitutto dalla volontà del
singolo conduce il sistema a vivere in un eterno paradosso: da un lato
garantire le economie terze, dall'altro consentire il più possibile agli attori
economici di perseguire il proprio interesse.
In effetti, il cosiddetto <<metodo economico>> che molti economisti hanno
tentato di imporre, non solo in economia ma anche in altre discipline sociali,
richiede allo studioso di concepire il comportamento in termini di
appagamento delle preferenze e di accorto proseguimento dell'interesse
personale, tenendosi alla larga dalle istanze deontologiche poste dalla morale
e dai valori.
2
Per questo quando si propongono nuove regole per convivere nei mercati, la
questione fondamentale non è chi ha sbagliato, ma che cosa non ha
funzionato. Non ci si propone di limitare legalmente il singolo ma di migliorare
il sistema preposto al controllo dei rischi e del moral hazard.
Questo è ovviamente un atteggiamento legittimo. Perché se il legislatore
dovesse considerare un' etica di mercato al di fuori di quella di mercato, quale
dovrebbe scegliere? E con che criterio? Quando un investimento potrebbe
essere considerato giusto ai fini dell'etica?
La situazione che si presenterebbe è caratterizzata dalla complessità.
Apparentemente però non da una complessità positiva, ma da una
potenzialmente discriminatoria.
Al di là delle norme legali e dei diritti fondamentali, infatti, ognuno ha la
possibilità di definire la sua personale etica che può o non può coincidere con
quella degli altri e viceversa.
Per questo e per i motivi che stiamo per presentare è così difficile interferire
2
A. Sen, La ricchezza della ragione, Il Mulino, Bologna, 2000, pag.91
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con l'etica di mercato, quella che Emanuele Severino definisce l'essenza del
capitalismo
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: perché ancora nulla si è dimostrato essere così universale ed
efficiente come il precetto della massimizzazione del profitto.
Tuttavia l'universalità e l'efficienza di un precetto non ne definiscono certo la
bontà. La semplicità non è necessariamente una caratteristica utile allo
sviluppo umano, come insegnano filosofia e storia.
Come sostiene Amartya Sen: la necessità di avvicinare maggiormente
l'economia all'etica non si basa sul fatto che questa sia una cosa facile da fare.
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1.1 Dall'interesse personale all'etica di mercato
Cerchiamo ora di rispondere e nel contempo di ripristinare brevemente
quella connessione appena introdotta tra etica ed economia, osservando come
alcuni autori chiave della storia del pensiero economico non abbiano mai
rinunciato all'indagine etica nelle loro argomentazioni.
Per amore di completezza si dovrebbe risalire agli argomenti della
cosiddetta antropologia economica
5
che, avendo smesso di considerare la
storia come una linea in salita dalle economie primitive al progresso
capitalistico
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, ha riscoperto il valore e la diversità del sistema precedente,
quello che da Mauss
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in poi è definito come economia del dono.
Per gli scopi della nostra trattazione, tuttavia, non servirà avventurarsi
così indietro nel tempo, ma basterà dimostrare che nell'evento fondante del
capitalismo – la rivoluzione industriale – gli economisti non rinunciarono
all'etica e che solo fraintendimenti successivi hanno portato alla visione
economica odierna. Tenteremo successivamente di delineare il concetto di
etica del profitto, spiegando cosa abbiamo inteso affermando che l'etica di
mercato si auto-genera.
L'autore più frainteso della storia del pensiero economico europeo è
3
Cfr. E. Severino, Il declino del capitalismo, BUR, Milano, 2007
4
A. Sen, Etica ed Economia, Laterza, Bari-Roma, 2006, pag 110
5
Cfr. G. Civile, Introduzione all'antropologia economica, Guida Editori, Napoli, 1981
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Cfr. Levi-Strauss, Razza e storia, Razza e cultura, Einaudi, Torino, 2002
7
M. Mauss, Saggio sul dono, Einaudi, Torino, 1965
6