5
CAPITOLO 1: LA SCELTA IN CONDIZIONI DI INCERTEZZA
NELL’ECONOMIA CLASSICA E NEOCLASSICA
1.1 INTRODUZIONE
In questo capitolo si esamina la tradizione della scelta in condizioni
d’incertezza, esaminando gli strumenti classici elaborati dalla teoria. Prima
di ciò è doveroso iniziare con alcune definizioni, onde evitare
fraintendimenti: si definisce cioè l’ incertezza. Essa è un concetto assai
ampio, che include tutte quelle situazioni in cui l’operatore economico
non conosce in anticipo le conseguenze delle proprie scelte. Incertezza è
chiaramente contrapposta al concetto di certezza, in cui invece
l’operatore può conoscere in anticipo le conseguenze delle proprie scelte.
Incertezza può essere la scelta di portare con sé l’ombrello oppure no: il
soggetto, infatti, non può sapere se pioverà o meno. All’interno
dell’insieme dell’incertezza, si trova il rischio. Nel corso di questa
trattazione, essi verranno considerati come sinonimi.
1
Il rischio equivale a
tutte quelle situazioni in cui l’operatore non conosce in anticipo gli esiti
delle proprie scelte, ma ha a disposizione diverse informazioni. Egli
conosce (o può conoscere) tutti i possibili esiti di un certo fatto e le
rispettive probabilità. Ad esempio, se si fa una scommessa il cui esito è
determinato dal lancio di una moneta, la probabilità di vincere è 0,5
(simmetricamente quella di perdere è 0,5). Dopo questa premessa si può
procedere con i paradigmi classici della scelta in condizioni di rischio. Si
presentano il criterio del valore atteso e poi quello dell’utilità attesa.
1.2 IL CRITERIO DEL VALORE ATTESO
Il valore atteso, chiamato anche speranza matematica, è il primo criterio
che è stato implementato per decidere in un contesto d’incertezza. Esso è
utilizzato quando si ha a che fare con variabili casuali discrete
2
. Esse sono
1
In realtà la questione è più complessa. Incertezza indica quella situazione in cui non si conoscono gli
esiti, ed è un concetto molto ampio. Il rischio è un sottoinsieme dell’incertezza, caratterizzato dal fatto
che si conoscono le probabilità associate a ogni possibile esito. L’ambiguità è un sottoinsieme
dell’incertezza, caratterizzato dal fatto che l’operatore non può conoscere tutte le probabilità associate
a ogni esito.
2
Più precisamente si parla di una funzione che collega uno spazio campionario a un evento. Dato lo
spazio campionario Ω, la funzione variabile casuale e l’evento Ε si ha: : → .
6
delle variabili in cui sono presenti delle possibili realizzazioni legate a un
certo fenomeno aleatorio e ognuna di queste realizzazioni può accadere
secondo una precisa probabilità. Esse si indicano con la seguente
notazione:
= { ; ( ) } = 1, …
Significa che a ogni possibile realizzazione è associata la sua probabilità
( ) . Ovviamente si ha che:
∑ ( )
= 1
Le variabili casuali possono espresse in forma di distribuzione Gaussiana
3
,
cioè:
Figura 1
In ogni distribuzione è utile calcolare i momenti della distribuzione stessa,
cioè media, varianza e curtosi
4
. Il metodo del valore atteso è applicato
calcolando solo il primo momento. La media di questa distribuzione di
probabilità fornirà il valore atteso e si indica:
( )= ∑ =1
( )
Esso fornisce un’indicazione su quale evento sia più probabile e dunque è
un sintetico e oggettivo metodo decisionale. Date due situazioni,
3
Essa porta il nome di Carl Friedrich Gauss (1777-1855), matematico tedesco che le scoprì. Viene anche
chiamata distribuzione normale.
4
Può essere definita come la tendenza di una distribuzione a non essere normale. Una distribuzione
Gaussiana infatti ha curtosi uguale a 0.
Fonte: www. http://ishtar.df.unibo.it
7
l’operatore economico razionale sceglierà sempre quella con valore atteso
più elevato.
ESEMPIO:
Si immagini di dover scegliere nell’acquisto tra due azioni, A e B. Si
forniscono ora le variabili casuali di ognuna.
Gli sono i possibili prezzi ottenibili, mentre i ( ) sono le rispettive
probabilità. Si calcola ora il valore atteso di entrambe le azioni:
( )
A = 1*1/3 + 3*1/3 + 5*1/3 = 3
( )
B = 0,5*1/4 + 2*1/2 + 11,5*1/4 = 4
Dato che ( )
B > ( )
A è più conveniente scegliere l’azione B.
Questo metodo è molto semplice da utilizzare e conduce a stime
oggettive: tuttavia esso presenta però dei forti limiti, come si vede nel
successivo paragrafo.
1.3 IL PARADOSSO DI SAN PIETROBURGO
Il 9 settembre 1713 Nicholas Bernoulli
5
inviò una lettera al matematico
parigino Pierre Rèmond de Montmort
6
, chiedendo la soluzione a un gioco
che verrà chiamato paradosso di San Pietroburgo. Questo gioco d’azzardo
è costruito in modo da rendere il criterio del valore atteso inverosimile. Lo
si presenta.
5
Matematico svizzero (1687-1759).
6
Matematico francese (1678-1719).
x
i
p(x
i
)
1 1/3
3 1/3
5 1/3
A
x
i
p(x
i
)
0,5 1/4
2 1/2
11,5 1/4
B
8
Il gioco consiste nel lancio di una moneta: se esce testa (T) il giocatore
vince, se esce croce (C) il giocatore perde. A ogni lancio che non esce testa
la posta il gioco raddoppia. La domanda è: qual è la cifra giusta per giocare
a questo gioco? Prima di rispondere si fornisce la definizione di gioco
equo. Un gioco si dice equo se il prezzo per parteciparvi è uguale al suo
valore atteso. Un gioco è vantaggioso se il valore atteso è superiore al
prezzo e svantaggioso nel caso contrario. Ora si tratta di calcolare il valore
atteso del gioco sopra presentato, in cui si presuppone che la vincita
minima sia due.
( )= ∑ =1
( ) = 1/2*2 + 1/4*4 + 1/8*8 + …. = 1 + 1 + 1 + … = ∞
Il risultato è assurdo: vorrebbe dire che per partecipare a questo gioco
sarebbe lecito spendere qualunque cifra. Risulta evidente un problema del
criterio del valore atteso, che viene superato attraverso un altro metodo.
1.4 L’INTUIZIONE DI DANIEL BERNOULLI
Nel 1738 Daniel Bernoulli
7
scoprì la soluzione al paradosso di San
Pietroburgo e pubblicò la sua intuizione nell’articolo “Commentarii
Academiae Scientiarum Imperialis Petropolitanae”, riproposta poi da
Econometrica nel 1954 con il titolo “Exposition of a New Theory on the
Measurement of Risk”. Bernoulli rifletté sul fatto che il criterio del valore
atteso godeva di un’incoerenza di fondo: le persone non danno valore al
denaro come quantità a sé stante, ma in relazione alla soddisfazione che
esso può portare. Fu il primo a parlare di valore sentimentale della
ricchezza, cioè di utilità. Intuì poi che il valore sentimentale della ricchezza
dovesse essere marginalmente decrescente (che non fosse la stessa cosa
7
Matematico e fisico svizzero (1700-1782).
9
dare 1 moneta a un nullatenente o a un milionario). Ipotizzò così che la
funzione di valore sentimentale della ricchezza potesse essere logaritmica.
Figura 2
Il ragionamento di Bernoulli si esplica attraverso l’uso della seguente
formula:
[ ( ) ] = ∑ ( ) ( )
=1
con ( )= ln ( )
Applicando la formula al paradosso di San Pietroburgo si ottiene:
[ln( ) ] =
1
2
∗ ln( 2)+
1
4
∗ ln( 4)+
1
8
∗ ln( 8)+ ⋯ = ∑
1
2
∗ 2
=
∞
=1
2 ∗ ∑
2
∞
=1
2 ∗ 2 = 4
Applicando poi la funzione inversa −1
( ) si ottiene: 4
= 4 che è il
valore da pagare affinché il gioco di San Pietroburgo sia equo.
In questo contesto non è importante pervenire a un numero preciso, la
cosa che conta è che il risultato sia un numero finito, cioè che la serie sia
convergente
8
. A seconda infatti del tipo di funzione di utilità scelta si avrà
un risultato diverso. La rivoluzione metodologica di Bernoulli fu quella che
le persone non danno valore al denaro, ma al valore della soddisfazione
derivante dal denaro.
1.5 LA TEORIA DELL’UTILITA’ ATTESA
L’intuizione di Bernoulli è stata fondamentale poiché ha aperto al concetto
di utilità applicato ai contesti di incertezza. Serviva tuttavia un più robusto
fondamento teorico. Nel 1944 gli studiosi Oskar Morgenstern
9
e John Von
Neumann
10
scrivono “Theory of Games and Economic Behavior”, rivisitato
nel 1947. In quest’opera è contenuto un approccio assiomatico all’utilità
8
Una serie è intesa come la somma di infiniti termini di una successione. La serie si dice divergente se la
sua somma è infinita, convergente se essa è un numero finito, come nel caso in oggetto.
9
Economista austriaco (1902-1977).
10
Matematico americano (1903-1957).
Fonte: www.areeweb.polito.it
10
attesa, che essi hanno applicato alla Teoria dei giochi
11
. Il punto di
riferimento è l’uomo razionale, tutta la teoria spiega come si
comporterebbe questo personaggio . Si presentano ora gli assiomi alla
base di questa teoria.
ASSIOMA DI COMPLETEZZA: tutte le distribuzioni possono essere
ordinate.
Date delle generiche distribuzioni di probabilità
12
(p, q, r) si ha che:
≽ ≽ ⇿ ∼ e ≽ ≽ ⇿ ≽
In particolare nella seconda preferenza è stata espressa la
transitività
ASSIOMA DI MONOTONICITA’ (NON SAZIETA’): date delle
distribuzioni degeneri
13
, ≻ e dati 0 < , < 1 si
ha che:
∘ ⨁( 1 − )∘ ≽ ∘ ⨁( 1 − )∘ ≥
Questo indica che un operatore non si “accontenta” mai
ASSIOMA DI CONTINUITA’: variando la probabilità delle
conseguenze cambiano anche le preferenze. Esiste però una
probabilità che uguaglia le preferenze, cioè:
∘ ⨁( 1 − )∘ ~
≃ 0 ; ≃ 1
ASSIOMA DI INDIPENDENZA: non esiste complementarità tra le
scelte, cioè:
∼ ⇿ ∘ ⨁( 1 − )∘ ∼ ∘ ⨁( 1 − )∘
11
Scienza matematica che si occupa delle scelte individuali di un soggetto quando si trovi in relazione
con altri soggetti, con l’obiettivo che ognuno ottenga il massimo guadagno.
12
Dato un qualunque fenomeno aleatorio, esso può essere descritto secondo una distribuzione di
probabilità. Essa indica come si posizionano le probabilità associate a ogni possibile esito.
13
Si tratta di una distribuzione di probabilità concentrata su un unico valore (gli altri sono nulli o
trascurabili).
11
ASSIOMA DI RIDUZIONE: non conta come la probabilità viene
presentata, ma solo lo stato finale. Aggiungendo = ∗ 0 ≤
, ≤ 1 si ha:
∘ [ ∘ ⨁( 1 − )∘ ]⨁( 1 − )∘ ∼ ∘ ⨁( 1 − )∘
A seguito di queste proprietà, si deduce che l’utilità attesa è additiva sulle
conseguenze e lineare nelle probabilità. Importante ricordare che gli stessi
autori raccomandano prudenza, poiché questo modello si riferisce a un
soggetto completamente razionale. In conclusione si espone il teorema
dell’utilità attesa: se esiste una preferenza per cui:
≽ ∃ [ ( ∙) ] ℎ [ ( ) ] ≥ [ ( ) ]
1.6 RAPPORTO CON IL RISCHIO
Un aspetto fondamentale dell’economia neoclassica è di definire il
rapporto con il rischio degli individui: esistono cioè operatori avversi,
propensi e indifferenti al rischio. Se vedano ora separatamente:
AVVERSIONE AL RISCHIO
Chi è avverso al rischio preferisce ottenere con certezza il valore
atteso di un gioco piuttosto che parteciparvi. La sua funzione di
utilità è concava.
Figura 3
Data la ricchezza w e una certa funzione di utilità U(w), per l’avverso al
rischio si ha:
[ ( ) ] > [ ( ) ]
l’utilità del valore atteso è maggiore del valore atteso dell’utilità derivante
dal gioco: infatti la funzione si trova sopra la retta che rappresenta il gioco.
Fonte: www.webalice.it
12
PROPENSIONE AL RISCHIO
Chi è propenso al rischio preferisce partecipare a un gioco piuttosto
che ottenere con certezza il suo valore atteso. La sua funzione di
utilità è convessa.
Figura 4
Si ha che: [ ( ) ] < [ ( ) ]
Il propenso al rischio preferisce il rischio alla certezza: infatti la sua
funzione di utilità si trova sotto la retta che rappresenta il gioco.
INDIFFERENZA AL RISCHIO
Chi è indifferente al rischio non ha preferenze tra partecipare a un
gioco oppure ottenere con certezza il suo valore atteso. La sua
funzione di utilità è lineare.
Figura 5
Si ha [ ( ) ] = [ ( ) ] c’è indifferenza nella scelta, infatti la
funzione di utilità e il gioco si sovrappongono nel grafico.
Secondo la teoria neoclassica, ogni individuo rientra (e rimane per tutto il
corso della sua vita e in qualunque tipo di scelta) in una di queste tre
categorie.
Fonte: www.webalice.it
Fonte: www.slideplayer.it
13
Per definire il rapporto con il rischio di un individuo in maniera più
analitica sono stati introdotti degli appositi coefficienti da parte di due
studiosi, John W. Pratt
14
e Kenneth Arrow
15
. Insieme hanno elaborato
16
il
coefficiente assoluto di avversione al rischio, chiamato anche coefficiente
di Arrow-Pratt, che si presenta.
( )= −
"( )
′( )
Esso fornisce una misura dell’avversione al rischio. In un soggetto con tale
caratteristiche la derivata seconda della sua funzione di utilità è negativa
(la funzione è concava), mentre la derivata prima è sicuramente positiva
(la funzione di utilità è strettamente crescente). Il risultato finale è un
parametro sintetico che esprime l’avversione al rischio.
1.7 APPLICAZIONI DELLA TEORIA DELL’UTILITA’ ATTESA
Le applicazioni che ha avuto questa teoria sono assai numerose, dunque in
questa sede ci si limita a ricordarne le principali. In primo luogo essa è
stata utilizzata nel modello di scelta di portafoglio di Harry Markowitz
17
,
pubblicato nell’articolo “Portfolio selection” nel 1952, divenuto poi un
libro nel 1959. In questo modello si individuano delle combinazioni
efficienti di titoli nel piano media-varianza identificati da punti ( ; 2
).
Ogni punto è un titolo azionario il cui rendimento è caratterizzato da
valore atteso ( ) e varianza
18
( 2
), che è una misura della rischiosità.
L’operatore sceglierà poi quello che massimizza la sua funzione di utilità
attesa. I rendimenti dei titoli rischiosi vengono considerati come
distribuzioni casuali di probabilità di tipo Gaussiano (o “normale”), in cui
sono rilevanti media e varianza, come mostra le seguente figura.
14
Professore di economia presso l’Università di Harvard.
15
Economista statunitense, vincitore del premio Nobel per l’economia nel 1972.
16
Gli studiosi hanno elaborato altri coefficienti che si riporta brevemente. Il coefficiente assoluto di
tolleranza al rischio, = 1 ( ) ⁄ ; il coefficiente relativo di avversione al rischio ( )= ∗ ( ) e il
suo reciproco, il coefficiente relativo di tolleranza al rischio ( )= 1 ( ) ⁄ . Questi coefficienti vengono
usati dagli economisti per stimare famiglie di funzioni di utilità, come le CARA (constant absolute risk
aversion) e le CRRA (constant relative risk aversion).
17
Economista statunitense, vincitore del premio Nobel per l’economia nel 1990.
18
( )
2
= ∑ [ − ( ) ]
2 =1
( )