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INTRODUZIONE
I modelli di pricing si propongono di individuare i fattori che determinano il
rendimento atteso delle attività rischiose. Si tratta di strumenti rilevanti in diversi
contesti: nello studio dell’efficienza e del funzionamento dei mercati finanziari,
nella determinazione del rendimento atteso dei titoli (in relazione alla gestione di un
portafoglio azionario), e nell’area delle decisioni finanziarie dell’impresa.
Ogni applicazione che richieda la stima dei rendimenti attesi di attività
rischiose presuppone che si disponga di un modello di pricing. Si pensi, ad esempio,
all’attività nel mercato azionario, in cui il valore dei titoli è determinato dalla
combinazione di una serie di processi decisionali del management. In questo
contesto il problema fondamentale è quello di riuscire a discriminare l’effetto di una
decisione dagli effetti delle altre, mediante la derivazione del cosiddetto
“rendimento normale atteso”. Il modello di pricing permette di stimare tale
rendimento normale, evitando di attribuire agli eventi un sovra o sotto rendimento a
causa di una non adeguata specificazione delle componenti di rischio.
Il tema della costruzione di portafoglio ha suscitato un ampio interesse sia in
ambito accademico che operativo. Nelle pagine seguenti ci si propone di analizzare
i presupposti teorici della portfolio theory. L’obiettivo è quello di fornire una
illustrazione delle diverse tecniche di costruzione del portafoglio nel caso
elementare di due soli titoli in portafoglio e nel caso generale di piø titoli.
In questa prospettiva, il primo capitolo prende in esame il quadro teorico
della teoria del portafoglio di Markowitz. Questo studioso ha dato un apporto
determinante alla diffusione della teoria delle “scelte in condizioni di incertezza”,
introducendo una funzione obiettivo di secondo grado a due variabili, all’interno
della quale vengono definiti sia il rendimento atteso che il rischio (rappresentato
dalla deviazione standard). Questa intuizione ha messo fine alla prassi di
identificare l’obiettivo dell’investitore nella semplice massimizzazione del
rendimento atteso. Markowitz ha anche formulato il problema dalla costruzione del
6
portafoglio come un modello di programmazione matematica e ha proposto un
algoritmo in grado di risolvere questo problema.
Il secondo capitolo sposta l’attenzione sull’applicazione del modello di
Markowitz a diverse ipotesi di portafoglio. Il principio guida è quello che regola, in
generale, la teoria delle decisioni in condizioni di incertezza. L’agente decisore deve
specificare la sua opinione, utilizzando tutta l’informazione disponibile alla data
corrente e deve decidere rispettando il criterio di coerenza, cioè escludendo una
possibile scelta se ne esiste una che risulta preferibile rispetto a un prefissato
obiettivo da perseguire. Nella selezione del portafoglio, è necessario affrontare
innanzitutto la questione della quantificazione del loro rendimento atteso e del loro
rischio. Molto piø complesso è invece il processo di calcolo del rischio. Da questo
punto di vista, lo schema teorico del modello media-varianza può essere interpretato
come un impianto logico per garantire la coerenza, che però va completato con la
specificazione delle opinioni probabilistiche.
La terza sezione del lavoro sposta l’attenzione sull’utilizzo del modello di
Markowitz in una logica di asset allocation. In particolare, ci si propone di
presentare un caso pratico di implementazione del modello sfruttando le
funzionalità del programma Excel. L’approccio di Markowitz, infatti, è importante
non solo da un punto di vista teorico, ma anche per le sue implicazioni operative.
Dal contributo di questo studioso, del resto, ha preso avvio un’amplia riflessione
che ha permesso di affinare gli strumenti di individuazione di un portafoglio ottimo
Per concludere si è cercato di verificare l’efficacia di un portafoglio azionario
costruito secondo i principi elencati nei capitoli precedenti, testandone i risultati in
due diverse fasi congiunturali, la prima coincidente con la crisi che ha attanagliato i
mercati finanziari al termine del decennio precedente, la seconda riferita ai primi
cenni, anche se deboli, di ripresa post-crisi.
7
Capitolo 1
IL QUADRO TEORICO DELLA TEORIA DEL
PORTAFOGLIO DI MARKOWITZ
1.1. L’origine della modern portfolio theory
La modern portfolio theory rappresenta l’approccio tradizionale al problema
dell’identificazione del portafoglio di attività finanziarie che risponde alle
preferenze dell’investitore in termini di rischio e rendimento attesi. L’aggettivo
modern è ormai anacronistico dal momento che il punto di avvio dell’asset
management è collocato nel 1952, l’anno di pubblicazione dell’articolo Portfolio
selection di Markowitz
1
.
In realtà, il problema della costruzione di un portafoglio era già stato
impostato dalla letteratura economica precedente, anche se questa non era stata in
grado di individuare nella costruzione del portafoglio un problema di
ottimizzazione.
La teoria di Markowitz presenta dei collegamenti con alcuni lavori
pionieristici nel campo della teoria del rischio e della teoria di portafoglio.
La teoria del rischio ha conosciuto un significativo sviluppo, tra gli anni
Venti e Trenta del secolo scorso, grazie alle analisi sulla quantificazione del rischio
in economia da parte di Knight e della scuola russa. Frank H. Knight
2
ha ipotizzato
una differenza fra il rischio e l’incertezza, qualificando il primo come un’entità
misurabile e la seconda come una situazione cui non è possibile, in nessun modo,
attribuire una misura ma solo una probabilità di accadimento. La probabilità,
secondo Knight, non consiste quindi in una vera e propria stima (numerica) ma in
una «impossibile quantificazione dell’evento futuro». Lo studioso ha rifiutato,
1
H. Markowitz, Portfolio Selection, in Journal of Finance, March 1952.
2
F.H. Knight, Risk, uncertaìnty andprofit, Boston, The Riverside Press Cambridge, 1921.
8
quindi, il concetto di probabilità intesa come una dimensione oggettiva, vedendo in
essa piuttosto una variabile della valutazione.
Con riferimento all’ambito economico, Knight sottolinea come la situazione
d’incertezza sia all’origine del profitto imprenditoriale. Questo consiste, quindi,
nella remunerazione del rischio, vale a dire in una specie di rendimento ottenuto in
cambio dell’incertezza del suo conseguimento. Ne deriva la distinzione tra il rischio
e l’incertezza, la quale può essere determinata solo in termini probabilistici.
Nel decennio seguente la scuola russa ha formalizzato la teoria della
probabilità, trasformando quest’ultima in una branca della matematica.
Kolmogorov, in particolare, ha introdotto una nuova definizione di variabile
aleatoria, osservando che la sua probabilità consista nell’associare un numero ad
ogni evento atteso. Gnedenko, allievo di Kolmogorov, definisce una variabile
aleatoria osservando che «in ciascun caso interviene una quantità che in un modo o
nell’altro descrive i fenomeni che si stanno studiando. Sotto l’effetto di circostanze
casuali, ciascuna di queste quantità può prendere una varietà di valori diversi, e non
si può stabilire in anticipo quale valore la quantità assumerà, perchØ essa varia in
modo casuale da prova a prova». Inoltre, «per specificare cosa sia una variabile
aleatoria, è necessario conoscere quanto spesso, cioè con che probabilità, essa
assume questi valori»
3
. Ne deriva che «una variabile aleatoria è una quantità
variabile i cui valori dipendono dal caso e per le quali è stata definita una funzione
di distribuzione di probabilità»
4
.
Per quel che riguarda la teoria del portafoglio, i primi contributi significativi
si devono a Chambers
5
e Hicks
6
, i quali hanno intuito il concetto di diversificazione
e hanno sottolineato il ruolo del rischio nelle scelte degli investitori. Hicks, in
particolare, ha focalizzato l’attenzione sulla scelta ottima di un portafoglio di
attività finanziarie, dato il vincolo di ricchezza totale. Egli ha rilevato come gli
3
B.V. Gnedenko, Teoria della probabilità, Roma, Editori Riuniti, 2011, p. 130.
4
Ibidem.
5
S.P. Chambers, Fluctuations in capital and the demand of money, in Review of economic studies,
1934, n. 2.
6
J.R. Hicks, A suggestion for simplifying the theory of money, in Econometrica, February 1935.
9
investitori detenessero moneta (vale a dire attività liquide prive di interessi), allo
scopo di ridurre il rischio del portafoglio e come assicurazione a fronte
dell’incertezza sul futuro. Le decisioni sulla ricchezza dipendono, infatti, dalle
aspettative sui rendimenti e dal rischio delle diverse attività. Nel 1952, inoltre, Roy
7
ha proposto un processo di costruzione dei portafogli che, sviluppato su un piano
media-deviazione standard, ha delle analogie con il modello di Markowitz.
Anche l’ambiente accademico italiano ha dato un contributo alla nascita della
modern portfolio theory. Il matematico Bruno de Finetti ha anticipato infatti una
parte della teoria di portafoglio di Markowitz
8
. Il suo interesse si è focalizzato su
uno specifico problema dell’economia delle assicurazioni, denominato come “il
problema dei pieni”. Esso consiste «nel determinare il modo e i limiti piø
vantaggiosi nella riassicurazione, e cioè tali da rendere massima la diminuzione del
rischio di fallimento»
9
. De Finetti individua nello scarto quadratico medio una
misura del rischio uno strumento in grado di minimizzare le probabilità di
fallimento, gettando le basi per la riflessione sul problema della cosiddetta
ottimizzazione del portafoglio
10
.
Nel saggio Il problema dei pieni De Finetti ha anticipato l’approccio media-
varianza applicato all’analisi di portafoglio. Egli ha definito la varianza di un
portafoglio come «somma di covarianze», sviluppando il concetto di efficienza e
facendo riferimento alla normalità dei tassi di rendimento. De Finetti, inoltre, «ha
anche inventato una prima versione dell’algoritmo della linea critica, il metodo
numerico utilizzato per risolvere il problema delle “selezione di portafoglio”
(portfolio selection)»
11
. Questo insieme di studi, condotti tra gli anni Venti e Trenta
7
A.D. Roy, Safety first and the holding of assets, in Econometrica, July 1952.
8
M. Rubinstein, Bruno de Finetti and mean-variance portfolio selection, in Journal of investment
management, 2006, n. 3, secondo cui «De Finetti’s 1940 paper anticipated much of mean-variance
portfolio theory». Tuttavia «because he wrote mainly in Italian, de Finetti’s view of statistics did
not become influential in the United States until 1950s».
9
B. Finetti, Il problema dei pieni, in Giornale dell’Istituto Italiano degli Attuari, 1940.
10
M. Rubinstein, Bruno de Finetti and mean-variance portfolio selection, in Journal of investment
management, 2006, n. 3.
11
M. Rubinstein, Bruno de Finetti e l’approccio media-varianza alla selezione di portafoglio,
working paper, 2007, p. 2.
10
hanno aperto la strada alla modern portfolio theory, anticipando alcuni principi e
delineando un quadro concettuale utilizzato da Markowitz.
1.2. I presupposti teorici della selezione di portafoglio di Markowitz
Markowitz ha dato un apporto determinante alla diffusione della teoria delle
“scelte in condizioni di incertezza”. Infatti, uno dei suoi contributi piø significativi
può essere individuato nell’introduzione di una funzione obiettivo di secondo grado
a due variabili, all’interno della quale vengono definiti sia il rendimento atteso che
il rischio (rappresentato dalla deviazione standard)
12
. Questa intuizione ha messo
fine alla prassi di identificare l’obiettivo dell’investitore nella semplice
massimizzazione del rendimento atteso, spostando le scelte di portafoglio su un
piano (s ; μ). Markowitz ha anche formulato il problema dalla costruzione del
portafoglio come un modello di programmazione matematica e ha proposto un
algoritmo in grado di risolvere questo problema.
Cercando di sintetizzare il pensiero di Markowitz, è possibile affermare che
il suo “modello della frontiera efficiente” rappresenta la prima soluzione teorica al
problema di selezione di portafogli ottimi. La sua formulazione si basa su una serie
di ipotesi relative sia ai parametri di scelta del portafoglio, sia ai comportamenti
degli investitori. In particolare, vengono individuate tre ipotesi:
a) gli investitori selezionano i portafogli sulla base di due parametri, il
rendimento medio atteso ed il rischio atteso; quest’ultimo è misurato attraverso
la deviazione standard dei rendimenti s (oppure, come proposto dall’articolo
originario di Markowitz, dalla varianza dei rendimenti , cioè il quadrato
della deviazione standard
13
;
12
H.M. Markowitz, Portfolio Selection, in Journal of Finance, March 1952, 1, pp. 77-91; Id., The
Optimization of a Quadratic Function Subject to Linear Constraints, in Naval Research Logistics
Quarterly, 1956, 3, pp. 111-133; Id. Portfolio Selection: Efficient Diversification of Investments,
Cowles Foundation Monograph, Wiley 1959.
13
Successivamente sostituita con la deviazione standard.