6
INTRODUZIONE:
L’origine
del
termine
“irrational
exuberance”,
che
ha
dato
il
nome
all’omonimo
libro
scritto
da
Robert
Shiller
(docente
di
economia
all’università
di
Yale)
nel
2000,
lo
rivela
lo
stesso
autore
nel
sito
www.irrationalexuberance.com:
il
5
dicembre
del
1996,
al
Washington
Hilton
Hotel,
l’allora
presidente
del
Board
della
Federal
Reserve,
Alan
Greenspan,
tenne
un
discorso
intitolato
“The
Challenge
of
Central
Banking
in
a
Democratic
Society”
dinnanzi
all’Americ an
Enterprise
Institute
in
diretta
televisiva
su
C-‐SPAN
(Cable -‐Satellite
Public
Affairs
Networ k).
In
quel
lungo
discorso
di
quattordici
pagine
Greenspan
si
pose
una
domanda:
«But
how
do
we
know
when
irrational
exuberance
has
unduly
escalated
asset
values,
which
then
become
subject
to
unexpected
and
prolonged
contractions
as
they
have
in
Japan
over
the
past
decade?»
1
e
aggiunse:
«We
as
central
bankers
need
not
be
concerned
if
a
collapsing
financial
asset
bubble
does
not
threaten
to
impair
the
real
economy,
i ts
production,
jobs
and
price
stability»
2
.
Immediatamente
dopo
aver
detto
queste
parole
le
borse
di
tutto
il
mondo
subirono
un
crollo:
Dow
Jones
-‐2%;
Tokyo
e
Hong
Kong
-‐3%;
Francoforte
e
Londra
-‐4%.
La
forte
reazione
dei
mercati
rese
quella
frase
del
presi dente
della
FED,
famosa.
Greenspan
imparò
a
sue
spese
quanto
un
uomo
nella
sua
posizione
debba
stare
attento
alle
parole
che
usa
e
in
futuro
si
guardò
bene
dal
ripeterle.
L’espressione
“Irrational
exuberance”
è
divenuta
la
citazione
più
famosa
di
Greenspan
e
viene
tutt’oggi
utilizzata
per
descrivere
uno
stato
di
elevato
fervore
speculativo.
Ma
basta
un
relativamente
piccolo
crollo
in
borsa,
ampiamente
recuperato
nei
giorni
successivi,
a
spiegare
la
fortuna
di
questa
cauta,
poco
colorita,
e
quasi
neutra
espressione?
Perché
Greenspan
disse
quelle
parole?
Qual
era
il
contesto
in
cui
pronunciò
quel
discorso?
1
Ma
come
facciamo
a
sapere
quando
l’euforia
irrazionale
ha
fatto
eccessivamente
aumentare
i
valori
delle
azioni,
che
successivamente
divengono
soggette
a
inattese
e
prolungate
contrazioni
come
è
successo
in
Giappone
nel
decennio
passato?
2
Come
banchieri
c entrali
non
dobbiamo
preoccuparci
se
il
collasso
di
una
bolla
finanziaria
non
minaccia
di
danneggiare
l’economia
reale,
la
sua
produzione,
i
posti
di
lavoro
e
la
stabilità
dei
prezzi.
7
Gli
anni
‘90
sono
stati,
dal
punto
di
vista
economico,
quelli
della
New
economy
e
del
Nasdaq
a
5000
punti
(il
picco
di
5048,62
fu
raggiunto
il
10
marzo
del
2000)
3
.
Un
millennio
finiva
e
uno
nuovo
stava
per
cominciare.
Era
la
nuova
Golden
Age
che
nasceva
dalla
California
e
dalla
Silicon
Valley
(Berkeley,
Cupertino,
Palo
Alto,
San
Francisco,
Mountain
View).
Le
imprese
dot.com
sembravano
dover
crescere
all’infinito
e
i
prezzi
delle
azioni
di
queste
imprese
fortemente
innovative
aumentavano
senza
sosta.
Gli
enormi
investimenti
fatti
e
il
clima
d i,
appunto,
“euforia ”
di
quegli
anni,
certamente
preoccupavano
il
segretario
del
Comi tato
dei
Governatori
della
FED,
che
nel
suo
discorso
al
Washington
Hilton
Hotel
sembrava
voler
mettere
le
mani
avanti,
avvertendo
gli
investitori
che
un
intervento
della
Riserva
Federale
in
caso
di
crisi
finanziaria
non
era
affatto
scontato
(salvo
che
l’ev entuale
crisi
non
avesse
intaccato
anche
l’economia
reale,
cosa
che
puntualmente
avvenne).
Le
sue
preoccupazioni,
nonché
quelle
di
Shiller
e
altri
economisti,
si
rivelarono
fondate,
dal
momento
che
“nel
marzo
del
2000
il
Nasdaq
cominciava
la
discesa
agli
i nferi”
4
.
Nei
quattordici
anni
che
ci
separano
dalla
fine
della
New
Economy
sono
accaduti
molti
fatti
rilevanti:
il
31
gennaio
del
2006
il
mandato
di
Greenspan
alla
FED
scadde
e
al
suo
posto
venne
nominato,
dall’allora
presidente
George
W.
Bush,
Ben
Bernank e,
a
sua
volta
sostituito
da
Janet
Yellen
il
primo
febbraio
del
2014;
nel
2013
Robert
Shiller
è
stato
insignito
del
premio
Nobel
per
l’economia
(insieme
a
Eugene
F.
Fama
e
Lars
Peter
Hansen)
per
le
sue
analisi
empiriche
sui
prezzi
delle
azioni,
trattate
( anche)
nel
libro
“Euforia
Irrazionale”
edito
in
Italia
da
il
Mulino,
scritto
nel
2000,
e
di
cui
è
uscita
una
seconda
edizione
nel
2005;
alla
fine
d i
novembre
del
2013
il
Nasdaq
è
tornato
a
superare
stabilmente
i
4000
punti,
chiudendo
il
2013
a
4176,59
punt i
e
con
una
crescita
(nel
solo
2013)
del
38,3%
contro
il
29,6%
dello
Standard&Poor’s
500
e
il
26,5%
del
Dow
Jones
(fine
della
crisi
o
inizio
di
una
nuova
bolla
speculativa?)
5
.
Numeri
ancora
distanti
da
quelli
raggiunti
nell’apice
della
bolla
della
New
Econ omy,
ma
il
fiorire
di
imprese
come
Facebook,
Twitter,
Instagram,
Google,
Apple,
Amazon,
Netflix,
eBay,
ecc.,
il
collocamento
in
borsa
di
molte
di
queste
imprese
hi -‐tech
e
start -‐up,
i
forti
investimenti,
la
cronica
mancanza
di
interventi
legislativi
che
reg olino
il
mercato
finanziario,
ha
portato
molti,
tra
cui
Bill
Gurley
della
Benchmark
(fondatore
di
3
Marco
Valsania,
Il
Sole
24
ore,
Nasdaq,
da
Netflix
ad
Amazon
i
titoli
che
hanno
guidato
la
corsa .
Yahoo
finanza.
4
Federico
Rampini,
Torna
l’euforia
sui
titoli
internet:
Nasdaq
a
4000,
rischio
nuova
bolla .
Repubblica,
28
novembre
2013.
5
Yahoo
finanza.
8
Snapchat)
a
dire
al
New
York
Times
che
“ogni
giorno
che
passa
sembra
sempre
più
simile
al
1999”
6
.
Aziende
come
Twitter
e
Snapchact
sono
valutate
miliardi
di
d ollari
ma
non
hanno
un
fatturato
né
generano
profitti.
Più
di
cinque
anni
sono
passati
da
quando,
il
9
marzo
del
2009,
la
borsa
toccò
il
suo
minimo.
Da
allora
quello
che
abbiamo
vissuto
è
stato
un
periodo
di
Toro
vigoroso,
“Dei
cinque
periodi
Toro
dalla
se conda
guerra
mondiale
a
oggi,
solo
tre
si
prolungarono
fino
al
sesto
compleanno.
E
alcuni
di
questi
Tori
quinquennali
finirono
molto
male:
uno
si
concluse
con
il
crollo
di
Borsa
dell'ottobre
1987,
un
altro
con
la
grande
crisi
del
2007 -‐2009”
7
.
Le
ragioni
de ll’odierna
crescita
delle
imprese
associate
al
Nasdaq
sono
tuttavia
diverse
da
quelle
che
ne
determinarono
la
crescita
negli
anni
della
New
Economy :
secondo
il
Wall
Street
Journal
le
aziende
puramente
tecnologiche ,
che
capitalizzavano
il
66%
nel
1999,
oggi
pesano
meno
del
45%.
Più
della
tecnologia
pura
(server
informatici,
fibre
ottiche,
prodotti
hi -‐tech)
oggi
a
trainare
il
Nasdaq
sono
i
servizi,
le
app,
l’e -‐commerce,
i
social
networks
e
il
web
cosiddetto
2.0.
Creare
start
up
oggi
costa
molto
meno
di
quanto
costasse
negli
anni
‘90
e
ciò
ha
contribuito
a
ridurre
il
volume
dei
pur
consistenti
investimenti
nella
Silicon
Valley
8
.
Nonostante
queste
rilevanti
differenze,
l’aria
che
oggi
si
respira
sui
mercati
è
molto
simile
a
quella
degli
anni
‘90.
L a
crisi
economica,
creata
dalla
finanza
creativa
e
dalla
bolla
speculativa
sui
mutui
per
la
casa ,
non
è
ancora
stata
del
tutto
superata ,
non
solo
in
Europa ,
ma
anche
negli
Stati
Uniti,
dove
dopo
i
buoni
risultati
del
2012
(con
un
PIL
in
crescita
del
2,8%)
e
del
2013
(+1,9%)
9
,
raggiunti
grazie
alla
“droga”
del
quantitative
easing ,
la
ripresa
resta
ancora
incompleta,
tanto
che
il
PIL
americano
è
tornato
a
calare
nel
primo
trimestre
del
2014 .
Il
25
giugno
è
stata
infatti
resa
nota
dallo
U.S.
Department
of
Commerce
la
sti ma
sulla
crescita
del
PIL
americano
nei
primi
tre
mesi
dell’anno:
-‐2,9%.
Questo
dato
è
stato
considerato
dai
mercati
non
come
un
segno
della
fragilità
della
ripresa
in
corso,
ma
come
un
“incidente
di
percorso ”
frutto
del
maltempo
(quello
del
2014
è
stato
u no
degli
inverni
più
rigidi
degli
ultimi
cento
anni
negli
Stati
Uniti)
e
dell’entrata
in
vigore,
il
primo
gennaio,
dell’Obama
Care,
con
consistenti
perdite
per
le
compagnie
6
Federico
Rampini,
Torna
l’euforia
sui
titoli
internet:
Nasdaq
a
4000,
r ischio
nuova
bolla.
Repubblica,
Repubblica,
28
novembre
2013.
7
Federico
Rampini,
Wall
Street,
Cinque
anni
da
toro.
Ma
la
crisi
può
arrivare
col
sesto ,
Rapubblica,
10
marzo
2014.
8
Federico
Rampini,
Torna
l’euforia
sui
titoli
internet:
Nasdaq
a
4000,
risch io
nuova
bolla ,
Repubblica,
28
novembre
2013.
9
Ansa.it-‐economia-‐30
gennaio
9
d’assicurazione
10
.
D a
cinque
anni
a
questa
parte
i
mercati
fanno
regist rare
continui
aumenti
dei
listini
dei
prezzi
delle
azioni,
in
un
clima
di
ottimismo
e
fiducia
nel
futuro ,
nonostante
diversi
economisti
tra
cui
Larry
Summers
e
Paul
Krugman
sostengano
ormai
apertamente
l’ipotesi
che
il
mondo
stia
per
entrare
in
un
periodo
di
stagnazio ne
secolare
così
come
teorizzato
già
da
John
Mynard
Keynes,
Alvin
Hansen
e
G ünnar
Myrdal
11
.
Secondo
uno
studio
condotto
dal
giornalista
economico
David
Yanofsky,
e
pubblicato
sul
sito
Quartz,
intitolato
“ How
you
could
have
turned
1000$
into
billions
of
dollars
by
perfectly
trading
the
S&P
500
this
year ”
12
,
si
dimostra
come
un
ipotetico
investitore
che
avesse
iniziato
con
un
budget
di
1000
dollari
(meno
di
750
euro
al
cambio
attuale)
e
avesse
investito
e
disinvestito
il
suo
denaro,
giorno
dopo
giorno,
per
tutto
il
2013,
spostandolo
tra
129
delle
500
società
quotate
con
lo
S&P
500,
avrebbe
potuto
moltiplicare,
in
241
mosse,
il
suo
capitale,
facendolo
arrivare
alla
cifra
astronomica
di
264
miliardi
di
dollari
(circa
192
miliardi
di
euro).
Come
lo
stesso
autor e
ammette,
la
probabilità
di
riuscire
in
una
tale
impresa
sarebbe
stata
una
su
3.53
x
10
72
.
Senza
contare
che
ci
sarebbero
state
le
tasse
da
pagare,
che
per
certe
somme
di
denaro
non
ci
sarebbe
stata
abbastanza
offerta
di
azioni,
che
un
movimento
di
cifre
così
alte
avrebbe
modificato
l’andamento
stesso
del
mercato,
ecc.
Tuttavia
questo
modello
teorico
dà
un’idea
concreta
di
come
sul
mercato
sia
ritornato
l’ottimismo
dopo
la
tempesta
del
settembre
2008.
Tra
le
ragioni
che
in
quell’anno
portarono
all’insorge re
di
una
bolla
speculativa
sui
mutui,
ci
fu
la
decisione,
da
parte
di
Greenspan
e
della
FED
(in
seguito
ai
crolli
della
borsa
verificatisi
nel
marzo
del
2000
e
nel
settembre
del
2001)
di
portare
avanti
una
politica
monetaria
espansiva
e
di
ridurre
i
tassi
d’interesse
all’1%
nel
tentativo
di
dare
una
scossa
all’economia.
La
conseguenza
fu
che
per
le
banche
(americane
ed
estere)
divenne
conveniente
prendere
in
prestito
denaro
dalla
FED
e
sfruttare
il
meccanismo
della
leva
finanziaria.
Gli
investitori,
che
tr adizionalmente
si
rivolgono
ai
treasury
bonds
alla
ricerca
di
investimenti
poco
rischiosi,
furono
a
loro
vo lta
incentivati
a
cercare
asset
più
redditizi
(rispetto
al
“misero”
1%
offerto
dalla
FED)
verso
i
quali
10
Enrico
Ascari,
Perché
è
fasullo
il
calo
del
Pil
negli
Usa ,
Economia
Web,
26
giugno
2014.
11
Vedi
Edward
Hugh,
Secular
stagnation
(part
1
and
2) ,
A
Fistful
Of
Euros,
6
e
15
giugno
2014.
12
David
Yanofsky ,
How
you
could
have
turned
1000$
into
billions
of
dollars
by
perfectly
trading
the
S&P
500
this
year ,
Quartz,
16
dicembre
2013.
10
dirigere
i
propri
capitali.
Le
banche
d’inves timento
glieli
fornirono.
Convertendo
i
mutui
sulla
casa
(comp resi
quelli
sub -‐prime)
in
asset
di
altro
tipo
che
potessero
essere
finanziati
(come
le
obbligazioni),
misero
in
circolazione
sul
mercato
finanziario
migliaia
di
CDO
(collateralized
debt
obbligat ions),
che
poi
persero
di
valore
con
il
crollo
dei
prezzi
degli
immobili.
Insomma
la
crisi
globale
del
2008
è
figlia
anche
delle
politiche
monetarie
statunitensi
messe
in
atto
a
inizio
millennio
per
risolvere
la
crisi
del
2001,
a
sua
volta
figlia
della
dot-‐com
bubble
degli
anni
‘90.
La
situazione
odierna
presenta
delle
pericolose
similarità
con
il
passato:
i
tassi
d’interesse
sui
titoli
del
debito
pubblico
americano
sono
ai
minimi
storici.
La
FED
nell’ultimo
anno
ha
deciso
di
ridurre
l’acquisto
massiccio
di
titoli
sul
mercato
( treausury
bonds
e
titoli
legati
ai
mutui)
da
85
a
75
a
65
e
infine
a
55
miliardi
di
dollari
al
mese
(decisione
annunciata
il
19
marzo
2014),
ma
secondo
alcuni
esperti
si
assisterà
a
un
reale
rialzo
del
costo
del
denaro
solo
attorno
all a
metà
del
2015 ;
l’entrata
in
vigore
della
Volker
Rule
(dicembre
2013),
che
impone
forti
limiti
alle
attività
rischiose
dei
banchieri,
appare
a
molti
tardiva
e
comunque
non
sufficiente
a
impedire
ad
alcuni
economisti
e
giornalisti
economici
di
intravedere
già
la
prossima
crisi
finanziaria
globale
(visto
anche
il
forte
aumento
dei
prezzi
delle
case
e
il
ritorno
della
bolla
immobiliare);
Nasdaq,
Dow
Jones
e
S&P
500
sono
rispettivamente
e
stabilme nte
sopra
quota
4000,
16500
e
19 00.
Come
dice
il
proverbio:
sba gliando
s’impara.
Ebbene
questa
massima
della
saggezza
popolare
non
vale
per
i
mercati
finanziari,
che
sembrano
avere
(se
considerati
come
un’unica
entità)
una
memoria
assai
breve
e
una
capacità
di
trarre
lezioni
da
eventi
tragici,
come
quello
della
crisi
appena
passata,
davvero
scarsa.
Questa
tesi
altro
non
è
che
il
tentativo
di
approfondire
una
teoria
(quella
dell’efficienza
dei
mercati)
che
ha
plasmato
il
modo
di
agire
dei
mercati
e
le
scelte
dei
legislatori
in
quest’ambito.
De
te
fabula
narratur ,
dice
i l
motto
latino,
questa
favola
parla
già
di
noi,
e
quello
che
è
importante
capire,
oltre
l’analisi
che
svilupperò
in
questa
tesi,
è
se
esiste
la
possibilità
di
imparare
anche
per
chi
non
impara
mai,
oppure
se,
parafrasando
Richard
Brooks
ne
“L’ultima
minacc ia”
bisogna
rassegnarsi
al
“ That's
the
market,
baby,
the
market.
And
there's
nothing
you
can
do
about
it.
Nothing.”