7 Capitolo 1
L’idea di base
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1.1 L’idea della multiplazione
Il termine Multiplazione indica una particolare tecnica di elaborazione, in fase
trasmissiva, che consente l'utilizzo simultaneo dello stesso mezzo trasmissivo (cavi
coassiali, ponti radio, tratte vie satellite, fibre ottiche...) da parte di più segnali. In
ricezione parliamo invece di Demultiplazione, operazione inversa della
Multiplazione, con la quale recuperiamo il segnale trasmesso.
Per fare un esempio pratico consideriamo una grossa autostrada: il casello di ingresso
può essere visto come un multiplatore, le auto che lo attraversano possiamo
considerarle come i segnali trasmessi; l'autostrada sarà quindi la nostra direttrice di
trasmissione sulla quale viaggeranno contemporaneamente e ad alta velocità molti
segnali (le auto).
Le operazioni di demultiplazione saranno infine effettuate dal casello di uscita dopo
il quale ogni auto (segnale) prenderà la via per la destinazione finale. In questo caso
abbiamo ottenuto una sorta di multiplazione a divisione di tempo (i tempi di risposta
dei singoli caselli molto raramente saranno uguali tra loro) sovrapposta ad una
multiplazione a divisione di spazio (le auto, salvo "rare occasioni", viaggeranno su
corsie distinte, una per un senso, l'altra per il senso opposto).
81.2 FDM (Frequency Division Multiplexing)
Supponiamo che la linea di trasmissione ha una larghezza di banda di gran lunga più
grande di quella richiesta da una singola connessione. Per esempio, nella figura
successiva, ogni utente trasmette un segnale di W Hz, e il canale che ha a
disposizione ha una larghezza di banda disponibile maggiore di 3W. Con il metodo a
divisione di frequenza (FDM), la larghezza di banda del canale è divisa in un numero
di slot di frequenze, ognuno dei quali può fornire banda sufficiente per il segnale di
una singola connessione.
Figura 1: Connessioni singole
Il multiplexer assegna uno slot di frequenza ad ogni connessione e utilizza la
modulazione in frequenza per posizionare il segnale della connessione nello slot ad
esso assegnato. Questo processo ha come risultato un segnale totale che trasporta
tutte le connessioni, come mostrato nella figura seguente.
Figura 2: Connessioni multiplate
9Una volta che il segnale combinato è stato trasmesso, spetta al demultiplexer
separare il segnale nelle sue componenti.
Riducendo il numero di portanti fisici (cavi, fibre ottiche, ecc.) si ha una riduzione
dei costi per la realizzazione del sistema. La FDM è stata introdotta nelle reti
telefoniche negli anni trenta (1930 circa). Il multiplexer analogico più semplice
combina 12 canali voce in una linea.
Ogni segnale voce occupa una banda di 4 KHz. Il multiplexer modula ogni canale
voce in modo che esso occupi uno slot di 4 KHz tra i 60 e i 108 KHz. Tipici esempi
di tecnologia FDM sono la radio (broadcast), la TV, sia via radio che via cavo,
sistemi in cui ogni stazione ha un’assegnata e precisa banda di frequenza. Alle
stazioni AM, FM e tv sono assegnate bande di frequenza di 10 KHz, 200 KHz e
6MHz rispettivamente.
In alcuni casi l’FDM è stato usato anche nella telefonia cellulare dove un gruppo di
slot di frequenza, tipicamente da 25 a 30 KHz, era condiviso dagli utenti che si
trovavano nella stessa cella geografica; ad ogni utente si assegnava una frequenza per
ogni direzione.
Si noti, inoltre, che nell’FDM le informazioni trasmesse dall’utente possono essere
sia in forma analogica che in forma digitale e che le informazioni provenienti da tutti
gli utenti scorrono contemporaneamente. I singoli canali sono separati tra loro da un
opportuno intervallo frequenziale detto "banda di guardia" (guard band).
Questa accortezza fa si che i segnali non si sovrappongano (overlapping) se non per
tratti irrilevanti. Il Rumore può infatti causare indesiderate invasioni di banda tra
segnali adiacenti compromettendo in questo modo la giusta rivelazione. Con le bande
di guardia limitiamo fortemente l'ammontare di informazione che si sovrappone tra
ogni canale.
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Figura 3: Bande di Guardia
Uno dei vantaggi nell' utilizzare questo metodo è dato dal fatto che non necessitiamo
di un clock di riferimento. Ogni segnale ha la sua Banda e la sua portante, così che il
ricevitore può agilmente recuperare l'informazione.
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1.3 TDM (Time Division Multiplexing)
Nel time division multiplexing (TDM), la trasmissione tra i multiplexer è realizzata
attraverso una singola linea ad altissima velocità di trasmissione digitale. Ogni
connessione produce un flusso di dati digitale che viene multiplato e inserito
all’interno di tale linea ad alta velocità. Per esempio nella figura seguente si vede che
ogni connessione genera un segnale che produce un’unità informativa ogni 3T
secondi. Questa unità di informazione potrebbe essere un bit, byte o un qualsiasi
blocco di bit con dimensione fissata.
Figura 4: Singole connessioni
Tipicamente, la linea di trasmissione è divisa in trame che a turno sono a loro volta
divise in un numero prestabilito di slot di dimensione fissa. Per esempio nella figura
seguente, la linea di trasmissione può trasmettere un’unità di informazione ogni T
secondi e il segnale combinato ha una struttura di trama che è costituita da tre slot,
uno per ogni utente.
Figura 5: Connessioni multiplate
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Durante il setup del trasferimento a ogni connessione viene assegnato uno slot che
può contenere tutte le informazioni prodotte da tale connessione. Il TDM fu
introdotto nelle reti telefoniche nei primi anni sessanta (1961). Nella figura seguente
è mostrato come esempio il sistema di trasporto T1 (il primo utilizzato negli USA)
che consente la connessione a 24 flussi digitali.
Figura 6: Sistema T1
Ricordiamo che un segnale telefonico vocale (digitale) è ottenuto campionando
l’onda vocale 8000 volte al secondo e che ogni campione viene rappresentato con 8
bit. Il sistema T1 utilizza una trama di trasmissione che consiste in 24 slot di otto bit
ciascuno e ogni slot trasporta un campione PCM per una singola connessione.
L’inizio di ogni trama è indicato da un singolo bit che segue un certo modello
periodico. La risultante linea di trasmissione ha quindi una velocità pari a:
Notare come nel TDM la dimensione dello slot e la velocità di ripetizione
determinano il bit rate della singola connessione. Il sistema T1 fu introdotto nel 1961
per trasportare il traffico tra le centrali telefoniche. La crescita del traffico telefonico
e gli sviluppi nella trasmissione digitale hanno condotto allo sviluppo di una
gerarchia di multiplazione digitale standard. La nascita di questa gerarchia digitale è
analoga all’introduzione di multilinee ad altissima velocità per interconnettere le
maggiori città. La figura seguente mostra le gerarchie di trasmissione digitale che
furono sviluppate in Nord America e in Europa.
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In nord America e in Giappone, il segnale digitale 1 (DS1), che corrisponde all’uscita
di un multiplatore T1, divenne blocco fondamentale. Il DS2 è ottenuto combinando 4
segnali DS1 e il DS3 è ottenuto combinando 28 segnali DS1. Il segnale DS3, con una
velocità di 44.736 Mb/s, ha trovato largo impiego nella comunicazione ad alta
velocità soprattutto per i grandi utenti (come grandi aziende per esempio). In Europa
il CCITT (oggi ITUT) sviluppò una simile gerarchia digitale: il CEPT1 (chiamato
più semplicemente E1), che consisteva in 32 canali a 64 Kb/s, divenne il blocco
fondamentale. Solo 30 di questi 32 canali erano usati per il trasporto voce; degli altri
due, uno era usato per la segnalazione e l’altro era usato per l’allineamento di trama e
per la gestione del collegamento. Il secondo, terzo, quarto livello di tale gerarchia
digitale erano ottenuti attraverso la combinazione di quattro segnali di livello
inferiore (come mostrato in figura).
Figura 7: Gerarchie digitali
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1.4 CDM (Code Division Multiplexing)
In questo metodo di multiplazione ad ogni utente viene assegnato un codice che
permette la condivisione del canale da parte di più soggetti. Il ricevitore è adattato ad
uno solo dei segnali trasmessi ed essendo una tecnica a banda larga esso utilizzerà
tutta la banda disponibile per la trasmissione dell' informazione. Questo tipo di
accesso multiplo è noto anche come accesso multiplo a spettro espanso (spread-
spectrum multiple access): ciò è dovuto al fatto che l' intera larghezza di banda viene
utilizzata.
In effetti non esistono limitazioni sulla larghezza di banda usata da un segnale, a
patto che esso stia dentro alla banda del trasmettitore; nel CDMA si può trasmettere
ad ogni istante lo si desideri. Ogni messaggio che viene spedito dal trasmettitore
contiene un' unica parola di codice che sarà necessaria ad una stazione ricevente per
poter prelevare i dati cui siamo interessati. Ogni segnale è virtualmente separato
dagli altri grazie ad una apposita codifica che gli viene assegnata e che, in fase
ricettiva, ci permette di isolare, tramite un' operazione di correlazione, il segnale che
ci interessa.
E' necessario che la sincronizzazione sia estremamente precisa per non alterare
l'operazione di correlazione utile alla giusta rivelazione del nostro segnale. Per
codificare i segnali in trasmissione viene utilizzata una sequenza pseudo-casuale (
pseudo-noise sequence o pseudo-random sequence ) che viene moltiplicata per la
sequenza di bit da trasmettere e che è nota al ricevitore. L'altro metodo usato in
trasmissione per realizzare il CDMA è il così detto frequency hopping. In questo
caso l'utente anziché trasmettere su una frequenza fissa, cambia periodicamente la
frequenza di trasmissione; è chiaro che, per poter ricostruire il segnale di
informazione, il ricevitore dovrà conoscere la sequenza di frequenze utilizzate dal
trasmettitore.
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Figura 8: Condivisione canali CDM
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1.5 WDM (Wavelength Division Multiplexing)
DWDM (Dense Wavelength Division Multiplexing) indica la tecnica di
multiplazione che permette di trasmettere contemporaneamente su una singola fibra
ottica una molteplicità di segnali generati da sorgenti laser diverse, accordate su
differenti lunghezze d’onda indicate in genere come “lambda”.
Nonostante, per motivi legati a tradizioni culturali del mondo dell’ottica, si adotti il
termine Wavelength (lunghezza d’onda) piuttosto che Frequency (frequenza), il
principio di Multiplexing (multiplazione) è quello della divisione di frequenza già
noto ed ampiamente utilizzato in quasi tutti i sistemi di trasmissione sia analogici sia
numerici.
La lettera “D” che precede la sequenza di lettere “WDM” indica che la differenza tra
le lunghezze d’onda di canali adiacenti è inferiore ad 1 nm, cioè che la multiplazione
è di tipo “denso”.
Le lunghezze d’onda che interessano le comunica-zioni ottiche su fibra, sia su
singolo canale sia multicanale, sono quelle comprese tra 800 e 1600 nm e sono
collocate quindi nella porzione dello spettro cosiddetto “vicino all’infrarosso”.
In questa regione è possibile identificare tre regioni di lavoro denominate prima
finestra (intorno a 850 nm), seconda finestra (intorno a 1310 nm) e terza finestra
(intorno a 1550 nm).
A ciascuno di questi intervalli di frequenza corrisponde un minimo locale del valore
di attenuazione introdotto dalla fibra ottica e tutti i sistemi trasmissivi adottano
sorgenti laser che emettono in una di queste tre regioni. In un sistema Dense WDM
tutti i canali ottici sono allocati all’interno di un’unica finestra trasmissiva.
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Figura 9: Regioni di attenuazione di una fibra ottica e rappresentazione del DWDM
Si ricorda che le prime applicazioni della multiplazione di lunghezza d’onda furono
di tipo “sparso”, nel senso che i segnali ottici giacevano in finestre trasmissive
differenti; ad esempio un segnale a 1310 nm e un altro a 1550 nm. La disponibilità
abbastanza recente di amplificatori ottici con alte prestazioni in terza finestra ha
orientato gli sviluppi verso sistemi DWDM che operano proprio in questa finestra
trasmissiva. Lo schema di principio di un generico collegamento DWDM è
rappresentato in figura 10: in essa è riportato uno solo dei due versi di trasmissione;
il secondo verso, il cui schema di principio è identico, è realizzato utilizzando una
seconda fibra ottica.
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Figura 10:Schema di principio di un sistema (D)WDM
I sistemi DWDM progettati secondo lo schema di figura 10 sono detti sistemi
DWDM monodirezionali in quanto i segnali che viaggiano lungo ciascuna delle due
fibre ottiche che compongono il collegamento si propagano in uno stesso verso (da
sinistra a destra nel caso di figura 10; in tale figura ciascun segnale ottico è
rappresentato schematicamente dal proprio spettro in frequenza). È stata anche
realizzata una classe di sistemi DWDM - detti bidirezionali - dove, su ciascuna delle
due fibre che compongono il collegamento, i segnali si propagano nei due versi
opposti, consentendo così di realizzare collegamenti bidirezionali su una singola
fibra ottica.
Un collegamento DWDM è di norma bidirezionale e simmetrico, in quanto esso
permette la trasmissione di flussi informativi dello stesso tipo in entrambi i versi.
Queste caratteristiche possono essere realizzate con sistemi DWDM sia
monodirezionali sia bidirezionali. Con riferimento alla figura 10, e seguendo il
percorso dei segnali da sinistra verso destra, si osserva la presenza di un accoppiatore
passivo N:1 che svolge la funzione di accoppiare (cioè di convogliare) gli N segnali
generati dai laser verso un’unica fibra di uscita. Per permettere ai dispositivi posti in
ricezione di filtrare in frequenza e quindi di separare i segnali, le lunghezze d’onda
degli N laser devono necessariamente essere diverse. Per poter recuperare
l’attenuazione introdotta dall’accoppiatore passivo e lanciare in fibra ottica una
potenza sufficientemente elevata, il segnale all’uscita dell’accoppiatore passivo
attraversa un amplificatore ottico detto amplificatore di lancio o di potenza (booster).
Il segnale all’uscita del booster è predisposto per essere lanciato nella fibra.
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Qualora la distanza tra i due terminali sia elevata, è possibile introdurre lungo il
percorso uno o più amplificatori ottici di linea detti OLA (Optical Line Amplifier),
che hanno il compito di recuperare l’attenuazione introdotta dalla tratta in fibra che li
precede. Prima di raggiungere lo splitter passivo, il segnale a multilunghezza d’onda
subisce un’amplificazione ad opera del PRE (PREamplificatore ottico) che ha il
compito di riportare il livello dei segnali a valori tali per cui la divisione operata
dallo splitter e il successivo filtraggio operato dai filtri ottici non portino la potenza
di ciascun segnale sotto la sensibilità minima dei ricevitori (non riportati in figura 10)
posti a valle dei filtri ottici.
Anche non considerando l’attenuazione introdotta dalla fibra ottica, la presenza
dell’accoppiatore, dello splitter e dei filtri rende necessaria l’amplificazione ottica
per l’utilizzo della multiplazione di lunghezza d’onda nelle effettive condizioni di
impiego e cioè per distanze tra i due terminali superiori a qualche decina di
chilometri.
In assenza di amplificazione ottica, infatti, l’attenuazione introdotta dai componenti
passivi (detta perdita di inserzione) ridurrebbe il livello di potenza di ciascun segnale
a livelli insufficienti per una ricezione corretta. L’utilizzo di accoppiatori, splitter e
filtri a bassissima perdita di inserzione rende comunque possibile l’uso della
multiplazione di lunghezza d’onda senza amplificazione ottica in applicazioni di
trasporto in ambito locale o metropolitano dove le distanze da superare sono
dell’ordine della decina di chilometri. Nei capitoli seguenti saranno descritti i diversi
componenti fondamentali dei sistemi DWDM, le problematiche trasmissive che è
necessario tenere in conto in fase di progettazione e saranno fornite indicazioni circa
i criteri stessi di progettazione.