La tecnica del rinvio legale alla contrattazione collettiva
2
la utilizza) di raggiungere obiettivi che travalicano l’aspetto strettamente giuridico
per coinvolgere dinamiche di politica economica e sindacale.
Il “rinvio” assume un ruolo centrale nelle ultime riforme del mercato del
lavoro, dove si è riscontrato un vero e proprio utilizzo sempre più frequente con
conseguenze non trascurabili sulla struttura delle relazioni sindacali e di
regolazione del mercato del lavoro.
Nel secondo capitolo verrà analizzato nel dettaglio il processo di
“funzionalizzazione” del contratto collettivo, elencandone le caratteristiche e le
“tipologie” che nel corso del tempo si sono man mano affermate.
Il sindacato, fino a quel momento (anni ‘70) alle prese con la classica
funzione “acquisitiva” del contratto collettivo, diventa dispensatore di “sacrifici”,
ricoprendo in maniera sempre più decisa un ruolo cardine nella stagione
dell’emergenza, autorizzando l’ingresso di crescenti dosi di flessibilità nel
mercato del lavoro.
La parte più corposa riguarda l’utilizzo della tecnica del rinvio legale nelle
riforme che a partire dagli inizi del 2000 hanno rivoluzionato il mercato del lavoro
e, come si cercherà di dimostrare nel terzo capitolo, anche il sistema di relazioni
industriali del nostro Paese.
Nel dettaglio verranno esaminate le nuove discipline del lavoro a termine,
dell’orario di lavoro e del nuovo mercato del lavoro, in cui l’ago della bilancia nel
rapporto tra legge ed autonomia collettiva, di cui la tecnica del rinvio legale
continua ad essere il link principale, sembra tendere più verso il primo dei due
elementi. Si riscontra, inoltre, un ruolo sempre più importante assunto
dall’autonomia individuale e persino dal Ministero, sebbene in maniera
suppletiva.
Esaminando l’ultimo intervento in tema di Welfare (la legge 247/2007 di
recepimento del protocollo del 23 luglio dello stesso anno), si evidenzierà il
tentativo di riportare nell’alveo della contrattazione collettiva ciò che prima era
regolato anche dall’autonomia individuale. Allo stesso tempo permangono i dubbi
sulla destrutturazione del sistema e sull’ingorgo “normativo”.
La tecnica del rinvio legale alla contrattazione collettiva
3
La tecnica del rinvio legale rimanda la disciplina di particolari fattispecie,
con le modalità e le differenze esposte nel capitolo precedente, alla contrattazione
collettiva. Le domande dalle quali prende inizio il terzo capitolo sono le seguenti:
ma a quale contrattazione si fa rinvio? Quali sono i contratti collettivi stipulati
dalle (da) organizzazioni sindacali maggiormente (comparativamente più)
rappresentative?
Dopo aver introdotto il problema della rappresentatività sindacale, si
cercherà di portare la questione sul piano concreto, sottolineando ciò che da alcuni
anni si sta verificando nel settore della Cooperazione, dove sono presenti per lo
stesso settore merceologico due diversi contratti collettivi, in “teoria” entrambi
qualificati come “rappresentativi”.
L’esempio del settore della Cooperazione offrirà lo spunto per esprimere la
personale opinione sul tema di un intervento regolativo e chiarificatore del
Legislatore, argomento dibattuto da tempo ed ancora attualissimo.
La tecnica del rinvio legale alla contrattazione collettiva
4
Capitolo Primo
La tecnica del rinvio legale alla contrattazione collettiva
nel contesto storico – sindacale
1. Gli anni ’70
Perché iniziare dagli anni 70? Tante sono le motivazioni che sono alla base della
scelta di avviare il presente lavoro da tale periodo. Innanzitutto è proprio nel 1970
che si è avuto il primo, forse rimasto tale, intervento sistemico dello Stato in una
materia, qual è il diritto giussindacale, da sempre immune da qualsiasi intervento
eteronomo: ossia la legge 300/1970 (c.d. Statuto dei Lavoratori). È in questo
periodo che emerge con forza il rapporto tra legge e contrattazione collettiva, da
cui deriva un processo di “funzionalizzazione” di quest’ultimo, in un disegno che
va al di là dei meri intenti giuridici per abbracciare obiettivi anche di politica
economica e politici tout court. Le stesse considerazioni sono alla base dei primi
tentativi di concertazione che, sempre in questi anni, cominciano ad affermarsi,
seppur in una fase, per così dire, germinale. Negli anni ’70 si ha il passaggio dalla
rappresentanza alla rappresentatività sindacale, concetto che tanta fortuna avrà
nell’immediato futuro ed in quello più lontano e che, insieme alla tecnica del
rinvio legale alla contrattazione collettiva, assumerà un ruolo centrale nel
regolamentare un diritto del lavoro e sindacale ormai divenuti moderni.
La tecnica del rinvio legale alla contrattazione collettiva
5
1.1. La necessità dell’intervento legislativo – lo Statuto dei
Lavoratori
Il diritto sindacale italiano, basato su poche fonti legislative, è stato definito da
alcuni
1
“un diritto senza leggi”. Il suo sviluppo è dovuto essenzialmente ad una
sorta di autoproduzione normativa attraverso la giurisprudenza e l’elaborazione
della dottrina che, anche a causa di influssi ideologici, inevitabilmente ha
condotto a non poche incertezze nella disciplina. Gli stessi contratti collettivi post-
corporativi, riportati nell’ambito della disciplina generalissima del codice civile e
cioè in quella dei contratti di diritto comune, sono espressione di tale fenomeno di
autoregolamentazione.
La caratteristica dell’assenza delle leggi nel diritto sindacale si è inevitabilmente
attenuata nel tempo, perché man mano si sono resi necessari vari interventi del
legislatore.
La prima generale e sistemica espressione di tale cambiamento è senza dubbio la
legge n. 300 del 20 maggio 1970, nota ai più come “Statuto dei Lavoratori”.
La necessità dell’intervento è spiegabile alla luce del cambiamento dall’interno,
cioè nell’ordinamento intersindacale
2,
delle “regole del gioco” che, fino a quel
momento, erano alla base del sistema di relazioni industriali in Italia. Queste,
infatti, non potevano più reggere l’onda d’urto che scaturiva da una realtà sociale
e sindacale completamente diversa. Il ridursi dell'ampio consenso dei lavoratori
alle politiche e alle strategie delle “storiche” organizzazioni riconosciute, lo
spostamento dei confini del conflitto capitale/lavoro dalla categoria professionale
all'azienda e il moltiplicarsi degli agenti contrattuali incontrollabili dagli stessi
sindacati confederali sono tutti elementi che hanno reso inevitabile l’intervento
dello Stato, nel tentativo di razionalizzare i meccanismi di funzionamento delle
relazioni industriali, almeno a livello aziendale. Obiettivo che, come si vedrà in
seguito, tenderà a rafforzare proprio quella “rappresentatività” delle
organizzazioni sindacali storiche che veniva messa in discussione in quegli anni.
1
Giugni Gino, Diritto sindacale, Cacucci Editore 2002, pag. 14; Miscione Michele – Dialoghi di
diritto del lavoro – Kluwer IPSOA 2001, pag. 21.
2
Giugni Gino, Diritto sindacale, Cacucci Editore 2002, pag. 15.
La tecnica del rinvio legale alla contrattazione collettiva
6
Lo Statuto può essere visto come la risposta dell'ordinamento statuale
all'accertata incapacità del sistema (intersindacale) nel continuare ad
autoregolarsi.
Tralasciando gli aspetti contenutistici dello Statuto, ciò che si vuole mettere in
evidenza, perché strumentale all’obiettivo della presente ricerca di indagare sul
rapporto tra contrattazione collettiva e legge, è che con esso si è delineato “un
esempio di raccordo funzionale tra ordinamento statuale e ordinamento
intersindacale”
3
, influenzando da quel momento in poi tutto il dibattito sulla
sistemazione teorica del diritto del lavoro e delle sue fonti di produzione.
Con questo intervento dall’esterno, che si va ad affiancare a quello interno
sviluppatosi nell’ambito dell’ordinamento intersindacale e i cui elementi sono
sopra illustrati, si dà finalmente forma ad un equilibrato rapporto dialettico tra
quadro legale e quadro negoziale.
Ciò che nei decenni '50 e '60 era totalmente separato – ordinamento intersindacale
e statuale - con lo statuto viene in qualche modo messo in comunicazione, ferma
restandone la distinzione e senza intaccare l'autonomia di ciascuno.
La legge 300/1970 rappresenta senza dubbio un cambiamento rispetto al passato,
ma ciò non vuol dire che con essa sono stati messi in discussione i capisaldi sui
quali, fino a quel momento, si era retto l’autonomo ordinamento intersindacale.
Anzi, a dire il vero, la scelta intenzionale del Legislatore, tra le varie ipotesi di
possibili interventi in materia, è stata quella di promuovere, con la forza della
legge, i classici assetti dell'ordinamento intersindacale sviluppatisi
autonomamente. Non a caso si parla dello Statuto dei Lavoratori come
legislazione “di sostegno” all'azione sindacale, cioè di un intervento il più
coerente possibile e rispettoso dell'autonomia del sistema contrattuale.
Ciò che si vuole affermare è che il Legislatore ha semplicemente predisposto un
quadro normativo apparentemente aperto, all'interno del quale far agire i soggetti
collettivi tramite il libero confronto politico-sindacale, soggetti che, almeno da
3
Rusciano Mario – Contratto Collettivo e autonomia sindacale – UTET 2002, pag. 119
La tecnica del rinvio legale alla contrattazione collettiva
7
parte sindacale, non potevano che essere le tre maggiori organizzazioni sindacali
(CGIL, CISL, UIL).
Ecco perché si sostiene la tesi che l’obiettivo principale del Legislatore è stato sì
quello di razionalizzare le regole del gioco nel tentativo di evolverle, ma allo
stesso tempo è stata chiara la sua intenzione di mantenere lo status quo sindacale.
Si è costruita una sapiente politica di diritto tramite la quale, rafforzando il peso
rappresentativo di determinati soggetti collettivi (lo stesso che veniva, già
all’epoca, messo in discussione), la normale dialettica sindacale fisserà gli
ulteriori equilibri del sistema contrattuale nel suo complesso.
Dopotutto, non c’era ragione perché lo Stato dovesse fidarsi più delle neo-
formazioni sindacali di base coi loro effetti destabilizzanti che non del
sindacalismo storico riunificato nel concetto della maggiore rappresentatività.
Si è trattato di un grosso successo per il Legislatore, in quanto con una minima
regolazione eteronoma del potere sindacale, il potere pubblico ha incassato il
massimo possibile di consenso sociale.
La sua indubbia capacità è stata quella di aver modificato le relazioni industriali
senza un intervento diretto sulla struttura della contrattazione, puntando
esclusivamente là dove si andavano modificando i rapporti di forza, cioè
nell'azienda, con la consapevolezza che un intervento di tale portata non poteva
non determinare effetti a largo raggio sull'intero sistema contrattuale.
Da parte sindacale, si è riscontrato un comportamento accondiscendente verso il
Legislatore, non ritenendo affatto necessario cambiare rotta bensì lasciare le cose
come stavano, poiché si incameravano risorse normative da un potere pubblico
tutt’altro che avaro
4
.
4 A conferma delle affermazioni fatte si cita l’ art. 19 dello Statuto dei Lavoratori nella sua
originale versione (prima della parziale abrogazione referendaria del ’95) che prevedeva la
possibilità, tra le altre, di costituire RSA ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva
nell'ambito delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul
piano nazionale, nonché le altre norme dello Statuto che affidano alle RSA costituite ex. art. 19
diritti e prerogative.
La tecnica del rinvio legale alla contrattazione collettiva
8
1.2. Il contratto collettivo post-statuto
Legge e contratto collettivo: i rinvii legali
Si è già evidenziato come nel modello di sistema sindacale disegnato dalla
legislazione del '70, ordinamento statuale e ordinamento intersindacale
interagiscano in costante equilibrio, con la tendenza del primo ad attribuire
rilevanza alla prassi delle relazioni industriali, cioè al contratto collettivo siglato
da soggetti collettivi “particolarmente” rappresentativi.
È in tale contesto che si sviluppa il ruolo sempre maggiore del contratto collettivo
nel regolare fattispecie e materie che, normalmente e precedentemente, erano
appannaggio della sola fonte legislativa. Il contratto collettivo, da fonte primaria
nell’ambito dell’autonomo ordinamento sindacale, diviene capace, grazie alla
volontà esplicita e strumentale del Legislatore, di produrre effetti giuridici
nell'ordinamento dello Stato.
Si è già sottolineato il perché il Legislatore abbia “acconsentito” a tale
promozione del contratto collettivo, e cioè che la legislazione in materia sindacale
e di lavoro avesse bisogno del contratto collettivo più di quanto non ne avesse di
lei il contratto collettivo.
È inevitabile che da tale nuova relazione derivino altrettanto nuove conseguenze,
riconducibili principalmente a due tematiche particolari: la delineazione dei
modelli di relazione fra le due fonti, e l’individuazione di un criterio di
risoluzione degli eventuali conflitti fra essi. Per motivi di “economicità” ci si
dedicherà esclusivamente al primo dei due temi, cercando di mettere in luce come
la tecnica del rinvio legale alla contrattazione collettiva nasca proprio da questa
esigenza di regolare il rapporto tra quadro normativo e quadro negoziale, con
conseguenze evolutive sulla “funzione” del contratto collettivo fin lì
inimmaginabili.
Infatti, la sensazione che si ha, è che si sia andati al di là dell'intento immediato
del legislatore del ’70, cioè di razionalizzare la situazione giussindacale
dell’epoca, arrivando a coinvolgere un nuovo assetto della contrattazione, idoneo
La tecnica del rinvio legale alla contrattazione collettiva
9
a collocare fuori della logica giusprivatistica i presupposti e gli effetti del
contratto collettivo.
Legge e contratto collettivo risultano essere in continuo movimento. Ciò complica
ulteriormente la ricerca, in quanto i confini fra la sfera legislativa e quella
dell’autonomia collettiva divengono sempre meno delineati. Che ciascuna delle
due tenti di ampliare il proprio raggio di azione, è più che fisiologico, essendo ciò
espressione di veri e propri conflitti di potere fra le istituzioni parlamentari e
quelle sindacali.
Se da una parte è pacifico che questo nuovo ruolo attivo del contratto collettivo
nell’ambito dell’ordinamento generale non possa comunque mai implicare la
collocazione dello stesso sul medesimo piano della legge, è anche vero come non
sia più possibile spiegare la nuova funzione del contratto collettivo servendosi
delle sole coordinate del diritto comune.
La tecnica del rinvio legale che si afferma in questo periodo, e di cui si parlerà in
maniera più specifica nel secondo capitolo, è espressione cardine di questa nuova
relazione tra legge e contratto collettivo, che trae origine sì dallo Statuto dei
Lavoratori, ma che troverà terreno fertile (un terreno di agricoltura intensiva!)
nella c.d. stagione dell’emergenza.
Nell'assegnare alla contrattazione nuove “funzioni”, le leggi operano in diverse
direzioni: possono attribuire al contratto il potere di poterla derogare, integrare,
supplire, ecc.
Rinviando al secondo capitolo l’analisi di tali direzioni, ciò che si vuole mettere
in luce subito è invece la diversa concezione che già allora il Legislatore aveva
del contratto collettivo a cui, tramite le sue leggi, faceva rinvio. Cioè rinviare
genericamente a contratti o accordi senza alcuna precisazione dei soggetti
5
,
oppure riferendosi esplicitamente – ma, come si cercherà di spiegare, con alcuni
dubbi - alle “organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative”.
5
Come ad es. nel caso degli arti. 3 e 4 bis della L. n. 36 del 1979 o degli artt. 4 e 5. della L. n. 903
del 1977; o dell'art. 1, ultimo comma della L. n. 297 del 1982.
La tecnica del rinvio legale alla contrattazione collettiva
10
La maggiore rappresentatività (rinvio)
Il Legislatore non si è limitato a far assumere ai contratti collettivi un ruolo da
protagonista nell’ambito del diritto del lavoro, ma ha deciso anche a quale di
essi affidare questo delicato compito: a quelli stipulati dalle organizzazioni
sindacali “maggiormente rappresentative”.
Con esso si è definito un parametro di riferimento primario nella selezione dei
soggetti sindacali beneficiari di un particolare trattamento nell'accesso ai
cosiddetti “diritti sindacali” previsti nello Statuto stesso. Un concetto diverso
dal precedente riferimento alla rappresentanza di matrice civilistica
6
, visto che
è affidata alla stessa dialettica dei rapporti sindacali in primis, ed al giudice
subito dopo, il compito di individuare questa qualità/condizione
dell'organizzazione sindacale destinataria di tali trattamenti.
Rinviando al capitolo terzo l’analisi di tale concetto, della sua evoluzione
nell’altrettanta ambigua espressione di “rappresentatività comparata” e dei
criteri giurisprudenziali alla base di entrambi, ciò che preme evidenziare ora è,
ancora una volta, la precisa scelta politica di voler salvaguardare i rapporti
storicamente nati nell’ambito dell’autonomo ordinamento intersindacale,
rapporti che proprio in quegli anni venivano messi in discussione da una base
rappresentata da una classe operaia mai come in quel periodo attiva e non
ancora “cristallizzata”. Lo Statuto è stato l’appiglio che ha permesso alle tre
Confederazioni Sindacali non solo di poter continuare con le loro classiche
politiche di rivendicazione (con le dovute differenze, specie tra Cgil e Cisl),
ma ha anche offerto loro un vero e proprio trampolino di lancio verso un futuro
da prime donne nella scena economica, giuridica e sociale del Paese. Si scelse
una “tecnica legislativa evidentemente non neutrale, della quale si è, con lucida
spregiudicatezza sottolineata la valenza politica, quale strumento di sostegno
6 Sul passaggio dalla rappresentanza alla rappresentatività, si veda Santoro Passarelli – Realtà e
forma nel diritto del lavoro – Scritti giuridici 1972-2006, tomo I – Giappichelli 2006, pag. 47 e
ss.; Grandi Mario - In difesa della rappresentanza sindacale in Giornale di diritto del lavoro e di
relazioni industriali 2004/104, pag. 636.
La tecnica del rinvio legale alla contrattazione collettiva
11
delle tre grandi confederazioni a fronte dei rischi di erosione del loro tradizionale
consenso da parte di una base operaia, dislocata principalmente nelle grandi
fabbriche del nord ed apparentemente decisa a sfidarne l'egemonia sul
movimento operaio organizzato”.
7
Dopo l'iniziale utilizzazione della maggiore rappresentatività esclusivamente
in funzione selettiva dei soggetti ammessi ai benefici previsti dal Titolo III
dello Statuto dei lavoratori, in seguito tale formula è divenuta strumentale al
Legislatore sul piano giuridico generale, tramite la tecnica legislativa del rinvio
alla contrattazione collettiva realizzata dalle “organizzazioni maggiormente
rappresentative”, specie nella ormai imminente stagione del diritto del lavoro
dell’emergenza, di cui si dirà fra poco.
La tecnica del rinvio legale alla contrattazione collettiva, in connubio con il
concetto di maggiore rappresentatività, sono stati gli elementi di “un modello
che ha fatto da stampella al sistema sindacale anomico, cioè senza norme; al
fine proprio di colmare il vuoto derivante dall’inattuazione della seconda
parte dell’art. 39 Cost.”
8
7 Liebman Stefano – Il nodo della rappresentanza e della rappresentatività in DRI 1/2003, pag.
43.
8 Passalacqua Pasquale – Il sistema di misurazione della rappresentatività del pubblico impiego
privatizzato: un possibile modello per il settore privato? - Relazione introduttiva al Seminario
“Democrazia sindacale: se e come è applicabile nel privato il sistema pubblico di misurazione
della rappresentanza”, Roma, 8 ottobre 2003, organizzato dalla Fim-Cisl Centro Sud, con
l’aggiunta delle note e tenuto conto degli interventi al dibattito, pag. 10
La tecnica del rinvio legale alla contrattazione collettiva
12
1.3. La stagione dell’emergenza e passaggio dal garantismo
individuale al garantismo flessibile: la “funzionalizzazione”
dell’autonomia collettiva
Come noto, gli anni ’70 vengono ricordati anche per la crisi economica
(stagflazione, due crisi energetiche, svalutazioni della lira, crolla il sistema di
Bretton Woods, ecc.), che ha avuto il suo impatto anche nell’ambito del diritto
del lavoro. Crisi aziendali, ristrutturazioni, riconversioni, introduzione di nuove
tecnologie sono solo alcuni degli elementi che sono comparsi in questo periodo.
In tal senso, emerse la necessità, da parte del Governo, di mediare tra le richieste
dei lavoratori per un’occupazione stabile e continuativa e le esigenze di
flessibilizzazione nell’uso della forza lavoro invocate dalle imprese: una
liberalizzazione “controllata” dall’intervento della contrattazione collettiva.
Si è passati, così, da un bassissimo grado di coinvolgimento del Sindacato a un
allargamento dei propri ambiti negoziali, con un cambiamento del ruolo della
contrattazione collettiva: dal sostegno esterno alle politiche governative in tema di
lavoro ad un coinvolgimento strategico dell’organizzazione sindacale nella
gestione dei processi in atto, con conseguenze anche sulle classiche “funzioni” del
contratto collettivo.
Ancora una volta, non si possono non notare i riflessi meramente politici di tale
scelta. In un periodo difficile dal punto di vista sociale ed economico, è
consigliabile, per l’Esecutivo, “appoggiarsi” ai soggetti collettivi che
rappresentano buona parte di coloro che sono direttamente interessati alla crisi
(cioè i lavoratori), anche perché in grado di adattare al meglio la disciplina
legislativa all’evoluzione del contesto socio-economico. Dall’altra parte i
sindacati confederali, dal 25 luglio 1972 uniti nella Federazione
9
, colgono al volo
l’occasione di rafforzare la propria posizione strategica nella regolamentazione
del mercato del lavoro, mettendo a frutto quel credito di rappresentatività offerto
loro dallo Statuto. Ci si è spostati dal “piano rigido della legge, al piano mobile
9
I segretari protagonisti dell’accordo sono: Luciano Lama (Cgil), Bruno Storti (Cisl) e Raffaele
Vanni (Uil).
La tecnica del rinvio legale alla contrattazione collettiva
13
della contrattazione collettiva
10
, o per utilizzare un’espressione ormai entrata tra
quelle classiche del diritto del lavoro, dal “garantismo individuale al garantismo
flessibile”.
È facile comprendere come lo stretto legame tra legge e contratto collettivo
emerso dallo Statuto dei Lavoratori, si vada rafforzando nella stagione
dell’emergenza, e con altrettanta facilità si intuisce come il Legislatore/Governo
abbia messo in atto una “scelta fondamentale, non sporadica, di politica del
diritto”
11
.
Sul piano giuridico concreto, il frutto di tale modello è rappresentato dalle cc.dd.
leggi di “emergenza”, preventivamente concordate (e per questo chiamate anche
leggi “contrattate”) con la Federazione sindacale unitaria, in un procedimento
negoziale che, sebbene ancora informale, risulterà essere politicamente decisivo
12.
Il dato che si rileva è, infatti, una integrazione tra contrattazione politica, che
precede la legislazione, e contrattazione collettiva propriamente detta. Le parole
di Rusciano
13
sono emblematiche: la contrattazione politica, in altri termini, pur
nella sua totale informalità, diviene l'asse portante di un sistema istituzionale
nuovo, nel quale trova spazio dominante un luogo decisionale, idealmente
paragonabile ad una sorta di “camera corporativa”, ove si concordano i
provvedimenti da adottare per dare fiato al sistema produttivo.
La vera contrattazione collettiva, invece, viene investita di una nuova funzione:
quella di stabilire direttamente le modalità di gestione della forza-lavoro in luogo
delle rigide previsioni legali e, a tal fine, viene logicamente tratta fuori dal regime
di diritto comune.
In apparenza la contrattazione collettiva esce quindi valorizzata dalle leggi
contrattate. Ma solo in apparenza: in concreto essa viene piegata all'unico intento
10
Ricci Maurizio – Automia collettiva e individuale nella revisione legislativa del mercato del
lavoro: alcune osservazioni in “Diritto del lavoro: i nuovi problemi – tomo I” Cedam 2005, pag.
555.
11
Scarpelli F. – Autonomia collettiva e rappresentatività sindacale tra funzione gestionale e
funzione normativa, in Riv. It. Dir. Lav., 1987, I, pag. 639.
12
Molto spesso il potere esecutivo recepiva tramite decreto le intese raggiunte con le parti sociali.
13
Rusciano Mario – Contratto Collettivo e autonomia sindacale – UTET 2002, pag.157 e ss.
La tecnica del rinvio legale alla contrattazione collettiva
14
(concordato in sede politica) di razionalizzare, e alla fine alleggerire, l'apparato
delle garanzie individuali dei lavoratori.”
Dal punto di vista generale delle relazioni industriali emergono diversi nuovi
processi, riassumibili nel seguente “circuito degli eventi”:
a) la difficoltà dei sindacati di far “comprendere” alla propria base la
riduzione dei vantaggi contrattuali ed il ridimensionamento nell’utilizzo
degli istituti di democrazia sindacale, che costituivano uno dei pilastri del
modello dello Statuto fanno insorgere notevoli tensioni all'interno del
movimento sindacale, non solo fra vertice e base, ma anche fra le varie
categorie, a cui si aggiungono le divisione tra le centrali sindacali e tra i
partiti della sinistra;
b) il sindacato, nonostante le difficoltà di cui sopra, riesce a mantenere il
proprio peso politico attraverso il privilegiato, seppur informale, rapporto
con i pubblici poteri ed al credito di rappresentatività derivante dallo
Statuto;
c) questi ultimi riconoscono il nuovo ruolo del sindacato, a patto che lo
stesso si faccia carico dell'interesse generale, cioè dei problemi economici
del paese, autorizzando l’ingresso di dosi di flessibilità nel mercato del
lavoro e impegnandosi ad ammortizzare la conflittualità;
d) ciò conduce ad un cambiamento del ruolo delle organizzazioni sindacali
che, fino a quel momento alle prese con la classica funzione “acquisitiva”
del contratto collettivo, diventano dispensatori di “sacrifici”: dalla
prospettiva rivendicativa si passa a quella collaborativa;
e) questo a sua volta porta ad un fenomeno di “funzionalizzazione” della
contrattazione collettiva agli obiettivi di politica economica.