2
individuali e società di persone, per definizione "beneficiari finali" del reddito.
Allo stesso modo, le plusvalenze e le minusvalenze realizzate dalle imprese sulle
partecipazioni societarie vengono fiscalmente sterilizzate, cioè rese non
imponibili, se plusvalenze, o indeducibili, se minusvalenze. Le perdite delle
società controllate potranno essere riconosciute solo attraverso il consolidato
fiscale. Nonostante il nome, l'exemption non è un'esenzione, ma uno strumento
tecnico per coordinare i livelli di tassazione di un unico flusso di capacità
economica, obiettivo fino al 2003 raggiunto attraverso il sistema del credito di
imposta” [Raffaello Lupi].
Adottato originariamente da due soli paesi comunitari, Olanda e Lussemburgo,
come accorgimento fiscale volto all’attrazione di società holding, il sistema Pex
ha avuto una accelerazione nella sua diffusione in Europa quando la Germania lo
ha accolto nel proprio ordinamento fiscale. La sua estensione all’Italia risponde
all’esigenza sia di evitare, per ciò che concerne i dividendi, i problemi
comunitari, connessi al precedente sistema del credito di imposta, sia di
impedire, per ciò che concerne le plusvalenze, che un più favorevole regime
fiscale all’estero incoraggi le imprese a portare (o tenere) fuori dall’Italia la sede
delle holding e usufruire altrove del regime delle partecipazioni esenti, tenendo
in Italia il più favorevole trattamento delle minusvalenze (e, precedentemente,
anche delle svalutazioni). Oggi il regime Pex ha trovato estensione nei sistemi
fiscali di altri paesi dell’Unione Europea, tra cui, ad esempio, Austria, Regno
Unito, Spagna, Svezia, Francia.
3
La prima parte di questo lavoro è dedicata all’illustrazione dei diversi correttivi
applicabili per eliminare o anche solo attenuare la doppia imposizione di una
stessa capacità economica e alle diverse soluzioni adottate da alcuni Stati europei
e dagli Stati Uniti.
La seconda parte riguarda, invece, l’introduzione del metodo della participation
exemption nel nostro ordinamento fiscale, dalla sua entrata in vigore (2004) fino
alle importanti modificazioni intervenute con la legge finanziaria per il 2008,
ispirate delle valutazioni fornite da un’apposita commissione di studio
sull’argomento (c.d. Commissione Biasco) istituita (2006) dall’allora vice-
ministro dell’economia, con delega sul fisco, Vincenzo Visco.
4
CAPITOLO I
IL SISTEMA DI TASSAZIONE “CLASSICO”
1.1 Introduzione
Se il prelievo di un’imposta sul reddito prodotto da una società di capitali trova
la sua ragion d’essere nel riconoscimento a questi enti di una autonomia
economica, oltre che giuridica, distinta e autonoma rispetto a quella di coloro
che in essa detengono partecipazioni, è indubbio che la distribuzione ai soci,
siano essi persone fisiche o giuridiche, di quegli stessi redditi sotto forma di
dividendi ne giustifica pienamente il presupposto per l’applicazione di una
imposta personale sul reddito poiché, entrando a far parte del loro reddito
disponibile, forniscono una evidente manifestazione di capacità contributiva
1
.
Un sistema d’imposizione, basato sui principi di cui sopra, prende il nome di
sistema classico di tassazione dei dividendi
2
; un sistema che, in altre parole,
considera l’imposta sulle società e quella sui soci come pienamente indipendenti
l’una dall’altra, non riconoscendo:
1. alla società nessuna deduzione per i dividendi distribuiti;
2. agli azionisti nessuna detrazione per i dividendi percepiti, che perciò
entreranno per l’intero loro ammontare nel reddito imponibile ai fini
dell’imposta personale sul reddito.
Questa è la caratteristica che contraddistingue il sistema classico dagli altri
metodi di tassazione, che allo scopo di ridurre gli effetti distorsivi causati della
1
Cfr. Cosciani (1991), Scienza delle finanze, Torino, pag. 326.
2
Cfr. Lovisolo (1980), Il sistema impositivo dei dividendi, Padova, pag. 326.
5
doppia imposizione concedono forme di alleggerimento a uno dei due livelli di
imposizione.
Esempio n. 1 Il sistema classico
Supponendo che:
1. la società X produca un utile lordo di 100 e che esso venga interamente
distribuito agli azionisti sotto forma di dividendo;
2. l’aliquota dell’imposta sulle società sia pari al 40% e quella dell’imposta
personale sia pari al 20%;
avremo:
ξ Utile lordo 100
ξ Aliquota d’imposta sulle società 40%
ξ Utile netto 40
ξ Utile distribuito 60
ξ Aliquota d’imposta personale 20%
ξ Imposta personale 12
ξ Carico fiscale totale 52
Si determina perciò un fenomeno di doppia imposizione che, riguardo agli effetti
che produce su di una determinata attività, può essere definita economica.
1.2 Le distorsioni economiche del sistema classico
Le distorsioni prodotte da un sistema di tassazione di tipo classico riguardano:
1. la scelta della forma organizzativa con la quale gestire l’impresa;
2. la scelta del tipo di finanziamento a cui ricorrere per gli investimenti;
3. conflitti d’interesse tra i soci.
6
1.2.1 La forma organizzativa
In primo luogo un sistema di tassazione dei dividendi come quello classico
genera una discriminazione a danno di coloro che detengono una partecipazione
nella società di capitali rispetto ai soci di una società di persone e di imprenditori
individuali. Prima di pervenire al socio, infatti, l’utile prodotto dalla società di
capitali è più volte soggetto a imposizione ( discriminazione che aumenta se il
dividendo perviene al socio persona fisica, tramite altre società, attraverso le
quali è detenuta la partecipazione ), mentre l’utile realizzato dalla società di
persone o direttamente dalla persona fisica che esercita una impresa individuale
non subisce nessun onere d’imposta aggiuntivo, rispetto a quello relativo alla
capacità contributiva del socio. Per questi, infatti, i profitti derivanti dalle loro
attività saranno tassati esclusivamente una sola volta con l’imposta personale sul
reddito, mentre i primi scontano, come abbiamo visto, un’imposizione a due
livelli
3
.
Con riferimento al paragrafo precedente, supponiamo che una società di persone
Y produca un utile lordo di 100, in questo caso l’utile sconterà esclusivamente un
livello di tassazione. Con un’aliquota dell’imposta personale pari al 20% si avrà
un carico d’imposta totale pari a 20 e un utile netto di 80. Confrontando i dati
notiamo che il carico fiscale totale si è ridotto da 52 a 20 e che il reddito
disponibile è passato da 48 a 80.
In tal modo le imprese sono indotte ad assumere una configurazione giuridica
che potrebbe non corrispondere alle loro esigenze di gestione.
3
Cfr. Lovisolo (1980), Il sistema impositivo, op. cit., pag. 109 e segg.
7
1.2.2 Tipo di finanziamento
Anche riguardo alla scelta delle fonti di finanziamento degli investimenti il
sistema classico crea delle distorsioni.
La società può, per finanziare i propri investimenti, far ricorso al mercato dei
capitali ( contraendo mutui o collocando nuove azioni sul mercato stesso )
oppure può ricorrere a forme di autofinanziamento che presuppongono, però, la
mancata distribuzione degli utili e il loro accantonamento.
La società nel compiere questo tipo di scelta deve valutare se può essere
economicamente conveniente non procedere alla distribuzione degli utili, tenuto
conto della duplicazione della tassazione che si avrebbe nel caso opposto.
Trattenendo utili, l’impresa può finanziare i propri investimenti senza dover
ricorrere all’emissione di nuovi titoli rappresentativi del capitale di rischio
determinando, in questo modo, l’aumento del valore di quelli già esistenti che,
una volta disinvestiti, daranno origine a una plusvalenza di capitale ( o capital
gains ). Pertanto i soci percepiranno comunque parte dell’utile anche se non sotto
forma di dividendo ma di capital gains, con il vantaggio, qualora (come spesso
avviene) il sistema fiscale preveda un regime impositivo sulle plusvalenze meno
oneroso rispetto a quello dei dividendi, di subire un minor onere d’imposta.
Nell’ipotesi in cui l’impresa si trovasse costretta a scegliere tra il ricorso al
capitale di terzi o all’autofinanziamento per finanziare i propri investimenti, si
avrebbe lo stesso tipo di distorsione economica. In questo caso, infatti, dato il
regime fiscale “agevolato” dei capital gains, ci sarebbe una propensione a
ricorrere all’accantonamento degli utili conseguiti.
Se l’impresa, per una qualsiasi ragione, non fosse in grado di ricorrere
all’autofinanziamento e fosse costretta a reperire i fondi necessari sul mercato dei
capitali, dovendo scegliere tra capitale di credito e capitale di rischio,
considerazioni di natura fiscale la porterebbero a optare per il finanziamento con
capitale di terzi dato che, generalmente, gli interessi passivi per l’utilizzo di
8
questo tipo di capitale sono deducibili dalla base imponibile dell’imposta sugli
utili. Contemporaneamente, però, aumenterebbe anche l’indebitamento della
società (dato dal rapporto tra capitale in prestito e capitale proprio ), che
risulterebbe sottocapitalizzata ( thinly capitalized ).
1.2.3 Conflitti d’interesse tra i soci
Con un sistema di tassazione classico i grandi reddituari, a causa degli oneri
relativi all’elevata aliquota marginale della loro imposta personale sul reddito,
sono tendenzialmente favorevoli all’autofinanziamento della società. I soci che
dispongono di un minor reddito, invece, possono anche optare per la
distribuzione del dividendo, data la scarsa influenza sull’aliquota marginale della
loro imposta personale, anche se dovranno sopportare la doppia imposizione
economica, che grava su di essi
4
.
1.3 Il partnership method
Le distorsioni che il sistema classico di tassazione dei dividendi provoca hanno
spinto a cercare forme alternative di imposizione. Partendo dalla constatazione
che, dal punto di vista economico, soltanto la persona fisica può essere
considerata incisa dall’imposta e che il riconoscimento alla società di capitali di
una personalità giuridica autonoma e distinta rispetto a coloro ( i soci ) che in
essa detengono partecipazioni sia soltanto una finzione giuridica, ci si è chiesti,
soprattutto da parte della dottrina nordamericana, se la doppia imposizione
provocata dal sistema di tassazione classico fosse davvero necessaria. La
4
Cfr. Lovisolo (1980), Il sistema impositivo, op. cit., pag. 110.
9
soluzione escogitata consistette nell’attuare l’imposizione secondo il metodo
della trasparenza o partnership method, in altre parole, imponendo il dividendo
direttamente in capo al percettore persona fisica, anche per poter meglio valutare
la sua reale capacità contributiva su di una comprehensive incombe base
5
.
L’obbiettivo dichiarato era sia quello di realizzare una più equa distribuzione del
carico fiscale, dato che generalmente l’imposta personale sul reddito è improntata
a criteri di progressività, sia di evitare le distorsioni nell’allocazione delle risorse
tra il loro impiego in società di capitali e quello in società di persone e imprese
individuali. I limiti più evidenti del sistema integrato d’imposizione riguardano:
ξ una maggiore complessità per l’amministrazione nella liquidazione
dell’imposta;
ξ un aggravio del carico fiscale per i contribuenti che, in luogo
dell’eliminazione della doppia tassazione provocata dal sistema classico,
devono assolvere l’obbligo tributario per ogni tipo di utile prodotto dalla
società, comprese, cioè, le somme che non sono da lui materialmente
percepite.
5
Cfr. Cnossen (1993), What Kind of Corporation Tax?, in BIFD, pag. 14.
10
CAPITOLO II
L’eliminazione della doppia imposizione
2.1 Introduzione
Le misure volte a rimuovere le distorsioni che il sistema classico ha
sull’economia eliminando o attenuando la doppia tassazione economica da esso
causata, consistono, almeno nell’ambito di un singolo ordinamento nazionale, nel
coordinare il prelievo societario e quello a carico del singolo percettore di
dividendi a seconda dell’effetto desiderato, in altre parole, se si vuole annullare
del tutto la doppia imposizione o soltanto attenuarla. Questi sistemi possono
agire sia a livello di società, attraverso:
ξ il metodo della deduzione o dividend deduction;
ξ il metodo del doppio tasso o split-rate system;
sia a livello del percettore, attraverso:
ξ il metodo del credito d’imposta nei sistemi cedolari;
ξ il metodo dell’esenzione;
ξ il metodo dell’esenzione con progressività;
ξ il metodo dell’imputazione con credito d’imposta.
Come vedremo, i metodi per correggere la doppia imposizione adottati in capo
alla società presentano tutti gravi inconvenienti. Tra questi spicca quello
riguardante la disparità nel trattamento fiscale tra i soci residenti e non residenti,
con il risultato che mentre i dividendi percepiti dai primi saranno sicuramente
soggetti a tassazione, i non residenti potrebbero non essere assoggettati a imposta
neanche nel paese di loro residenza. L’alternativa non appare certo migliore.
Discriminare il beneficio, limitarlo cioè ai soli residenti e lasciare che i non
11
residenti subiscano in pieno la doppia imposizione. Ecco perché si prediligono
per questo scopo quei metodi che, operando direttamente in capo al singolo
percettore, permettono di modellare il correttivo alla doppia imposizione in
maniera differenziata a seconda della residenza del socio ma anche in vista del
raggiungimento di obbiettivi di politica fiscale. Il momento della eliminazione
della doppia imposizione si sposta dunque all’atto della percezione. All’interno
della categoria dei sistemi che attuano lo sgravio in capo al percettore, occorre
operare una distinzione, a seconda che esista una relazione tra imposta societaria
e imposta individuale, tra i sistemi di natura cedolare dove non intercorre nessuna
relazione tra i due tributi, dal sistema dell’imputazione dove, invece, un
collegamento esiste. Mentre nei sistemi cedolari lo sgravio, che avviene sì a
livello del percettore ma non tenendo conto dell’imposta assolta dalla società, si
configura come oggettivo dato che non tiene conto né della situazione personale
del socio né della sua reale capacità contributiva, nel sistema dell’imputazione la
progressività dell’imposta personale sul reddito (qualora prevista
dall’ordinamento) viene fatta salva, perché l’inclusione delle somme percepite
come dividendo nell’imponibile del socio, al lordo dell’imposta pagata dalla
società, consente di misurare la sua effettiva capacità contributiva.
2.2 Il metodo della deduzione
Nel sistema classico, quando la società finanzia i propri investimenti con
emissione di obbligazioni, i relativi interessi passivi sono ammessi in detrazione
dai ricavi come un elemento di costo. Invece, se l’investimento viene finanziato
con emissione di azioni il dividendo, non essendo detraibile dal reddito lordo,
viene assoggettato a imposta. Il metodo in esame considera i dividendi distribuiti
alla stregua degli interessi passivi
6
, in altre parole, consente alla società di
6
Cfr. Cosciani (1991), op. cit,, pag. 327.
12
dedurre dall’utile imponibile ai fini dell’imposta sul reddito, una certa
percentuale delle somme distribuite come dividendi. L’efficacia del metodo della
deduzione nell’eliminare la doppia imposizione dipende proprio dalla
percentuale che viene ammessa in deduzione, quanto più sarà vicina al 100%
tanto più si ridurrà la doppia imposizione e l’imposta sulle società si configura
come una imposta sugli utili accantonati e maggiore sarà la spinta alla
distribuzione degli utili da parte degli amministratori
7
. Al contrario, minore è la
percentuale di utili ammessi in deduzione maggiore è la doppia imposizione che
devono subire i dividendi, fino a tornare al sistema classico in caso di deduzione
uguale a 0.
Esempio n. 2 Il sistema della deduzione
Supponendo che:
1. una società abbia conseguito un utile di 100;
2. l’aliquota della sua imposta sugli utili sia pari al 40%;
3. la deduzione ammessa sia pari al 50% dell’utile distribuito.
4. esista un solo azionista con aliquota d’imposta sul reddito personale pari
al 20%.;
Avremo:
ξ Utile lordo 100
ξ Deduzione 50
ξ Utile al netto deduzione 50
ξ Aliquota d’imposta 40%
ξ Imposta sugli utili 20
ξ Utili netti distribuiti 80
ξ Aliquota imposta personale 20%
ξ Imposta personale sul reddito 16
ξ Carico fiscale globale 36
7
Cfr. Cnossen (1993), op. cit., pag. 8.
13
Mentre per l’azionista, il metodo della deduzione rappresenta una remunerazione
per il capitale investito, per la società rappresenta una specie di costo finanziario
per l’impiego di capitale proprio. Se non ci fosse un simile meccanismo, la
doppia imposizione sarebbe piena e si verrebbe a creare un conflitto tra
l’interesse della società a non distribuire l’utile, per evitare duplicazioni
d’imposta, e l’interesse dell’azionista a veder remunerato il capitale investito
nella stessa società. Queste considerazioni giustificano tanto la deducibilità del
dividendo, tanto la misura ( 0- 100 ) in cui tale deduzione è concessa. Infatti, se si
concedesse una deduzione piena, verrebbe sì eliminata del tutto la doppia
imposizione, dato che la distorsione nella scelta della fonte di finanziamento (
capitale proprio o capitale di rischio ) verrebbe meno, ma verrebbe sostituita da
una nuova a livello di attività imprenditoriale, tra l’investimento in società di
persone o imprese individuali e società di capitali. Il sistema andrebbe impiegato,
quindi, in maniera tale da garantire una deducibilità parziale dei dividendi,
lasciando permanere una doppia imposizione su quella parte di essi che eccede la
produttività effettiva del capitale di rischio che, ovviamente, non può essere
quantificata a priori in quanto variabile per ogni tipo d’investimento. Quota che,
se si volesse garantire neutralità al sistema di tassazione del dividend-deduction,
andrebbe invece predeterminata. Il metodo in esame presenta notevoli
inconvenienti per il trattamento dei soci non residenti. Essi potranno essere
soggetti a tassazione nel paese di residenza della società che distribuisce i
dividendi solo tramite ritenuta alla fonte
8
, il che garantirebbe loro un beneficio
d’imposta, dato che nel sistema della deduzione il correttivo per la riduzione
della doppia imposizione è attuato a livello societario. Quindi usufruirebbero di
un trattamento di favore rispetto ai soci residenti
9
, a meno di non prevedere un
meccanismo di esclusione dal beneficio per i non residenti. Un tale
8
Cfr. Pistone (1994), La tassazione degli utili distribuiti e la thin capitalization:profili internazionali e
comparati, Padova, pag. 93.
9
Cfr. Lovisolo, op. cit., pag. 118.
14
comportamento, però, oltre a essere altamente discriminatorio, agirebbe come
disincentivo per gli investimenti stranieri e andrebbe ad alterare la neutralità
fiscale in relazione all’importazione di capitali.
2.3 Il metodo del doppio tasso
Questo metodo consiste nell’applicare l’imposta sulle società prevedendo due
aliquote differenti, una ( maggiore ) per la parte di utile accantonato e una (
minore ) per quello distribuito sotto forma di dividendi.
Più bassa è l’aliquota applicata per la parte di utile distribuito maggiore sarà
l’attenuazione della doppia imposizione, fino ad annullarsi totalmente con
un’aliquota d’imposta pari a 0.
Esempio n. 3 Il sistema del doppio tasso
Supponendo che:
1. una società abbia conseguito un utile pari a 100;
2. un’aliquota per l’utile accantonato pari al 40%,
3. un’aliquota per quello distribuito pari al 20%;
4. un unico azionista con aliquota d’imposta personale sul reddito del 30%;
5. la società decida di distribuire soltanto metà dell’utile realizzato;
Avremo:
A)
ξ Utile accantonato 50
ξ Aliquota utile non distribuito 40%
ξ Imposta sull’utile accantonato 20
ξ Utile netto accantonato 30
15
B)
ξ Utile distribuito 50
ξ Aliquota utile non distribuito 20%
ξ Imposta sulla società 10
ξ Utile netto distribuito 40
ξ Aliquota imposta personale 30%
ξ Imposta sulla persona fisica 12
ξ Utile netto 28
ξ Carico fiscale sulla società 30
ξ Carico fiscale globale 42
Anche questo sistema, come il precedente, tende a favorire la distribuzione degli
utili e a disincentivare l’accantonamento. Occorre, però, operare una distinzione
tra società a ristretta base azionaria e società a larga base azionaria.
Nelle società del primo tipo, infatti, è probabile che venga adottata una politica di
accantonamento perché per i soci, che generalmente detengono quote elevate di
partecipazione, le quali garantiscono sia elevati dividendi sia la possibilità di
influenzare le decisione assembleari, il maggior onere tributario gravante sugli
utili accantonati può essere facilmente compensato dalla possibilità di limitare gli
effetti di una crescita troppo accentuata dell’aliquota marginale ( generalmente
improntata a criteri di progressività ) della loro imposta personale.
Nelle società del secondo tipo, invece, dato che i singoli soci non sono in grado
di influenzare la politica distributiva ( c.d. polverizzazione delle partecipazioni ),
questa sarà influenzata esclusivamente da ragioni attinenti il regime fiscale a cui
la società è sottoposta. Quindi, allo scopo di alleggerire il carico fiscale gravante
sulla società, si propenderà per una politica di distribuzione degli utili.
Un'altra discriminazione, che il sistema in esame provoca, riguarda l’imposizione
dei dividendi percepiti dai non residenti.