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Affiancata a questo tipo di realtà economica abbiamo quella dei "gruppi societari" sui
quali, nell'ambito della stessa attività d'impresa, ci troviamo di fronte ad un insieme
di società sviluppatesi in senso verticale ed orizzontale con distacco dalla società
madre originaria. In questo caso la frequenza dei mutamenti degli assetti societari e
delle compagini sociali ha motivazioni diverse da quelle delle cosiddette società
"familiari". I gruppi societari, curano spesso attività molto ampie - talvolta anche
eterogenee -, che si sviluppano in un mercato dinamico, e che quindi richiedono che
lo strumento societario si adegui continuamente alle molteplici esigenze presenti
nelle attività esercitate. Le motivazioni che portano al mantenimento di imprese
attraverso tali strutture soddisfano necessità diverse quali, ad esempio, la separazione
delle diverse attività esercitate, oppure, all'interno della medesima attività, la
separazione per aree geografiche, per tipologie di prodotti, o la separazione delle
diverse fasi del ciclo produttivo, solo per citarne alcune.
La situazione, seppure lentamente, pare comunque destinata ad evolversi nel senso di
un aumento del numero delle imprese che andranno a confrontarsi sul mercato
mobiliare, e ciò sia a seguito dei processi di privatizzazione di grandi imprese e
gruppi a partecipazione statale che in dipendenza della quantità sempre maggiore di
risorse liquide che, con la perdita di interesse dell’impiego a reddito fisso, si vanno
convogliando verso l’investimento azionario.
In questo quadro, i trasferimenti di proprietà delle partecipazioni sociali, possono
rispondere a finalità diverse che vanno dal riassetto delle proprietà all’interno della
famiglia dell’imprenditore-socio alle operazioni di ristrutturazione di grandi imprese
o di gruppi societari ed ancora al semplice impiego-realizzo di piccolo risparmio.
Le partecipazioni e la loro circolazione assumono dunque nel mondo economico un
ruolo fondamentale, poiché esse rappresentano il tratto d'unione tra le persone fisiche
e le attività imprenditoriali esercitate attraverso società. Le partecipazioni societarie
hanno una funzione di sintesi: sia nel consentire il controllo, la gestione e la
circolazione dei beni e delle aziende che esse rappresentano, sia nel godimento di tali
beni inteso come capacità di far affluire gli utili prodotti dall’impresa ai propri soci.
Questo ruolo di primo piano ed anche le varie conformazioni sopra accennate si
rispecchiano nell'ambito del diritto tributario, dove si disciplinano i tributi applicabili
ed i rapporti giuridici inerenti alle fattispecie che hanno come oggetto redditi
scaturenti dalle partecipazioni stesse.
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1.2. Nozione di partecipazioni. Generalità
Le partecipazioni sono dei beni, cosiddetti, di secondo grado. Tramite la
partecipazione una persona fisica ha il possesso dei beni di primo grado (come ad
esempio immobili, merci, impianti e macchinari) che fanno parte del patrimonio
della società partecipata, senza esserne l'effettivo proprietario.
Il possesso di partecipazioni può dar luogo a due diverse tipologie di reddito: il
reddito percepito dai soggetti possessori delle partecipazioni, cioè quello generato e
distribuito dalla società partecipata, ed il reddito, sempre generato dalla società
partecipata ma che viene reinvestito in essa e che contribuisce ad incrementare il
valore della partecipazione stessa. In quest'ultimo caso la manifestazione numeraria
del reddito si avrà col realizzo della partecipazione.
La disciplina di questi redditi è diversa se le partecipazioni sono detenute da persone
fisiche privatamente, oppure da società ed enti commerciali nell'ambito dell'attività
d'impresa.
In riferimento alla prima distinzione effettuata e tenendo conto della ulteriore dualità
soggettiva individuata possiamo effettuare la seguente schematizzazione del primo
tipo di reddito :
(a) qualora possessore della partecipazione sia una persona fisica e la società
partecipata sia una società di capitali si avrà luogo, nel momento in cui vengano
distribuiti utili, a redditi di capitale, disciplinati al capo III del T.U.I.R.
1
. Poiché
la quota di reddito che viene distribuita ai soci subisce l'imposizione tributaria in
capo alla società partecipata, per evitare la doppia tassazione in capo al socio
viene riconosciuto allo stesso un credito d'imposta;
(b) qualora possessore della partecipazione sia una persona fisica non imprenditore, e
la partecipata sia una società di persone, avremo luogo a redditi da partecipazione
disciplinati dall'art. 5 del T.U.I.R.;
(c) qualora possessore della partecipazione sia un impresa, nelle vesti di società
oppure individuale, indipendentemente dalla forma giuridica della società
partecipata, si avrà luogo a componenti positivi del reddito d'impresa e come tali
rientranti nelle disposizioni del capo VI del T.U.I.R. .
1
Il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e sue successive modificazioni è anche detto testo unico delle
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Il secondo tipo di reddito generato dalle partecipazioni, viene comunemente
chiamato "capital gain" ovvero guadagno di capitale. Contrariamente a quanto si
possa pensare per via della denominazione tali redditi non sono disciplinati dal capo
III del T.U.I.R , concernente i redditi di capitale, bensì al capo VII del T.U.I.R.
concernente i redditi diversi. Si analizzerà in dettaglio come possa darsi luogo a tali
redditi e quale sia il trattamento tributario previsto dalla legge per tali fattispecie.
Anche per i capital gains dobbiamo sottolineare la presenza di una diversa disciplina
tributaria legata alla diversità dei soggetti possessori di partecipazioni. Quando le
partecipazioni siano detenute nell'ambito di un'attività d'impresa non avremo redditi
diversi ma componenti positivi (o negativi) del reddito d'impresa.
1.3. Oggetto e delimitazione del lavoro
Le fattispecie tributarie che concernono i redditi scaturenti dalle partecipazioni sono
molto numerose, e sono disciplinate da svariate e complesse disposizioni normative.
Il presente lavoro ha ad oggetto l'analisi della disciplina tributaria applicabile alle
fattispecie reddituali legate alle partecipazioni che si presentano più di frequente, e
cioè, i dividendi e gli utili derivanti dal rapporto di partecipazione, che sono stati
schematizzati alle lettere (a), (b) e (c) di pagina 3, ed i capital gains. Queste
fattispecie sono state considerate limitatamente ai casi in cui i soggetti possessori
delle partecipazioni o i soggetti partecipati siano residenti nel nostro Paese. Non si
sono inoltre considerate le fattispecie in cui i soggetti possessori della partecipazione
o i soggetti partecipati siano diversi dalle società commerciali e dalle persone fisiche.
In questo inizio d'anno 1998, e nell'anno appena passato l'ordinamento tributario
vigente in Italia è stato in gran parte riformato dalle disposizioni emanate in
attuazione delle deleghe previste dalla legge 23 dicembre 1996 n. 662, (cosiddetta
Finanziaria 1997), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 28 dicembre 1996,
ed anche i redditi oggetto del presente lavoro sono stati interessati dalle deleghe
previste per la riforma e quindi dalla normativa contenuta nei decreti delegati che ne
sono conseguiti.
Le riforme delegate con la legge 662/96, hanno di fatto cambiato il regime
impositivo applicabile ai redditi conseguiti dalle società commerciali, ed in parte
imposte sui redditi; T.U.I.R. ne è l'acronimo.
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anche quello applicabile ai redditi di capitale ed ai redditi diversi conseguiti dalle
persone fisiche non imprenditori. Le riforme che hanno interessato più da vicino gli
argomenti trattati sono rappresentate:
1. dalla riforma della disciplina tributaria applicabile ai redditi di capitale ed ai
redditi diversi, (delega prevista dall'art. 3 comma 160, della legge 662, 1996, alla
quale è stata data attuazione con il decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461);
2. dalla riforma con la quale si è abrogata la maggiorazione di conguaglio e si è
completamente rivisto e rivoluzionato il sistema dei crediti d'imposta sui
dividendi introdotta con il decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 467,
attuazione della delega recata al Governo dall'art. 3 comma 162 lettere e) ed i)
della legge 662/96;
3. dalla riforma con la quale si è introdotto il meccanismo della Dual Income Tax,
come metodo di tassazione facoltativo sul reddito d'impresa, introdotta con il
decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 466, attuazione della delega recata al
Governo dall'art. 3, comma 162, lettere a), b), c), d) ed f). In questo caso, senza
addentrarci, nella complessa analisi della normativa contenuta nel d.lgs. 467/97,
si sono osservate le conseguenze tributarie risultanti sui redditi da partecipazione
dei soci di società commerciali, in presenza del meccanismo DIT.
Si è cercato di illustrare la normativa applicabile alle fattispecie tributarie
commentate osservando sia i regimi previgenti alle riforme, che i regimi e gli istituti
che sono già entrati in vigore o che entreranno in vigore tra brevissimo tempo.
Si è inoltre posto maggiore attenzione alla normativa introdotta valutando di volta in
volta se l'operato del legislatore delegato sia stato conforme alle direttive imposte
dalle varie deleghe contenute nella legge 662/96, nel rispetto dei dettami
costituzionali. Si sono analizzate le problematiche che in dottrina hanno suscitato
maggiore interesse, cercando di esporre in maniera costruttivamente critica le
posizioni assunte da certa dottrina o dall'Amministrazione finanziaria per
determinare le soluzioni interpretative più adeguate; in altri casi invece si è cercato di
dare una soluzione a problematiche scarsamente considerate dalla dottrina, o
addirittura, a quanto risulta, mai rilevate, in particolare relativamente alla normativa
introdotta con il decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461.
Proprio in ragione della vastità della materia trattata, avendo ristretto il campo di
osservazione a fattispecie precise, si è tralasciato di trattare alcune problematiche alle
quali va comunque riconosciuto un notevole interesse, come ad esempio, le
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numerose fattispecie che si possono presentare nel caso in cui le società o i soggetti
partecipati non siano residenti nel nostro Paese
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, ma ad esempio in un altro Paese
della Comunità Europea, oppure in un Paese Extracomunitario o anche in uno dei
Paesi considerati "paradisi fiscali" ed elencati nel decreto ministeriale 4 settembre
1996 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 19 settembre 1996, n. 220, cosiddetta
black list). Se si considera poi la possibilità che il soggetto possessore di
partecipazioni sia residente in uno dei paesi Comunitari, Extracomunitari, o della
black list, si ottiene una casistica così vasta da richiedere più di un volume per una
esaustiva trattazione.
Merita un breve richiamo la normativa riguardante i diritti di opzione e le
obbligazioni convertibili, che sono strumenti che rappresentano potenzialmente una
partecipazione, essi infatti anticipano l'emissione di quest'ultime.
Le obbligazioni convertibili in azioni, disciplinate dall'art. 2420 bis del cod.civ., sono
un particolare strumento di finanziamento per le società; il sottoscrittore di un
obbligazione convertibile, oltre ai diritti previsti per gli obbligazionisti ordinari,
acquista anche il diritto a trasformare la sua quota di prestito obbligazionario in una
partecipazione al capitale sociale, ossia a convertire ad una o più scadenze
determinate, le obbligazioni da lui sottoscritte in azioni. Oltre al caso più diffuso in
cui si convertono obbligazioni con azioni della stessa società è previsto anche il caso
di conversioni in azioni di società diverse.
Il diritto di opzione è disciplinato dall'art. 2441 del cod.civ., siamo in presenza di tale
diritto nel caso in cui si proceda ad un aumento del capitale sociale: in tal caso ai soci
ed ai possessori di obbligazioni convertibili è riconosciuto il diritto di sottoscrivere le
azioni di nuova emissione. Il diritto di opzione in alcuni casi può essere limitato ed
addirittura escluso, se tale scelta venga adeguatamente giustificata dagli
amministratori e approvata dall'assemblea. Tale diritto rappresenta una salvaguardia
della percentuale di partecipazione dei vecchi soci in caso di aumento del capitale,
permettendo loro di fare restare tale percentuale immutata anche successivamente
all'aumento stesso.
Tornerò nel proseguo della trattazione su questi strumenti e su particolari aspetti
tributari che riguardano il loro trasferimento.
2
Per una sintetica panoramica sull'argomento si veda CROSTI A., Le partecipazioni all'estero, in il
fisco n. 12/1996, Eti Spa, Roma, pag. 3143.
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La disciplina dell'accertamento, della riscossione e delle sanzioni relative agli illeciti
formali e sostanziali, riferibili alle fattispecie reddituali analizzate in questa
trattazione non presentano - in generale - delle particolarità proprie, in quanto
risultano applicabili le disposizioni previste per tutti gli altri tipi di reddito conseguiti
dalle persone fisiche e dalle società commerciali.
Relativamente all'accertamento ed alla riscossione dei tributi dovuti, si effettueranno
delle osservazioni solo nei casi trattati che presentino un interesse specifico, poiché
in via generale si applicheranno le disposizioni contenute nel D.P.R. 600, del 29
settembre 1973, pubblicato sul Supplemento ordinario n. 1 alla Gazzetta Ufficiale n.
268 del 16 ottobre 1973, che disciplina l'accertamento relativamente ai tributi sul
reddito, e le disposizioni contenute nel D.P.R. 602 del 29 settembre 1973, pubblicato
sul Supplemento ordinario n. 2 alla Gazzetta Ufficiale n. 268 del 16 ottobre 1973,
che contiene le disposizioni sulla riscossione dei tributi sul reddito.
Per quanto concerne le sanzioni, invece, si applicheranno:
- in generale le disposizioni previste dalla legge 7 gennaio 1929, n. 4, pubblicata
sulla Gazzetta Ufficiale n. 11 del 14 gennaio 1929, recante disposizioni generali
sulle violazioni di leggi relative ai tributi;
- per quanto riguarda le sanzioni amministrative le disposizioni previste dal D.P.R.
600/73 al titolo V, che riguardano i fatti illeciti relativi all'accertamento del
tributo e quindi della dichiarazione dei redditi compilata, (o meno), dal soggetto
passivo;
- le disposizioni previste al titolo III del D.P.R. 602/73, che riguardano fatti illeciti
relativi al versamento del tributo dovuto;
- la normativa prevista dal decreto legge 10 luglio 1982, n. 429 convertito nella
legge 7 agosto 1982, n. 516, (pubblicati rispettivamente in Gazzetta Ufficiale 13
luglio 1982, n. 190 e in Gazzetta Ufficiale 7 agosto 1982, n. 216) modificato dal
decreto legge 16 marzo 1991, n. 83, convertito in legge 15 maggio 1991, n. 154,
(cosiddetta legge "manette agli evasori"; pubblicata sul Supplemento ordinario n.
91 alla Gazzetta Ufficiale 31 dicembre 1991, n. 305), per quanto riguarda le
sanzioni relative agli illeciti di carattere penale.
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Si deve però tenere in considerazione che anche la disciplina delle sanzioni ha subito
una recente modificazione
3
con l'emanazione dei decreti legislativi 21 novembre
1997, nn. 471 e 472, pubblicati sul supplemento ordinario n. 4/L della Gazzetta
Ufficiale 9 gennaio 1998, n. 5, attuativi delle deleghe contenute rispettivamente nella
legge 662/96, art. 3 comma 133, e nella stessa legge 662, art. 3, comma 133, lettera
q), concernenti, il primo, n. 471, la riforma delle sanzioni tributarie non penali in
materia di imposte dirette, di IVA e di riscossione dei tributi, ed il secondo, n. 472, i
principi generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni fiscali.
L'entrata in vigore della riforma è prevista dal 1 aprile 1998.
3
Sull'argomento si veda : Circolare n. 11 del 12 marzo 1998, Riforma del sistema sanzionatorio
tributario non penale - decreti legislativi del 18.12.1997 n. 471, 472 e 473 - Principi generali -
Singole fattispecie sanzionatorie - Analisi, edita dall'Istituto di ricerca del CONSIGLIO NAZIONALE
DEI DOTTORI COMMERCIALISTI; AA.VV., DOSSIER: LE SANZIONI AMMINISTRATIVE,
allegato a il sole 24 ore del 9.2.1998; GRAZIANO G. e POLLARI N., La riforma del sistema
sanzionatoro tributario, Ipsoa, Milano, 1997; NOVELLI A., Imputazione dei redditi delle società di
persone ed applicabilità ai soci delle pene pecuniarie per infedele dichiarazione, in Diritto e pratica
tributaria, Cedam, Padova, 1992, II, pag. 840 e ss.; CUCUZZA O., Il concorso e la continuazione di
illeciti amministrativi tributari nel progetto di riforma, in il fisco, Eti Spa, Roma, n.20/1997, pag.
5478; La riforma del sistema sanzionatorio non penale, in il fisco n.18/1997, Eti Spa, Roma, pag.
4808; SANTAMARIA T., Le nuove disposizioni generali per la repressione delle violazioni tributarie
non penali, in il fisco, Eti Spa, Roma, n.6/1998, pag.1985; MIFSUD A., Le sanzioni amministrative
tributarie I decreti legislativi nn. 471, 472 e 473 del 1997 concernenti le modifiche al sistema
sanzionatorio tributario, in il fisco n. 5/1998, Eti Spa, Roma, pag.1543; GATTO M., Le nuove regole
sanzionatorie amministrative, in il fisco n.4/1998, Eti Spa, Roma, pag.1277; SANTAMARIA B., La
riforma del sistema sanzionatorio tributario non penale, in il fisco n.42/1997, Eti Spa, Roma, ,
pag.12228; BATISTONI FERRARA F., Principio di specialità nella riforma delle sanzioni
amministrative, in il fisco n. 32/1997, Eti Spa, Roma, pag. 9374.
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Alcune fattispecie tributarie trattate presentano delle norme particolari in materia di
accertamento e sanzioni applicabili al caso specifico; ci si riferisce al decreto legge
28 gennaio 1991, n. 27 ed al decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, entrambi
concernenti la disciplina tributaria applicabile ai capital gains, trattati rispettivamente
ai paragrafi 3.2.2 e 3.2.4. In tali casi si soffermerà l'attenzione sulle particolari
disposizioni ivi previste.