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Introduzione
Avendo vissuto sulla mia pelle la fine della nostra compagnia di
bandiera, era logico che tra le scelte possibili, oggetto della mia tesi di
laurea, vi fosse anche questa vicenda.
La decisione in questo senso è maturata dopo aver organizzato un
incontro nella Facoltà di Sociologia dal titolo: “La cassa integrazione dei
dipendenti Alitalia: effetti sociali e familiari”. È allora che ho capito
quanto valesse la pena approfondire il tema e dire la mia su un evento
che, a suo tempo, era stato al centro di un’attenzione mediatica
eccezionale.
Ho fatto l’assistente di volo in Alitalia per quasi venticinque
anni, e ora sono anch’io in cassa integrazione dalla fine del 2008. Ho
vissuto non da spettatore, ma in prima persona, sia le fasi del tentativo di
cessione di Alitalia al gruppo Air France-Klm, sia la successiva vertenza
che, a giudizio di molti, è sfociata in una vera e propria svendita alla
famosa cordata dei “patrioti italiani”, azionisti della neonata società Cai.
Nel primo capitolo sono state illustrate le vicende che hanno
portato alla liquidazione della nostra Compagnia di Bandiera. Le
trattative tra la Cai, in veste di controparte aziendale interessata
all’acquisizione della sola parte buona di Alitalia, e tutte le
organizzazioni sindacali si sono contraddistinte per le modalità e la
durezza dei confronti, privi di qualsiasi margine di mediazione. I
negoziati hanno rappresentato un punto di svolta senza precedenti nelle
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relazioni industriali, un modello che, come era prevedibile, ha avuto un
seguito. Quello che è accaduto tempo dopo negli stabilimenti Fiat di
Mirafiori e Pomigliano lo dimostra senza ombra di dubbio.
Al tavolo delle trattative, oltre alle organizzazioni sindacali e i
vertici della Cai, hanno partecipato anche il commissario straordinario
del Gruppo Alitalia Augusto Fantozzi e il Governo: rappresentato dal
ministro del Lavoro Sacconi, dal ministro dei Trasporti Matteoli, dal
ministro dell’Economia Tremonti, maggiore azionista di Alitalia, e dalla
Presidenza del Consiglio rappresentata dal sottosegretario Gianni Letta.
Non si contano le intromissioni di altri personaggi che hanno turbato il
corretto svolgersi degli accordi sottoscritti: dall’amministratore delegato
di Banca Intesa, Corrado Passera
1
, al presidente di Enac Vito Riggio, a
tutta una serie di soggetti politici e non che hanno forzato le trattative e
l’opinione pubblica verso un'unica direzione, senza considerare le teste
dei lavoratori coinvolti.
La vicenda si è conclusa in modo molto doloroso per quasi
diecimila persone, dipendenti diretti di Alitalia che hanno perso il
proprio impiego. A questi dobbiamo aggiungere un numero non
precisato di lavoratori dell’indotto, che non è esagerato calcolare in
almeno il doppio (ma si fanno numeri anche più elevati) dei dipendenti
diretti della nostra compagnia di bandiera. Una perdita occupazionale di
tale portata, in un'unica soluzione, è difficile da ritrovare nel passato di
questo paese.
1
Autore del piano di salvataggio di Alitalia (Piano Fenice), e interessato
direttamente alla conclusione della vertenza a causa del coinvolgimento economico
della sua banca nei confronti di Air One, che era sull’orlo del fallimento, ed è poi
stata salvata dalla stessa Cai.
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Il momento storico di grossa crisi economica ha poi complicato
la situazione di buona parte di questi lavoratori che, trovandosi
accomunati nel destino di tanti altri disoccupati di breve e lungo periodo,
non hanno avuto molte possibilità di trovare una nuova collocazione
lavorativa. Se volessimo calcolare la quota complessiva di persone
interessate direttamente e indirettamente dagli esiti della vertenza,
includendo quindi anche i familiari di tutti i lavoratori coinvolti, non
sarebbe esagerato fare il numero di centomila.
La cassa integrazione straordinaria a zero ore è una forma di
disoccupazione assistita che risolve in parte, ma non in tutti i casi, il
problema del sostegno economico nel momento in cui viene meno la
retribuzione. Restano tuttavia intatti gli effetti negativi di altro genere,
che l’assenza del lavoro procura all’individuo.
In via generale la perdita della retribuzione sembra sia l’unico
aspetto meritevole di essere preso in considerazione, in maniera talvolta
anche efficace, dalle normative vigenti in materia. Il disagio sociale,
familiare e psicologico di chi si ritrova senza lavoro, resta un elemento
di secondaria importanza, che non viene preso in considerazione dalle
istituzioni, ma che ha un peso enorme sulla qualità della vita dei
disoccupati.
Anche rispetto al reinserimento nel mondo produttivo, non
esistono percorsi sufficientemente riusciti, né dal punto di vista
qualitativo, né da quello quantitativo.
Il trattamento economico dei dipendenti Alitalia in cassa
integrazione non è stato quello minimo, certamente non sufficiente, che
in alcuni casi è di circa settecento euro al mese. Da questo punto di vista
non si può non riconoscere che, soprattutto nel panorama della crisi
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generale legata alle contingenze attuali, densa di situazioni
economicamente molto più svantaggiate, il fondo del trasporto aereo,
attraverso l’applicazione della legge 223/91
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, ha garantito una perdita
finanziaria contenuta rispetto alla retribuzione precedente. Eppure,
questa circostanza ha reso più evidenti gli effetti di altro genere che la
disoccupazione produce. Perché quando si perde il lavoro ovviamente
svaniscono anche le funzioni che esso fornisce.
Nel secondo capitolo scopriamo oltre alle funzioni manifeste
anche quelle latenti, che più hanno interessato l’indagine approfondita
delle nostre interviste. Dopo aver dato uno sguardo agli effetti e alle
dimensioni della disoccupazione, ci si è dedicati a una verifica del suo
rapporto con la psicologia, considerando alcuni studi sugli effetti psichici
individuali.
Il terzo capitolo fa il punto del rapporto tra la sociologia e la
disoccupazione, un’attenzione particolare è stata dedicata alla centralità
del lavoro e al concetto di “employment commitment”, perché entrambe
queste variabili determinano quanto il lavoro, e la sua mancanza,
influenzi la vita dell’individuo.
Per ultimo si è affrontata l’analisi delle interviste focalizzate,
rivolte a quindici dipendenti di Alitalia in cassa integrazione
straordinaria a zero ore. In particolare sono stati approfonditi quattro
argomenti.
La centralità del lavoro è stata analizzata ipotizzando che l’entità
dei disagi individuali fosse direttamente proporzionale all’attaccamento
2
Tale legge assegna ai dipendenti di aziende in crisi un trattamento di cassa
integrazione calcolato in misura dell’ottanta per cento della retribuzione individuale
percepita nei dodici mesi precedenti.
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al lavoro. Sembrerebbe ovvia una risposta positiva, ma come vedremo in
seguito, in alcuni casi un processo di ristrutturazione cognitiva ha portato
i soggetti a modificare l’importanza attribuita al lavoro.
Il tema dell’identità personale, e delle sue possibili
trasformazioni, è stato affrontato con l’intenzione di comprendere quanto
la cassa integrazione abbia determinato un «crollo della struttura della
personalità sociale» [Lazarsfeld, P. F., 1971, p. 45], e costretto i soggetti
a rimettere in discussione buona parte dei propri valori, spingendoli
verso processi di risocializzazione individuale.
In connessione con questo aspetto si sono osservate le relazioni
familiari e le eventuali modificazioni avvenute a seguito della nuova
condizione di cassintegrato.
Un altro elemento di analisi attenta è stato il rapporto col tempo
liberato dal lavoro, cercando di comprendere se i risultati venuti fuori
nella ricerca su Marienthal [Jahoda, Lazarsfeld, Zeisel, 1933] circa le
difficoltà di organizzare le proprie giornate, siano verificabili ancora
oggi.
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Capitolo primo
La vertenza Alitalia e Air France-Klm
1.1 - Le trattative col gruppo Air France-Klm
Nell’affrontare il tema degli effetti della cassa integrazione sui
dipendenti dell’Alitalia è essenziale partire dagli eventi che hanno
causato il default aziendale e la conseguente perdita di migliaia di posti
di lavoro. È necessario anche individuare le cause di questo evento così
traumatico, e soprattutto capire a cosa, e a chi i lavoratori attribuiscono
le responsabilità. Proviamo quindi a ripercorrere le ultime fasi di vita
dell’Alitalia Linee Aeree Italiane.
Il processo di privatizzazione comincia nel gennaio del 2007 con
il bando di gara indetto dal Ministero dell’Economia. I soggetti
interessati all’acquisizione della Compagnia di bandiera devono seguire
un lungo percorso, che prevede tutta una serie di garanzie, requisiti e
obblighi. Dopo sette mesi di questo complicato cammino, dal momento
che nessun soggetto è disponibile a manifestare interesse per la
compagnia, «il Tesoro, prende atto del ritiro di tutti i concorrenti e
chiude la procedura di gara per la privatizzazione» [Annichiarico, 2007].
A questo punto non rimane che la strada della “procedura a
]
trattativa privata”. Si fanno avanti molti concorrenti, tra questi ora c’è
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anche il gruppo Air France-Klm, la più grande compagnia aerea del
mondo, finora rimasta sempre alla finestra. Esaminate tutte le offerte e
valutata la solidità dei soggetti interessati, il 20 dicembre 2007 «il
consiglio di amministrazione di Alitalia decide all'unanimità di avviare
la trattativa in esclusiva con Air France-Klm, per la vendita della quota
del 49,9 per cento detenuta dal Tesoro» [Amato, 2008].
Successivamente il Consiglio dei ministri, con a capo Romano Prodi, dà
il via libera alla decisione presa dal CdA di Alitalia.
Inizia così la strada, tutta in salita, dei negoziati con la
compagnia franco-olandese, che arriva comunque a formulare una
proposta di acquisto del gruppo Alitalia. Ma il 23 gennaio cade il
governo Prodi e il paese si avvia a elezioni anticipate, che vengono
fissate poco meno di tre mesi dopo, il 13 aprile. Di conseguenza ci si
ritrova nel pieno della campagna elettorale e molti sondaggi danno per
vincente la coalizione di centrodestra.
Pierre Henri Gourgeon, direttore generale di Air France-Klm,
afferma: «Se la posizione del prossimo Governo è favorevole a un
accordo con Air France-Klm andremo avanti, in caso contrario ci
fermeremo» [ilsole24ore.com, 14 febbraio 2008].
Il leader del centrodestra, Berlusconi, assumendo una netta
posizione nazionalista e protezionistica afferma: «"La via migliore per
Alitalia è una soluzione italiana. Dopo sei mesi di tempo", Air France ha
presentato un'offerta "non solo inaccettabile ma anche offensiva per il
Paese, Spinetta con il mio veto dovrà rinunciare"» [ilsole24ore.com, 18
marzo 2008].
Ma tra le condizioni già ribadite in precedenza
dall’amministratore delegato di Air France-Klm per la chiusura
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dell’accordo vi è, oltre alla firma delle organizzazioni sindacali,
obiettivo irto di ostacoli ma non impossibile, anche «l'ok del nuovo
governo» [ilsole24ore.com, 10 marzo 2008].
La risposta di Berlusconi, dato sempre per favorito da tutti i
sondaggi, non si fa attendere: «"Quella sul tavolo è un’offerta
irricevibile. Ci sono imprenditori pronti a scendere in campo, compresi i
miei figli. Quella vinta da Air France è stata un’asta opaca e senza
trasparenze, addirittura con alcuni aspetti contro la legge". Berlusconi
insiste per difendere l'italianità della compagnia di bandiera ed evitare
quella che considera "una svendita con condizioni da colonialismo"»
[laRepubblica.it, 20 marzo 2008]. La strategia evidente del leader del
centrodestra è di presentarsi, agli occhi dell’elettorato, come il salvatore
della nostra amata compagnia di bandiera, in alternativa alla coalizione
di centrosinistra, dipinta invece come contraria agli interessi nazionali.
Palazzo Chigi sottolinea come la vendita di Alitalia sia stata
«buttata nel tritacarne della campagna elettorale. Con buona pace di chi
sta rischiando il posto di lavoro» [ibidem].
Un’altra condizione posta da Spinetta è la soluzione del ricorso
da 1,25 miliardi di euro presentato dalla Sea, società che gestisce
Malpensa, pendente sul futuro acquirente di Alitalia per i danni derivanti
dall’abbandono dello scalo milanese. A tal proposito Letizia Moratti,
sindaco del comune di Milano, principale azionista della Sea, si schiera a
difesa degli interessi elettoralistici della sua coalizione di centrodestra,
affermando: «Una rinuncia da parte nostra è impensabile». [Lerner,
2008].
La posizione del centrosinistra riguardo gli atteggiamenti degli
avversari politici viene riassunta così dal candidato premier Walter
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Veltroni: «No ad operazioni elettorali. Bisogna evitare (…) perché
stiamo parlando non solo della compagnia di bandiera ma di migliaia e
migliaia di lavoratori (…). Questo significherebbe portare Alitalia
sull’orlo del fallimento e anche di più». [laRepubblica.it, 21 marzo
2008].
E Berlusconi invece insiste «annunciando che la proposta di Air
France-Klm avrà dal prossimo governo "un secco no"» [ibidem], «Come
facciamo a dare la nostra compagnia di bandiera ai francesi (...). È una
follia» [corrieredellasera.it, 27 marzo 2008]. Ancora l’8 aprile, a pochi
giorni dalle elezioni, Berlusconi dichiara: «Appena si chiuderà in modo
negativo la trattativa con Air France ci sarà una cordata di imprenditori
che si faranno avanti e dopo 3-4 settimane di approfondimento faranno
una offerta. Se non la svendono prima delle elezioni la salveremo»
[Annichiarico, 2008].
Il 20 aprile 2008, dopo la vittoria del centrodestra alle elezioni
politiche del 13 aprile, «Air France-Klm ritira la propria offerta su
Alitalia» [ilsole24ore.com, 21 aprile 2008].
Non si può affermare che le colpe del fallimento delle trattative
siano unicamente dovute all’ostilità del centrodestra e del suo leader,
anche i sindacati hanno certamente le loro responsabilità. In un
determinato momento alcune sigle hanno avuto un atteggiamento
ambiguo, la volontà di trovare un accordo sembrava diminuita e una
confederazione, la UIL, ha addirittura interrotto i negoziati. Si è
cominciato quindi a respirare un clima che allontanava la prospettiva di
una chiusura positiva della vertenza e che forse, non casualmente,
coincideva con la volontà del fronte berlusconiano.
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La compagnia franco-olandese, preso atto della situazione, ritira
l’offerta dichiarando che non sono state soddisfatte le condizioni che
erano state preliminarmente richieste, tra le quali figuravano, oltre alla
firma delle organizzazioni sindacali, anche l’accordo del futuro governo.
La vicenda Alitalia dimostra che Silvio Berlusconi «"si è rivelato
essere più un corporativo, contrario alla concorrenza del libero mercato,
piuttosto che un liberale in economia disposto a fare quello di cui l’Italia
ha bisogno per riavviare la sua zoppicante economia". È quanto sostiene
il "Wall Street Journal", edizione europea, in un editoriale dal titolo
"Silvio e Alitalia"» [laRepubblica.it, 25 marzo 2008].
Compito della politica sarebbe, invece, quello di evitare di porre
ostacoli alla risoluzione di vertenze complicate come queste e facilitarne
la positiva conclusione. Nella partita elettorale del 2008 le sorti della
compagnia, che stava già trattando il suo passaggio nelle mani dell’Air
France, vengono utilizzate da Berlusconi e dalla sua coalizione per
attaccare il centrosinistra. L’interesse per le sorti dell’Alitalia, da parte
dell’allora opposizione, appare gradualmente solo dopo la caduta del
governo Prodi e il conseguente periodo elettorale. È allora che si
intravede la possibilità di utilizzare il sentimento patriottico degli italiani
verso la nostra compagnia di bandiera a scopo propagandistico. La
privatizzazione di Alitalia viene presentata agli elettori, da quello che la
maggior parte dei sondaggi danno come il probabile futuro presidente
del consiglio, come una svendita ad un paese straniero con la perdita
conseguente, per gli italiani, della loro compagnia di bandiera.
All’indomani della fine delle trattative il gruppo franco-olandese
si sente costretto a sottolineare come il ritiro dell’offerta non ha nulla a
che vedere «col clima ostile respirato in campagna elettorale contro
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l'eventuale “conquista francese”» [Geroni, 2008], tuttavia non si può non
rilevare che «i dubbi che il comportamento in chiara lettura elettorale da
parte degli esponenti di spicco del nuovo governo abbia destabilizzato il
quadro di certezze e sicurezze richiesto dal gruppo franco-olandese sono
molto forti». [De Blasi, Gnesutta, 2009, p. 91].
Così come non si possono accantonare i sospetti che la
compagnia d’oltralpe abbia abbandonato la compravendita di Alitalia
ipotizzando la possibilità di accordi futuri molto più vantaggiosi. Il 13
gennaio 2009, giorno di avvio di Alitalia-Cai, il quotidiano francese “Les
Echos” pubblica un articolo dal titolo “Merci Silvio”, riferendosi
all’affare fatto da Air France acquistando il 25% di Alitalia a un prezzo
di poco superiore a 300 milioni di euro.
Poco meno di due anni dopo, Rocco Sabelli, amministratore
delegato di Alitalia Cai dichiara che sarà necessario «costruire una
fusione tra le due compagnie per confluire in un aggregato più grande»
[Livini, 2010]. La risposta dell’amministratore delegato di Air France-
Klm, Pierre Henri Gourgeon, non si fa attendere, e conferma questa
visione affermando che: «la fusione è nello spirito iniziale degli accordi»
[ibidem].
Se verranno confermate le indiscrezioni e, come è stato riportato
da alcuni quotidiani, «entro la fine dell’anno la compagnia di bandiera
italiana sarà incorporata dal colosso francese» [ilfattoquotidiano.it, 9
giugno 2011], “Les Echos”, a tre anni di distanza, sarà tentato molto
probabilmente dal fare lo stesso titolo.