2
che hanno acquistato, in buona fede da chi appariva erede dal certificato di
eredità.
La procedura successoria si svolge attraverso una serie di attività, che vanno
dalla redazione dell’inventario dei beni ereditari, all’adozione delle misure
conservative eventualmente necessarie, alla citazione di eredi e legatari e
dell’eventuale esecutore testamentario, all’apertura e pubblicazione degli
eventuali testamenti, alla ricognizione delle prove della qualità di erede, dei
titoli di proprietà, delle accettazioni e rinunce all’eredità, e simili.
Un sistema alternativo a quello del certificato di eredità è quello consistente
nella redazione di apposito atto notarile, variamente denominato, cui
partecipano gli eredi interessati, che indica sia le persone degli eredi, sia i beni
oggetto della trasmissione ereditaria. Questo sistema vige, in particolare, in
Francia, Spagna e Portogallo, e si caratterizza per una più ridotta attività
istruttoria, rispetto a quella richiesta negli ordinamenti che utilizzano il
certificato di eredità.
In Italia, invece, la materia successoria, regolata principalmente dal c.c.
2
e dal
codice di procedura civile, non prevede alcuna procedura ufficiale per
l’accertamento della qualità di erede e rimette all’iniziativa degli interessati le
conseguenti formalità pubblicitarie. Peraltro, il nostro ordinamento, a differenza
di tanti altri, improntato a principi solidaristici più tesi a garantire la coesione
del nucleo familiare e che come è stato giustamente rilevato
3
attribuiscono al
diritto ereditario una funzione più distributiva che allocativa della ricchezza,
per molti altri aspetti si trova in questa materia sostanzialmente isolato nel
panorama giuridico europeo.
Si pensi anche alla sola tutela dei legittimari che, così come prevista nel nostro
ordinamento, risulta estranea ad altre culture giuridiche come quelle di common
2
In particolare per ciò che a noi interessa nel titolo I (Disposizioni Generali delle Successioni)
del libro secondo (Delle Successioni) c.c. che prevede un capo X (Dei legittimari) diviso in due
sezioni: la prima, intitolata Dei diritti riservati ai legittimari (artt. 536-552 c.c.), tratta del diritto del
legittimario alla quota di riserva e ne stabilisce l'entità e l'intangibilità; la seconda, intitolata
Della reintegrazione della quota riservata ai legittimari (artt. 553-564 c.c.), tratta delle modalità con
le quali viene soddisfatto il diritto del legittimario.
3
G. S. PENE VIDARI, Il diritto successorio; in U. MATTEI, Regole sicure. Analisi economico giuridica
comparata per il notariato, Milano 2006, 349 e ss.
3
law
4
, le quali sono invece coerenti ad un sistema nel quale la libertà individuale
costituisce, già nei principi costituzionali, il cardine dell'organizzazione sociale
e riveste una rilevanza certamente maggiore dell'istituto della famiglia.
Si ritiene, che la disciplina della legittima o riserva
5
sia quasi certamente il
risultato di un compromesso fra due teorie estreme, ovvero fra una teoria che
riconosce al titolare di un patrimonio il potere di disporre senza alcun limite
dello stesso patrimonio, sia in vita a titolo di liberalità e sia per causa di morte;
ed una diversa teoria che nega tale potere, stabilendo che, invece, il patrimonio
sia destinato a successori direttamente individuati dalle norme.
Peraltro, nessuno degli ordinamenti contemporanei, ispirati ai valori della
società occidentale, si ispira ad una di queste soluzioni estreme. Invero tutti gli
ordinamenti riconoscono, pur se con diversa intensità, oltre la libertà di donare
e testare anche la necessità di imporre una tutela in favore dei più stretti
familiari del defunto.
Si va da ordinamenti, come quello inglese, dove non è previsto alcun tipo di
diritto alla quota di legittima, ma si ispira al massimo rispetto della volontà
attributiva del defunto le cui disposizioni possono eventualmente però essere
corrette, in funzione essenzialmente assistenziale, a discrezione del giudice
adito dai familiari più stretti, qualora ovviamente il testatore li abbia
pretermessi o non sufficientemente considerati nel testamento, ad altri
ordinamenti, invece, che ai legittimari riservano quote rilevanti del patrimonio,
come avviene nell'Europa continentale.
Nondimeno, alcuni di questi ordinamenti, come quello francese, ritengono la
legittima come porzione di beni che il legittimario ha in ogni caso diritto di
4
T. BALLARINO, Diritto internazionale privato, Milano 1999, 521, 532; F. MOSCONI, Diritto
internazionale privato e processuale, II, Torino 1997, 113; E. CALÒ, L’etica dell’ordine pubblico
internazionale e lo spirito della successione necessaria, in Nuova giur. civ. comm., 1997, I, 167; R.
BANDI, Alcune questioni in materia successoria alla luce della riforma del diritto internazionale privato,
in Vita not., 1998, 1201 ss.; Cass., 24 giugno 1996, n. 5832, in Riv. not., 1997, 935. Nel vigore delle
preleggi, Cfr., nel senso della compatibilità con l’ordine pubblico, Trib. Chiavari, 25 febbraio
1974, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 1977, 379; Trib. Termini Imerese, 15 luglio 1965, in Giur.
sic., 1965, 784. In senso contrario, App. Milano, 4 dicembre 1992, in Riv. dir. internaz. priv. e proc.,
1994, 821, in Gazz. not., 1994, 217, ed in Foro it., 1994, I, c. 590; Trib. Sanremo, 31 dicembre 1984,
in Riv. not., 1985, 1318, ed in Foro pad., 1985, I, 70; App. Reggio Calabria, 7 dicembre 1957, in
Giust. civ., Mass. App. 1957, 40.
5
Art. 457, 3° comma c.c. «Le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti che la legge
riserva ai destinatari».
4
ottenere, mentre altri si limitano a garantirgli una frazione del valore dei beni
stessi, attribuendogli un'azione personale, contro il beneficiario delle
disposizioni lesive, diretta ad ottenere una somma corrispondente al valore
medesimo.
Tuttavia, se si dovesse costruire una scala ideale tra le diverse soluzioni
compromissorie sopra indicate, senza dubbio il nostro ordinamento sarebbe
collocato sul gradino prossimo all’estremo della negazione della libertà di
disporre.
In Italia, infatti, esiste una riserva di diritto assoluta in favore dei legittimari e
perché vi sia illimitata libertà di disporre, sia a titolo di liberalità e sia per causa
di morte, occorre che l’ereditando non lasci né coniuge, né discendenti,
nemmeno adottivi, né ascendenti legittimi (art. 536 c.c.).
Tale riserva sembra consistere nel fatto che nel nostro paese l'equilibrio interno
della famiglia è stato da sempre considerato come un valore troppo delicato e
prezioso, difficile da raggiungere e, quindi, necessariamente da tutelare. Di
conseguenza le regole in tema di successione sono state strutturate dal
legislatore presumibilmente in modo tale da salvaguardare in tutte le ipotesi la
tendenziale stabilità degli interessi della famiglia nucleare.
Non è un caso, quindi, se la materia delle successioni in Italia è quella che nel
tempo ha meglio resistito agli stravolgimenti ed alle erosioni, che, invece, hanno
subito altri settori del codice civile.
Invero, rispetto al testo originario del codice del 1942 il diritto delle successioni,
sebbene nel tempo abbia anche conosciuto innovazioni evolutive, le prime –
com’ è noto - risalenti ormai alla legge del 19 maggio 1975, n. 151, di riforma del
diritto di famiglia, e altre riconducibili a sentenze additive del giudice delle
leggi
6
, è rimasto fondamentalmente intatto fino ad oggi
7
.
6
Tra le sentenze che in materia di famiglia e successioni anticiparono, in alcuni aspetti
indirizzando la riforma del 1975, si può segnalare, tra le altre, Corte cost. 30 aprile 1973, n. 50, in
Foro it., 1973, I, c.1684.
7
A differenza di molti altri paesi europei dove rilevanti novità hanno contrassegnato il diritto
successorio sul piano dottrinale, normativo e giurisprudenziale.
5
Tuttavia, si deve riconoscere che in questi ultimi anni sono sopraggiunti
rilevanti interventi legislativi dovuti all'esigenza di assecondare l'istanza di
stabilità dei trasferimenti di ricchezza familiare proveniente dal mercato.
Con una prima legge (n. 80 del 14 maggio 2005) si è introdotta in sede di
conversione del d.l. n. 35 del 14 marzo 2005 la nuova disciplina delle donazioni,
con altra legge (n. 55 del 14 febbraio 2006 ) si è introdotto, dopo circa un
decennio di proposte della dottrina e di iniziative parlamentari, un istituto di
nuovo conio, il cosi detto patto di famiglia.
Queste leggi, ma soprattutto anche altre fonti dovute alla graduale penetrazione
nel nostro ordinamento di istituti e tendenze del diritto comunitario, hanno
rotto l’immobilismo del codice tanto da far seriamente considerare, più che
l’opportunità, la necessità di una riforma del diritto successorio italiano. Diritto
ritenuto oramai dai più del tutto inadeguato a disciplinare il processo di
trasmissione dell'eredità.
Di estrema rilevanza appaiono in tal senso recenti considerazioni della Suprema
Corte che in merito al fondamento della successione necessaria ritiene che
questa non debba rappresentare solo un limite alla piena facoltà di disporre del
testatore: «ma anche quella di consentire al testatore medesimo di sapere entro quali
limiti, in considerazione della composizione della propria famiglia, può disporre del suo
patrimonio in confronto di terzi».
La Cassazione, in altri termini, sposta il consueto angolo di visuale in base al
quale i criteri della successione necessaria vanno letti oltre che in funzione delle
esigenze di tutela dei soggetti legittimari, anche in funzione della libertà del de
cuius quanto meno nell’ipotesi in cui taluni dei riservatari rinunzino all’eredità
o comunque non esperiscano l’azione di riduzione loro concessa: «la rinuncia
all’eredità così come la rinuncia all’azione di riduzione non può andare a vantaggio dei
legittimari, ma è giusto che essa vada a vantaggio della libertà di disposizione del de
cuius ed incrementi la porzione disponibile del suo patrimonio».
Il suddetto orientamento si inserisce coerentemente nel più recente percorso
della dottrina maggioritaria volto a smussare degli angoli della successione
necessaria e a privilegiare, in luogo degli stretti congiunti e della famiglia, oggi
6
più che mai parcellizzata e non sempre rispondente ad un concetto reale di
famiglia
8
, la libertà del de cuius e le istanze di certezza, lasciando intendere, più
o meno chiaramente, che i diritti dei legittimari non sono più inattaccabili, ma
essi sono idonei ad essere compressi allorquando si tratti di compararli ad altri
diritti, ritenuti oggi ugualmente meritevoli di tutela, siano essi la tutela dei
traffici commerciali o anche la semplice libertà di disposizione del de cuius.
La società moderna, quindi, reputa ineludibile, una riforma dell'attuale diritto
successorio, di cui, peraltro, vi è già traccia in recenti iniziative parlamentari
9
.
8
Con una certa insistenza ricorre l'idea di una devoluzione non familiare della ricchezza a
favore di organizzazioni senza scopo di lucro: così, tra gli altri P. RESCIGNO, Introduzione al
codice civile, Roma –Bari, 1991, 161.
9
D.L. n. 3870 dell'8 aprile 2003, Introduzione dell'art. 734 bis c.c, in materia di patti successori
d'impresa, e D.L. n. 4412 del 22 ottobre 2003, Modifiche al c.c. in materia di tutela dei figli naturali;
D.L. n. 4399 del 20 ottobre 2003, Disciplina della convivenza familiare, e D.L. n. 4442 del 29 ottobre
2003, Disciplina delle unioni di fatto; si consideri infine la recentissima l. 19 febbraio 2004, n. 40
(G.U. 24 febbraio 2004, Serie generale, n. 45), contenente «Norme in materia di procreazione
medicalmente assistita», il cui art. 8 «I nati a seguito dell'applicazione delle tecniche» di procreazione
artificiale sono titolari dello «stato di figli legittimi o di figli naturali della coppia») ha evidenti riflessi
successori. Il progetto di legge n. 1043 della XV legislatura, che propone l’abolizione della
successione necessaria, è accompagnato da una relazione che giustifica in primo luogo
l’eliminazione della riserva di una quota nei confronti dei figli, sostenendo la loro maggiore
convivenza con i genitori e quindi il relativo sfruttamento del patrimonio familiare per giungere
all’indipendenza economica, rispetto a quanto avveniva in passato. La stessa proposta di legge
prevede pure l’abrogazione delle recenti norme che introducono la disciplina del Patto di
famiglia (art. 768 bis e ss. c.c.). Si pone a fondamento dell’innovazione il principio costituzionale
della libera disposizione dei beni da parte del titolare del diritto di proprietà. Art. 1. 1. Le
disposizioni di cui agli articoli 536, 537, 538, 540, primo comma, 542, 544, 549, 550, 551, 552, 553,
554, 555, 556, 557, 558, 559, 560, 561, 562, 563, 564, 735, secondo comma, 737, secondo comma,
763, 2652, primo comma, numero 8), e 2690, primo comma, numero 5), c.c, sono abrogate. / 2. È
abrogato il capo V-bis del titolo IV del Libro II c.c. Art. 2. 1. L’art. 458 c.c è sostituito dal
seguente: « Art. 458. – (Patti successori). - È nulla ogni convenzione con cui taluno dispone della
propria successione. / 2. È del pari nullo ogni atto col quale taluno dispone dei diritti che gli
possono spettare su una successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi. / 3. È tuttavia
valido il contratto con il quale taluno assegna, nella medesima forma richiesta per il contratto di
donazione, in tutto o in parte, il suo patrimonio ai propri discendenti in linea retta con effetto
dall’apertura della propria successione, anche con la previsione per il caso di premorienza di
taluno degli assegnatari della inefficacia dell’assegnazione o della sostituzione dell’assegnatario
con suoi discendenti in linea retta collettivamente o nominativamente indicati ».Art. 3. Il terzo
comma dell’art. 457 c.c. è sostituito dal seguente: « Le disposizioni testamentarie non possono
pregiudicare i diritti che la legge riserva al coniuge superstite ».Art. 4. Il secondo comma
dell’art. 483 c.c. è sostituito dal seguente: « Tuttavia, se si scopre un testamento del quale non si
aveva notizia al tempo dell’accettazione, l’erede non è tenuto a soddisfare i legati scritti in esso
oltre il valore dell’eredità, o con pregiudizio dei diritti che la legge gli riserva in qualità di
coniuge superstite. Se i beni ereditari non bastano a soddisfare tali legati, si riducono
proporzionalmente anche i legati scritti in altri testamenti. Se alcuni legatari sono stati già
soddisfatti per intero, contro di loro è data azione di regresso ».Art. 5. Il primo comma dell’art.
692 c.c. è sostituito dal seguente: « Ciascuno dei genitori o degli altri ascendenti in linea retta o il
coniuge dell’interdetto possono istituire rispettivamente il figlio, il discendente o il coniuge con
l’obbligo di conservare e di restituire alla sua morte i beni, a favore della persona o degli enti
che, sotto la vigilanza del tutore, hanno avuto cura dell’interdetto medesimo ».Art. 6. Il primo
7
comma dell’art. 734 c.c. è sostituito dal seguente: « Il testatore può dividere i suoi beni tra gli
eredi ».Art. 7. 1. Il primo comma dell’art. 735 c.c. è sostituito dal seguente: « La divisione nella
quale il testatore non abbia compreso qualcuno degli eredi istituiti è nulla ». / 2. Alla rubrica
dell’art. 735 c.c., le parole: « e lesione di legittima » sono soppresse. Art. 8. Il secondo comma
dell’art. 792 c.c. è sostituito dal seguente: « È valido il patto per cui la riversione non deve
pregiudicare i diritti che la legge riserva al coniuge superstite sul patrimonio del donatario,
compresi in esso i beni donati ».Art. 9. Il primo comma dell’art. 809 c.c. è sostituito dal seguente:
« Le liberalità, anche se risultano da atti diversi da quelli previsti dall’art. 769, sono soggette alle
stesse norme che regolano la revocazione delle donazioni per causa d’ingratitudine e per
sopravvenienza di figli ».Art. 10. La presente legge entra in vigore il giorno successivo alla sua
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Il disegno di legge riproduce in sostanza il progetto 19
febbraio 2004, ove nella relazione di accompagnamento si osservava: «I diritti successori dei
membri della famiglia secondo il sistema vigente competono ai medesimi indipendentemente
dal loro eventuale stato di bisogno, sicché non può più farsi leva soltanto sulla funzione
assistenziale-solidale per giustificare i diritti dei legittimari, perché i medesimi sono già sorretti
dall’esistenza in sé di un vincolo familiare con il de cuius e pertanto già e soprattutto durante la
vita del de cuius si manifesta l’interesse a tutelare e si realizza la tutela della famiglia attraverso
l’obbligo legale degli alimenti, dell’educazione, del mantenimento, eccetera. La famiglia di oggi
infatti più che una comunità di produzione è una comunità di consumo, educazione e tempo
libero. Di regola infatti i figli lasciano la casa dei genitori al più tardi dopo la conclusione dei
loro studi, che nella maggior parte dei casi si spingono fino all’università e pertanto spesso i
genitori contribuiscono al loro mantenimento fino ad età avanzata, i figli hanno pertanto già
goduto dei benefici traibili dal patrimonio del de cuius ed è raro che possano vantare una
pretesa ad una partecipazione all’eredità in forza di una loro effettiva collaborazione alla
conservazione e all’incremento del patrimonio familiare. Si pensi, inoltre, come il sistema
attuale in presenza di grandi patrimoni pregiudica maggiormente la libertà del de cuius e offre
ai « fortunati » legittimari, i quali possono pretendere cospicue porzioni di patrimonio,
occasione per renderli poco propensi al sacrificio, al lavoro, nonché poco incentivati ad
assumersi obblighi di varia natura e, in particolare, di assistenza e di sostegno nei confronti dei
membri della famiglia. Inoltre anche l’aspettativa di vita è aumentata, difficile pertanto che il de
cuius lasci alla sua morte figli minori. Si osserva dunque come nella realtà siano mutati i soggetti
effettivamente bisognosi di assistenza, tali infatti non sarebbero più in linea di massima i figli,
bensì il coniuge ed eventualmente i genitori del de cuius. A quest’ultimi non spetta alcun diritto
successorio se il de cuius lascia anche dei figli. L’affermazione secondo cui la successione
necessaria si giustifica per la solidarietà familiare ha quindi oggi poca forza persuasiva.
Secondo il sistema vigente è riconosciuto un diritto di successione necessaria anche, per
esempio, a quei congiunti che non si sono mai preoccupati del de cuius, o che hanno, al
contrario, tenuto nei suoi confronti un comportamento ostile, o che non hanno mai contribuito a
conservare e ad incrementare il patrimonio del de cuius e ancora: nella ex Repubblica
democratica tedesca soltanto il coniuge del de cuius aveva un diritto illimitato alla quota di
legittima. Ai discendenti e ai genitori del de cuius spettava una pretesa alla quota di legittima
solo se al momento dell’apertura della successione avevano diritto agli alimenti nei confronti
del de cuius. In Louisiana, l’unico Stato degli Stati Uniti che riconosce anche ai figli un diritto
alla quota di legittima, a partire dal 1990 solo i figli minori di ventitre anni e quelli portatori di
un handicap psichico o fisico possono far valere il diritto ad una partecipazione minima
all’eredità. In Inghilterra non è previsto alcun tipo di diritto alla quota di legittima, ma
determinate persone e precisamente coloro che al momento della morte dipendevano dal de
cuius, i cosiddetti dependents, possono proporre domanda al giudice affinché venga loro
attribuito un congruo importo tratto dal patrimonio ereditario, una reasonable provision, qualora
il testatore li abbia pretermessi o non sufficientemente considerati nel testamento. Dei
dependents fanno parte, oltre al coniuge del de cuius, anche i conviventi e, oltre ai figli
consanguinei, anche i figliastri e i pupilli. In Irlanda un discendente può pretendere
un’attribuzione dal patrimonio se il de cuius, avendolo pretermesso, ha agito in violazione di un
moral duty. In Spagna il de cuius che lascia figli può disporre liberamente solo di un terzo del
patrimonio, mentre i due terzi spettano ai discendenti. Ma solo un terzo spetta ai discendenti in
parti uguali. L’altro terzo, la cosiddetta mejora il de cuius può ripartirlo come ritiene giusto.
Secondo il diritto ceco il discendente può essere privato della legittima qualora, in contrasto con
8
il buon costume, abbia omesso di prestare al de cuius in caso di malattia, di vecchiaia o in altri
casi gravi l’assistenza necessaria o abbia costantemente trascurato di dimostrare verso il de cuius
l’interesse che egli, in quanto discendente, doveva dimostrare nei suoi confronti. In Austria il de
cuius può diminuire la quota di legittima, se tra un figlio e uno dei suoi genitori non sia mai
esistito quel rapporto di prossimità affettiva che normalmente esiste in famiglia. Negli Stati
Uniti, secondo l’Uniform probate code, che è in vigore in un certo numero di Stati, l’importo della
quota di legittima del coniuge dipende dalla durata del matrimonio. A questo punto sul
riscontro del mutamento di quelle condizioni che hanno dato origine e che hanno reso
indubbiamente necessario il sistema della successione necessaria, la cui concezione è oggi ormai
superata e inadeguata poiché non consente più di realizzare quella solidarietà familiare che lo
ha ispirato, ma che in realtà impedisce al de cuius di disporre nel modo più giusto del
patrimonio che ha acquistato con il proprio lavoro e, in particolare, di tener adeguatamente
conto degli interessi dei suoi prossimi congiunti al fine di fare fronte ai loro bisogni, nasce
l’esigenza della presente proposta di legge che si prefigge di riconoscere il pieno potere di
disporre liberamente di tutto il proprio patrimonio con atti inter vivos e mortis causa,
privilegiando la sovranità dispositiva del proprietario e che integra la piena libertà di testare,
diritto costituzionalmente garantito, affinché, adottando come parametro di riferimento più che
la parità di trattamento, l’effettivo stato di bisogno dello stretto congiunto, si abbiano reali
strumenti, piuttosto che sbarramenti invalicabili, per realizzare al meglio quella esigenza di
assistenza materiale e morale del proprio nucleo familiare che il diritto vigente non è più idoneo
a tutelare, né tanto meno a promuovere. Il sistema della successione necessaria presenta dunque
chiari aspetti di illegittimità e di incostituzionalità, limitando e restringendo senza più alcuna
valida giustificazione il diritto sovrano di disporre liberamente delle proprie sostanze ed è
questo il motivo precipuo che giustifica sul piano tecnico-giuridico la proposta di legge. Ma la
proposta di legge si prefigge, in particolare, una revisione generale delle successioni mortis causa
per ovviare ad una ulteriore grossa questione che è quella del ‹‹limite alla circolazione dei beni››
che inevitabilmente comportano le norme dettate dall’ordinamento sulla successione necessaria,
predisponendo in favore dei legittimari quella tutela, le cui manifestazioni precipue consistono
nell’attribuzione agli stessi dell’azione di riduzione o di reintegrazione quando siano stati
pretermessi o sia stata loro attribuita una quota inferiore a quella stabilita dalla legge, nonché
nell’inefficacia di pesi o di condizioni sulla quota di riserva ».Le motivazioni addotte nella
relazione sono in realtà riduttive. Nel quadro della codificazione civile moderna la ratio della
introduzione della successione necessaria aveva un duplice fondamento. In primo luogo essa
risiedeva nel ruolo giuspubblicistico che la famiglia, nonostante la sua collocazione nel c.c.,
ancora conservava: la sua natura organica, in quanto incentrata sul primato del pater familias,
importava l’eguale dignità della discendenza, imponendo al padre il dovere di un trattamento
minimo indifferenziato, non correlato ai meriti e ai demeriti soggettivi, salvo il ricorso alla
disponibile e salva l’indegnità a succedere; in questa visione non era più in potestà del genitore
di diseredare i figli, di contraddire il passaggio « naturale » della ricchezza alla generazione
(maschile) successiva, di ledere la dignità del figlio (legittimo). In secondo luogo veniva in
considerazione l’esigenza di frantumare il patrimonio accumulato in vita dal de cuius al fine di
impedire la riproposizione della logica feudale di trasmissione del patrimonio ad un unico
erede per consentirne la conservazione; da questo punto di vista la famiglia non doveva più
essere una società che si perpetuava attraverso il susseguirsi delle generazioni conservando ed
eventualmente ampliando il proprio patrimonio e acquisendo un ruolo sociale corrispondente.
Su questi importanti aspetti v. per tutti A. DONATI, La famiglia tra diritto pubblico e diritto
privato, Padova, 2004, spec. 93 e ss., 151 e ss..
9
Capitolo primo
La Successione necessaria
1.1 La successione necessaria nell’attuale disciplina
Può accadere che alcune categorie di soggetti, legati al defunto da uno stretto
vincolo familiare, non ottengano dalla successione un utile che quanto meno
eguagli il valore di una certa porzione del patrimonio complessivo del defunto,
determinata dagli art. 537 e ss. c.c. in una frazione calcolata sui valore dei beni
lasciati nella successione e sul valore dei beni che siano stati oggetto di liberalità
inter vivos. Questo evento prende da noi il nome di successione necessaria o
riservata o dei legittimari
10
. Con il termine «successione necessaria» si allude oggi
10
Il concetto di successione necessaria era ignoto sia al diritto romano che ai legislatori moderni,
esso è il prodotto di una trasposizione e insieme una deformazione operate dalla dottrina
pandettistica tedesca del concetto romano di heres necessarius. L’antico ius civile infatti non
conosceva l’istituto della legittima né alcuna restrizione sostanziale alla facoltà di disporre per
testamento, un limite solo formale aveva luogo nel caso intervenissero sui: poiché questi
avevano già il titolo di heredes, per ciò solo che fossero i sui, il paterfamilias doveva
necessariamente contemplarli nel testamento, o istituendoli eredi, confermando così quel titolo
che essi già avevano, oppure togliendo loro tassativamente tale titolo mediante esplicita
exheredatio. Qualora il testatore non li avesse contemplati (praeteritio) il testamento era nullo, con
la conseguenza che i sui succedevano per legge, come se il testamento non ci fosse stato. Tale
sistema non importava legittima o riserva a favore dei sui, giacché il pater familias poteva
diseredarli liberamente e senza limiti di sorta; così facendo il testamento era inattaccabile e nulla
acquistavano i sui. Nel linguaggio delle fonti romane pertanto si qualificavano necessarii in
contrapposizione ai volontarii i chiamati che in quanto soggetti alla potestas del defunto
acquistavano la qualità di eredi indipendentemente dall’accettazione, tali erano i filii familias o
filii sui, quando non venivano espressamente diseredati nel testamento del pater (heredes sui et
necessarii) e gli schiavi manomessi nel testamento e in pari tempo istituiti eredi del padrone
(heredes necessarii).
Il concetto pandettistico di successione necessaria si riferisce invece non alla volontà del
chiamato, per esprimere l’irrilevanza dell’accettazione o della rinuncia, bensì alla volontà del
testatore ed implica l’idea di successore contro l’ultima volontà o il testamento, ossia una
successione ex lege che si apre in ragione dell’inefficacia (totale o parziale) del testamento
collegata all’accertamento giudiziale dell’inosservanza dei limiti posti dalla legge alla libertà di
testare. In tale senso dunque si parla di successione necessaria, con il che si esclude possano
esservi analogie con l’originaria nozione che esprimeva l’idea che certi soggetti acquistavano
l’eredità automaticamente, senza potervi rinunziare: infatti i necessarii del diritto romano
venivano alla successione forzosamente e la necessarietà rivelava l’idea di una eredità
acquisibile anche contro la volontà del chiamato (l’ordinamento odierno invece non tollera che
un soggetto divenga erede anche contro la sua volontà). Si veda al riguardo Guarino, Diritto
privato romano, 414. Nel nostro ordinamento, invece, l'ottenimento della quota di legittima, al di
fuori di ogni meccanismo di automatica devoluzione, necessita del vittorioso esperimento di
una specifica azione giudiziale: l'azione di riduzione. Unica eccezione è costituita dal cd. legato
10
alla circostanza che ogni patrimonio, se sussistono legittimari
11
, è scomponibile
in due quote di cui una disponibile, della quale il testatore era libero di disporre
mediante testamento o liberalità, e l’altra intangibile riservata ai legittimari.
Il diritto del legittimario alla legittima non è un diritto di credito verso gli altri
successori, ma un diritto assoluto che si impone sui beni ereditari; pertanto il
legittimario ha il diritto di conseguire in natura tutti i beni che costituiscono la
legittima.
Va precisato, tuttavia, che non in ogni caso il legittimario ha diritto di ricevere
una quota di eredità; si pensi, ad esempio, all’ipotesi in cui egli sia stato
interamente soddisfatto in vita dal de cuius a mezzo di donazioni, ovvero
all’ipotesi in cui non possa ottenere alcunché perché si tratta di un’eredità in cui
il passivo supera l’attivo (damnosa hereditas).
Il principio per cui le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i
diritti che la legge riserva intangibilmente ai legittimari emerge anche
testualmente dall’art. 457, 3° comma, c.c., che così recita: «Le disposizioni
testamentarie non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari».
Oggi, i diritti del legittimario non possono, quindi, essere sacrificati da
un’esplicita diseredazione, in quanto disposizione nulla per contrarietà a norma
ex lege avente ad oggetto i diritti di cui all'art. 540, secondo comma, c.c., qualora però i diritti
stessi non siano stati attribuiti ex testamento ad altro beneficiario: in tal caso sarà, infatti,
comunque necessario l'esperimento dell'azione di riduzione (contra Cass., 6 aprile 2000, n. 4329;
Cass.,15 maggio 2000, n. 6231.). Per l'argomento, vedasi più diffusamente L. MENGONI,
Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria, in Tratt. diritto civile e
commerciale Cicu-Messineo, t. 2, 166 e ss.; Id., Successioni per causa di morte. Parte speciale.
Successione legittima cit. 170 e ss.
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La legge italiana indica espressamente chi sono i beneficiari della quota di legittima: il
coniuge, i figli legittimi (cui sono equiparati i legittimati e gli adottivi), i figli naturali (i figli
legittimi possono tuttavia estromettere dalla comunione ereditaria i figli naturali, soddisfacendo
la loro porzione «in denaro o in beni immobili ereditari » art. 537, 3° comma e art. 566, 2°
comma c.c.) e gli ascendenti legittimi. Gli stessi diritti spettano anche ai discendenti dei figli
legittimi o naturali, nel caso in cui succedano al posto di questi. Anche in Europa per quanto
riguarda l’individuazione dei legittimari, le soluzioni sono abbastanza uniformi a quella
italiana: rientrano in tale categoria, generalmente, i discendenti del de cuius, gli ascendenti ed il
coniuge, pur se alcuni ordinamenti escludono quest’ultimo dall’ambito dei legittimari
(Repubblica Ceca, Slovacchia, Lussemburgo, Monaco, Norvegia), altri al contrario vi
ricomprendono anche il convivente more uxorio (Finlandia, Germania, Svezia). E’ caratteristica
degli ordinamenti ex socialisti, invece, il condizionare il diritto alla riserva allo stato di minore
età, o all’inabilità al lavoro (Albania, Bielorussia, Estonia, Moldavia, Russia), ovvero alla
sussistenza di uno stato di bisogno (Lituania).