6
Gli obiettivi di questo studio sono in primo luogo l’analisi della strategia di
sicurezza nazionale americana in tutti i suoi elementi. Obiettivo altrettanto
fondamentale è l’analisi dei casi di applicazione della stessa soprattutto in riferimento
alle crisi con l’Iraq e con la Corea del Nord. Gli obiettivi secondari sono disegnare una
linea generale della politica estera e di sicurezza durante quasi tutto il mandato
dell’amministrazione Bush e allo stesso tempo fornire al lettore gli strumenti necessari
per il formarsi una sua valutazione autonoma.
Lo studio della strategia nazionale parte dal periodo della campagna elettorale.
L’allora governatore del Texas cominciava ad esporre le sue idee riguardo la sicurezza
nazionale, pur sapendo che nel dibattito interno agli Stati Uniti la politica estera e di
sicurezza non ha mai rivestito un ruolo centrale. In ogni caso, benché molto
superficialmente queste idee sono state esposte. I documenti analizzati comprendono
principalmente i discorsi tenuti durante la campagna elettorale riportati all’interno del
sito web www.foreignpolicy2000.org, gestito dal Council on Foreign Relations. I
discorsi esaminati sono stati cinquantasei, dei quali solo i più importanti sono stati
utilizzati ai fini dell’analisi.
1
Il primo discorso preso in considerazione è quello fatto ad
Austin, Texas, il 20 settembre 1999, nel quale il governatore si esprimeva sulla sua
candidatura alla Presidenza. L’ultimo discorso è il secondo dibattito presidenziale,
tenutosi l’11 ottobre del 2000.
I discorsi tenuti dopo l’elezione alla presidenza sono stati tratti dal sito ufficiale
della Casa Bianca, www.whitehouse.gov, all’interno del quale si trovano anche alcuni
tra i più importanti documenti strategici utilizzati in questa analisi.
2
Gli altri documenti
utilizzati e riguardanti più in particolare la dottrina militare elaborata dal Dipartimento
della Difesa sono presenti all’interno del sito www.defenselink.mil.
3
In questo sito
possono essere letti anche tutti i discorsi e le interviste al Segretario della Difesa.
Alcuni rapporti significativi, soprattutto in riferimento al problema delle armi di
distruzione di massa sono stati presi dal sito ufficiale della Central Intelligence Agency.
4
Un paragrafo della tesi è stato dedicato ad un gruppo di pensiero che ha molto
1
I discorsi utilizzati sono stati riportati nella biografia sotto il sito web www.foreignpolicy2000.org
2
I documenti strategici disponibili all’interno del sito ufficiale della Casa Bianca sono “The National
Security of the United States of America” (NSS), la “National Strategy to Combat Weapons of Mass
Destruction” (NSWMD) e la “National Strategy for Combating Terrorism” (NSCT)
3
I documenti provenienti dal Dipartimento della Difesa sono il “Quadrennial Defense Review Report”
(QDR), la “Nuclear Posture Review Report”(NPR) e infine l’“Annual Defense Report to the President
and the Congress” (ADR)
4
Alcuni rapporti della CIA possono essere trovati all’interno del sito web www.cia.gov. i rapporti
utilizzati in questa analisi sono stati riportati all’interno della bibliografia.
7
influenzato la politica estera del Presidente americano. Per analizzare il pensiero di
questo gruppo sono stati presi in considerazione alcuni documenti che possono essere
trovati nel loro sito web www.newamericancentury.org.
5
Per completare il quadro dell’argomento sono stati studiati anche importanti
saggi e articoli presenti all’interno di importantissime riviste aventi come tema centrale
la politica estera. Una delle riviste più importanti è il “Foreign Affairs”, rivista molto
vicina che ha il privilegio di ospitare articoli scritti da personaggi appartenenti
all’amministrazione Bush. Le altre riviste sono “The World Today”, le nostre “Affari
Esteri”, “Analisi Difesa” e “Informazioni della Difesa” periodico dello Stato Maggiore
della Difesa. In particolare nella rivista “Affari esteri” ci sono importanti firme come
quelle di Lamberto Dini, Renato Ruggiero, Sergio Romano e di altri specialisti in
materia. Infine, altri articoli sono stati tratti dal periodico francese “Le Monde
diplomatique”. Inoltre per la cronologia riguardante il periodo elettorale è stato fatto
riferimento agli articoli della CNN, presenti nel sito www.cnn.com.
Da notare l’assenza quasi totale di monografie sull’argomento data la sua
contemporaneità.
Tutto questo materiale è stato organizzato in quattro capitoli, che si susseguono
in ordine cronologico. Il primo capitolo comprende tutta la campagna elettorale e il
periodo delle elezioni. Il secondo il periodo che va dal gennaio 2001 sino alla
pubblicazione dei principali documenti strategici nel settembre 2002. L’ordine
cronologico viene ripreso nel quarto capitolo con la descrizione delle crisi in Iraq e nella
Corea del Nord. In questo capitolo sono presenti anche argomenti non compresi nel
tema centrale ma utili a dare una immagine completa della strategia stessa. Nel terzo
capitolo ho abbandonato l’analisi semicronologica per concentrarmi esclusivamente sui
documenti strategici. La struttura del capitolo riprende in gran parte quella dei
documenti in questione per ottenere il massimo dell’obiettività.
5
L’elenco dei documenti del “Project for a New American Century” presi in considerazione è presente
nella bibliografia.
8
CAPITOLO 1
La Campagna Elettorale e le Elezioni
9
Le idee riguardo alla politica estera e la sicurezza nazionale del governatore del
Texas George Bush, cominciano ad essere esposte durante la campagna presidenziale.
Naturalmente parliamo delle elezioni del 2000, che hanno visto contendersi il posto alla
Casa Bianca il vice-presidente uscente Al Gore e, appunto, il governatore dello Stato del
Texas George Walker Bush, figlio dell’ex presidente che condusse gli Stati Uniti
durante la prima Guerra del Golfo nel febbraio del 1991.
Attraverso le parole di George W.Bush analizzerò dunque anche la politica del
presidente uscente Bill Clinton, a capo della Nazione più potente del mondo per due
mandati consecutivi, precisamente dal 1993 al 2000.
Prima di analizzare le idee del futuro presidente occorre fissare un concetto. La
campagna presidenziale americana non ha mai visto la politica estera come argomento
centrale. L’opinione pubblica statunitense non ha mai utilizzato come criterio di scelta
di un candidato o di un altro le sue idee riguardo alla politica estera, questo perché gli
americani riconoscono quanto la situazione a livello internazionale sia favorevole agli
Stati Uniti. Eleggono dunque il presidente che promette di perdere meno tempo al
telefono con i leader stranieri e che s’impegni in maniera più decisa a risolvere i
problemi interni, in primis i problemi economici. La stampa è in parte complice di
questa tendenza, perché raramente, a parte casi internazionali di estrema rilevanza per
gli Stati Uniti, ha approfondito temi di politica estera. In realtà oggi molti Americani
pensano che la politica estera sia poco importante. Solo il 2-3 percento degli Americani
considerano la politica estera come il maggior problema che gli Stati Uniti devono
fronteggiare. Da un sondaggio del Chicago Council on Foreign Relations, risulta che
alla richiesta di elencare due-tre problemi di politica estera in cui è coinvolta
l’amministrazione americana, il 21 percento degli intervistati ha risposto “Non so”. Il
motivo è che pochi in America si interessano al mondo esterno agli Stati Uniti, perché
la mentalità dell’elettore americano è caratterizzata dalla convinzione che le altre
regioni del mondo e con esse i Great Powers influiscano in maniera minima sulla
politica estera del loro paese. Questo fenomeno è chiamato “Apathetic
internationalism”. Ha delle conseguenze da non sottovalutare, tra cui quella di
incoraggiare il disinteresse dei politici verso la politica estera.
10
L’ex presidente Bush fu sconfitto da un candidato che promise di interessarsi
maggiormente alla politica interna e il suo successore, il democratico Bill Clinton non
soffrì affatto della sua politica estera superficiale. La politica estera, di conseguenza, ha
avuto un profilo molto basso anche nella campagna elettorale del 2000.
6
Nella mia analisi ho notato come il tema più ricorrente sia stato quello della
difesa, presente in ben quarantadue discorsi, seguito dal problema della difesa
missilistica, ad esso correlato, e dalle relazioni americane con Cina e Russia. Al
contrario, Bush non ha fatto notare grande interesse per i problemi come il terrorismo,
accennato in appena due discorsi, e Stati come l’Iraq e la Corea del Nord, sono presenti
solamente in quattro discorsi a testa. Anche i rapporti con le Organizzazioni
internazionali non sembrano attrarre il candidato repubblicano, tant’è che la NATO e
l’ONU sono discusse rispettivamente in soli tre e due discorsi.
6
James M. Lindsay, The New Apathy – How an Uninterested Public Is Reshaping Foreign Policy,
“Foreign Affairs”, September/October 2000, a.79 n° 5
11
1. La difesa
Detto ciò si può affermare che uno dei principali problemi affrontati durante la
campagna elettorale è stato quello della difesa. I principali punti dibattuti sono stati
quattro. Il primo quesito che si sono posti i candidati è stato quale dovesse essere
l’ammontare della spesa da destinare alla Difesa. Il secondo riguarda le modalità e le
strategie di ampliamento dell’esercito. Il terzo, e più importante, è la decisione su come
e quando debba essere impiegato l’esercito. Infine, il problema sul se e quando istallare
la difesa missilistica nazionale.
Iniziamo col primo punto. Analizzando la situazione dell’esercito nel 2000,
sicuramente si può notare come sia i finanziamenti destinati alla difesa, sia il numero
effettivo dei militari, sia diminuito nell’ultimo decennio. Già durante l’amministrazione
di George H.Bush la percentuale di spese dedicate alla difesa copriva il 3,5 percento del
PIL americano. La riduzione era molto drastica poiché in precedenza, durante la Guerra
Fredda, copriva il 7 percento del PIL. Naturalmente la riduzione era dovuta alla fine
della contrapposizione tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. Il successore di Bush,
Clinton, al potere per otto anni, ha ridotto ulteriormente questi finanziamenti sino ad
arrivare a meno del 3 percento del PIL per giungere nel complesso ad una riduzione del
30 percento in termini reali nell’ultimo decennio. Tuttavia c’è da precisare che,
nonostante i finanziamenti siano al minimo storico da Pearl Harbor, l’esercito
statunitense è giunto ormai a non avere eguali al mondo. Nel 1939 era al
diciannovesimo posto tra gli eserciti mondiali, mentre ora la spesa per la Difesa è negli
Stati Uniti superiore a quella di tutti i restanti Stati messi assieme.
Il secondo punto è quello della grandezza dell’esercito. Le dimensioni e la
potenza dell’esercito degli Stati Uniti sono state strutturate in modo tale che, sin
dall’inizio della Guerra Fredda, gli Stati Uniti fossero in grado di partecipare a due
guerre regionali estese o guerre a più ampio raggio simultaneamente, implicanti un
numero elevato di militari in missione. Gli Stati Uniti devono dunque essere in grado di
far fronte a minacce differenti provenienti da Stati Canaglia come Iraq, Libia, Iran,
Corea del Nord e Siria. Il ruolo degli Stati Uniti nel mondo può essere garantito
esclusivamente se si tiene conto di questi fattori. Nel 2000, secondo i sostenitori della
teoria delle due guerre simultanee, ci sarebbe stato un gap di 50 miliardi di dollari che
12
separa la teoria dalla pratica da coprire nei prossimi cinque anni. Secondo gli oppositori
a questa teoria la possibilità di tenere in piedi due guerre simultaneamente sarebbe solo
un lusso, mentre occorrerebbe avere un forte potere deterrente. In seguito analizzerò
come il candidato repubblicano si è schierato tra queste teorie.
Il terzo e fondamentale punto è riguarda l’utilizzo della forza militare. Sin dalla
fine della Guerra Fredda, l’esercito statunitense è stato utilizzato in svariati modi,
sempre più spesso. Si è passati dalle tradizionali guerre (Corea, Kuwait, Taiwan), a
quelle con funzioni umanitarie (America Centrale) e infine a quelle nate come missioni
di peace-keeping (Somalia, Haiti, Ruanda, Bosnia e Kosovo). Secondo molti critici
questo modo di utilizzare l’esercito in così svariate occasioni sarebbe dovuto alla
cosiddetta “Dottrina Clinton”. Questa Dottrina deriva da una frase che è stata
pronunciata dal presidente Clinton nel giugno del 1999 davanti alle truppe NATO in
Macedonia. La frase è la seguente: "Whether you live in Africa, or Central Europe, or
any other place, if somebody comes after civilians and tries to kill them en masse
because of their race, their ethnic background, or their religion, and its within our
power to stop it we will stop it. We should not countenance genocide or ethnic cleansing
anywhere in the world…". Molti si sono schierati contro la visione di Clinton, tra questi
anche il candidato repubblicano Bush. Vedremo attraverso i suoi discorsi quali sono le
sue motivazioni.
L’ultimo punto altrettanto controverso è quello sul dispiegamento del sistema di
difesa missilistica nazionale. Il Congresso degli Stati Uniti nel maggio del 1999 ha
votato una mozione che consentiva il dispiegamento della difesa missilistica non appena
ci fossero state le capacità tecnologiche. Clinton rinviò qualsiasi decisione al giugno
2000. Il sistema missilistico è inviso a tantissimi Capi di Stato nel mondo, in primis la
Russia, mentre in America è visto come un qualcosa di urgente ed essenziale per la
protezione dei cinquanta Stati da lanci accidentali da parte di altri o da minacce
provenienti da Stati canaglia. Gli oppositori affermano che il dispiegamento del sistema
violerebbe i patti di non proliferazione firmati proprio con la Russia, e oltretutto
renderebbe più aspri i rapporti con la Cina, che è sembrata riavvicinarsi durante il
periodo dell’amministrazione Clinton.
7
Qui di seguito le idee del governatore del Texas riguardo a questi punti.
7
Lawrence J.Korb, Defense - Disponibile su www.foreignpolicy2000.org
13
1.1. La spesa militare
Secondo il candidato repubblicano le condizioni dell’esercito dopo il doppio
mandato assegnato a Bill Clinton non sono delle migliori. Gli investimenti nel campo
militare sono calati vistosamente, così come i reclutamenti. Bush fa un discorso
d’investimenti relazionati al PIL, tuttavia facendo ciò presenta dei dati che sono un po’
fuorvianti perché non tiene conto dei risultati economici dell’amministrazione Clinton.
Tuttavia il rapporto investimenti nella Difesa/PIL da una misura di quali siano le
priorità del Governo. Secondo Bush, durante l’amministrazione Clinton le spese militari
avrebbero coperto meno del 3 percento del PIL. In termini reali gli investimenti
sarebbero scesi del 40 percento negli ultimi sette anni. Ciò nonostante, l’esercito
americano sarebbe stato utilizzato in maniera indiscriminata, senza avere idee e obiettivi
precisi. Sarebbe mancata dunque una strategia di fondo
8
Dichiarazioni molto importanti sono quelle che riguardano i finanziamenti che
Bush promette di dare al campo militare, fatte il 21 novembre, in un Incontro col la
Stampa. La sua proposta è di dedicare un miliardo di dollari alla preparazione e
all’aumento degli stipendi. Inoltre promette 20 miliardi di dollari per lo sviluppo
tecnologico delle armi e per la ricerca. Il settore militare dovrebbe trainare l’economia.
Attraverso queste spese sarà creato il nuovo esercito sotto la sua supervisione. Solo il
presidente che seguirà dopo questo mandato, che governerà dunque dal 2005 potrà
tuttavia usufruire di un esercito così rinnovato e pronto alle sfide del presente. Le nuove
forze armate dovranno innanzitutto essere in grado di prevenirle.
9
8
Speech on Foreign Policy, The Citadel - Charleston, SC, September 23, 1999 - Disponibile sul sito
www.foreignpolicy2000.org
9
Interview with Gov. George W. Bush on Presidential Candidacy -Meet the Press, Novembre 21, 1999 –
Disponibile sul sito www.foreignpolicy2000.org
14
1.2. Dimensione e preparazione dell’esercito
Il primo discorso tenuto dal governatore Bush, è in realtà un’intervista per il
Washington Times, effettuata il 20 settembre 1999. In questa intervista non parla
tantissimo di politica estera, ma fa delle affermazioni molto importanti. Dice che
migliorare e rafforzare l’esercito sarà la sua seconda priorità dopo la riforma sociale e
sanitaria. L’esercito secondo la sua visione dovrà essere moderno, forte e capace con
soldati ben addestrati e ben equipaggiati. Riguardo alla nomina del vice-presidente
afferma che dovrà avere la sua stessa concezione ideologica e filosofica, ovvero dovrà
anch’egli credere che per mantenere la pace occorra un esercito forte e che gli Stati
Uniti debbano cogliere l’attimo. A questo punto però Bush non chiarisce cosa intenda
esattamente per cogliere l’attimo, ma lo farà in un suo discorso successivo. Già dalle
prime frasi del governatore del Texas, che in questo momento non è ancora il candidato
unico repubblicano, possiamo notare come la difesa assuma un ruolo fondamentale nella
sua politica.
10
Proprio per questo una delle priorità del governatore sarà la
ristrutturazione completa di tutte le forze armate e degli assetti di dispiegamento.
L’esercito, infatti, non è ancora pronto alle sfide del nuovo secolo. Ha una preparazione
che è adatta alla Guerra Fredda. Il mondo attuale e soprattutto le sfide attuali hanno
esigenze diverse. Per Bush non dovrà più ripetersi ciò che è avvenuto durante la prima
Guerra del Golfo, in cui per trasportare le truppe americane nel Golfo sono stati
impiegati sei mesi. Le esigenze attuali impongono una rapidità decisionale e soprattutto
una rapidità di dispiegamento delle truppe in qualsiasi parte del mondo. A parte la
preparazione c’è da affrontare il gap lasciato dall’amministrazione precedente che
separa le priorità dell’esercito dalla nuova strategica. La ristrutturazione dell’esercito
sarà affidata al Segretario alla Difesa, che avrà nuovi compiti e nuovi poteri per
l’occasione. Questa affermazione ha un’importanza fondamentale, perché mostra le
intenzioni di Bush, e soprattutto quali possono essere i futuri scenari. All’interno
dell’amministrazione prevarrà dunque il punto di vista del Pentagono a discapito di
quello del Segretario di Stato. Saranno fondamentali dunque le successive nomine di
Bush.
11
10
George W. Bush on Presidential Candidacy, Austin, TX, September 20, 1999 - Disponibile sul sito
www.foreignpolicy2000.org
11
Speech on Foreign Policy, The Citadel - Charleston, SC, September 23, 1999 - Disponibile sul sito
www.foreignpolicy2000.org
15
1.3. Utilizzo dell’esercito
Una delle principali accuse fatte da Bush alla precedente amministrazione è che
l’esercito americano sarebbe stato utilizzato in maniera indiscriminata, senza avere idee
e obiettivi precisi, in poche parole senza una precisa strategia. L’esercito americano ha
partecipato a numerose missioni all’estero ad una media di una ogni nove mesi. Ciò non
avrebbe fatto altro che demoralizzare le truppe. Bush promette che aumenterà gli
stipendi dei soldati, migliorerà le condizioni delle caserme e gli alloggi delle famiglie
dei militari. Per essere efficiente l’esercito ha dunque bisogno di una strategia che
stabilisca una volta per tutte il suo modo d’utilizzo. Deve conservare il suo potere
deterrente per evitare le guerre e, qualora questo non funzionasse, occorre vincere le
stesse. Partendo dall’accusa all’amministrazione democratica precedente, che avrebbe
demoralizzato le truppe facendole partecipare a numerose missioni, Bush dice di voler
riesaminare tutte quelle all’estero in cui sono presenti militari americani, poiché il
lavoro del peace-keeping e di arbitro delle controversie mondiali non è confacente al
ruolo degli Stati Uniti. Spingerà dunque i suoi alleati a prendersi maggiori
responsabilità internazionali. Dicendo ciò, Bush non vuole certo dire che l’America si
ritirerà dai suoi impegni internazionali, ma che da presidente renderà l’utilizzo
dell’esercito più selettivo e che stabilirà delle priorità, perché l’America ha numerose
responsabilità e perché i suoi interessi non possono essere compromessi da un uso
indiscriminato dell’esercito
12
Nel discorso del 23 gennaio, Bush parla della dottrina Clinton. Ricordo che
questa dottrina afferma la volontà americana di intervenire in qualsiasi conflitto di tipo
umanitario, tenendo conto della volontà della comunità internazionale. Le idee di Bush,
come lo stesso governatore aveva chiarito nelle precedenti occasioni, non possono che
contrastare con questa visione del ruolo dell’America e soprattutto delle sue forze
armate. Bush critica soprattutto il fatto che Clinton non aveva nessuna visione
strategica. La sua politica era quella di affrontare i problemi giorno per giorno. Gli
interessi americani sono stati sacrificati per far posto a quelli di una comunità
internazionale che in realtà neanche esiste. Il governatore afferma nuovamente che le
forze armate, qualora divenisse presidente avrebbero un ruolo nuovo.
12
Speech on Foreign Policy, The Citadel - Charleston, SC, September 23, 1999 - Disponibile sul sito
www.foreignpolicy2000.org
16
Le guerre umanitarie, devono essere risolte in modo differente rispetto al
passato. Bush cercherà, a questo proposito, di dare un nuovo ruolo anche alle
organizzazioni internazionali come l’ONU, e anche alle alleanze quali la NATO. In
sostanza, lo schema di Bush è il seguente: l’America sarà il peace-maker del mondo, la
fase successiva dei conflitti passerebbe agli alleati, in primis quelli europei, che avranno
al contrario il ruolo dei peace-keepers. All’ONU spetterebbe la fase degli aiuti
umanitari, dunque il sostegno alla popolazione civile sconvolta dal conflitto. Anche nel
caso della Bosnia e del Kosovo, Bush cercherà di far rimandare a casa il contingente
americano e convincerà gli europei ad assumere un ruolo maggiore e ad inviare un
numero maggiore di truppe. Questo dovrà accadere soprattutto nelle aree più prossime
alla loro zona strategica. La prassi dovrebbe seguire lo schema utilizzato a Timor Est,
dove l’ONU aveva inviato i suoi caschi blu sotto il controllo dell’Australia. In sostanza
sembra avere in mente una politica di potenze regionali. In sostanza ogni Regione
geografica dovrebbe avere uno Stato leader che in un certo senso alleggerisca il peso
che ora grava interamente sugli Stati Uniti. Il superimpiego dei soldati americani è un
fattore molto preoccupante, che ha reso il morale dell’esercito molto basso. Quindi le
alleanze sono fondamentali nella futura politica estera americana, che avrà come
obiettivo principale la trasformazione dell’influenza americana nel mondo in decenni di
pace. Bush è quasi un fanatico della pace. Infatti il primo compito, ovvio, sarebbe
quello di proteggere i cittadini, ma al secondo posto viene posto la protezione degli
interessi americani nel mondo e tra questi contribuire a portare la pace e la democrazia
dove questa non c’è. Anche questo come più volte ricordato è nell’interesse degli Stati
Uniti.
13
Per poter raggiungere questi nuovi obiettivi, Bush sente l’esigenza di cambiare
l’esercito. Nella sua visione c’è un esercito pronto ad affrontare la lotta contro tutti gli
ostacoli che caratterizzano l’epoca moderna, guidato da una nuova strategia militare, in
cui un alto morale dei militari sarà un fattore fondamentale nella riuscita delle missioni.
Il metodo per elevare il morale delle truppe e dunque quello di dare certezze tra le quali
quella che gli Stati Uniti non parteciperanno più ad alcuna missione se non nel loro
interesse. Ci devono dunque essere dei parametri e delle priorità, come quella della
difesa degli interessi nazionali americani. Le aree in cui questi interessi sono presenti
sono il continente americano, l’Europa, il Medio Oriente e l’Asia Orientale.
13
Roundtable on Confederate Flag and Iowa Caucuses - Interview on “This Week”, January, 23, 2000 -
Disponibile sul sito www.foreignpolicy2000.org
17
Ora vediamo un esempio pratico. Mettiamo che qualcuno, per qualsiasi ragione,
decida di bloccare il passaggio attraverso il Canale di Panama. Per gli Stati Uniti
sarebbe una situazione inaccettabile, poiché è nel suo interesse nazionale far mantenere
la pace nell’emisfero occidentale, e naturalmente continuare a sostenere il libero
mercato. Dunque in una situazione del genere, il presidente americano dovrebbe fare di
tutto per mantenere lo status quo e far riaprire il Canale. Diversa la situazione nel
Ruanda. L’Africa non è tra le zone in cui sono presenti interessi strategici americani,
quindi è un po’ lasciata a sé stessa. Nonostante il Governatore si ritenga molto
preoccupato della situazione del Ruanda e dell’Africa in generale, dice che in casi del
genere, il presidente americano dovrebbe ricorrere agli alleati occidentali, più adatti al
ruolo di peace-keepers, secondo lo schema esposto da Bush nelle precedenti occasioni.
Gli Stati Uniti, qualora fosse ritenuto necessario, potrebbero aiutare a combattere per
riportare la pace dove è sorto un conflitto, naturalmente, sempre all’interno delle aree
strategiche. In una fase successiva, toccherebbe agli alleati, fornire le truppe da
schierare sul campo per fare da peace-keepers.
Un esercito con ruoli differenti dunque da quelli della precedente
amministrazione. Un esercito disegnato per affrontare le sfide attuali. Più leggero, più
letale, più difficile da trovare. Se i soldi dei futuri finanziamenti verranno spesi
oculatamente, se il presidente sarà in grado di focalizzare le risorse, se ci sarà un leader
che in grado di capire l’importanza del pensiero strategico e della strategia militare, gli
Stati Uniti avranno la possibilità di dare una nuova definizione di guerra, di stabilire
come le guerre debbano essere combattute e vinte, e di conseguenza di stabilire come
debba essere ottenuta la pace. Da leader dello Stato più potente del mondo, e Nazione
migliore tra tutte le Nazioni della Terra, Bush promette che coglierà l’attimo, che
approfitterà della situazione favorevole agli Stati Uniti per guidare il mondo verso la
pace.
14
14
Speech by Gov. George W. Bush with Statement on Defense -Clemson, SC, February 18, 2000,
disponibile sul sito www.foreignpolicy2000.org
18
1.4. Posizione degli Stati Uniti nel mondo e valutazione dello scenario
internazionale
Il 23 settembre, a The Citadel, Charleston, SC Bush inizia a parlare del mondo
attuale dicendo che è stato modellato in base agli ideali americani, in base ai valori degli
uomini che hanno combattuto con coraggio, potere e saggezza. Le battaglie vinte dagli
americani non sono state vinte per una nazione, ma per un ideale, l’ideale della libertà e
della dignità umana. Grazie a queste vittorie, oggi gli Stati Uniti si trovano ad avere un
dominio culturale, economico e militare sul resto del mondo. L’impegno di Bush è che
la sua generazione, la generazione di nuovi leaders americani, dovrà decidere come
trasformare questa enorme influenza in un periodo dominato dalla pace, la Pax
Americana. Lo stesso Bush ammette però che la strada che conduce alla pace non è
semplice. Il mondo di oggi è pieno di gruppi e Stati che detestano questi valori. Ogni
giorno ci sono attentati, atti di terrorismo che colpiscono civili inermi e mettono in
pericolo la sicurezza degli Stati Uniti. Sconfiggere queste tendenze è la nuova sfida
americana. I risultati e la realizzazione degli obiettivi potranno essere ottenuti solo con
il rafforzamento delle alleanze. Quindi, una volta di più gli Stati Uniti hanno bisogno
dei loro alleati europei ed asiatici. Insieme bisognerà premere contro Stati quali Corea
del Nord e Iraq che invisano gli ideali di pace e democrazia, e che sono una mina
vagante e portatori di instabilità per gli interessi americani e alleati nelle rispettive aree.
L’obiettivo primario di Bush, è dunque la realizzazione della pace, da ottenere
con lo sforzo congiunto degli alleati. Oltre a questo, Bush ha anche altri obiettivi:
ξ Rinnovare la fiducia venuta a mancare negli ultimi anni tra presidente
americano ed esercito;
ξ Difendere i cittadini americani da qualsiasi atto ostile verso di essi come lanci
accidentali di missili, ricatti, e atti di terrorismo; infine
ξ Iniziare a creare l’esercito americano del nuovo secolo.
Questi sono gli obiettivi che Bush si è fissato, e che è determinato ad affrontare
qualora venisse eletto presidente. Non potrà farlo immediatamente date le condizioni
dell’esercito.
15
15
Speech on Foreign Policy, The Citadel - Charleston, SC, September 23, 1999 - Disponibile sul sito
www.foreignpolicy2000.org
19
Due mesi dopo Bush tiene un discorso, quello forse più conosciuto, alla Ronald
Reagan Presidential Library. In questa occasione esprime la sua concezione della
democrazia e la pone al centro, assieme alla pace, della politica estera statunitense.
Riparte, come di consueto, dalla fine della Guerra Fredda dicendo che in quella
occasione è stato sconfitto l’Impero, ma il Diavolo, The Devil, è ancora presente. La
politica di Bush sarà molto dura e decisa. Sin dall’inizio afferma che il presidente
americano dovrà essere molto fiscale e avere una visione realista del mondo circostante.
E’ consapevole che i missili e gli atti di terrorismo, non possono essere fermati con i
sorrisi o con dure frasi di condanna. Per fermarli occorre la forza e soprattutto occorre
mantenere la promessa di una pronta punizione. Questo è il significato che Bush da alla
sua frase ammonitrice pronunciata contro i gruppi o gli Stati che sponsorizzeranno
qualsiasi azione ostile contro l’America. Infatti la preoccupazione principale di Bush è
la minaccia proveniente da Stati come Corea del Nord e Iraq. Il primo, avrebbe già a
disposizione missili nucleari in grado di colpire le Hawaii e l’Alaska, territorio
americano. L’Iraq invece starebbe facendo di tutto per riuscire a produrre armamenti
nucleari, chimici e batteriologici spaventosi e va dunque fermato prima che sia troppo
tardi. La difesa contro queste sfide, secondo Bush, richiederà anch’essa una lunga
organizzazione, quindi Bush, come prima difesa, pronuncia una frase per quegli Stati
che ancora hanno orecchie per ascoltarlo: “Every group or nation must know, if they
sponsor such attacks, our response will be devastating”. E’ una frase con un altissimo
livello deterrente. Lo sviluppo di capacità atte ad evitare qualsiasi attacco ostile è quindi
solo l’inizio della sfida americana. Oltre al terrorismo esterno per Bush assume un
importanza fondamentale anche quello interno. Per fronteggiare anche questo lato della
medaglia, Bush dice che bisogna sviluppare un nuovo sistema d’intelligence, ma
soprattutto affinare le armi per combattere l’ipotesi di un attacco con armi chimiche e
batteriologiche.
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Bush promette che, se qualcosa del genere accadesse nel momento in
cui fosse presidente, la risposta dell’America sarà dura e immediata. Questo è il
significato che Bush da alla sua frase ammonitrice pronunciata contro i gruppi o gli
Stati che sponsorizzeranno qualsiasi azione ostile contro l’America.
17
Il problema del terrorismo è molto grave perché mette a rischio la sicurezza
degli Stati Uniti e dei suoi cittadini ma anche perché non permette di portare avanti la
politica estera americana. Infatti, l’ideale che ha sino ad oggi guidato l’intera politica
estera americana è l’esportazione della democrazia e l’ottenimento della pace nel
16
ibid.
17
Speech by Governor George W. Bush on Foreign Policy, Ronald Reagan Presidential Library,
November 19, 1999 - Disponibile sul sito www.foreignpolicy2000.org