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CAPITOLO 1
1.1 Casa Einaudi e la narrativa italiana contemporanea
La casa editrice Einaudi è stata fondata il 15 novembre del 1933 da Giulio Ei-
naudi e da un gruppo di amici del liceo classico d’Azeglio. Già dai primi anni af-
fiancarono il giovane editore alcune delle figure più importanti del tempo come
Leone Ginzburg, Massimo Mila, Norberto Bobbio e Cesare Pavese. La Casa, che
si è distinta fra le più vive e importanti per la letteratura e per la cultura italiana ed
europea del '900, iniziò la sua attività editoriale rilevando “La Riforma Sociale”,
periodico di economia e finanza diretta da Luigi Einaudi e la rivista artistico-
letteraria “La Cultura”, soppressi entrambi dal regime fascista tra il ’34 e il ’35.
Einaudi mostrò fin da subito un particolare interesse per la saggistica, come
dimostrano le prime collane, ancora esistenti, dei “Saggi” e “Biblioteca di cultura
storica”. I “Saggi”, nati nel 1937, hanno indicato e sviluppato una serie di linee
culturali sempre sostenute da un forte impegno civile. La collana è oggi una bi-
blioteca di cultura in cui varietà di temi e progetti affrontati, novità dei punti di
vista riproposti e piacere della lettura trovano un ideale punto di incontro. Nella
collana “Biblioteca di cultura storica”, progettata da Leone Ginzburg già dalla na-
scita della casa editrice, lo scrittore fornì, come sostenne Giulio Einaudi, “i primi
semi, che germogliati, sarebbero poi cresciuti”.
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1
Luisa Mangoni, Pensare i libri. La casa editrice Einaudi dagli anni trenta agli anni sessanta,
Torino, Bollati Boringhieri, 1999, p. 64.
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Nell’area della narrativa contemporanea le edizioni Einaudi sono invece entrate
tardi rispetto alle altre Case maggiori. Come si legge nel Catalogo Einaudi del
1956, la casa editrice si iniziò ad occupare di narrativa dopo essersi fatte le ossa, a
crearsi un pubblico, con la produzione culturale, saggistica, problematica e con i
classici.
2
Questo perché mostrava, e mostra ancora oggi, un’attenzione consapevo-
le per il proprio pubblico, non del tutto coincidente con quello che si andava svi-
luppando negli anni Trenta e Quaranta con le collane di narrativa di altri editori,
per esempio con quelle di Mondadori.
Il lettore legato alla Casa si distingueva perché colto ma non specialistico, a-
perto a interessi, linguaggi e discipline diverse, mostrando inoltre una certa severi-
tà, curiosità e fedeltà al progetto Einaudi.
Nell’immediato dopoguerra, in casa editrice Einaudi, oltre ai collaboratori dei
primi anni, fanno riferimento numerosi uomini di cultura del secondo Novecento.
Nel solo ambito letterario basta citare Natalia Ginzburg, Carlo Muscetta, Elio Vit-
torini (che continua a pubblicare per Bompiani, per non perdere il pubblico già
conquistato con quell’editore) e il giovane Italo Calvino, che il 26 novembre del
1947 scrive a Franco Venturi: «Della grande famiglia sono venuto a far parte
anch’io, con mansioni redazionali e pubblicitarie».
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Sono proprio gli scrittori e i
collaboratori legati alla Casa a creare, con modalità diverse, il loro pubblico.
Nonostante l’affermazione del Catalogo del 1956 di un ritardo della Casa nei
confronti della narrativa, già nel 1938 era stata promossa, per l’impegno di Leone
Ginzburg, la collana “Narratori Stranieri tradotti” (che raccoglieva soprattutto au-
tori ottocenteschi), e nel 1941 ne era stata inaugurata una di “Narratori contempo-
ranei” (dal 1947 confluita nei “Coralli”).
2
Cfr. Catalogo Einaudi del 1956, Torino, Einaudi, 1965, p. 53.
3
Alberto Cadioli, Letterati editori, Milano, Net, 2003, p. 166.
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1.2 I Narratori contemporanei
La collana “Narratori contemporanei” si proponeva di raccogliere senza alcun
pregiudizio di scuola, narrazioni autentiche e impegnative. Il primo titolo ad usci-
re nella collezione è stato Paesi tuoi di Pavese (1941), che nell’inviare il volume
alla casa torinese, sollecitava una recensione che fosse soprattutto:
«Una specie di preventiva programmatica sugli scopi e sul significato della rac-
colta, facendo intravedere al lettore qualcosa di ciò che bolle in pentola. Vedo che
ci siamo capiti quanto ai limiti e al tema della raccolta […] Io sarei lieto se un se-
condo e un terzo volume dello Struzzo servissero a rivelare due ignoti. A stampare
i pezzi grossi c’è sempre tempo, e ci terrei a non far dire che vogliamo passare pac-
cottiglia sotto l’egida di qualche nome, ma bensì che un vigoroso manipolo di gio-
vani si onora di andare di tanto in tanto ospitando un veterano».
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Il primo volume pubblicato nei “Narratori contemporanei”, come si legge nel
manifesto sull’Attività Einaudi. Anno XIX, aveva risvegliato un grande interesse,
non soltanto da parte della critica, ma soprattutto del pubblico, contribuendo in
parte al risveglio della narrativa. L’opera, in cui Pavese descrive con crudo reali-
smo uno spaccato di vita contadina nelle Langhe attraverso il punto di vista del
meccanico Berto, costituì uno dei modelli della narrativa neorealistica.
La nuova collezione entusiasmava anche Aldo Camerino, che dopo l’uscita dei
primi volumi, scriveva a Einaudi “di avervi colto una direttiva nella scelta un po’
tendenziosa, ma che non guastava, poiché Einaudi era una marca, un buon se-
gno”.
5
Dichiarando:
«Si sente preciso un criterio di scelta. E che questo che non tende all’eclettismo,
sì a molte esclusioni […] Direi (mi do quasi alla profezia), lei, o chi per lei (un
4
Mangoni, op .cit., p. 65.
5
Ivi, p. 66.
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consigliere giovane, direi, un critico à idées de derrière le tete, alle quali è molto af-
fezionato), vuole che il segno “Einaudi” (ottima ambizione) sia preciso: indichi una
specie di letteratura […] Insomma: scrittori aderenti ai fatti e alle cose […] Voglio
dire: un libro da più di un punto di vista, conta per il lettore quanto par degno, an-
che per il contenuto, d’essere tradotto. Non stilismi alla ‘920-935 …., ma desiderio
costruttivo».
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Grande apprezzamento per la nuova collana lo mostrava anche Leone Gin-
zburg, che dal confino di Pizzoli, in Abruzzo, dove era relegato con la moglie Na-
talia, scriveva alla Casa:
«Ho notato con piacere la vostra nuova Biblioteca dello Struzzo. Spero tuttavia
che il nome non sia definito, perché farebbe pensare a libri indigeribili, che solo
uno struzzo può divorare. Qualcosa come Scrittori contemporanei sarebbe stato più
rispondente al vero e meno astratto. Ci sarà altro dentro? Spero di sì. E non dimen-
ticare per questa collezione la nostra solida severità».
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Il suggerimento di Ginzburg venne accolto, e il nome della collana divenne
Narratori Contemporanei. Soltanto il libro di Pavese uscì con l’indicazione Biblio-
teca dello Struzzo, già il secondo volume, Le donne fantastiche di Arrigo Bene-
detti e il terzo, La strada che va in città di Alessandra Tornimparte (Natalia Gin-
zburg), uscirono nei Narratori.
Nel progetto dei “Narratori contemporanei” si realizzava quell’incontro con la
cultura proveniente dal fascismo, che rappresentò un decisivo salto di qualità per
Einaudi degli inizi degli anni Quaranta.
Se Giulio Einaudi riteneva che la collana era capace di tollerare anche recuperi
di autori del passato, per Leone Ginzburg questa, invece, non doveva essere spe-
rimentale, ma in essa potevano trovare spazio quegli autori, come gli americani
contemporanei, che avrebbero altrimenti guastato il tono classico dei Narratori
stranieri e non doveva, inoltre, limitarsi al romanzo breve. Per Pavese, invece, at-
6
Ibid.
7
Ivi, pp. 66-7.
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traverso la nuova collana, entrava nella Einaudi quella cultura rimasta fino ad al-
lora ai margini.
Sempre nel 1942, oltre al testo della Ginzburg e a quello di Benedetti, uscirono
Le bellissime avventure di Caterì dalla trecciolina di Elsa Morante, in cui la scrit-
trice, nelle favole e poesie per bambini, esprime tutta la sua forza narrativa, e
L’isola di Giani Stuparich, amico del vociano Scipio Slataper.
Nel ’45, dopo tre anni si silenzio a causa della guerra, escono L’isola appas-
sionata di Luigi Dessì e L’impero in provincia di Francesco Jovine. Lo scrittore
molisano è uno dei pochi autori che incarna in modo diretto gli ideali del neoreali-
smo, offrendo l’immagine di una letteratura di tendenza, rivolta all’elaborazione
di modelli positivi.
È interessante ricordare che la pubblicazione di un’opera avveniva in quello
che si può definire il cuore del modo einaudiano di pensare i libri, ovvero le famo-
se riunioni del mercoledì, istituzionalizzate dopo il 1945. In quel giorno, attorno al
tavolo ovale (di questa forma perché non doveva esserci nessun centro), venivano
presentati libri, assegnate letture (sempre incrociate: un libro di storia poteva esse-
re letto da un lettore di narrativa; o un libro di filosofia poteva essere assegnato a
uno storico) e creato un dibattito in cui ognuno esprimesse la propria opinione.
Ricordava Norberto Bobbio:
«Durante le riunioni lui [Einaudi] ascoltava col suo tipico sogghigno. Ha sem-
pre avuto un po’ il gusto del provocatore, di chi mette la pulce nell’orecchio. Face-
va un sorriso leggermente perfido e diceva con la sua voce nasale: «Sei proprio si-
curo? Mah, io non sarei così sicuro…» Raramente sbagliava. Si discuteva tutto e di
tutto, per ore. Quando finivano le riunioni del mercoledì si andava a pranzo insie-
me, con Pavese, Calvino, Franco Venturi, Cesare Cases, Massimo Mila e altri, in
campagna, alla trattoria di Simone.