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parlante. La via d’accesso a questa storia è stato il progetto Antenna Locale,
progetto che è nato, si è modificato ed è attualmente attivo nel territorio torinese
come progetto di prevenzione per le tossicodipendenze che fa della metodologia
di strada e quindi del setting variabile la sua forza. Primo progetto in Piemonte in
cui in le strade sono percorse da psicologi e non educatori, primo progetto di
prevenzione alle tossicodipendenze che vede il dipartimento di salute mentale
come istituzione mandataria del progetto stesso e che mira al coinvolgimento del
Servizio per le tossicodipendenze al fine di permettere un completo trattamento
multiintegrato e multimodale delle problematiche della dipendenza che si ponga
come intervento di rete e sul territorio.
Il primo passo sarà quello di comprendere, avere una visione il più completa
possibile, sia sulla situazione attuale della diffusione delle nuove droghe sia sul
nuovo consumatore e sul modo in cui all’interno di questo progetto lo si dipinga
come soggetto attivo, che usa e alle volte abusa consapevolmente delle sostanze,
le cerca per ottenere degli effetti. L’uso della sostanza viene visto come una
decisione, una scelta che il ragazzo si trova a dover affrontare tenendo in conto i
rischi della chimica “[…]in quella che è la nuova farmacopea manipolativa di
inizio millennio.”. Ed è in base a questi presupposti che si analizzerà il Progetto
Antenna Locale che si inserisce all’interno del panorama di rivitalizzazione dei
Ser.T. proposto ed auspicato, e che può essere visto come un’intervento cerniera,
intervento di collaborazione tra i servizi di salute mentale e quelli per le
dipendenze patologiche, interventi che vogliono essere promossi dallo stesso
Parlamento come si legge nella Relazione annuale al Parlamento sullo stato delle
tossicodipendenze in Italia.
Leggendo il progetto con una lente speciale verso i setting di intervento in esso
presenti, si è cercato di mettere a fuoco il più possibile le basi teorico-
epistemologiche dell’intervento di strada, intervento nel quale appare più
5
evidente il setting a geometria variabile, andando a ritrovare delle possibili
origini nella Scuola di Chicago e nel contributo di G. H. Mead. Nonostante uno
sguardo così allargato si è cercato di collocare la teoria e la pratica di questo
intervento proprio nella sua storia locale, limitata e territoriale che lo ha visto
nascere negli anni Ottanta e che ancora oggi lo vede vivere negli stessi luoghi.
Nonostante gli operatori di strada facciano della prassi la loro forza si è cercato
di riflettere sulla professionalità dello psicologo, sul come questa figura riesca a
farsi spazio all’interno della rete sociale del territorio mantenendo comunque un
contatto con quello che è il mondo istituzionale che gli sta alle spalle. Si
analizzeranno le difficoltà legate alla definizione di ruoli in un contesto di
incertezza come appunto è la strada, i necessari cambiamenti di pensiero,
l’informalità dell’intervento accanto alla necessità di trovare qualcosa che
garantisca se stessi ma ancor prima quelli che saranno gli interlocutori
nell’incontro al di fuori di uno spazio istituzionalmente offerto. Cercando poi di
rimanere il più possibili fedeli a quelle che sono le linee guida di un intervento
sociale di psicologia di strada si è cercato di analizzare la metodologia di
intervento cercando di dare una certa sequenzialità ai passi da compiere con dei
brevi specchi su quella che è, in effetti, ad oggi, la situazione di Antenna Locale.
La metodologia di cui si parlerà, è una prassi operativa che vive di se stessa e si
modifica in itinere, nel caso questo fosse necessario proprio per “fronteggiare”
l’incertezza.
Forse incertezza è proprio la parola chiave all’interno delle pagine a seguire, una
costante che accompagna Antenna Locale nelle sue fasi di progettazione, di
finanziamento e di messa in opera, incertezza che è vissuta da ogni psicologo di
strada o di frontiera nel momento in cui si trova a dover affrontare un colloquio
in uno spazio non protetto, in uno spazio che è definibile in tal modo forse solo là
dove si guarda alla relazione che si sta sviluppando tra i due interlocutori. Uno
6
spazio che non è il setting classico della psicoanalisi e neppure, forse, il setting
deviante di alcune scuole più “moderne” di psicoterapia, forse neppure un setting
quanto piuttosto la ricerca di possibilità di incontro che possano aprire a colui che
viene definito psicologo e a quello che nessuno chiama paziente nuovi orizzonti
di senso dettati dalla nuova storia della loro relazione. Di questo si cercherà di
parlare nel terzo capitolo che ha la funzione di gettare delle basi teoriche a quella
che poi è la storia dei vissuti di setting variabili e dei pensieri “complessi” degli
operatori di strada del progetto Antenna Locale.
Si è pensato che per significare realmente parole quali setting variabili ed
interventi di strada l’unica via potesse essere quella del racconto diretto, non
strutturato, qualitativo di coloro che lo vivono ogni giorno da anni e che hanno
imparato, naufragando, a navigare in esso. È per questo motivo che si è deciso di
intervistare, forse sarebbe meglio dire lasciarsi raccontare, dai due responsabili
del progetto Antenna Locale, il Dottor Rolando e il Dottor Favero la loro storia e
il loro modo di pensare al setting a geometria variabile, quindi all’intervento di
strada. Racconto che poi ha aperto parentesi sulle possibilità di terapia in strada,
sul rapporto con le istituzioni, sulla difficoltà di gestire le distanze relazionali, sul
tempo come tema ricorrente e sul gruppo, mente collettiva, come “mezzo” di
intervento. Si è cercato di far parlare i loro racconti provando nel quarto capitolo
ad analizzare, forse confrontare o ancora riflettere sulle loro interviste e con le
loro frasi.
7
Capitolo 1
Il progetto Antenna Locale: nuovi modi di affrontare il
rapporto tra consumatori e sostanze psicotrope.
Alle volte l’analisi di un fenomeno complesso come l’uso-abuso di
sostanze psicotrope ci obbliga ad inquadrarlo attraverso l’impreciso e parziale
utilizzo di dati e statistiche che, pur generalizzando un intenzionale
comportamento umano, ci aiuta a trovare un punto dal quale poter cominciare a
riflettere. Spunti di riflessione dall’ultima “Relazione annuale al Parlamento sullo
stato delle tossicodipendenze in Italia” ne emergono molti, in generale il numero
di soggetti sottoposti a trattamento presso i Ser.T., coerentemente con quanto
rilevato in tutta l’Europa, è aumentato passando dal 1999 al 2002 da 142.949 a
155.096 utenti. Osservando il numero e la distribuzione per sostanze il 79,5% dei
soggetti che manifestano una domanda di trattamento presenta come sostanza di
abuso primaria l’eroina (tabella 1.0). Una percentuale molto minore riferisce
come sostanza d’abuso primaria i cannabinoidi (9,1%) e la cocaina (7%), quasi
irrilevante la percentuale di domanda di trattamento di assuntori di Ecstasy
(0.8%).
Tabella 1.0 – Distribuzione percentuale delle sostanze primarie d’abuso.
1
1
In “ Relazione annuale al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in Italia”, 2003.
8
Se osserviamo le quantità di sostanze sequestrate nelle operazioni antidroga
semplicemente rispetto all’anno precedente, il 2001, sorge un dubbio: se la
quantità in chilogrammi di cocaina sequestrata nel 2002 è quasi il doppio di
quella dell’anno precedente e se quest’ultima risulta essere superiore a quella
dell’eroina potremmo o dubitare dell’efficienza delle forze dell’ordine in questo
settore o pensare che, forse, sul mercato esista una forte richiesta di cocaina,
decisamente maggiore rispetto alle quantità sequestrate- generalmente viene
stimata dieci volte superiore – e che i servizi per le tossicodipendenze risultino
“inappetibili” per i consumatori di cocaina, discorso riferibile anche all’MDMA e
alla cannabis.
Tabella 2.0 – Quantità di sostanze sequestrate nelle operazioni antidroga.
2
2
In “ Relazione annuale al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in Italia”, 2003
9
Probabilmente i Ser.T., servizi preposti alla cura, prevenzione e riabilitazione dei
tossicodipendenti secondo quanto sancito dalla legge 26 Giugno 1990, n° 162, si
sono sviluppati con la sicurezza di aver individuato degli standard teorico-
applicativi sulla prevalenza di sostanze presenti sul mercato, sulle tipologie e
personalità di chi faceva uso di quelle sostanze, sulle problematiche socio-
sanitarie correlate a quei consumi sviluppando conoscenze consolidate sul
fenomeno, che si traducevano anche in modelli sociali, corredati di associazioni
linguistiche: la tossicodipendenza, il tossicodipendente eroinomane, l'eroina, il
deviante e molto altro ancora. Oggi si trovano ad affrontare con scarso successo
un consumatore invisibile che non sceglie di diventare utente dei servizi.
10
1. Sulle sostanze entactogene ed eccitanti.
Prima di dar voce a risultati di ricerche che tentano di descrivere il
“consumatore invisibile medio” cerchiamo di conoscere la storia e la cultura che
accompagna le sostanze illegali di cui fanno uso. Analizzeremo le sostanze
eccitanti e le droghe entactogene. Tra gli eccitanti-stimolanti consideriamo,
seguendo la classificazione dell’OMS cocaina ed amfetamine tralasciando
l’interessante riflessione attorno a caffeina e nicotina considerate nel nostro
contesto moderno legali e quindi non accompagnate da discorsi di
criminalizzazione
3
. Con entactogene si sottolinea la proprietà in particolare di
Ecstasy (MDMA) e analoghi di indurre uno stato psicologico tale da aumentare
nel soggetto le capacità introspettive. Tutto dentro di sè risulta essere più chiaro,
più nitido, domande che non riuscivano ad essere formulate appaiono definite,
risposte a lungo ricercate sono prodigiosamente rintracciate. Viene riferito come
l’uso in particolare di MDMA possa dar luogo ad un altro effetto particolarmente
ricercato, denominato “empatogeno”, che permetterebbe un più efficace contatto
producendo una sensazione di vicinanza e comprensione dell’altro nelle
situazioni in cui si vanno sviluppando relazioni di tipo sociale e/o affettivo.
3
Lemert E., 1967.
11
1.1 Cenni storici: la cocaina
La cocaina si estrae dalle foglie di un arbusto sempreverde: l’Erythroxylon
coca, pianta Amerinda che accompagna la storia umana da tempo immemorabile.
Se gli Incas la chiamavano “mamoka” (madre coca) e la utilizzavano per tollerare
fatica e fame, se i conquistadores spagnoli la sfruttavano per far lavorare in
schiavitù le popolazioni delle Ande, i medici europei di metà Ottocento erano
ampiamente favorevoli al suo utilizzo terapeutico per le proprietà stimolanti ed
anestetiche.
4
Non passò molto tempo dalla rapida diffusione della cocaina come
farmaco per accorgersi della sua pericolosa tossicità, l’impiego in anestesia della
sostanza aveva ucciso molti pazienti e accanto agli effetti tossici cronici vennero
riconosciuti quelli acuti. Siamo alla fine dell’Ottocento e nonostante la cocaina
venga ripudiata dal mondo medico inizia a diffondersi nel mondo della cultura
dai letterati come Joice e D’Annunzio o Luis Stevenson che, sotto l’effetto della
droga, scrisse in tre giorni e tre notti di lavoro ininterrotto “Lo strano caso del
Dr.Jekill e Mr.Hyde” alle élite sociali del tempo.
Nel 1922 venne dichiarata un narcotico e quindi ne vennero vietati uso, possesso
ed importazione, ma nonostante questo dal 1920 fino alla fine degli anni trenta
ebbero luogo i cosiddetti “anni ruggenti” in cui la cocaina negli Stati Uniti
soppiantò la morfina e divenne dopo alcol e nicotina la droga di più ampio
consumo. Con la comparsa, verso la metà degli anni Trenta, di una nuova classe
di psicostimolanti che con costi minori e con maggior praticità d’uso e di
produzione permettevano di ottenere gli stessi effetti della cocaina (le
amfetamine) i consumi di polvere bianca crollarono.
4
Salvini, A., in Psicologia Contemporanea, 1998.
12
L’uso di cocaina torna di moda negli anni Settanta, anni in cui per la generazione
del dissenso, l’uso di droghe era un modo di vivere in opposizione ai vecchi
valori convenzionali dei genitori e al sistema sociale predominante
nell’Occidente.
La cocaina ha attraversato la fase in cui il suo uso aveva uno scopo curativo e
lenitivo, quella in cui serviva per appagare ed esaltare fino ad arrivare ad essere
un modo di opporsi romanticamente al sistema. Ed ora?
Usando le parole di un cocainomane: “Sono arrivato ad un punto in cui ho capito
di poter funzionare meglio con lei. Poi è arrivato il momento in cui ho pensato di
non poter funzionare senza”. Non è complesso leggere in queste parole il
principio di prestazione, l’utilizzo della cocaina per sostenere gli stati mentali più
adatti a certe rappresentazioni e a certi usi sociali dell’identità, mezzo per dar vita
al personaggio che la scena sociale richiede sia essa un meeting d’affari, una
serata in discoteca o una diretta televisiva. Una sostanza del “dover essere” per
esserci, per essere visibili in modo consono alla situazione e in modo conforme
alle aspettative altrui.
5
5
Salvini A., Faccio E, 2002.
13
1.2 Cenni storici: l’MDMA
L’MDMA, la tanto nominata “nuova droga”, a ben guardare non ha una
comparsa proprio recente nel mercato delle varie sostanze. È il 1912 quando la
compagnia farmaceutica Merck sintetizza la 3,4 metilenediossimetamfetamina
credendo di aver trovato un antidoto contro l’appetito o forse, secondo altre fonti,
l’MDMA fu un prodotto intermedio nella produzione di altri farmaci
6
. Mai
lanciata sul mercato ricompare sullo sfondo della prima guerra mondiale,
distribuita come inibitore della fame e della sete ai soldati in prima linea, ma non
ha fortuna fino all’incontro con Alexander Schulgin, chimico californiano
esperto di psicofarmaci, che nel 1962 la risintetizza nel suo laboratorio privato
dal quale usciranno 179 sostanze capaci di alterare la mente.
La sperimentazione delle sostanze non avveniva su gatti o topi ma su un circolo
di adepti compreso lo stesso Schulgin e la moglie Ann che nel cortile di casa
esploravano, indisturbati, i segreti labirinti della mente grazie ad una
autorizzazione federale ottenuta in quanto esperto e consulente per la DEA: Drug
Enforcement Administration
7
. Dalla ristretta cerchia di sperimentatori di stati
alterati di coscienza l’MDMA iniziò a diffondersi tra psicoterapeuti ad
orientamento progressista; questi ultimi sfruttavano le caratteristiche di
entactogenicità ed empatia per permettere al paziente, magari con difficoltà di
comunicazione, di accedere ai suoi più interni pensieri e rivelarli senza paura e
con un enorme facilità nella relazione al terapeuta. Sono gli anni d’oro di
“ADAM”, chiamata così dai terapisti, dal 1977 sino al 1984, periodo in cui si
sviluppa anche il suo uso ricreativo. Diviene rapidamente di moda tra gli studenti
e filtra anche negli ambienti della young urban professional, i notissimi yuppies
6
Bagozzi F., 2000.
7
Collin, M., 1997.
14
degli anni Ottanta, che prediligono la cocaina ma non disdegnano questa nuova
sostanza dagli effetti affini e che per di più, con un’abile mossa commerciale,
viene nel 1983 ridenominata Ecstasy . Il ricercatore Bruce Eisner scrive:«L’uomo
che per primo la chiamò Ecstasy mi disse che aveva scelto quel nome “perché
così avrebbe venduto meglio che non chiamandola Emphaty. ‘Emphaty’ sarebbe
stato più appropriato ma quanti sono quelli che conoscono il significato di questa
parola?” »
8
. Siamo nel Nord degli Stati Uniti, siamo agli inizi degli anni Ottanta,
sta nascendo la dance music elettronica, dalle nuove sperimentazioni newyorkesi
nasceranno la hause music e le sue filiazioni, dalla techno alla trance music e il
tutto si lega indissolubilmente con la pillola magica venduta inseparabilmente dal
suo “manuale di volo” : “[…]è uno strumento per arrivare agli altri e toccarli
nell’anima e nello spirito. Se viene usata responsabilmente si possono creare forti
legami di unità e d’amore che rafforzano tutti coloro che sono coinvolti
nell’esperienza. Festeggiate la vita, scegliete l’evoluzione, create la pace.”
9
.
Dal 1977 è illegale in Inghilterra, inserita nella categoria delle droghe che
danno assuefazione - la famigerata tabella I - nel 1985 in America per finire nel
1988 con il divieto in Italia ; nel frattempo nasce una nuova forma di
divertimento da Ibiza a Londra, tanta gente capannoni o magazzini dimessi e acid
house: nascono i raves che vengono nel 1994, dopo una serie di decessi collegati
all’uso di ecstasy bloccati dal Criminal Justice Act, quello che non verrà bloccato
sarà il modo di pensare e di agire di una cultura di massa giovanile.
È stato calcolato che negli ultimi dieci anni il valore dell’economia delle droghe
da discoteca sia cresciuto del 500% grazie ad ecstasy, cannabis cocaina e
amfetamine
10
.
8
Bagozzi, F., 2000.
9
Collin, M., 1997.
10
Buzzi C., Cavalli A., De Lillo A., 2003.
15
2. Sul consumatore.
Quando si affronta il discorso “Droga” affannandosi nella descrizione
chimica delle sostanze, nella comprensione dei loro meccanismi di azione
psicobiologica lo si fa certo con il pregevole intento di scoprire l’antidoto, di
trovare “l’antivirus”; ecco allora che sui manuali delle tossicodipendenze
troviamo spazi dedicati al vaccino della cocaina e ampie pagine che descrivono
gli effetti dell’assunzione di sostanze con particolare enfasi sugli effetti
spiacevoli o nocivi acuti o cronici, ma queste conoscenze non dovrebbero essere
la via di accesso, la lettura unica, la lente speciale con cui osservare il fenomeno
dell’uso-abuso di sostanze. Spesso si dovrebbero tenere a mente le parole di
Szasz quando ci si avvicina ad un consumatore di sostanze “[…] certe droghe
danno assuefazione perché alla gente piace farne uso e non viceversa ossia chi si
è drogato una volta tende a rifarlo perché si è sentito bene”
11
.
È forse proprio una ricerca di benessere che spinge molti giovani a sperimentare
le sostanze eccitanti ed entactogene, per star bene con se stessi e con gli altri, per
ballare di più, per essere disinvolti, per avere migliori prestazioni sessuali, per
riuscire a studiare più a lungo, per migliorare l’aspetto fisico e i muscoli per
essere come i propri coetanei e per essere super allo stesso tempo, decisamente
altro da chi ricerca : “[…] La libertà più assoluta / Di non essere / Ad un certo
punto. Più nulla…Nulla che oppone. Al nulla. / Identità negativa ed anonima./
Nel naufragio./ Totale dal mondo”
12
.
Diverse sostanze, diversi consumatori, diversi percorsi di cambiamento.
Come emerge dal Piano Sanitario Nazionale 2002/2004 l’età del primo
approccio con le sostanze è in continua e progressiva diminuzione collocabile,
per la stragrande maggioranza dei consumatori di droghe, fra gli undici e i
11
Szasz, T., 1980.
12
Di Petta, G., Scurti, P., 2001. (descrizione dei vissuti tossicomanici da eroina).
16
diciassette anni, con la media della "prima esperienza" stabilizzata ormai al di
sotto dei tredici anni.
Dall’ultima indagine IARD sulla condizione giovanile in Italia si rileva come la
contiguità verso le sostanze stupefacenti da parte dei giovani italiani sia cresciuta
costantemente negli ultimi venti anni. La probabilità rispetto al 1983 (anno della
prima rilevazione IARD) che un giovane si sia sentito offrire qualche tipo di
droga è aumentata del 118%
13
.
La diffusione anche nelle fasce giovani di popolazione di cocaina è ormai un dato
di fatto, la “neve” non è più droga d’élite ed i prezzi sono divenuti accessibili
anche per chi non ha ancora un lavoro, magari studenti; per quanto riguarda
ecstasy e simili il consumo prevalente si ha tra i sedici ed i ventiquattro anni, in
contesti tipici della cultura del loisir.
Forse iniziamo a conoscere il consumatore invisibile medio, quello che non
accede ai Ser.T. perché non si sente un tossicodipendente, non si buca, non è un
isolato, è il figlio di una delle tante famiglie “per bene” della middle class, va a
scuola e magari da grande vuole fare il medico, è un adolescente e in discoteca o
a casa di amici con la musica che batte forte sotto si “cala una pasta” come
d’altronde fa sua madre quando a casa prende il Prozac o come fa sua sorella
quando ingerisce un integratore alimentare per mantenere la linea o come fa chi
prende il Viagra in quella che è la nuova farmacopea manipolativa di inizio
millennio. Nulla contro il principio di prestazione ma accettarlo in toto,
probabilmente, rende difficile a molti cogliere il confine tra tecniche di
potenziamento, di una medicina che interviene come tecnologia psico-biologica
non solo in direzione curativa ma anche sulle potenzialità somatiche e relazionali
delle persone, e stimolanti e “nuove droghe”.
13
Buzzi C., Cavalli A., De Lillo A., 2003.