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INTRODUZIONE
"La storia si fa senza dubbio con documenti scritti. Quando ce n'è".
Questo scriveva lo storico francese Lucien Febvre, per evidenziare come sia
necessario avvalersi di tutte le fonti primarie e secondarie disponibili per condurre
correttamente una ricerca storiografica. Prima di introdurre il mio lavoro è essenziale
aprire una parentesi sulla rilevanza delle raccolte documentali quale fonte primaria
della ricerca storica: oggetto del mio studio, infatti, è il fondo Adamoli, consultabile
dal mese di gennaio 2005 presso il Centro Ligure di Storia Sociale. Le carte
conservate dal sindaco di Genova e parlamentare Gelasio Adamoli durante la sua
lunga carriera politica suggeriscono nuovi spunti per l’analisi della storia recente
della nostra città e dell'opera del Partito Comunista all'interno della società civile.
L’apporto di nuova documentazione relativa a fatti storici a noi vicini è essenziale
perchè rende possibile l’approfondimento o la rilettura della contemporaneità: è
quindi di vitale importanza incoraggiare la raccolta e sistemazione della carte legate
ai protagonisti del Novecento. E’ inoltre estremamente gratificante per uno studente -
in un’era in risulta relativamente semplice accedere ad una grande quantità di
informazione attraverso il web, ma altrettanto difficile accertarne le fonti e quindi
valutarne la validità - poter operare una ricerca approfondita "toccando con mano" le
carte accumulate in un archivio. Rintracciare le fonti documentali legate ai
protagonisti della storia e conservarle adeguatamente è quindi l'unico modo concreto
di ricostruire e proteggere la memoria storica ed è essenziale mantenere in vita gli
archivi e i centri di studio, che rendono disponibili tali strumenti.
7
Ma chi era Gelasio Adamoli? Molti lo ricordano come “il sindaco della
Ricostruzione” (nominato nel 1948, presiedette la Giunta fino al 1951, quando la
Democrazia Cristiana conquistò la maggioranza a Genova) e come un sicuro
protagonista della vita politica ligure (è presente, per ben venticinque anni, nei
Consigli Comunali della città di Genova); ma Adamoli ricoprì molti ruoli e fu
anzitutto antifascista e comunista: partigiano in Abruzzo e poi a Genova (dove nel
1943 viene nominato comandante delle SAP e nel dicembre 1944 viene incarcerato)
fino alla Liberazione, sarà poi consigliere nazionale e membro dell’esecutivo
genovese dell'ANPI. La sua carriera politica iniziò nel dopoguerra: prima come
membro della Commissione Regionale per l'Epurazione e vice-questore, poi come
consigliere comunale, assessore, sindaco di Genova, fino a sedere in Parlamento per
più di dieci anni. Membro della Direzione provinciale del Partito Comunista,
direttore dell’edizione locale de “L’Unità” dal 1951 fino alla chiusura nel 1957, dopo
l'VIII Congresso del PCI (Roma, 8-14 dicembre 1956) entrò a far parte del Comitato
Centrale; ricoprì inoltre numerose cariche anche all’interno delle organizzazioni
collaterali di Partito, tra cui l’Associazione Italia-URSS e il Movimento Italiano per
la Pace, di cui (ambedue, in periodi differenti) sarà nominato Segretario.
Dopo la sua morte, la famiglia donò al Centro Ligure di Storia Sociale le fotografie e
la biblioteca personale di Gelasio, nonchè tutta la sua documentazione, raccolta dal
secondo dopoguerra; il fondo, ad oggi, resta quasi totalmente inesplorato, nonostante
si presti a differenti livelli di indagine: storico-istituzionale, giornalistico, storico-
politico.
La mia ricerca si è ovviamente concentrata sulla documentazione relativa all’attività
giornalistica (e quindi anche propagandistica) del Partito Comunista a Genova, nel
delicato periodo –per la città, per il Paese e per lo stesso “Partito Nuovo” di
Togliatti– della Ricostruzione e dell’avvio del sistema democratico in Italia: fase
politica in cui il PCI, in accordo con gli orientamenti dell’Unione Sovietica,
considerava prioritario il radicamento nella società italiana e nella democrazia
parlamentare e perseguì tali obiettivi orientando l'attivismo dei militanti non verso
azioni “rivoluzionarie” ma alla valorizzazione del momento elettorale. Si è quindi
ritenuto opportuno mantenere quale periodo di riferimento gli anni dal 1945 ai primi
8
anni Cinquanta, in cui il partito ha ancora un’impostazione stalinista e si definiscono
i rapporti di forza al suo interno; a livello internazionale prende avvio la cosiddetta
Guerra fredda e si definisce il sistema politico italiano: rivolgo qui particolare
attenzione alla campagna elettorale del 1948, che segnò una svolta nel rapporto tra i
partiti presenti nell’arena politica e nel linguaggio da essi utilizzato, svolta che si
ripercosse negli equilibri interni al PCI e nel suo rapporto con i militanti e gli
intellettuali ad esso legati.
Nel corso di tale ricerca ho tenuto conto di una duplice esigenza: tratteggiare un
quadro il più esauriente possibile della pubblicistica comunista a Genova nel
dopoguerra, districandomi tre le innumerevoli pubblicazioni del partito e delle
“associazioni amiche”; ma anche approfondire la figura di Adamoli, sindaco amato
dai genovesi e legatissimo alla città nonchè carismatico leader comunista, ricordato
come uomo politico di grande levatura anche dai “nemici”. Mi interessava esplorare
soprattutto la sua funzione di direttore dell’Unità: curiosamente però, ho rilevato che
la documentazione raccolta nella sezione “L’Unità quotidiano” (Cartella 5, busta 9) è
quasi completamente riferibile ad un periodo precedente alla sua direzione. Ciò
dimostra che Adamoli quindi seguiva con sicura attenzione, già nel primissimo
dopoguerra, la vita locale del quotidiano del PCI e raccoglieva le analisi e le direttive
che il Comitato Centrale e la Sezione Stampa e Propaganda periodicamente
pubblicavano per migliorarlo o renderlo maggiormente aderente alla ‘linea’ ufficiale.
Per questo mi sono prevalentemente concentrata su due relazioni in cui la Segreteria
del PCI analizza l’edizione locale de “L’Unità”: L’Unità. Dal II al III congresso
provinciale della Federazione genovese del Partito Comunista Italiano (Allegato
num. 2 alla relazione della Segreteria, 6-7-8 dicembre 1947) e Documenti per il IV
congresso della federazione genovese del PCI (pubblicato poi come opuscolo,
supplemento al num. 32 de “L’Unità”, 5 febbraio 1951).
I due documenti analizzano non solo questioni tecniche, ma soprattutto politiche,
relative al coordinamento della “cellula redazionale de L’Unità” con il resto del
Partito e quindi si concentrano sull’efficacia del lavoro dei ‘compagni giornalisti’ in
funzione degli obiettivi del PCI.
Successivamente ho cercato di capire quale fosse la funzione del giornalista
all’interno del Partito: quale missione gli fosse affidata e in che modo la sua figura
9
potesse aderire alla categoria dell’Intellighenzia comunista, quegli “intellettuali
organici”, a cui Togliatti aveva affidato il compito di ricostruire il partito nel nuovo
contesto democratico e rinnovare la cultura nazionale per avvicinarla alla realtà
sociale. Il giornalista è quindi prima di tutto intellettuale e militante, un
“rivoluzionario di professione” che manovra una leva molto potente: la stampa
comunista, soprattutto “L’Unità”, è strumento di organizzazione del consenso prima
che mezzo di informazione. Il giornalista deve valorizzare le battaglie e le capagne
promosse dal partito, ‘popolarizzarne’ la linea politica, fornire le parole d’ordine e
saper dare una lettura della realtà attenta agli squilibri sociali; deve essere in grado di
inquadrare ogni problema nel corretto contesto socio-politico, fornendo alla base del
Partito l’interpretazione corretta dei problemi del Paese e soprattutto la loro
soluzione. Il corrispondente deve quindi riconoscere le proprie responsabilità di
‘voce del partito’ e aderire strettamente al linea ufficiale, tenendo presente che non
dare una notizia importante lo renderebbe reo di “un grave errore politico”.
Questo è il periodo storico in cui le masse diventano protagoniste e il PCI, per primo,
ne comprende il ruolo politico: informarle e organizzarle è essenziale per un partito
che voglia giocare un ruolo di primo piano, perchè le masse non sono solo bacino di
consensi, ma anche “forza motrice” della storia. Il singolo emerge attraverso la
propria funzione all’interno delle articolazioni del partito, quale militante,
propagandista, diffusore, combattente: in questo contesto, il giornalista svolge una
funzione di guida, è quindi dirigente di partito. Questa riflessione ci è confermata
dal documento più interessante ritrovato nel fondo, il Manuale del corrispondente
dell’Unità: un opuscolo di 76 pagine redatto a cura dell’ Associazione nazionale
Amici dell’Unità a Roma nel 1952 che, innovativamente, fornisce al giornalista
suggerimenti tecnici per migliorare il proprio lavoro e direttive politiche per renderlo
strettamente aderente agli obiettivi della propaganda comunista.
Dalle carte Adamoli emerge in tutta chiarezza il rapporto tra “L’Unità” e il suo
editore, il Partito, che gestisce e orienta la stampa come una sua delicata
articolazione organizzativa, attraverso la Commissione Stampa e Propaganda
(costituita durante la I conferenza Nazionale di Organizzazione del Partito a Firenze,
nel 1947); in questa fase è necessario analizzare il rapporto con il Partito Comunista
10
Russo (PCUS) e le esigenze di coordinamento con gli orientamenti politici e
propagandistici dell’Unione Sovietica. E’ proprio il Cominform, creato nel 1947 per
rispondere a tale necessità, che nel 1950 si prenderà il “disturbo” di stilare una feroce
disamina del quotidiano comunista italiano, diretto nella sua edizione nazionale da
Pietro Ingrao: secondo le critiche dei dirigenti sovietici, “L’Unità” era frivolo e poco
attento alle questioni dottrinarie e alla popolarizzazione delle conquiste dei Paesi
comunisti. Lo scontro con il Cominform rispecchia la dialettica interna al gruppo
comunista italiano, tra quei dirigenti che volevano confezionare un giornale
moderno, “nazional-popolare”, rivolto alle masse e non solo ai militanti (Palmiro
Togliatti, Aldo Tortorella, Pietro Ingrao) e quelli che avrebbero ritenuto più
opportuno compilare un bollettino di partito, dedicato all’informazione di servizio,
serio. Anche a livello locale si riproponeva tale dibattito, tra il nostro “protagonista”
Gelasio Adamoli e il segretario regionale dell’epoca, Secondo Pessi, un fedele di
Pietro Secchia: proprio Adamoli durante la propria direzione, in contrasto con Pessi,
manifestò la volontà di una larga diffusione del quotidiano anche tra i ceti medi e
una particolare attenzione al rapporto con i suoi lettori (inaugurando la famosa
rubrica “Lettere al direttore”), all’estensione dello spazio dedicato alla cultura
popolare e alla vita cittadina.
Il fondo Adamoli è stato quindi scandagliato a più livelli: prima, alla ricerca della
documentazione relativa alla propaganda e la stampa di Partito nel periodo di
riferimento; successivamente ho selezionato le carte relative alle direttive del partito
rivolte ai giornalisti; poi la ricerca si è arricchita con l’apporto di ulteriori documenti
rinvenuti fuori dal fondo Adamoli, tra la Miscellanea, connessi a quelli già
consultati: in quest’opera di approfondimento e “incrocio” ho recuperato un
dattiloscritto, contenente le istruzioni per la corretta redazione dei giornali di
fabbrica. E’ stato sicuramente stimolante confrontare questo documento - riferito a
una pubblicazione settoriale, ma di importanza vitale per il Partito, di cui la base
operaia è gruppo di riferimento - con il Manuale del corrispondente dell’Unità,
rivolto invece alla formazione di giornalisti di qualità e capaci di parlare,
coinvolgere, informare (o per meglio dire, controinformare), conquistare un più
ampio target.
Ho concluso la mia ricerca con una breve disamina del rapporto tra Partito e
11
intellettuali, per approfondire l’inquadramento organizzativo dei giornalisti, in una
fase di grande fermento associazionistico: i più significativi spunti di analisi sono
stati suggeriti da una tra le riviste culturali più prestigiose apparsa nell’immediato
dopoguerra, La voce degli intellettuali, diretta da Francesco Dalla Corte, di cui ho
consultato la raccolta (1944-46), disponibile alla Biblioteca Universitaria della città.
Tale rapporto, complesso e contrastante, è scandito dalle risoluzioni culturali del PCI
(1948, 1949 e 1952), che dimostrano il tentativo di irregimentare gli intellettuali e di
operare ad una loro progressiva formazione alla responsabilità politica; il Partito
vuole guidare e coordinare le iniziative culturali, al fine di potenziarne l'efficacia
politica e controllarne l'aderenza ai dettami del marxismo-leninismo e alla “forma
nazionale, contenuto socialista” richiesta dai decreti culturali di Andrej Ždanov.
Questo tentativo del PCI lacera il “Fronte delle idee”, che vive molte fuoriuscite: si
veda ad esempio la “Questione Politecnico”, conclusasi con l’espulsione di Elio
Vittorini dal partito.
Restano molti aspetti da esplorare ed approfondire: non solo rimane incompiuta la
rassegna delle pubblicazioni comuniste dell’epoca, soprattutto in riferimento ai
giornali di fabbrica; sarebbe opportuno analizzare anche come le direttive culturali e
politiche del Partito siano poi state messe in pratica concretamente, scorrendo la
raccolta de “L’Unità” genovese. Inoltre sarebbe interessante esaminare come, a
livello sempre strettamente locale, sia stato vissuto il dibattito tra le diverse anime
del Partito (non ancora correnti, si badi) e come l’irrigidimento culturale, a livello
organizzativo, abbia influito sulle iniziative culturali e giornalistiche.
*
Un ringraziamento a chi ha reso possibile la redazione di questa tesi: in primo luogo
la Prof.sa Marina Milan e la Dott.sa Cecilia Lupi del Centro Ligure di Storia Sociale,
con l’augurio di trovare al più presto le risorse necessarie alla riapertura al pubblico
del Centro.
Grazie mamma, nonna e Paolo per la fiducia e la pazienza.
Un abbraccio a tutti gli amici della casetta.
13
1. L’AVVIO DELLA GUERRA FREDDA IN ITALIA.
POLARIZZAZIONE POLITICA E CONFLITTI SOCIALI.
1.1 Ricostruzione e caduta della solidarietà politica antifascista: le sfide
della comunicazione nel nuovo sistema partitico.
1946. Tra i partiti che avevano partecipato al Comitato di Liberazione Nazionale
(CLN) ancora prevale lo spirito di collaborazione e fratellanza, consolidatosi grazie
alla comune esperienza resistenziale contro i nemici del fascismo e della monarchia;
tale clima aveva pervaso anche la doppia campagna elettorale per il Referendum
istituzionale e l'Assemblea costituente del giugno 1946, nonchè le successive
elezioni amministrative: la lotta contro i presunti pericoli comuni restava preminente
rispetto alle differenze tra i partiti, il tono del dibattito politico restava pacato.
Il 2 giugno 1946 gli italiani votarono a maggioranza la forma di Stato Repubblicana
e dalle elezioni uscì vittorioso il partito della Democrazia Cristiana
1
: venne costituito
un nuovo governo di unità nazionale, in cui i moderati convivevano con comunisti e
socialisti.
2
Fu sempre questa coesione a cementare l'azione di governo durante i
1
PCI: 4.356.686 voti, DC 8.101.004, PSIUP 4.758.129; la DC vince quindi 207 seggi contro i 105
del PCI e i 115 del Psi (Galli G., Storia del PCI, Milano, Kaos Ed.,1993, pp. 171-172).
2
Si consideri però che Palmiro Togliatti, massimo dirigente del Partito Comunista Italiano e
guardasigilli del governo precedente, decise però di non accettare incarichi ministeriali,
ufficialmente per riacquistare maggiore libertà di critica verso la politica estera italiana, favorevole
14
delicati momenti della redazione della Costituzione e della ratifica del trattato di
Pace nel febbraio 1947.
La prima vera svolta si ebbe nel 1947, anno che si aprì con il viaggio oltreoceano del
Presidente del Consiglio democristiano, Alcide De Gasperi: gli eventi della
primavera saranno determinanti, nella costruzione del clima di tensione che
spaccherà la maggioranza di governo e dissolverà irrimediabilmente il clima di
collaborazione tra forze politiche in Italia. Bisogna sottolineare che la situazione
economica del Paese e la sua stabilità politica erano deboli: il deficit delle finanze era
altissimo e dalla primavera del 1946 il costo della vita e l'inflazione erano aumentati
vertiginosamente, impoverendo la popolazione già stremata dalla guerra.
La situazione politica era tesissima, soprattutto a sinistra: la scissione all’interno del
PSIUP
3
determinò una crisi nella maggioranza e la nascita del secondo governo De
Gasperi, in cui la DC iniziò un’opera di emarginazione delle sinistre, riacquisendo le
leve della politica finanziaria
4
. Intanto, il PCI tenne a Firenze una conferenza
nazionale di organizzazione in cui creò il proprio Ufficio Propaganda e indirizzò
l'azione dei militanti verso la campagna di tesseramento, l'organizzazione dei circoli
e la diffusione capillare della stampa. Mentre i comunisti italiani, però, decidevano di
intraprendere una politica de facto moderatrice, lontana dagli obiettivi rivoluzionari
urlati nelle piazze
5
, il confronto internazionale tra Unione Sovietica e Occidente si
all'imperialismo americano. Tra le altre possibili motivazioni, lo sconcerto della base comunista
dopo l'amnistia da lui firmata il 22 giugno 1946. I ministri comunisti di questo governo erano:
Mauro Scoccimarro alle finanze, Fausto Gullo guardasigilli al posto di P. Togliatti (dopo le sue
dimissioni). Sottosegretari: Velio Spano all'Agricoltura, Emilio Sereni Assistenza Postbellica,
Francesco Ferrari ai Trasporti.(Ibidem).
3
Il Partito Socialista (PSIUP) l'11 gennaio 1947 si era scisso in due distinti partiti: il PSI di Nenni
legato ai comunisti attraverso il "patto di unità d'azione" e il PSLI di Saragat, che aggregava le
correnti di opposizione a tale linea politica. La crisi derivò dall'opposizione della corrente di
Critica Sociale, guidata da Saragat, al patto di unità di azione con i comunisti siglato nel marzo
1946, che aveva ratificato l'alleanza politica tra i due partiti di sinistra per le elezioni regionali,
sotto il nome di Blocco del popolo. Le correnti di opposizione alla linea politica di Nenni erano
Critica sociale, che si riallacciava al gradualismo di Turati, e Iniziativa socialista. La separazione
che ne derivò viene ricordata col nome di "scissione di Palazzo Barberini" (Cfr. Galli G., Storia del
PCI,cit., pp. 172 e ss; Novelli E., Le elezioni del Quarantotto. Storia, strategia e immagini della
prima campagna elettorale repubblicana, 2008, Roma, Donzelli editore, pp 3-96).
4
De Gasperi forma un nuovo gabinetto il 2 febbraio 1947 (Presidente della Repubblica è De
Nicola), sottraendo ai ministri comunisti e socialisti i dicasteri degli esteri e delle finanze;a
maggio, sicuro dell'appoggio statunitense ad un governo monocolore democristiano, costituisce
un nuovo governo a maggioranza democristiana, con il solo appoggio dei partiti minori e le
sinistre all'opposizione. Dopo pochi giorni a Parigi viene firmato il trattato di Pace (10 febbraio) e
dopo poche settimane la "dottrina Truman" apre la Guerra Fredda. (Ibidem, pp. 3-9).
5
Per contenere la crisi economica del 1947, in cui all' insufficienza dei beni di consumo si univa un
inflazione altissima, il fronte moderato rispose con una stretta creditizia, decisa dal Ministro delle
15
radicalizzava: il 12 marzo il presidente statunitense Harry Truman, durante un
discorso al Congresso Americano, enunciò la cosiddetta "dottrina Truman", che aprì
ufficialmente la guerra fredda, affermando il diritto di intervenire a difesa dei regimi
democratici contro le spinte di minoranze interne e paesi esteri. Nel giugno, a tale
offensiva seguì l'annuncio ufficiale del varo del "piano Marshall", un programma di
finanziamenti a favore dei paesi europei. Sul fronte opposto, l'URSS nel settembre
1947 costituiva il Cominform, con il proposito di coordinare l'azione dei partiti
comunisti europei, nella nuova situazione di contrapposizione internazionale.
6
De
Gasperi, sicuro dell'appoggio statunitense, si dimise per costituire, il 31 maggio
1947, un nuovo governo, escludendo le sinistre e con il solo appoggio dei partiti
minori.
7
Il Cominform intanto spingeva i partiti comunisti europei ad un nuovo indirizzo, più
attivo in politica interna, e a riprendere energicamente la lotta per condizionare la
politica dei rispettivi Paesi
8
: i comunisti italiani risposero alle direttive sovietiche
attraverso il forte attivismo di piazza dell'autunno
9
, ma i vertici del PCI esclusero
Finanze Einaudi, per contrarre il deficit pubblico; intanto, si svolgeva l'offensiva della
Confindustria verso i Consigli di Gestione, ancora alla guida di molti stabilimenti, e il militantismo
comunista nelle fabbriche. Il gruppo dirigente comunista, guidato da Togliatti, decise in questo
contesto di rifiutare sistematicamente una radicalizzazione del conflitto, concedendo aperture
all'offensiva liberista in atto: ad esempio accettando un aumento parziale del prezzo del pane e
rifiutando di sostenere le rivendicazioni di ferrovieri e degli impiegati statali. (G. Galli, Storia del
PCI, cit., p. 174-75).
6
Il Cominform, o Informbjuro, fu costituito nel settembre 1947 a Byalistok dai partiti comunisti di
Urss, Jugoslavia, Bulgaria, Romania, Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Italia e Francia. (G.
Galli, Storia del PCI, cit., p. 176).
7
Inizialmente De Gasperi forma un nuovo gabinetto, il 2 febbraio 1947, in cui ai ministri comunisti
e socialisti vengono sottratti i dicasteri degli esteri e delle finanze: ma la necessità di appoggio
economico e politico da parte degli Stati Uniti di Truman spinge De Gasperi a escludere le sinistre
dal governo. (Novelli E., Le elezioni del quarantotto, cit., pp. 9 e ss).
8
In realtà la direzione staliniana non voleva scatenare una guerra, bensì consolidare la posizione
dell' URSS a livello internazionale, sulla zona di influenza sovietica, in vista di un probabile ed
imminente nuovo conflitto; questa posizione in politica estera rispecchia quella del portavoce della
maggioranza del PCUS, Andrej Zdanov, e l'analisi economica di V oznessensky, presidente del
Gosplan: la politica estera avrebbe dovuto dinamizzarsi, in preparazione del sicuro conflitto che
sarebbe scaturito dall'imminente crisi economica statunitense. L'Europa Occidentale non rientrava
nella zona di influenza dell' URSS, ma il gruppo dirigente comunista sovietico contava sul
"mantenimento e sul consolidamento delle posizioni dei partiti comunisti in Italia e in Francia.
Mosca orientava questi partiti comunisti a concentrare il grosso dei loro sforzi allo scopo di
contrastare l'egemonia angloamericana in Europa occidentale. Quindi, i comunisti non ricevettero
il compito di impadronirsi del potere politico o di procedere ad una rivoluzione socialista. Il
Cremlino cercò di servirsi dei partiti comunisti italiano e francese per sostenere le iniziative
internazionali sovietiche e per esercitare una pressione sui rispettivi governi." (Ibidem).
9
Tale attivismo fu sancito dall'organizzazione aggressiva del malcontento popolare, da scioperi,
manifestazioni, presidi, attacco alle sedi dei partiti di destra e culminò con l'occupazione della
prefettura di Milano da parte di partigiani e operai, sotto la guida di Giancarlo Pajetta. Essa fu
16
qualsiasi possibilità di passaggio all'azione violenta: fu lo stesso Togliatti ad
affermare, nella riunione della direzione del PCI del giugno 1947, che era necessario
"evitare i fenomeni di estremismo infantile e massimalista che staccano il partito
dalle masse e rendono la sua azione inefficace".
10
Allo scopo di rassicurare i ceti medi nel tardo autunno si attenuò lo slancio della base
operaia
11
e la propaganda comunista lanciò parole d'ordine che inneggiavano al
rispetto della legalità costituzionale e all'azione contro l'imperialismo guerrafondaio,
a favore della pace internazionale; la mobilitazione intanto venne fatta confluire
nello sforzo organizzativo per la campagna elettorale della primavera successiva e
nella costituzione da parte di PCI e PSI del "Fronte democratico popolare", nel
dicembre del 1947.
Nel gennaio del 1948 si celebrarono i congressi di quasi tutti i partiti attivi, che
videro il verificarsi di contrasti interni e spaccature
12
. Le elezioni furono fissate per il
18 aprile: la campagna elettorale del 1948 "segna l'adeguamento dell'Italia al nuovo
ordine geopolitico uscito dalla seconda guerra mondiale, che proprio in quei mesi si
sta riconfigurando"
13
; il clima in cui si svolse e i suoi contenuti condizionarono poi il
confronto politico italiano per tutti gli anni Cinquanta, durante il periodo politico del
cosiddetto "centrismo", in cui la DC dominerà l'Italia con governi monocolore o in
collaborazione con PSDI, PRI e PLI, contestualmente escludendo ogni possibilità di
alleanza a sinistra. Anche l'assetto politico che scaturì da queste elezioni permase
praticamente immutato per lungo tempo, così come i rapporti di forza all'interno
scatenata dall'opposizione popolare alla decisione del Min. dell'Interno Scelba di sostituire il
prefetto Troilo, ex comandante partigiano, con un funzionario designato dal ministero. La "guerra
di Troilo" si risolve con la sostituzione del funzionario. (G. Galli, Storia del PCI, cit., p. 178).
10
Cit. in: R.Martinelli, L.R. Righi (a cura di), La politica del Partito comunista italiano nel suo
periodo costituente. I verbali della direzione tra il V e il VI congresso, 1946-48, Fondazione
Istituto Gramsci, Annali II ,1990, Roma 1992, p. 386. (Cfr anche pp. 431 e 450; Francesca Gori e
Silvio Pons (a cura di), Dagli archivi di Mosca. L'URSS, il Cominform e il PCI, Roma, Carocci,
1998, pp. 83 e ss., p. 180).
11
Si fa riferimento, qui, al Congresso dei consigli di gestione del novembre 1947: formalmente esso
sancì la trasformazione dei Comitati di gestione in organi classisti, espressione della classe
lavoratrice (non più operaia, si badi) "strumento di liberazione dall'oppressione capitalistica e di
gestione della produzione"; ma il comitato nazionale dei Cdg che ne scaturì sparirà presto e si
stabilirà inoltre che i Cdg fossero costituibili solo nelle fabbriche con più di 200 dipendenti: una
rassicurazione, per la media borghesia. (G. Galli, Storia del PCI, cit., p. 176).
12
Si scindono il movimento dell'Uomo Qualunque e il PRI; il PSIUP si mentre fuoriescono dal PSI
importanti esponenti quali Matteo Lombardo, Piero Calamandrei, Giuseppe Romita. (Novelli E.–
Le elezioni del quarantotto. Storia, strategia e immagini della prima campagna elettorale
repubblicana, Roma, Donzelli, 2008, p. 6)
13
Novelli E., Le elezioni del Quarantotto, cit., p. 111.
17
degli schieramenti: un "pluralismo polarizzato" con i due grandi partiti di massa (DC
e PCI) nettamente contrapposti, la terza forza di sinistra moderata (il PSI) più debole,
una destra frammentata e piccoli partiti che si alterneranno nell'area di governo
14
.
Il Quarantotto segnò in Italia la nascita delle campagne elettorali moderne,
combattute da partiti di massa attraverso la mobilitazione della propria base
elettorale, all'interno (e verso) una società anch'essa sempre più massificata e
fotografò le divisioni che si stavano aprendo nella società e nell'arena politica
italiana, esasperandole
15
. Le tematiche emerse (o ridefinite) durante tale campagna
elettorale segneranno a lungo il confronto politico tra i due schieramenti, o per lo
meno la loro propaganda, durante i decenni successivi, basandole sulle dicotomie
comunismo-anticomunismo (con il corollario della polemica anti-sovietica) e
capitalismo-anticapitalismo (che si arricchì della variante dell'anti-americanismo con
l'avvio del Piano Marshall
16
e del patto dell'Alleanza Atlantica); inoltre la DC
affermò la tematica religiosa della difesa della fede, al cui sostegno intervennero le
stesse gerarchie ecclesiastiche e le associazioni cattoliche. La contestuale
demonizzazione dell'avversario politico - orco, assassino, traditore, nemico della
patria - delegittimato fino a negargli la stessa cittadinanza democratica esasperava:
" (...) la visione dicotomica fra amico e nemico, figlia del nuovo ordine mondiale, che in Italia
trova particolari motivi per radicarsi, e che ha come conseguenza la negazione della legittimità
14
I risultati del voto del 18 aprile stabiliranno rapporti di forza che, con minime variazioni,
resteranno costanti per i decenni successivi: la DC, che sfiora il 50%. All'interno della sinistra, i
rapporti di forza si rovesciano a favore del PCI, ma il Fronte risulta sconfitto: con il 31 Così anche
per la mappa geo-politica d'Italia: un nord-ovest industriale, terreno di scontro tra le due aree; un
nord-est cattolico dove la DC trionfa; le regioni rosse della Toscana, Emilia e Umbria. (Ibidem).
15
A sinistra, oltre al Fronte popolare neo-costituitosi, si colloca Unità Socialista, che unisce il PSLI
di Saragat e la corrente fuoriuscita dal PSI. La DC non ricerca alleanze elettorali con i partiti più
prossimi, anzi punta a una forte concorrenza con essi e si affida nella battaglia elettorale alla forza
propagandistica dei Comitati civici costituiti da Luigi Gedda l'8 febbraio, su incarico di Pio XII.
Tale struttura si collocava ai limiti delle disposizioni costituzionali e per questo formalmente era
separata dall' Azione Cattolica, sulle cui articolazioni però si basava. (Ibidem).
16
La campagna elettorale del 1948 (così come il risultato del voto, poi) fu fortemente influenzata
dall'adesione dell'Italia al Piano Marshall, peraltro firmato con incredibile tempismo i primi di
aprile 1948, e alla politica estera statunitense. A Parigi intanto veniva fondata l'Oece
(Organizzazione europea per la cooperazione economica) composta dai sedici paesi aderenti al
piano, tra cui l'Italia. Il giudizio di Togliatti sul piano Marshall, enunciato nella relazione del
segretario al VI congresso del PCI del gennaio del 1948, rappresentava la posizione ufficiale del
partito sull'argomento: il programma statunitense rappresentava "una minaccia per lo sviluppo
autonomo della nostra industria, della nostra economia e dei nostri scambi internazionale" e
l'adesione ad esso avrebbe comportato la subordinazione del Paese alla potenza imperialistica degli
USA. ("L'Unità ", 20 gennaio 1948, cit. in Novelli E., La campagna elettorale del Quarantotto,
cit., p. 7).