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history, the years of terrorism. In the meanwhile, commercial radio stations
went on broadcasting, and became an important reality in the panorama of
the Italian radio system: they specialized their programmes and identified a
specific target audience, soon reaching a national dimension. On the other
side of the coin, most free radio stations came to a halt: some of them
turned into commercial radio stations, some decided to group together and
go on with their programmes, others disappeared in the same way they
arrived, in silence.
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Resumen
Este trabajo nace de la voluntad de describir la experiencia radiofónica en
Catania en un período de la historia italiana en el que el fermento juvenil
encuentra su mayor expresión. A través de las informaciones recogidas en
libros y periódicos y las entrevistas a personas que vivieron aquellos años,
se trata, de manera breve pero exhaustiva, un fenómeno muy extenso que
tuvo lugar en la Italia en los años ’70. Es la época en la que nacieron las
radios privadas, que se pueden dividir, de manera convencional, entre libres
y comerciales. En Catania, en ese período nacía CTA FM Stereo, la primera
radio estéreo italiana.
En 1975 se intenta proceder a una reforma de la concesionaria del
servicio publico, la RAI, y con la ley n.103/75 se establece que las solas
transmisiones posibles a través del éter son las de la RAI. Un año después,
la Corte Constitucional con la sentencia n.202 declara que la ley n.103/75
va contra el articulo 21 de la Constitución, y libera el éter. Dado que faltaba
una ley para regular el sector de las comunicaciones por el éter, la mayoría
de los que veían en la radio un medio de comunicación democrático y
sencillo se aprovecharon de esa situación y empezaron a transmitir.
Entonces, el panorama radiofónico italiano asistió a una contraposición
entre el servicio público de la RAI, que representa y amplifica la voz de las
fuerzas gubernamentales del país y que tiene una programación muy rígida,
y una multitud de pequeñas emisoras radiofónicas, que hablan la lengua de
la gente común, tratan de sus problemas, que transmiten la música
“prohibida” y el deseo de cambiar. De todas maneras, la radio privada, ya
sea libre o comercial, intenta ofrecer a su público lo que la RAI no puede, e
intenta ser un espejo fiel de las exigencias musicales y comunicativas de los
jóvenes y de la sociedad de esos años .
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Sin embargo, muy pronto el entusiasmo y la rebeldía se enfrentan con
la realidad, con la falta de reglas, con la necesidad de inversiones para
seguir adelante y con los llamados “años de plomo”. Las radios
comerciales, con su fuerza económica adquirida por la adecuación al
mercado de la publicidad, se imponen especializando sus programaciones
según el público al que quieren referirse: nacen así las emisoras privadas
nacionales; las radios libres terminan su carrera: unas se transforman en
comerciales, otras crean consorcios y siguen transmitiendo, otras mueren
del mismo modo que nacieron, del silencio.
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Introduzione
“Analizzando ogni giorno tutte le idee,
ho capito che spesso tutti sono convinti
che una cosa sia impossibile,
finché arriva uno sprovveduto che non lo sa
e la realizza”.
Albert Einstein
Tra il 1995 e il ’96 si contano 2.514 emittenti e il numero scende a 1.930
nel biennio 1999-2000. Oggi nessuno pensa alle radio come radio libere, ma
solo come radio commerciali. Le esigenze commerciali hanno livellato lo
standard delle programmazioni verso gusti musicali più comuni, e hanno
allontanato ogni velleità di sperimentazione. La porzione ridotta del
mercato pubblicitario
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rende molto critico il raggiungimento della soglia
minima di sopravvivenza, possibile solo per programmi di vasto ascolto,
rendendo la vita difficile a stazioni specializzate in generi meno popolari.
Tutte le radio private replicano ormai in definitiva lo stesso modello, una
rotazione delle stesse trenta/quaranta canzoni in blocchi di quindici minuti,
la cosiddetta Top 40 o heavy rotation, due minuti pubblicità, qualche
scherzo del conduttore di turno, secondo lo stile di trasmissioni della RAI di
parecchi anni fa, il notiziario (in pillole) ogni ora, ormai prodotto da
agenzie specializzate in contenuti che lo forniscono alle radio, le
trasmissioni sponsorizzate. Il tutto però controllato e meccanizzato tramite
un sistema computerizzato chiamato Selector,
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utilizzato praticamente da
tutte le emittenti maggiori. Insomma, la situazione non è poi molto diversa,
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Nel primo trimestre 2008, secondo i dati di Nielsen Media Research, gli investimenti
pubblicitari (in migliaia di euro) sulla televisione si attestano a 1.282.477, sulla stampa in
generale a 698.608, sulla radio a 115.604.
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Sistema che permette di generare e gestire le scalette dei contenuti musicali e registrati
mediante “regole” preimpostate, anche senza l’intervento di tecnici umani per la gestione di
messa in onda, missaggi, inserzione di pubblicità e transizione al parlato.
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in fondo, dai tempi della radio di Stato negli anni ’60: due o tre radio che
trasmettono musica per passione, e per qualche ora. E poi radio tutte uguali.
Dopo più di trent’anni dalla nascita delle prime radio private in
Italia, questo lavoro tenta di descrivere e rivivere momenti scolpiti nella
memoria di quanti c’erano e di dare un’idea di tanto furore a chi, invece,
non ne ha preso parte. Da un lato nascevano le radio private destinate a
trasformarsi in radio commerciali, dall’altro si facevano strada le radio
libere che andavano in onda senza badare troppo ai profitti. Si cerca di
capire perché queste ultime, un fenomeno tanto imponente quanto
sregolato, non siano riuscite a perdurare nel loro ruolo di alternativa e
abbiano dovuto scomparire o adeguarsi necessariamente alle leggi del
mercato.
L’imperversare di questi soggetti radiofonici in FM esplode con una
detonazione tale da intaccare i punti cardine sui quali si era basata la RAI
fino ad allora. La RAI era la concessionaria del servizio radiotelevisivo,
rappresentava l’Italia e tutte le sue componenti. Aveva il monopolio sulle
trasmissioni e una struttura interna rigidamente gerarchica che, senza
esagerare, potrebbe essere definita feudale. I tempi, però, stanno
velocemente cambiando e la RAI sembra non essere pronta, né
particolarmente recettiva, a poter mostrare il cambiamento. Come afferma
Monteleone:
“La monocultura della radio monopolistica nn era in grado
di reagire al movimentismo del 1968 che stava esplodendo
nel paese con la sua domanda primaria di informazione
alternativa. Dopo la riforma del 1975 nel pieno
dell’espansione delle radio libere, la radio pubblica
faticherà a mettere in campo quell’autonomia e quella
flessibilità della struttura ideativa e produttiva che
avrebbero potuto contrastare immediatamente il
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progressivo calo d’ascolto”.
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Le radio libere che dopo il 1970 cominciano a trasmettere dalle varie
città e paesi d’Italia sono figlie di una generazione che non si sente per
niente rappresentata dalla programmazione offerta dal servizio pubblico.
Cominciano così esperimenti e tentativi più lontani dalle istituzioni e più
vicini alla vita di tutti i giorni. L’innovazione delle radio private made in
Italy è che non solo rispecchiano le esigenze della gente comune, ma sono
proprio fatte da gente comune. Chi si avvicina al microfono, solitamente, ha
una passione sfrenata per la musica, una straordinaria voglia di esprimersi e
un forte desiderio di dire come stanno le cose nella realtà. Le tipologie di
radio private che continuano a moltiplicarsi, specialmente dopo la sentenza
del 1975, sono molte: radio di movimento come Radio Alice a Bologna;
radio politiche come Radio Radicale a Roma; radio commerciali come
Radio Milano International; radio comunitarie come Controradio a Firenze.
Tutte interpreti delle intenzioni per le quali nascono. Non ci sono rigidità
gerarchiche né palinsesti ingessati, c’è un entusiasmo e una vitalità che
rendono piacevole l’ascolto. La radio parla finalmente la lingua di tutti.
Per capire l’imponenza del fenomeno basta pensare alla capillarità
con cui le radio si diffusero sul territorio italiano. Ogni città contava
svariate radio private, e i paesi della provincia lanciavano anch’essi le loro
voci nell’etere. In Sicilia gli esempi più eclatanti sono stati Radio Libera
Sicilia di Danilo Dolci e Radio Aut di Peppino Impastato. Anche, e forse
soprattutto, Catania è stata sede di alcune radio conosciutissime a livello
locale nonché della prima radio in stereofonia a livello nazionale.
Partendo da una visione generale sul fenomeno delle radio private in
Italia, questo lavoro si sofferma sulla realtà catanese di quel periodo e tenta
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F. Monteleone, Storia della radio e della televisione italiana, Venezia, Marsilio, 2003, p. 416
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di fornire una breve storia delle più conosciute radio private, dedicando
particolare attenzione al caso di CTA FM Stereo, l’unica proposta
indipendente e che non trasmetteva per fini commerciali.
In breve, la prima parte del lavoro tenta di offrire un quadro
completo della situazione radiofonica italiana subito prima che venga
promulgata la legge di riforma della RAI nel 1975 e subito dopo la sentenza
della Corte Costituzionale del 1976. Successivamente, ci si concentra sul
fenomeno delle radio private, dal loro nascere al loro proliferare, coprendo
l’arco di tempo che va dagli anni Settanta ai Novanta e mettendo in risalto
due nuove figure della radiofonia italiana: i disc-jockey e i cronisti “a
gettoni”. Infine, il fuoco, dopo un breve excursus storico sulla Catania a
cavallo tra anni Sessanta e Settanta, si sposta su alcuni esempi di radio
locali della città etnea, dedicando particolare attenzione a CTA FM Stereo
attraverso le testimonianze dirette del suo creatore e di chi vi ha collaborato.
La ricerca è supportata dai testi relativi alla storia della radio e della
televisione in Italia, dall’utilizzo di una rassegna stampa di quotidiani
dell’epoca e da siti internet concernenti l’argomento. Particolare importanza
è stata poi data alle fonti orali con interviste a personaggi che sono stati
protagonisti del cambiamento dal punto di vista RAI e dal punto di vista
radio private.
Per concludere, le radio private, in particolar modo a livello locale, si
sono velocemente adeguate ai tempi e ai cambiamenti rivestendo quasi una
funzione di specchio della società alla quale si riferiscono.