7
costo in termini di disoccupazione, di giornate lavorative perse, di produttività
mancata. E’ anche causa involontaria di tutti quei costi indiretti che la società
paga a seguito della sua malattia. Per questo aspetto e per il fatto che tale
patologia riguarda soprattutto persone che si trovano nel pieno della fase più attiva
e dinamica dell’esistenza, si ritiene necessario prendere in seria considerazione
anche l’aspetto psicologico: dover convivere con il dolore e con una malattia
cronica, sottoporsi periodicamente a visite specialistiche e assumere
quotidianamente farmaci, può risultare un grosso colpo alla stima e alla fiducia in
se stessi, oltre al ridimensionamento della quotidianità del paziente e, nella gran
parte dei casi, dei familiari di quest’ultimo.
Occorre quindi analizzare la Spondilite Anchilosante seguendo il modello
biopsicosociale, modello basato sulla teoria generale dei sistemi, che ritiene
giustamente che la diagnosi medica debba considerare l’interazione degli aspetti
biologici, psicologici e sociali nel valutare lo stato di salute dell’individuo e nel
prescrivere un trattamento adeguato, evidenziando così l’importanza
dell’interdisciplinarietà nel campo della ricerca scientifica e non solo,
coinvolgendo appunto il medico, lo psicologo e gli altri operatori della salute,
fisica e mentale.
Nel primo capitolo verrà analizzata la Spondilite Anchilosante in una prospettiva
esclusivamente biologica, evidenziandone gli aspetti principali (epidemiologia,
aspetti genetici, eziopatogenesi, quadro clinico e diagnosi) e le tecniche di cura
(fisiche e farmacologiche), illustrando anche uno dei principali ed innovativi
luoghi di cura a livello europeo.
8
Nel secondo capitolo verrà analizzata la prospettiva psicosociale della Spondilite
Anchilosante, evidenziando aspetti rilevanti della vita dei pazienti: la Qualità della
Vita, le eventuali psicopatologie conseguenti ad una diagnosi di SA e l’aspetto
psicodinamico della malattia stessa, i meccanismi di supporto psicologico
(psicoterapia individuale, gruppi di self-help, gelotologia). Un paragrafo sarà
completamente dedicato all’Associazione Italiana per la Lotta alla Spondilite
Anchilosante (A.I.L.S.A. Onlus), attraverso la quale mi è stato possibile compiere
un’indagine statistica volta ad indagare le modalità di Coping di persone affette da
tale patologia, valutando conseguentemente la relazione tra l’assunzione di un
determinato atteggiamento e la partecipazione attiva ad un gruppo di self-help.
L’indagine statistica, compiuta in ambito psicologico, verrà ampiamente descritta
nel terzo capitolo: la strategia di ricerca adottata è stata quella dell’indagine
campionaria, somministrando via Internet, ad un gruppo di volontari a cui è stata
diagnosticata la SA, due test (scale di Likert): la Scala del Coping Proattivo e la
Coping Humour Scale, rispettivamente costituite da 14 e 7 item. Per
l’interpretazione dei dati mi sono affidato al sistema SPSS (Pacchetto Statistico
per le Scienze Sociali).
Il quarto ed ultimo capitolo è rivolto alle conclusioni generali, partendo dai
risultati ottenuti tramite l’indagine statistica sopra citata fino ad arrivare a quelli
che potrebbero essere i nuovi orizzonti nella lotta alla Spondilite Anchilosante,
privilegiando sempre l’ottica biopsicosociale.
9
Capitolo 1
La prospettiva biologica
La Spondilite Anchilosante (SA) o Morbus di Bechterew
1
è una malattia
reumatica, infiammatoria, cronica ed autoimmune
2
, classificata in un sottogruppo
di malattie infiammatorie che colpiscono il sistema muscoloscheletrico definite
spondiloartropatie (SpA)
3
; tra queste è certamente la patologia maggiormente
comune e con il decorso più severo. Il nome, letteralmente inteso come
“infiammazione alla spina che provoca blocco”, deriva dalle parole greche
“angkylos” che significa “ricurvo” e “spondylous” che significa “colonna
vertebrale”; questo spiega l’evoluzione della patologia che porta infiammazione
delle articolazioni (o meglio, delle cartilagini) risultanti nella fusione delle
articolazioni stesse tra loro. Sebbene la SA colpisca inizialmente e
prevalentemente la colonna vertebrale (o rachide) e le articolazioni sacroiliache
4
, è
comune il coinvolgimento di spalle, anche, ginocchia e piedi. Si tratta inoltre di
una malattia sistemica, quindi altri organi, come gli occhi, e più raramente il cuore
e i polmoni, possono venire colpiti. Dal 1974 la SA viene specificatamente
1
Vladimir Michajlovic Bechterew (1857-1927), fisiologo russo, compì ricerche sulle funzioni
cerebrali; probabile scopritore della Spondilite Anchilosante. Vinassa de Regny, 2001.
2
S’intende per malattia autoimmune una patologia caratterizzata da una reazione immunologica
diretta contro costituenti propri dell’organismo. Ceppellini-Boroli, 1990, p. 245.
3
Rientrano in tale gruppo l’artrite reattiva, alcune forme di artrite psoriasica, le artriti associate a
malattie infiammatorie intestinali (morbo di Crohn, rettocolite ulcerosa) e le spondiloartriti
indifferenziate. Gran, 1998.
4
La colonna vertebrale è composta da 24 vertebre e 110 articolazioni. Le vertebre sono divise in
tre sezioni principali: la zona cervicale, o sezione del collo, è formata da 7 vertebre ed è la parte
più mobile; la zona toracica, o porzione centrale della schiena, è composta da 12 vertebre ognuna
articolata lateralmente con una costola; la colonna lombare, o porzione inferiore della schiena, è
composta da 5 vertebre. Quest’ultima si continua con il sacro che incastra le pelvi (detto anche
bacino) ed in questo modo la colonna vertebrale viene ad articolarsi con le parti inferiori del corpo.
Le articolazioni sacroiliache congiungono con la parte laterale del sacro al resto delle pelvi (ali
iliache del bacino). Ceppellini-Boroli, 1990, p. 323.
10
considerata la principale malattia tra le “spondiloartropatie sieronegative”, dove
“siero” si riferisce al sangue e “negative” indica che le persone con SA di solito
non hanno presente nel sangue l’anticorpo denominato Fattore Reumatoide. Ciò
distingue la SA dall’Artrite Reumatoide, patologia maggiormente comune nel
gruppo delle malattie reumatiche infiammatorie, nella quale di solito vengono
rilevati alti livelli di Fattore Reumatoide. Il paziente affetto da SA non è un
malato della nostra civilizzazione: ricerche e reperti archeologici sulle mummie
egizie, infatti, di circa 5000 anni fa hanno messo in evidenza l’esistenza di questa
malattia già allora.
1.1. Caratteristiche generali
1.1.1. Epidemiologia
La frequenza della SA varia enormemente tra le diverse razze, è presente infatti
soprattutto nelle popolazioni caucasiche e anglosassoni (per esempio colpisce
circa 2 su 1000 caucasici), ed è altrettanto comune tra gli ispanici e i cinesi,
mentre non è comune nelle persone di discendenza africana. In tutte le razze
l’esordio è nella fascia di età fra i 15 e i 40 anni, con un massimo intorno ai 28 e
con un’incidenza 3 volte maggiore nel sesso maschile, almeno nelle forme più
classiche. Si calcola che ne soffrano da 5 a 25 persone su 10 mila. E’ rilevante il
dato presentato al settimo Congresso annuale di Reumatologia della European
League against Rheumatism (Eular)
5
che parla dell’1% degli europei che soffrono
di una forma di spondiloartrite. Tutte le forme di spondiloartropatie non sono
contagiose.
5
Amsterdam, Paesi Bassi, 25/06/2006.
11
1.1.2. Aspetti genetici
La SA è 10-20 volte più frequente in parenti di primo grado di pazienti con SA,
rispetto alla popolazione generale, e l’aumentata prevalenza dell’antigene
6
tissutale HLA-B27 nei bianchi o HLA-B7 nei neri, suggerisce una predisposizione
genetica, benché fattori ambientali possano svolgere un ruolo determinante
nell’esordio. Caratteristica quindi peculiare di questa malattia è la straordinaria
associazione con un antigene del sistema HLA
7
. Il 96% dei pazienti affetti da SA
risulta, infatti, positivo per l’allele
8
HLA-B27, presente tra l’altro nel 7-12% della
popolazione caucasica; la prevalenza della malattia nei soggetti HLA-B27 positivi
rappresentativi della popolazione generale è del 20%. Studi recenti hanno
confermato che i fattori genetici sono responsabili al 98% della suscettibilità alla
malattia, ma con modalità di tipo poligenico e con un rischio attribuibile al HLA-
B27 non superiore al 50%. Per questo l’allele B27 viene considerato un fattore di
suscettibilità necessario, ma non sufficiente nel causare la malattia. Appare
probabile che altri geni, appartenenti al sistema HLA ma anche esterni a questo, in
associazione a fattori ambientali e/o endogeni, concorrano in maniera importante
ai meccanismi che portano allo scatenamento e alla cronicizzazione del processo
patologico; in linea di massima non si considera la Spondilite una malattia
ereditaria. I nati da soggetti con SA hanno solamente un incrementato rischio di
6
Sostanza che, introdotta nell’organismo, è in grado di indurre la produzione di anticorpi e di
reagire con essi. In questo caso (malattia autoimmune) costituenti propri dell’organismo fungono
da antigene (si parla di autoantigene), con conseguente produzione di autoanticorpi. Ceppellini-
Boroli, 1990, p. 218.
7
Dall’inglese Human Lymphocyte Antigens; è localizzato sul cromosoma 6. Ceppellini-Boroli,
1990, p. 933.
8
Termine con cui si indica ognuno dei due geni che occupano identica posizione (locus) su due
cromosomi omologhi. I due alleli codificano per lo stesso carattere, ma potendo essere uguali o
diversi tra loro costituiscono in pratica forme alternative per quel carattere. Ceppellini-Boroli,
1990, p. 187.
12
potersi in futuro ammalare di questa malattia reumatica, così come è dimostrata
una predisposizione familiare al diabete, all’ipertensione, ai tumori e ad altre
malattie ben più gravi di questa.
1.1.3. Eziopatogenesi
La patogenesi della SA è ancor oggi poco conosciuta, anche se i meccanismi della
risposta immunomediata coinvolgenti l’antigene leucocitario umano (HLA)-B27,
gli infiltrati cellulari infiammatori, le citochine
9
ad attività pro-infiammatoria
(TNF-a e IL-1)
10
e i fattori genetici ed ambientali sembrerebbero avere un ruolo
chiave. Le ipotesi patogenetiche sono senza alcun dubbio in continua evoluzione;
in particolare, le teorie immunologiche alimentano sempre più il concetto secondo
cui, batteri in fase di latenza, residenti in macrofagi (cellule a spiccata attività
fagocitaria) e cellule dendritiche, andrebbero incontro a una riattivazione
attraverso un processo facilitato e promosso dal HLA-B27. In tale contesto,
l’HLA, sarebbe soggetto a una sorta di sfaldamento, che determinerebbe una
diminuzione delle capacità proprie di presentazione di peptidi batterici al sistema
immunitario, stimolando così macrofagi e cellule dendritiche infette. La
migrazione di queste cellule ai tessuti bersaglio della SA, specie nel midollo
localizzato vicino le entesi
11
, potrebbe facilitare la riattivazione di batteri
(dominanti) intracellulari creando un favorevole ambiente citochinico. Tale
ambiente, potrebbe includere alti livelli di TGF-beta e IL-1, presenti anche in altri
9
Molecole secrete da alcuni tipi di globuli bianchi (linfociti e macrofagi) che possono fungere da
proteine pro-infiammatorie (che alimentano l’infiammazione) e anti-infiammatorie (che inibiscono
l’infiammazione). In condizioni normali sono necessarie per l’integrità della risposta immunitaria
a svariati insulti ambientali (ad esempio le infezioni). Dr. Gorla e Dr. Cinquini, Servizio di
Reumatologia e Immunologia Clinica, Azienda Spedali Civili Brescia.
10
Tumor Necrosis Factor-alfa e Interleuchina-1.
11
Gli anatomisti definiscono entesi le zone d’inserzione tra i legamenti, tendini o capsule articolari
e le ossa. Lo stato infiammatorio viene detto entesopatia o entesite. Dr. Gorla e Dr.ssa Cavagnola,
Servizio di Reumatologia e Immunologia Clinica, Azienda Spedali Civili Brescia.
13
siti cosiddetti bersaglio e, quindi, privilegiati dalla risposta del sistema
immunitario. La riattivazione, teoricamente, potrebbe essere bloccata da una
risposta locale da parte di CD4+ e/o CD8+ (cellule T) all’infiammazione (in
loco) responsabile delle manifestazioni cliniche. Miglioramenti nella
comprensione dei meccanismi che conferiscono ad alcuni ceppi batterici una
potenziale forza per la persistenza all’interno di cellule, includenti i macrofagi,
potrebbero aprire la via a nuovi e maggiormente efficaci approcci terapeutici.
L’HLA-B27 è certamente importante e significativo in quanto presente, come già
accennato, nel 96% dei pazienti affetti da SA; ma come questo marker genetico
conferisca la malattia o la suscettibilità allo sviluppo è ancora assai poco
conosciuto. Studi recenti su famiglie e gemelli affetti da SA hanno mostrato che
geni addizionali non-HLA-B27 sono necessari per lo sviluppo della malattia. In
tale apparente controversia s’inserisce il ruolo di agenti esogeni inizianti il
processo infiammatorio cronico che non sono stati chiaramente identificati, anche
se la Klebsiella pneumoniae
12
rimane una dei forti candidati; il microrganismo
potrebbe agire attraverso il canale intestinale, specie in quei pazienti che mostrano
interessamento enterico di tipo infiammatorio. Assai recentemente, in
considerazione della frequenza e della severità della malattia preponderante nel
sesso maschile, è stato implicato nell’eziologia della SA il ruolo degli steroidi
androgeni.
12
Bacillo gram-negativo, asporigeno, aerobio, immobile; è la specie che più frequentemente
provoca infezioni cutanee, respiratorie, urinarie, gastrointestinali, delle vie biliari, del peritoneo,
nonché artriti e, nei casi più gravi, meningiti a liquor torbido, ascessi cerebrali, sepsi con possibili
localizzazioni cardiovascolari e shock endotossico, talora mortale. Ceppellini-Boroli, 1990, p. 521.