3
Tra i momenti di interesse di quegli anni vi era sicuramente l’annullamento delle dimensioni
soggettive degli artisti, essi potevano dare concreta voce alla propria esperienza solo nella
dimensione del gruppo di lavoro, del collettivo, come si andava ripetendo, soprattutto nel restituire
alle immagini un forte valore informativo, e insieme emotivo.
La vera controinformazione, nelle facoltà universitarie, nelle scuole, negli spazi sociali era affidata
ad immagini forti e sintetiche, a messaggi asciutti come un logo e una testata di giornale, spesso
realizzate con tecniche povere, semplici, di carattere artigianale.
Efficace il lavoro di spiegazione e dispiegazione pubblica operato dal gruppo di propaganda
politica, Prop ART, diretto da Luca Castellano.
3
Il gruppo era proteso a contribuire attivamente alla
lotta che la classe operaia andava a condurre per la distruzione dello stato borghese,
4
e che si
concretizzava così nella realtà viva delle cose.
La lotta era in quegli anni l’unica possibilità affinché l’arte e la cultura fossero al servizio di una
società giusta. Uniti nella comune difesa della libertà di pensiero e di azione, si ritrovavano artisti,
intellettuali, studenti, operai. Lacrimogeni e manganelli non fermavano la folla, ma diventavano una
medaglia al valore, nella lotta contro l’imperialismo.
Certamente in quegli anni di grandi fermenti, di forte impegno politico e sociale, sarebbe un errore
dichiarare l’assenza di un evento teatrale nuovo.Ma la tradizione attorica era al di là di secondi
luoghi; di spazi di lavoro teatrale per giovani teatranti non esistevano, a parte l’Accademia di Arte
Drammatica del Circolo Artistico Politecnico in Piazza Trieste e Trento.
L’andare a teatro definiva ancora uno status sociale, che collocava il consumo culturale al centro dei
suoi interessi.
3
Luca Castellano,pittore del gruppo’58,critico d’arte,è stato l’animatore dell’Avanguardia a Napoli.Fondatore e direttore
di Documenti Sud e di Linea Sud.Cfr: “Napolifrontale, catalogo, politica, soggetti sociali ed altre storie”, cit., pag.28
4
Nel loro manifesto programmatico si diceva: “…azione significa attitudine sistematica,alternativa rivoluzionaria.”Cfr:
“Napolifrontale, catalogo, politica, soggetti sociali ed altre storie”, Ciro Esposito,Quando i serpenti muoiono, cit.,
pag.29.
4
Sicuramente contribuirono all’emergere di una “nuova scena teatrale”, nell’arco degli anni tra il’65
e il’69, i ritorni del Living Theatre sui palcoscenici napoletani, tra San Ferdinando, Politeama,
Mediterraneo. Un contributo lo avevano dato gli spettacoli del teatro napoletano e la presenza del
Piccolo di Milano al San Ferdinando con l’Arlecchino di Strehler e al Mediterraneo con
L’Istruttoria di P.Weiss.Un vero mutamento cominciò a delinearsi con la riscoperta di Viviani
soprattutto da parte di Giuseppe Patroni Griffi nel 1968.
Tutto questo avveniva sullo scorcio degli anni’60 e costituì “l’alveo entro cui s’incanalò il processo
di autoriconoscimento del pubblico giovanile, che trovava finalmente una sua sponda culturale
patria, da affiancare a quella ideologico politica protestataria”.
5
Sarà proprio da questo
autoriconoscimento di un pubblico giovanile che nascerà in seguito un nuovo teatro a Napoli.
I luoghi di autoriconoscimento erano le assemblee politiche, a cui i giovani accorrevano numerosi,
poi c’erano i luoghi di ansiosa ricerca e di dibattito culturale, come la già citata Saletta Rossa della
libreria Guida, o il ritrovarsi a Villa Pignatelli con Chaikin, Bartolucci, Bocca Sanguineti, Moravia.
Ci si riconosceva teatranti negli spazi angusti del Teatro Esse, del Teatro Instabile, del Teatro
Orione, dell’Executive Club.Si era inoltre cinefili negli spazi bui del Cinema Lux, del CineClub o
del Cinema Amedeo, si era infine musicomani con il Play Studio
6
.
Ma essere teatranti, cinefili, musicomani non era altro, per quei giovani, che un rituale per
riconoscersi membri di una comunità che allora si stava formando, e che presto avrebbe dato alla
luce gli interessanti spettacoli dei Vitiello, Santella, Massarese, Neiwiller, Pugliese, Mastelloni e
tanti altri che avrebbero contribuito a dare una svolta decisiva al teatro napoletano.
Erano dunque vicini i tempi per una drammaturgia civile che traeva la sua linfa vitale proprio da
quei cortei, dalle assemblee, dalla solidarietà con gli operai, dai sit-in e che, per la prima volta,
5
Cfr: “Napolifrontale,catalogo, politica, soggetti sociali ed altre storie”, Franco Carmelo Greco, Il nuovo spettatore
,cit.,pp.4-5.
6
Il Play Studio si forma nel 1967 installandosi in via Martucci. Il gruppo è legato ad Arturo Morfino. Esso si
caratterizza come nucleo di intervento teatrale sul territorio, puntando quindi al collegamento con le classi popolari ed
alla forma del laboratorio aperto per coinvolgere la gente del quartiere nella produzione di spettacoli. Il lavoro di
inserimento nel territorio si realizza con le feste collettive teatrali e musicali, risultato dell’incontro fra le tecniche
dell’animazione e la ricerca di moduli espressivi che possono realizzarsi in momenti collettivi. Cfr: Vanda Monaco, La
contaminazione teatrale, Bologna, Patron Editore, ’81, p. 125.
5
identificava gli attori nel pubblico, negli spettatori. Si guarda al teatro come all’incrocio dialettico di
due riti consumati su spazi fisici diversi (ma nello stesso spazio simbolico) ed i protagonisti sono
proprio gli attori e gli spettatori nel loro asimmetrico incontrarsi.
Gli attori portano con sé il peso della scenografia, così come gli spettatori sono il momento
emergente, il momento più forte, che si oppone e si integra alla scena.
Diventa dunque centrale il problema della presenza dello spettatore per la comprensione dell’evento
spettacolare, anche se non sempre gli è stata rivolta la giusta attenzione.
7
Ma in che modo lo spettatore diventa il creatore e il realizzatore del testo spettacolare, in che modo
il suo essere nello spazio teatralizzante, risulta essenziale alla definizione dello spettacolo?
I due spazi, quello in cui opera l’attore e quello in cui è presente lo spettatore, possono essere
studiati ed analizzati separatamente; ma solo dal loro integrarsi è ricavabile l’evento spettacolare.
La metafora dello specchio può essere utile per delineare quel che oppone l’attore allo spettatore:
l’attore si riconosce come tale solo identificandosi nel personaggio (che è un’immagine al di là,
spostata sempre in avanti rispetto a se stesso), mentre lo sguardo dello spettatore sancisce questa
relazione alienante; al contrario lo spettatore si identifica nel personaggio rappresentato ed è l’attore
a chiudere col suo sguardo il cerchio di questo rapporto.
L’attore e lo spettatore si fronteggiano sulla linea dell’interpretazione: il personaggio è lo specchio
sulla cui superficie essi si riconoscono e sono riconosciuti dall’altro.Uno specchio dalla doppia
faccia riflettente, doppia come il significato di “interpretazione”, il cui senso si inverte secondo lo
sguardo dello spettatore o dell’attore.
Siamo ormai lontani da un teatro chiuso nel guscio d’uovo del piccolo rito onanistico dell’attore, un
teatro pre-teatrale, impossibile come una casa fatta solo di interni e priva di facciata.
Nasce invece un nuovo teatro che guarda ad un rapporto forte ed implicante con gli spettatori ed
affida loro il compito di realizzare un nuovo immaginario drammaturgico.
7
Marco De Marinis afferma: “Siamo ancora sprovvisti dei paradigmi in grado di consentire una soddisfacente
modellizzazione delle attività dello spettatore teatrale.”Cfr:Marco De Marinis, Semiotica del Teatro,L’analisi testuale
dello spettacolo, Milano,Bompiani,1982,p.14.
6
Momenti di spettacolo teatrale a Napoli, tra annunci e recensioni…
L’anno 1965 non è stato affatto negativo per il teatro italiano ed, in particolare, per quello
napoletano.Esso ha visto un notevole aumento dell’interesse di pubblico.Certo, in prevalenza, si
tratta ancora di un pubblico borghese e piccolo borghese. Ma quello più ampiamente popolare è alle
porte. In questo senso hanno agito positivamente i teatri stabili, nella loro politica di ricerca e di
organizzazione del pubblico (il Piccolo di Milano, ad esempio, si avvia sempre più a diventare un
autentico teatro popolare d’arte).
Nel nostro paese sono stati rappresentati spettacoli di interesse europeo e le stesse riviste straniere si
sono occupate del teatro italiano.Tuttavia, da questi spettacoli italiani, non è venuto fuori nessun
autore di rilievo.Di sicuro c’è stata una concreta ostinazione a cercare di metterli in scena, col
rischio del disinteresse di pubblico.
Senza dubbio, è presente il tentativo di cercare temi e linguaggi diversi per il teatro italiano, ma il
respiro ideologico e poetico di queste opere è risultato ancora corto, ansimante, troppo sperimentale
o intellettualistico.
In una conferenza stampa del 6 Gennaio 1965, Eduardo e Paolo Grassi hanno fatto un bilancio
della stagione teatrale riapertasi al San Ferdinando, il 3 Novembre 1964, con una novità di Eduardo:
Dolore sotto chiave cui fa da seguito Il berretto a sonagli di Pirandello. Intanto è in allestimento
L’arte della commedia, scritta da Eduardo.
Paolo Grassi comunica che questo è stato il bilancio più alto della stagione teatrale con la nuova
gestione (il Piccolo di Milano è, infatti, l’altro punto d’appoggio del ponte Napoli - Milano,
costruito all’inizio di questa stagione teatrale). Nella conferenza si accenna inoltre alle iniziative per
rendere accessibile il teatro a più larghi strati della società napoletana.
Grassi ha ricordato inoltre il successo delle anteprime che, come al Piccolo di Milano, anche a
Napoli avvengono alla presenza di un pubblico di lavoratori.Occorre fare una politica, dice, verso il
mondo della scuola, allargare il numero delle fabbriche interessate alla importante iniziativa
7
culturale.Le anteprime alla presenza del pubblico evitano, d’altra parte, ai comici il gelo del teatro
vuoto, durante le prove generali tradizionali.
L’8 Gennaio ’65 trionfa così al San Ferdinando L’arte della commedia.Un critico attento come
Paolo Ricci sottolinea le infinite implicazioni morali ed i significati di questa straordinaria
commedia eduardiana.Essa è senza dubbio “una delle più alte e convincenti dichiarazioni di fede
nel realismo, ma è anche la protesta di un uomo civile e moderno contro gli assurdi aspetti della
realtà….Il conflitto drammaticissimo si scatena tra il mondo burocratico e convenzionale del potere
e dello stato di classe ed il mondo della gente che reclama libertà e giustizia, non accetta più le
convenzioni, i moralismi, la demagogia.”
8
Possiamo affermare che in questa commedia è racchiuso il pensiero di un uomo di teatro che, fin dal
dopoguerra, ha saputo cogliere nella realtà i momenti storici assoluti che esprimono i sentimenti
collettivi ed il formarsi della coscienza delle masse popolari.
Il cartello al San Ferdinando prosegue con una serie di novità interessanti: il 19 Gennaio1965 andrà
in scena la Comedie Francaise con L’ecole des femmes di Moliere e Un capriccio di De Musset.
Successivamente il Piccolo di Milano darà Sul caso di J.Oppenheimur di Heinar Kipphardt e Le
baruffe chiozzotte di Goldoni, regia di G.Strehler.
Importante presenza al San Ferdinando è il mimo francese Marcel Marceau, capace da solo, nel
magico silenzio di un palcoscenico vuoto, di creare atmosfere drammatiche o idilliche, esplosioni di
gioia, situazioni da incubo.
L’arte di Marceau non può essere classificata e ridotta ad un solo genere; egli è sì un mimo, ma “la
forza della sua comunicatività è nel suo essere attore, prima ancora che mimo, attore completo e
moderno…”.
9
Il primo mondo ispirativo di Marceau fu quello sconsolato e tenero di Charlot, ma
allo charlottismo egli portava un elemento originale, frizzante e tipico: la tradizione caratteristica di
una certa recitazione mimica francese risalente a Max Linder, il grande attore del muto dei primi
anni del cinema europeo.
8
Cfr: “L’Unità”,Giorn.N8,1965,9 Gennaio.Paolo Ricci:L’arte della commedia al San Ferdinando
9
Cfr: “L’Unità”,Giorn.N53, 1965, 23 Febbraio.Paolo Ricci: Uno spettacolo d’eccezione al San Ferdinando
8
Il primo personaggio di Marceau è Bip, un uomo scarno, spoglio, imparentato certo con le antiche
maschere, con Pierrot in particolare, ma vive nel tempo d’oggi e non si spiegherebbe senza il
balletto russo e l’avanguardia artistica europea.Gli spettacoli che presenta vanno dalla riduzione de
Il cappotto di Gogol alla popolaresca rievocazione della festa nazionale del 14 Luglio. Ma in ogni
momento del suo esibirsi si coglie il senso della realtà vissuta, il momento ovvio della vita
quotidiana e quella verità sofferta ed umana che fa di un artista soprattutto un uomo.
La rassegna prosegue al San Ferdinando con le rappresentazioni dei teatri stabili d’Italia.E’da
segnalare lo Stabile di Firenze che debutta il 26 Febbraio 1965 con Maria
10
di Isaak Babel
11
,
considerato il miglior autore russo dopo Gogol. La regia è di Beppe Menegatti.
Da non dimenticare l’arrivo del Living Theatre al San Ferdinando che mette in scena Mysteries and
smaller piece e The Brig.
Intanto il teatro Bracco inaugura la nuova stagione teatrale ’64-’65 con la commedia settecentesca
La monaca fauza di P.Trinchera, regia di Gennaro Magliulo.Segue Casa con panorama di
V.Paliotti, regia di De Martino.
Al teatro Politeama grande successo di Nino Taranto con la commedia di E.Scarpetta: Miseria e
nobiltà. Lo stesso Taranto debutterà al Diana con Lo sposalizio di R.Viviani.
Il 9 Marzo 1965 l’Ente Teatro Cronaca mette in scena al Mediterraneo Delitto all’isola delle capre
di Ugo Betti, regia di Mico Galdieri e tre atti unici La mamma di Terron, Il Belvedere di Aldo
Nicolay, Tre italiani di Roberto Mazzucco per la regia dello stesso Galdieri.
Vestire gli Ignudi di L.Pirandello è presentata al Politeama da Giuseppe Patroni Griffi nel ’66. Nelle
vicende drammatiche della signorina Ersilia Drei sono riflesse le contraddizioni che sempre
agiscono nell’opera di Pirandello:”il conflitto tra la coscienza critica della realtà sociale e della
10
L’opera è ambientata agli albori della Rivoluzione Russa,in una società in mutamento,dove i contrasti sociali sono più
che mai drammaticamente operanti.Cfr: “L’Unità,”N.55, 1965,25 Febbraio.[n.n.]
11
“Di Isaak Babel sono assai più noti, anche in Italia, gli stupendi racconti di Odessa e quella prestigiosa raccolta di
novelle de L’Armata a cavallo, che non le due opere di teatro, Tramonto e Maria, che certo non furono estranee a
motivare le accuse e l’arresto che poi dovevano concludersi, pare nel ’41, con la fucilazione….. nel ’64 un secco
comunicato ufficiale annunziò al mondo che lo scrittore era stato ingiustamente fucilato e che in lui bisognava vedere
un vero e grande fondatore della nuova letteratura sovietica.” Cfr: “ Sipario” N.228, Aprile 1965, Mario Stefanile, Isaak
Babel, pp. 40 - 41
9
morale borghese, col conseguente atteggiamento demolitore ed ironico dei miti e delle pseudo
idealità di questa classe,e il residuo spirito conservatore e moralistico,che sovente… riaffiora in
Pirandello…”
12
. Giuseppe Patroni Griffi sembra aver dato un’interpretazione contraddittoria del
testo,nel giro della stessa rappresentazione.Egli aveva davanti a sé due chiavi interpretative: ”una
ironica, grottesca, che sottolineasse il conflitto come un fatto interno dei personaggi borghesi;
un’altra naturalistica, che inquadrasse fatti e personaggi di Vestire gli Ignudi entro un clima di
opere…quale il repertorio siciliano da cui Pirandello prese le mosse”.
13
Così la sostanza dei fatti si
riduce ad un rumoroso avvenimento di cronaca, privo di ogni sentimento ideale “.…Aver acceso i
toni della recitazione, esteriorizzandoli, fino a rendere marionettistico gesti e intonazioni degli
attori,non è servito a dare un’interpretazione ‘distaccata’e quindi effettivamente critica della
commedia”
14
.
Nel Novembre 1966, il “Nuovo Canzoniere Italiano”presenta al Politeama e al Bracco Ci ragiono e
ci canto,regia di Dario Fo
15
.
Ancora il Bracco inaugura la stagione teatrale di prosa napoletana ‘66/’67
16
. Novità assoluta è
rappresentata dalla commedia Il 13 , scritta da Luigi Compagnone e diretta da G.De Martino.
L’autore è poeta, narratore e saggista, ed è alla sua prima prova teatrale.Nella vicenda confluiscono
temi e situazioni,angolazioni e sottolineature di quella vena più ironica che comica che è stata da
anni una costante del talento di Compagnone. Il regista,alieno da ogni interpretazione naturalistica o
del teatro popolaresco europeo , “
17
…ha preferito lavorare su un terreno più rispondente alle
intenzioni beffarde dello stesso autore, ha tenuto così la recitazione ai limiti del grottesco astratto,
12
Cfr:”L’Unità”,N. 78, 1966,20 Marzo,Paolo Ricci, Vestire gli Ignudi.
13
Cfr:ivi.
14
Cfr:ivi.
15
“Dario Fo è il più importante drammaturgo italiano impegnato, nel 1968 fece parte di un’associazione di
organizzazioni culturali comuniste, che intendeva portare l’arte alle classi lavoratrici emarginate. Ma Fo incluse anche il
PCI tra i bersagli dei suoi attacchi satirici, e questo lo indusse, nel 1970, a formare un proprio collettivo teatrale
indipendente, La Comune. Come Weiss, Fo tende ad un teatro documentario, anche se le sue scrupolose ricerche
vengono poi trasformate in un’espressione decisamente teatrale, grazie all’uso di alcune tecniche tradizionali del teatro
popolare – farsa, slapstick, lazzi.” Cfr: Marvin Carlson, Teorie del Teatro, Bologna, Il Mulino, ’97, p.512.
16
Tra le commedie rappresentate: Il promesso sposo di A.Petito e L’imbroglione onesto di R.Viviani.Le regie sono
rispettivamente di V.Viviani e G.De Martino.Cfr: Sipario, N.250,Febbraio 1967.
17
Cfr : “Sipario” n.251, Marzo 1967, Mario Stefanile, Il 13.
10
movendo gli attori come manichini, in un gioco di continue ironie”.
Il 1967 vede inoltre numerose iniziative promosse dall’ARCI (Associazione Ricreativa Culturale
Italiana) allo scopo di affrontare il problema del teatro a Napoli.
Numerosi sono stati infatti i disagi negli ambienti culturali della città,per l’inesplicabile ritardo del
Consiglio Comunale per la realizzazione dell’Ente Autonomo Teatrale Stabile nella città di Napoli.
Ha riscosso grande successo l’iniziativa, patrocinata dall’ARCI, di lanciare il “Gruppo del Nuovo
Canzoniere”con lo spettacolo Ci ragiono e canto di Dario Fo.
L’anno precedente iniziative come il Living e la compagnia di Carmelo Bene hanno dato la
possibilità di verificare l’interesse al teatro del pubblico napoletano.
Gli sforzi dei giovani gruppi locali:Nuova Cultura, Centro Teatro Esse, CUT, pur nella diversità
delle loro ricerche, hanno contribuito e contribuiranno ancora (come vedremo in seguito) con la loro
opera, a sensibilizzare la città al problema teatro.
18
18
Negli anni ’70 sorgerà anche il Centro Sperimentale di Arte Popolare,diretto da Ettore Massarese e collegato
all’ARCI-Poliedro.I dibattiti, gli incontri,le discussioni vertono su un’ipotesi d’intervento di teatro politico.Cfr:Giulio
Baffi,Il Teatro Sperimentale a Napoli,in Nuovo teatro a Napoli-incontro/situazione 1976,ETI-S.Ferdinando, G.Cilento (
a cura di).
11
Primi fermenti di sperimentazione nel solco della tradizione
Nel corso degli anni Sessanta alcuni teatranti cercano di rinnovare il teatro napoletano percorrendo
due strade: si tratta della via aperta a Napoli dalle prime sperimentazioni dell’avanguardia, con il
gruppo del Teatro Esse, e della via che si cerca di aprire avviando una riflessione sulla tradizione
della drammaturgia napoletana, non più identificata soltanto con la drammaturgia ottocentesca.
E’ questa la strada che Gennaro Magliulo intraprende mettendo in scena alcune commedie del
Settecento, soprattutto quando diventa direttore del teatro Bracco. L’esperienza fu di breve durata,
ma utilissima per proporre in termini diversi il complesso rapporto con la tradizione napoletana
dello spettacolo.
19
Per tutti gli anni’50 e almeno fino agli inizi degli anni’60, il teatro napoletano è
stato infatti stretto dalla morsa del naturalismo e dello scarpettismo, né mai si è cercato di costruire
un rapporto attivo con quella tradizione che va dal ‘600, Commedia dell’Arte, teatro dei Gesuiti,
Saltimbanchi, al ‘700, con la commedia in prosa e la commedia per musica, arrivando fino a Petito
e Viviani. E’ proprio in quest’ambito che acquista particolare rilievo il lavoro svolto da Gennaro
Magliulo, suggerendo così un’alternativa originale ai modi di far teatro imposti dal deteriore
scarpettismo, attraverso cui, il teatro napoletano era divenuto un teatro d’evasione del peggior tipo:
teatro dei buoni sentimenti, del moralismo e della visione piccolo – borghese del mondo.
Dunque la presa di posizione di Magliulo contro questo teatro è netta. Egli infatti contrappone al
teatro d’evasione un teatro inteso come specchio di vita.
Ciò ovviamente andava a scontrarsi, nella Napoli della metà degli anni ’60, con il gusto della platea
e la diffidenza degli impresari
20
.
19
“Nella metà degli anni ’60 nasce anche un professionismo teatrale,un lavoro dell’attore più consapevole,che non è più
soddisfatto di possedere una solida pratica del palcoscenico”.E’ dunque fra gli attori che la crescita quantitativa e
qualitativa,in questo periodo, sembra essere rilevante.Cfr:Vanda Monaco, La contaminazione teatrale,Bologna,Patron
Editore, ’81, p.66.
20
“Il teatro era incapace di qualsiasi rinnovamento, non tanto per incompetenze sul terreno specifico, ma anche ci si
poneva nella linea tradizionale di larga parte degli intellettuali napoletani: sempre cresciuti a ridosso dei vari sistemi di
potere, lontano dalle classi che non lo esprimevano direttamente, gestendolo. La conseguenza di questo orientamento
era, per quanto riguarda il teatro, che il rapporto palcoscenico – platea fosse costruito sempre sul bisogno di
autocontemplazione del pubblico.Da questo punto di vista la funzione che ebbe a Napoli il teatro sperimentale e di
avanguardia negli anni ’60 è stata importantissima proprio perché i gruppi, molti fra di loro, ruppero per alcuni anni con
questo tipo di pratica.”Cfr: ivi, p.33.
12
La situazione era maggiormente complicata dall’esistenza di una critica indifferente,incapace di
cogliere una nuova forma di teatro che pur sembrava voler emergere nell’ambito della stessa
tradizione napoletana dello spettacolo.
A Magliulo sono affidate importanti regie:L’osteria di Marechiaro di Cerlone, La monaca fauza di
Pietro Trinchera, l’Annella di Portacapuana di Davino, egli ha sempre cercato un’immediata
comunicazione emotiva col pubblico, senza per questo offrirgli, necessariamente, luoghi nei quali
immedesimarsi.
Quello della tradizione antica è soprattutto un teatro di parola, ma Magliulo ha cercato di dare molta
importanza anche al gesto, che ha sempre avuto un posto di primo piano nella storia della tradizione
napoletana dello spettacolo.
Fortuna che a fare da spalla a Magliulo vi fu Paolo Ricci, critico de “L’Unità”, attento alle novità
proposte dal teatro napoletano, che gli fece da buon interlocutore, polemizzando con un altro critico
de “Il Mattino”, autorevolissimo, quale Mario Stefanile.
Questi, infatti, nel recensire l’Annella di Portacapuana,non era capace di liberarsi dagli schemi
dello psicologismo, dandone così un’interpretazione che ricerca gli elementi di coesione
esclusivamente nell’intrigo e sul versante psicologico, senza capire, però, che la meccanicità
dell’intrigo non consentiva alcuna lettura psicologica.
Maggiore apertura culturale Stefanile mostrerà più tardi, in occasione della commedia di Pietro
Trinchera, La monaca fauza. Quest’ultima fu una delle regie più difficili di Magliulo, criticata da
destra e da sinistra, naturalmente con prospettive differenti.
Trinchera fu notaio, drammaturgo, impresario, nato a Napoli nel 1702. Fu inviso alla gerarchia
ecclesiastica che, con l’accusa di debiti,lo gettò in carcere dove l’autore morì suicida.
La monaca fauza può perciò essere letta come una posizione di Trinchera contro l’ipocrisia della
gerarchia ecclesiastica.
13
Lo stesso Stefanile ha sottolineato che “Trinchera rappresentava il senso di una società napoletana
che faticosamente tentava di liberarsi da pregiudizi, sorprusi e superstizioni.”
21
Nello stesso articolo però Stefanile elogia Magliulo proprio perché si è tenuto lontano da queste
polemiche presenti nella commedia, e ciò soltanto in nome del gusto.
Non è così invece per Paolo Ricci che accusa Magliulo di aver offerto al pubblico un’atmosfera ed
un ritmo troppo bonari. Lo stesso personaggio di Fesina, la protagonista della commedia, “non è
stato ben caratterizzato dalla Pisano. L’attrice infatti non lascia trasparire gli umori torbidi e cinici
del personaggio…Magliulo da parte sua non ha saputo cogliere la violenza morale di Fesina che, di
certo, supera le angustie del tipo fisso, per diventare elemento motore della situazione”
22
.
Anche Raul Radice su “Il Corriere della Sera”, sottolinea come questo personaggio sia la
personificazione del male, “…aggiungendosi a molti altri, ma la sua consapevolezza anticipa non
pochi personaggi moderni”
23
.
Il limite della regia di Magliulo era forse proprio quello di non aver colto come la coscienza di sé in
quanto male, faceva di Fesina una figura moderna, sia come contenuto, sia come forma del
personaggio teatrale.La messinscena della Monaca fauza contribuì, comunque, ad ampliare il
discorso sul difficile rapporto con la tradizione
24
.
Ma l’esperienza del teatro Bracco fallì a causa della mancanza di finanziamenti da parte delle
istituzioni, ed anche per l’estrema sonnolenza culturale della società civile che lasciò
quell’esperienza del tutto isolata.
Tuttavia nel Gennaio del ’67, proprio in quello stesso teatro, viene rappresentato uno spettacolo
vivianesco, L’imbroglione onesto.
21
Cfr: “Il Mattino”, 1964, 25 Novembre, Mario Stefanile, La monaca fauza.
22
Cfr: “L’Unità”, 1964, 25 Novembre, Paolo Ricci, La monaca fauza inaugura il Bracco.
23
Cfr: “Il Corriere della Sera”, 1964, 26 Novembre, Raul Radice, La monaca fauza al Bracco di Napoli.
24
“Anche il teatro di ricerca, che in quegli anni incominciava a vivere con il Teatro Esse, si porrà questo problema.”Cfr:
Vanda Monaco, La contaminazione teatrale, cit., p.77
14
Uno dei problemi più assillanti delle famiglie napoletane era quello di sistemare i figli, dar loro un
avvenire, farli studiare, procurargli un impiego, sposarli con una ragazza ricca che possa risolvere
tutti i problemi della loro esistenza.
Raffaele Viviani, osservatore implacabile della realtà umana e sociale del suo tempo, non poteva
trascurare tale tema.
L’imbroglione onesto, scritta nel 1932, è appunto una commedia del ciclo familiare e Raffaele
Conti, il protagonista, è appunto un imbroglione che imbroglia la gente al solo scopo di mandare
avanti negli studi il suo figliolo e dargli una buona sistemazione.
Il pregio di questa commedia è quello di narrare una storia sotto molti aspetti comune, dandole un
valore ed un significato emblematici. E’ del resto proprio questo il fascino e l’attualità del teatro
vivianesco.
“Raffaele è un personaggio che si incontra molto spesso nella vita napoletana ed il suo antagonista,
don Gaetano Botticella, con la sua natura bigotta, i pregiudizi, i pruriti moralistici, è il tipico
esemplare del borghese provinciale, dell’industriale legato ad una concezione artigianale del lavoro,
privo di idee e di iniziative moderne.
Giuseppe De Martino, il regista, ha impostato la rappresentazione su toni semplici, discorsivi, che
valorizzano il significato del bel testo.
Interprete bravissimo è Gennaro Di Napoli, che senza tentare di imitare la recitazione di Viviani, ha
dato misura eccellente e credibile al suo personaggio”
25
.
Prima di affrontare l’altra figura di drammaturgo di origini napoletane, come Giuseppe Patroni
Griffi che, con le sue commedie brillanti e soprattutto con la riscoperta di Viviani, ha dato una
svolta non solo al teatro partenopeo, ma anche a quello italiano, sembra doveroso soffermarsi su
due rappresentazioni in particolare, che hanno contribuito all’emergere di una “nuova scena
teatrale”a Napoli: L’Arlecchino di G. Strehler e L’Istruttoria di P. Weiss.
25
Cfr: “L’Unità”, N.9,1967, 10 Gennaio, Paolo Ricci, L’imbroglione onesto al Bracco.
15
L’Arlecchino servitore di due padroni si inserisce nella più alta tradizione del teatro moderno
europeo ed è certamente l’evento teatrale del dopoguerra che più ha inciso sui modi e sul linguaggio
dell’arte scenica contemporanea.“Il celebre spettacolo goldoniano”, rappresentato al Politeama nel
Marzo del ’67, “oltre che recuperare i valori popolari del testo di Goldoni, che sembrava confinato
ai margini di un certo folclore manierato ed accademico, ha impostato in modo geniale il problema
della lettura attuale della Commedia dell’Arte, liberandola dalle graziosità pittoresche che ne
avevano snaturato la natura espressiva ed il contenuto”
26
. Giorgio Strehler lanciava una specie di
manifesto artistico: indicava nei valori del teatro goldoniano i punti di forza sui quali puntare per
un’interpretazione attuale e storica di quei testi.
27
Ad affascinare di più in questo spettacolo è la sua estrema teatralità. “Le due storie parallele che
nelle vecchie interpretazioni risultano divise, apparendo le maschere un’interpolazione artificiale
allo svolgimento della trama, imperniata sui personaggi seri, qui si fondono e si illuminano
reciprocamente, pur conservando quell’astratto gioco istrionico che conferisce all’Arlecchino quel
sapore imprevedibile di balletto.”
28
E del balletto lo spettacolo conserva il ritmo e la musicalità, in
un’armonica compenetrazione dei suoi piani espressivi.
Questa nuova edizione dell’Arlecchino continua ad avere un valore educativo e liberatorio per le
nuove generazioni di attori e registi italiani.
Il successo dello spettacolo dimostra che, attraverso il gioco felice e gratuito dei movimenti
spettacolari, si esprime una vitalità schietta ed una profonda e diretta comunicabilità.
29
Al teatro Mediterraneo andò in scena L’Istruttoria di Peter Weiss, nell’Aprile del 1967.
26
Cfr: “L’Unità”, 1967, 5 Marzo, Paolo Ricci, L’Arlecchino Servitore di due Padroni.
27
“Lo spettacolo fu firmato negli anni immediatamente successivi alla Liberazione ed il Piccolo di Milano nacque
proprio dall’esigenza di ridare al teatro la sua più alta tradizione educativa e democratica e l’Arlecchino fu il primo
felice esempio di un modo nuovo di fare teatro, ridando al teatro quei mezzi di espressione freschi ed incisivi che la
tradizione accademica ed aristocratica del teatro borghese e capocomicale avevano alienato.” Cfr: ivi.
28
Cfr: ivi.
29
“L’Arlecchino di Ferruccio Soleri (l’attore)….è un qualcosa di mezzo tra il plebeo furbo e spregiudicato e la bestiola
che salta e si contorce con elasticità belluina.Ma la forza dello spettacolo è tutta nella coralità dell’interpretazione e
nella fusione dei suoi elementi.” Cfr: ivi.