8
Introduzione
Il 1° gennaio 1986 la Spagna entrò a far parte della Comunità
Economica Europea dopo un periodo di transizione che aveva
segnato il passaggio dalla dittatura alla democrazia e quindi,
dopo alcuni anni, all’adesione tanto desiderata.
Il lavoro inizia con una parte introduttiva che descrive
sinteticamente il periodo di transizione dal periodo franchista
all’ingresso nella CEE.
Durante il regime di Francisco Franco i Pirenei, barriera
geografica che separa la Spagna dal resto del continente,
assunsero il ruolo di frontiera politica per separare il paese dal
resto dell’Europa.
I contatti che ebbe il regime con gli altri stati europei si
limitarono a quelli con la Germania di Adolf Hitler e l’Italia di
Benito Mussolini durante la seconda guerra mondiale e negli anni
di poco precedenti.
La fine della guerra portò la maggior parte dei paesi che
l’avevano combattuta alla ricerca di un accordo per evitare il
ripetersi di un evento simile e per collaborare a livello sia politico
sia economico.
Inoltre i paesi con i quali la Spagna aveva intrecciato alleanze,
usciti sconfitti, si erano resi protagonisti nel giro di pochi anni del
progetto di unificazione dell’Europa.
Tra quelli che vengono considerati i padri fondatori dell’Europa
unita troviamo uomini del calibro di Altiero Spinelli e Alcide de
9
Gasperi in Italia, e di Konrad Adenauer nella Repubblica Federale
Tedesca.
Tale idea diede impulso alla creazione della Comunità Europea
del Carbone e dell’Acciaio (CECA)
1
della Comunità economica
europea (CEE), e la Comunità Europea dell’Energia Atomica
(CEEA, meglio conosciuta come Euratom), successivamente
integrate nella Comunità Europea (CE).
La Spagna continuò invece a lungo la sua politica di
isolazionismo e la sue mire autoctone.
Il timido avvicinamento del “caudillo” Francisco Franco
all’Europa sarebbe sfociato solo in un accordo preferenziale
2
,
mentre dopo la sua morte, avvenuta il 20 novembre 1975 iniziò il
processo democratico, che viene affrontato nel primo capitolo,
sfociato nell’adesione del 1986.
L’Europa quindi, e più precisamente le Comunità Europee,
furono un elemento importante della politica spagnola interna ed
estera, fino alla sua adesione e poi anche negli anni a seguire.
Il secondo capitolo del lavoro parte dall’adesione alla Cee del
1986, data a partire dalla quale la Spagna ha sempre cercato un
ruolo da protagonista in Europa che la togliesse dall’isolamento in
cui aveva vissuto per anni.
I tre semestri di presidenza europea dimostrarono la capacità
del paese di ritagliarsi un ruolo importante all’interno del
continente e delle sue istituzioni, specialmente il primo, nel 1989,
a soli tre anni dall’adesione.
1
Creata nel 1952.
2
Cfr. appendice documentale.
10
Il ruolo attivo del paese viene descritto attraverso l’analisi delle
tre presidenze spagnole e dei protagonisti che portarono la
Spagna ad una notevole crescita di importanza nel contesto
europeo.
Nel terzo capitolo affronto l’importante argomento dei fondi
comunitari, essenziali nella prima parte del processo integrativo
della Spagna, che caratterizzeranno l’atteggiamento del paese
verso l’allargamento ad Est.
Il rischio di una nuova destinzione di tali fondi a Stati con un
PIL inferiore, in pratica tutti i candidati orientali all’adesione, mise
in molti casi un freno alla politica estera spagnola, generalmente
promotrice dell’allargamento.
Le relazioni con la Francia paese limitrofo e ostile nel periodo
franchista, sono affrontate nel quarto capitolo della mia tesi, nel
quale descrivo come l’evoluzione dei rapporti tra i due paesi
abbia portato ad una situazione di stretta alleanza dopo anni di
divergenze.
. Il quinto capitolo è dedicato totalmente al personaggio di
Javier Solana, Mr.Pesc, probabilmente il rappresentante
spagnolo più conosciuto e apprezzato a livello europeo ed
internazionale.
La seconda parte del lavoro descrive il lavoro diplomatico che
la Spagna svolse negli anni per favorire, senza soffrire
conseguenze economiche gravi, l’allargamento ad Est
dell’Unione.
La storia del paese, reduce da una dittatura, e della sua
transizione alla democrazia diventò negli anni l’esempio da
seguire per gli Stati dell’Europa centro-orientale che, usciti dal
11
regime comunista, vedevano nella Spagna un modello per la loro
possibile adesione nella Comunità Europea.
In tale frangente la Spagna si trovò a dover affrontare, spesso
da sola, gli altri Stati membri, in quanto paese che più rischiava di
soffrire della ripartizione dei fondi di aiuto economico previsti per
l’integrazione degli Stati più poveri nelle istituzioni europee.
Allo stesso tempo il suo ruolo di “modello” la obbligò a
intessere strette relazioni con i paesi candidati, le cui richieste di
aiuto non potevano essere ignorate.
Il difficile compito delle istituzioni spagnole fu quello di riuscire
a creare un equilibrio tra quello che era il ruolo di punto di
riferimento per l’integrazione dei paesi dell’Est e quelle che erano
le sue necessità economiche relative ai fondi comunitari.
Dal sesto capitolo in poi verrà descritto il lavoro della
diplomazia spagnola con ciascun paese candidato alle adesioni
del 2004
3
e del 2007.
4
.
La bibliografia in merito è piuttosto scarsa, quindi ho dovuto
necessariamente supplire a tale mancanza attingendo ad articoli
tratti dalle maggiori testate giornalistiche spagnole e ai loro siti
telematici, a ricerche svolte da politologi e pubblicate nei siti
internet delle più importanti Università spagnole e nelle pagine
web dei Ministeri di Spagna.
Per la mia ricerca, stimolata dal ricordo del periodo trascorso
ad Alicante grazie al progetto ERASMUS, mi sono avvalso delle
nozioni acquisite da tale periodo di studio.
3
Slovenia, Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia.
4
Romania e Bulgaria.
12
Il successivo tirocinio lavorativo di tre mesi presso il Vice
Consolato Italiano ad Alicante, mi ha fatto conoscere ed
apprezzare la Spagna e le sue istituzioni politiche ed
amministrative, con le quali mi sono trovato a lavorare in stretto
contatto.
Grazie alla conoscenza della lingua castigliana imparata nel
periodo in cui ho vissuto in Spagna, ho potuto basare quasi tutto
il lavoro su testi in lingua originale da me tradotti.
13
CAPITOLO 1
LA SPAGNA DEMOCRATICA
E LA POLITICA INTERNA.
1.1 Dalla morte di Franco alla transizione
democratica.
Il 20 novembre 1975 moriva il dittatore Francisco Franco, alla
guida del paese sin dal 1939.
Il 27 al potere saliva il principe Juan Carlos
5
che, in virtù del
dispositivo previsto tempo prima da Franco e inserito nelle leggi
fondamentali, fu incoronato re di Spagna col sostegno della
maggioranza degli spagnoli.
In realtà il generale aveva già ceduto l’interim delle sue
funzioni al principe Juan Carlos il 19 luglio 1974, dopo che la
sua salute era peggiorata notevolmente.
Il nuovo re agì con abile moderazione nello smantellamento
del regime totalitario, con la collaborazione dapprima di Carlos
Arias Navarro
6
e, dal luglio 1976, dell’ex funzionario
franchista Adolfo Suárez
7
.
5
Nato a Roma il 5 gennaio 1938 , a seguito di precisi accordi presi tra il padre Juan, Conte di
Barcellona, e il Generale Franco, fu trasferito a Madrid. Fu designato erede della corona dallo
stesso Franco nel 1969, ma il generale si autoproclamò reggente, carica che ricoprì fino al
momento del peggioramento delle sue condizioni di salute che lo portò a spegnersi il 20
novembre 1975.
6
Nato a Madrid l’11 dicembre 1908 fu sindaco della capitale e poi presidente del Governo
durante il periodo successivo all’assassinio di Carrero Blanco.
14
L’obiettivo primario era quello di garantire una transizione
morbida alla democrazia, limitando i possibili disagi per la
popolazione e per l’economia del paese.
Forti di un primo incoraggiante risultato sancito dal
referendum popolare del dicembre 1976, nel giugno 1977 il re
e Suárez portarono alle prime libere elezioni tenute nel paese
da 41 anni, nelle quali la coalizione centrista dello stesso
Suárez raggiunse la maggioranza relativa.
8
Ciò consentì in Spagna l’avvio di una serie di riforme in senso
democratico
9
che portarono il paese ad avvicinarsi al modello
degli altri stati europei e alla possibilità di entrare a far parte
delle Comunità europee in un tempo ragionevole.
Le elezioni del 1977 permisero il rientro in patria a Dolores
Ibarruri e a Santiago Carrillo, con la conseguente legittimazione
del partito comunista, che aveva dimostrato di essere la più
importante centrale clandestina all'opposizione.
10
Nel corso degli anni Sessanta furono proprio i comunisti a
realizzare un mirabile lavoro di infiltrazione nel sindacato
"verticale" del regime, minandone le basi stesse.
Eppure la fazione più radicale del partito non seppe e non
volle approvare la formula dell'eurocomunismo lanciata da
Carrillo, associabile alla svolta italiana di Enrico Berlinguer: con
le elezioni del 1977 e le successive del 1979 arrivarono risultati
7
Nato a Cerberos il 25 settembre 1932 fu segretario della Falange e leader dell'Ucd
(Unione del Centro Democratico), un partito consociativo che comprendeva al suo interno
14 piccoli partiti e che vantava collegamenti coi settori tradizionali degli apparati statali.
8
Jaime Vicens Vives, Profilo della storia di Spagna, Einaudi, Torino 2003 pp. 115-150.
9
Tra le riforme: amnistia per i reati politici, soppressione del Tribunale dell’ordine pubblico e del
sindacato unico, chiusura della segreteria generale del Movimento Nazionale, legalizzazione
dei partiti, riconoscimento dei sindacati dei lavoratori, libertà di stampa e associazione,
autonomie regionali per Paesi Baschi, Galizia e Andalusia.
10
R.Carr, J.P. Fusi, La Spagna da Franco a oggi, Laterza, Bari 1981, pp. 80-122.
15
scarsi che ne causarono l’uscita dal partito e l’ingresso nelle file
dei socialisti.
11
L’avvenimento più importante che ebbe luogo sotto il governo
Ucd fu l'approvazione nel 1978 di una nuova Costituzione.
Il testo, la cui procedura di revisione fu molto rigida,
prevedeva che gli atti del re fossero soggetti a controfirma
ministeriale e che il re avesse facoltà di proporre un premier,
ma senza discostarsi dalle indicazioni dei partiti.
Il presidente del Consiglio avrebbe avuto un potere vincolato
di scegliere e revocare i ministri così come di sciogliere le
Camere.
12
Con la nuova Costituzione la Spagna non si presentava
come uno Stato federale, ma concedeva ampie autonomie alle
regioni, venendo incontro a richieste portate avanti dalla
Catalogna e dai Paesi Baschi sin dal XIX secolo.
Il Senato non venne concepito come espressione delle
autonomie regionali, ma con competenze più che altro
consultive tra cui quella di presentare emendamenti che la
Camera avrebbe potuto anche ignorare;non era invece
consentita al Senato alcuna autonoma iniziativa legislativa.
La legge elettorale fu decisa su un calcolo proporzionale con
premio di maggioranza che prevedeva lo sbarramento del 3%.
Il sistema politico tendeva così al bipolarismo e la speranza
era quella di garantire una certa stabilità di governo.
13
Suárez venne riconfermato nelle elezioni del 1979, ma
dovette dare le dimissioni agli inizi del 1981, pressato dalle
11
Ibidem.
12
Potere concesso anche al re, per entrambi col vincolo di fiducia delle Cortes.
13
R. L. Blanco Valdés, Introduzione alla Costituzione spagnola del 1978, Giappichelli, Torino
1999, pp.22-142.
16
forze armate e dalle tensioni interne all'Ucd; la scelta del nuovo
governo fu affidata a Leopoldo Calvo Sotelo, in una delle
situazioni più critiche per l’evoluzione della giovane democrazia
spagnola.
Nel febbraio 1981 vi fu infatti un tentativo di colpo di stato
messo in atto dal tenente colonnello della Guardia Civile,
Antonio Tejero, che, alla testa di un gruppo di rivoltosi, invase il
parlamento, non trovando però nella monarchia alcun
appoggio.
14
Le forze armate si dichiararono fedeli al re, che in quel
momento ebbe l'appoggio incondizionato di tutte le forze
politiche.
Questo atto estremo ebbe come esito un rafforzamento della
democrazia e Calvo Sotelo ottenne la fiducia delle Cortes per la
formazione di un nuovo governo: poco più tardi si rivelò tuttavia
incapace di fronteggiare da una parte l'ingerenza politica delle
forze armate, dall'altra l’accentuazione dell'offensiva
autonomistica dei Paesi Baschi.
15
L'Ucd, presentatasi senza ideologia né organizzazione e
divisa al suo interno, fu infatti nettamente sconfitta alle elezioni
del 1982 dal Partito socialista di Felipe González, nuovo primo
ministro di una compagine statale basata sul bipartitismo della
sinistra socialista con maggioranza assoluta al potere (10
milioni di voti), e la destra di Alleanza Popolare all'opposizione,
col 25% dei voti.
16
14
G. Hermet, Storia della Spagna nel Novecento, Il Mulino, Bologna 1999, pp. 112-266.
15
C.Adagio, A.Botti, Storia della Spagna democratica, Bruno Mondadori Editori, Milano 2006,
pp.122-125.
16
Storia della Spagna, in www.homolaicus.com del 12 febbraio 2008.
17
L'Ucd nell'arco di cinque anni era passata dal 35% dei voti
nel 1977 al 6,2% nel 1982, fino a scomparire del tutto l'anno
successivo.
La sua eredità sarebbe passata molti anni dopo al Partito
Popolare di José María Aznar, risorto sulle ceneri dell'Alleanza
Popolare di Manuel Fraga Iribarne, compromessa dalle
relazioni col regime franchista.
González era diventato segretario del Psoe nel 1974, ma
faceva parte dei vertici del partito già dal 1972, impegnato nel
tentativo di rigenerarlo e condurne la direzione dall’esilio
all’interno del paese, sfruttando varie opportunità.
Così si schierò a favore delle lotte sindacali degli anni
Settanta, dell'idea di voler ridurre l’influenza degli americani in
Spagna, di ridare voce alle autonomie regionali, di smantellare
le grandi industrie statali sorte con la dittatura; inoltre, nel 1975
a Madrid cominciò a tessere stretti legami tra il suo partito e gli
esponenti economici e politici dell’antifranchismo.
17
Nel 1982 la Spagna entrò ufficialmente nella Nato per
iniziativa dell'Ucd, ma dopo il cambio di guardia al governo i
socialisti decisero di sottoporre la questione al giudizio degli
elettori, che al 53% diedero comunque parere favorevole.
Successivamente la Spagna di González iniziò una corsa
frenetica verso la convergenza agli standard europei del
capitalismo avanzato.
I tassi di crescita dal 1982 al 1985 superarono il 5,6%, anche
se i disoccupati erano ancora più di 2,5 milioni; il PSOE si
17
A.Mateos, El PSOE contra Franco. Continuidad y renovación del socialismo español, Editorial
Pablo Iglesias, Madrid 1993 pp.22-46.
18
rivolse direttamente agli operai per chiedere sacrifici e alla
classe media urbana per spingerla a trasformare il paese in una
nazione commerciale e industriale.
Nel frattempo riuscì ad ottenere un sistema previdenziale
unificato e un'organizzazione scolastica resa pubblica
sottraendola ai privati e alla chiesa.
Nonostante la riduzione dei consensi, conseguenza di
impopolari scelte di politica economica e della frattura avvenuta
nel 1987 fra il Psoe e l’Ugt,
18
utilizzando anche lo scioglimento
anticipato delle Camere.
González seppe mantenersi al potere e assicurare così
stabilità di governo al paese anche nella seconda metà del
decennio.
19
Egli era al tempo stesso segretario socialista, capogruppo
parlamentare e capo del governo e, confidando nel proprio
carisma, riuscì a far convergere tutto quanto la sinistra voleva
sentire e tutto quanto la destra moderna pretendeva
20
ma
perdette gradualmente credibilità.
18
Unión general de trabajadores, sindacato socialista molto influente negli anni Ottanta in
Spagna.
19
R.Carr, J.P. Fusi, La Spagna da Franco a oggi, Laterza, Bari 1981, pp.38-49.
20
Op.Cit., pp.64-78.