5L’odierna immigrazione è caratterizzata, per la maggior parte, da flussi
di cittadini che provengono non da Stati aventi civiltà comune (caratteristica,
questa, tipica ad esempio del fenomeno migratorio endoeuropeo), bensì da
Paesi in cui è regola e non eccezione la diversità di molti dei principi su cui si
fonda l’ordinamento statuale e cui si ispira la coscienza nazionale
2
.
I tanti stranieri che trovano ospitalità nel territorio della nostra
Repubblica, diversi per razza, lingua, religione e cultura, si trovano, tuttavia,
idealmente uniti nel concetto di famiglia, che, seppure regolamentata sin dal
suo nascere in tanti modi, tra loro differenti, quanti sono gli Stati di
appartenenza dei cittadini immigrati, rimane intimamente identica al suo
archetipo: genitori e figli.
Anche se si deve ammettere che si riscontrano, da un Paese all’altro,
notevoli diversità in ordine alla regolamentazione dei rapporti tra padre, madre
e prole, rimane comunque, vero che quest’ ultima è considerata, ovunque, il
soggetto debole della famiglia e, come tale, meritevole di una particolare ed
adeguata protezione
3
.
Ciò che con certezza possiamo affermare è che le coppie miste sono
sempre esistite, come conseguenza degli spostamenti di popolazione che hanno
caratterizzato la storia dell’uomo fin dalle origini
4
.
Anche oggi le migrazioni internazionali, che evidenziano movimenti
dal sud al nord e dall’est all’ovest del mondo, stanno determinando un
"rimescolamento della popolazione
5
su scala mondiale e il costituirsi di
"formazioni sociali multirazziali, multietniche, multiculturali,
multilinguistiche, multireligiose.
“Coppia mista" quindi come unione di individui appartenenti a nazioni,
etnie o culture, razze, religioni diverse.
In previsione di un ulteriore incremento delle unioni miste e delle
conseguenti, possibili, loro rotture, appare evidente la necessità di predisporre
gli strumenti adatti a garantire il diritto dei figli, sancito dalla convenzione
2
GARATTO, Il futuro dei bambini figli di extracomunitari, in Minorigiustizia, 1994, n. 4, 73
3
SALZANO, La sottrazione internazionale di minori; analisi e prevenzione, in Dir. fam.,
2001, I, 721
4
FAMOSO N., Movimenti migratori, diversità e convivenza, in BRUSA C. (a cura di),
Immigrazioni e multicultura nell’Italia di oggi. Il territorio, i problemi, la didattica, Milano,
1997
5
MELOTTI U., L’immigrazione: una sfida per l’Europa, Ascoli Piceno, 1992
6newyorkese sui diritti del fanciullo, a relazionarsi con entrambi i genitori,
anche se essi vivono separati e risiedono in Stati differenti.
In altre parole, il compito tipicamente statuale di tutela dei propri
cittadini - in particolare quelli di minore di età - deve assumere, con riferimento
al problema esaminato, la forma della prevenzione degli effetti indesiderati che
possono conseguire al radicamento dello straniero nella società; tra di essi, uno
dei più odiosi è il trattamento riservato ai figli nati da coppie binazionali, che,
all’atto della dissoluzione del vincolo coniugale o paraconiugale, sono spesso
trasferiti nel Paese di origine del genitore straniero e sono così privati, di fatto,
di ogni contatto con l’altro genitore.
La stretta correlazione che incorre tra il fenomeno immigratorio e
quello della sottrazione internazionale di minori, deve indurre ad appuntare
l’attenzione su quei cittadini migranti da Paesi estranei alle Convenzioni
internazionali di salvaguardia dei diritti minorili. Infatti se è vero che il sistema
convenzionale è ben lungi dall’offrire effettiva tutela agli interessi protetti, è
anche vero che, quando il rapitore è cittadino di uno Stato terzo, è pressocché
impossibile raggiungere una positiva soluzione del contenzioso che la
sottrazione comporta.
Il territorio del nostro Paese, proteso nel Mediterraneo, costituisce
l’approdo ideale per coloro che coltivano il progetto di stabilirsi nell’area
dell’Europa industrializzata.
Il Mediterraneo, per di più, è sempre stato il crogiolo e il punto di
incontro di grandi civiltà, soprattutto delle tre grandi religioni monoteiste, che
si richiamano ad un unico Libro.
Il consistente flusso migratorio dell’ area del Maghreb - ove la politica
di controllo demografico può dirsi ampiamente fallita - ha considerevolmente
accresciuto la presenza islamica in Italia; oggi la confessione musulmana è
seconda solo a quella cattolica ed il suo rapido incremento ha
proporzionalmente accelerato la maturazione dei tempi per la elaborazione, tra
la Repubblica italiana e la Comunità islamica in Italia, di un accordo, la cui
problematicità, tuttavia, appare evidente.
L’enorme diversità di impostazione dei rapporti sociali, etici e giuridici
che si ravvisa tra i Paesi islamici e quelli europei, caratterizzati dalla cosiddetta
7“democrazia stabilizzata”, fa apparire persino tardivo un confronto, che,
tuttavia, ancora deve essere promosso a livello di massa.
È sufficiente pensare al fatto che norme giuridiche in senso stretto,
norme di culto e leggi politiche sono tutte ricomprese nella Shari’a, la legge
sacra, così da rendere l’Islam una vera e propria civiltà, nella quale religione,
diritto e politica sono intimamente ed intensamente connessi tra loro.
Si pensi alle difficoltà che si possono incontrare ogni volta che la
sottrazione internazionale del figlio intervenga quale aspetto esasperato della
patologia familiare tra coniugi appartenenti, in origine, a differenti fedi
religiose.
Nel diritto islamico il padre è l’unico, tra i genitori, titolare di un potere
sulla prole, assai più intenso della potestà prevista nei sistemi occidentali; egli
ha diritto di dirigere l’educazione dei figli, potendo ricorrere anche a mezzi di
correzione, di stipulare matrimonio per conto di essi, fino a che non
raggiungano la pubertà; al tempo stesso, ha il dovere di mantenimento.
Alla madre è riconosciuto il diritto di hadana, che si estrinseca nel
diritto di custodire la prole tenendola presso di sé, avendo, tuttavia, l’obbligo di
rispettare le linee - guida educative disegnate dal padre.
La diversa modalità di disciplinare i rapporti tra genitori e figli sembra
essere uno dei principali fattori che ha frenato la ratifica delle più significative
convenzioni a tutela della minore età da parte dei Paesi di fede musulmana; con
la conseguente impossibilità di operare per via convenzionale ogni qualvolta si
presenti una lesione dei diritti dei minori nelle controversie tra cittadini
islamici e non islamici.
Alla diversità di cultura, fede religiosa, tradizioni, costumi ed usi, fattori
che solitamente sono alla base della disgregazione delle coppie miste, sovente
si aggiunge, quale ulteriore elemento di grave disturbo per una efficace tutela
dell’interesse minorile, la diversità delle legislazioni nazionali in materia
familiare (che di fatto contribuisce ad avvallare comportamenti eterodossi),
frutto di una completa assenza di volontà politica di armonizzazione della
normativa.
Ma è giusto ricordare che queste regole matrimoniali non sono statiche:
i cambiamenti socio-culturali portano nuovi bisogni e comportamenti, e il
matrimonio, come ogni altra istituzione sociale, ne risulta profondamente
8modificato. L’identità personale, culturale e sociale, le strutture sociali e i
valori possono modificarsi in maniera considerevole nel tempo; così, anche le
pratiche e le norme che riguardano il matrimonio a loro volta possono mutare
in modo che, ciò che ieri era l’eccezione è oggi considerata la regola. E in tal
senso è sicuramente possibile riconoscere il matrimonio misto come forte
fattore di cambiamento.
Pertanto, il costituirsi di coppie miste in una società è da leggere come
sintomo dell’affermarsi di nuove regole matrimoniali
6
.
Per quanto riguarda, invece, la situazione nell’ Unione Europea, la
soppressione dei controlli alle frontiere interne dell’Unione è un fattore che,
certamente, non svolge un ruolo di dissuasione al trasferimento illecito dei figli
minori oltre i confini dello Stato di appartenenza o di residenza; è impellente la
necessità di conformare l’attuale legislazione comunitaria in materia di libera
circolazione dei cittadini ad un modello che contrasti il fenomeno delle
sottrazioni; ed in particolare è opportuno intensificare i lavori per l’adozione,
anche a livello nazionale, di misure concrete e funzionali all’attenuazione degli
effetti indesiderati conseguenti all’abbattimento delle frontiere.
Occorre, inoltre, dare impulso al processo di adesione, da parte di tutti
gli Stati membri, alla Convenzione per l’applicazione dell’Accordo di
Schengen
7
, che prevede alcuni validi strumenti per reprimere comportamenti
che, nella sostanza, si configurano come veri e propri reati.
La settorialità della struttura comunitaria, nata con lo scopo essenziale e
primario di creare un mercato comune e di ravvicinare le sole politiche
economiche degli Stati membri, costituisce la causa fondamentale della
mancata armonizzazione delle legislazioni statali che regolano la famiglia ed i
diritti dei minori.
Lo stesso principio della libera circolazione delle persone nell’ambito
dell’Unione è stato introdotto per consentire l’esplicazione di attività lavorative
in condizione di parità di diritti con i cittadini dello Stato ospite; l’impostazione
in chiave squisitamente economica dello spostamento delle persone ha, in
6
TOGNETTI BORDOGNA, Legami familiari e immigrazione: i matrimoni misti, Torino,
1996
7
Le fonti normative di riferimento in materia sono, in ambito Schengen, l’ accordo di
Schengen del 14 giugno 1985 tra Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi; la
convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen del 19 giugno 1990; gli accordi di
adesione dell'Italia, firmati a Parigi il 27.11.1990; la legge di ratifica ed esecuzione n. 388 del
30 settembre 1993 (S.o. G.U. n. 232 del 2 ottobre 1993).
9parte, favorito la frammentazione dei loro nuclei familiari originali e, di certo,
non ha agevolato la stabilità delle nuove famiglie binazionali, che,
inevitabilmente, si sono formate in numero direttamente proporzionale
all’incremento della circolazione dei cittadini.
In altre parole, per lunghissimo tempo, si è semplicemente omesso
considerare che la famiglia, in quanto centro di formazione dell’individuo, è
parte fondamentale di qualsiasi organismo sociale e ne condiziona lo sviluppo;
e che, di conseguenza, le mutazioni indotte in un definito ambito economico
internazionale non possono prescindere da una parallela armonizzazione delle
legislazioni dei Paesi che di tale ambito fanno parte
8
.
Partendo dunque dal dato di fatto che una integrazione legislativa in
materia di diritto di famiglia è ancora lontana e difficilmente raggiungibile non
potendosi pretendere che gli Stati rinuncino alle proprie più radicate tradizioni
per modificare istituti che sentono propri ed inalienabili, la funzione della
cooperazione internazionale oggi sembra innanzitutto quella di scambiarsi
informazioni fra Stati, in particolare sulle diverse legislazioni nei rispettivi
Paesi, allo scopo di rendere accessibile a chi ne ha diritto gli strumenti che
sulla carta esistono.
Di recente si è acquisita però pienamente la consapevolezza che una
effettiva Unione europea si può realizzare solo attraverso una integrazione e
una cooperazione in tutti i campi, compreso il diritto di famiglia, e ciò anche al
fine di realizzare una effettiva integrazione economica.
Nel 2000 il Consiglio dell’Unione Europea ha finalmente adottato il
regolamento relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle
decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli
comuni
9
.
Il Consiglio ha considerato che il buon funzionamento del mercato
interno presuppone il miglioramento e la accelerazione delle decisioni
giudiziarie in materia civile, e, pertanto, è parso opportuno unificare le norme
sui conflitti di competenza nelle cause matrimoniali ed in quelle relative alla
disciplina della potestà. Di queste considerazioni si è fatto carico la
8
SALZANO, La sottrazione internazionale di minori; analisi e prevenzione, cit., 723
9
Abrogato dal Regolamento comunitario 2201 / 2003 (Bruxelles II bis).
10
Commissione europea che il 29 ottobre 2004 è giunta alla firma della
Costituzione europea, che dovrà, poi, essere ratificata dai 25 Stati membri
10
.
Dalla lettura del testo della Costituzione appare il definitivo
superamento della concezione iniziale della Unione europea, attenta solo ad
una integrazione economica e a far valere il principio di libera circolazione
delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali.
Inoltre ci si è resi conto della necessaria interdipendenza tra l’aspetto
economico dell’ Unione e il diritto di famiglia.
In effetti il principio di libera circolazione delle persone (e con le
persone spesso si spostano i capitali) sarebbe grandemente compromesso
qualora un soggetto, nello spostarsi in un altro Paese, non vedesse riconosciute
le decisioni che lo riguardano o riguardano i suoi prossimi congiunti in materia
di diritto di famiglia.
Nonostante i progressi attuati a livello comunitario, si deve constatare
però che la gran parte degli Stati membri dimostra una accentuata esitazione a
dar corso al procedimento di adattamento delle norme nazionali, relative alla
famiglia ed ai minori, a quelle internazionali.
Il Parlamento europeo si è occupato ripetutamente del fenomeno,
auspicando la massima cooperazione tra gli Stati membri dell’Unione e
sollecitando la creazione di legislazioni omogenee in materia di famiglia, ma
appare evidente che i tempi per l’attuazione di modifiche sostanziali tali da
rendere uniformi, almeno negli elementi costitutivi, le leggi degli Stati membri,
sono necessariamente proporzionali al grave ritardo con il quale sono state
affrontate le relative problematiche.
Inoltre, non pare percorribile la strada della riforma della materia
familiare e minorile qualora essa non risponda ad un sentimento diffuso e
condiviso della popolazione; da qui discende la necessità che gli Stati e gli enti
territoriali si adoperino in un’opera costante ed assidua di educazione alla
comprensione ed al rispetto delle diversità etniche e culturali.
Una politica dell’immigrazione lungimirante ed, in quanto tale, non
impegnata, pressoché unicamente e costantemente, ad affrontare circostanze
10
Il punto della situazione è, al momento, il seguente: la Costituzione per l’ Europa è già stata
ratificata da 15 Stati membri: Austria, Belgio, Cipro, Estonia, Germania, Grecia, Ungheria,
Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Slovacchia, Slovenia, Spagna. Nei referendum
in Francia e nei Paesi Bassi la maggioranza degli elettori ha votato “no” al testo della
Costituzione.
11
del tutto prevedibili, stante l’attualità del fenomeno, o ad arginare momenti
critici per la sicurezza pubblica, può trarre ispirazione dalle ormai numerose
convenzioni internazionali poste a salvaguardia della famiglia e principalmente
della prole, per elaborare un criterio del Paese sicuro che preveda, tra l’altro, la
condizione di reciprocità nel trattamento dei minori.
Non si può fondatamente sperare che la regolamentazione di un
fenomeno di portata talmente vasta da interessare centinaia di milioni di
persone, possa prescindere dalla considerazione della questione minorile.
Eppure, a quanto risulta, nessuno dei trattati dell’Unione, né le
legislazioni nazionali degli Stati aderenti all’UE prevedono che l’ingresso e,
soprattutto, il soggiorno stabile del cittadino non appartenente all’Unione siano
condizionati alla avvenuta ratifica, da parte dei Paesi cui gli immigrati
appartengono, dei principali accordi internazionali a tutela della minore età.
Nell’ambito della generale tendenza al coordinamento della politica
sull’immigrazione e di quella a tutela dell’infanzia - testimoniata, quanto a
quest’ ultima, dalla convenzione O.N.U. sui diritti del fanciullo - lo Stato ha il
dovere di attuare i trattati già ratificati, di accelerare il processo di ratifica di
quelli sottoposti alla sua firma, di rendersi promotore dell’attuazione e ratifica
delle medesime convenzioni da parte dei Paesi da cui provengono gli
immigrati.
Ciò, oltre a rispondere a precisi obblighi già assunti in sede
internazionale, contribuirà a facilitare il processo di integrazione dello
straniero, che sarà meno estraneo alla collettività in cui è inserito, se si avrà la
consapevolezza e la garanzia del corrispondente rispetto, anche nel Paese cui
egli appartiene, dei diritti dei figli nati dalla sua unione con un cittadino dello
Stato ospite.
Non da ultimo, si deve osservare che la politica di promozione della
adesione ai trattati internazionali rientra certamente nella sfera di interesse
degli Stati che già li hanno ratificati, essendo pacifico che maggiore è il
numero di Paesi aderenti, e proporzionalmente minore è il rischio di
incomprensioni tra Stati.
Appare sufficientemente motivata la necessità di responsabilizzare
quanti si accingono ad unirsi, o si sono uniti stabilmente con cittadini stranieri.
12
Finalmente è previsto per legge il dovere di fornire ogni ragguaglio
utile, per una reciproca e piena comprensione tra italiani e stranieri, circa le
diversità sussistenti tra istituti apparentemente simili, ma che, in realtà,
possono essere regolamentati in modo sostanzialmente differente dai vari
ordinamenti.
Occorre, comunque, tenere presente che alcune diversità sono destinate
a rimanere inconciliabili sono alla loro regolamentazione legislativa: si pensi al
matrimonio poligamico ed ai problemi da esso derivanti, quali il
ricongiungimento familiare e l’eventuale affidamento della prole nata da
diverse madri unite da vincolo coniugale con lo stesso uomo.
È comunque utile trarre profitto dalle esperienze altrui e promuovere
contatti con le autorità dei Paesi dell’Unione che già hanno affrontato le
problematiche connesse alla dissoluzione dei matrimoni od unioni misti.
La necessità di attuare misure per la formazione dell’identità dei minori
stranieri è resa evidente dalle recenti esperienze migratorie di cui l’Italia è stata
protagonista.
Le migliaia di bambini e adolescenti che sono giunti nel territorio dello
Stato sono oggi persone adulte, si sono dispersi in diverse località, tutt’ ora non
hanno, per lo più, punti certi di riferimento in cui coltivare le tradizioni, i
costumi e la religione del Paese di provenienza, se si eccettuano i grandi
agglomerati urbani, che da tempo hanno predisposto luoghi ad hoc.
Dagli studi effettuati sul fenomeno migratorio si può facilmente
desumere che la mancata integrazione dei minori stranieri nella società di
arrivo provoca fenomeni di grandi insofferenza e sofferenza, e, qualora la
resistenza culturale permanga quale istintiva difesa contro il rigetto
dell’ambiente circostante, il ritorno nel Paese d’origine si pone quale unica
alternativa ad una vita in cui l’emarginazione ha avuto il sopravvento. E spesso
anche i figli nati da una unione mista vengono condotti oltre le frontiere
internazionali italiane, perpetuando così una sorta di disadattamento
generazionale
11
.
E’ indispensabile confrontarsi con le questioni legate all’immigrazione
agendo con lungimiranza; in particolare, è necessario considerare la categoria
degli “stranieri” in modo non uniforme.
11
SALZANO, La sottrazione internazionale di minori; analisi e prevenzione, cit., 733
13
Al suo interno, infatti, si trovano realtà molto diverse e, a volte, in
conflitto tra loro.
L’immigrazione che confluisce nella criminalità, richiede una pluralità
di strategie, conformate non solo sulla provenienza nazionale o culturale, ma
anche sui bisogni individuali.
L’immigrato, infatti, non impersona automaticamente, all’opposto di
quanto si crede, la cultura di origine, perché spesso è andato via in polemica
con il suo Paese.
È opportuno, allora, incoraggiare, anche in questo caso, non soltanto il
culto dei diritti, ma anche quello dei doveri, che non devono essere sentiti solo
come qualcosa da subire, sopportare o scontare. Solo in tal modo si potranno
favorire l’integrazione ed il multiculturalismo.
Integrazione significa aspirare all’inserimento degli stranieri nella realtà
italiana. Ciò non vuol dire rinunciare alla propria identità, o rinnegare le
proprie origini, ma prendere una decisione realistica e coerente con le scelte
compiute.
Multiculturalismo è sinonimo di tolleranza, ma anche di rispetto dei
valori e delle leggi derivati dal contratto sociale vigente in un territorio.
La varietà culturale è fonte di ricchezza, ma non deve pregiudicare
principi fondamentali già acquisiti, come l’uguaglianza di fronte alla legge;
altrimenti, partendo dalla buona intenzione di tutelare le diversità, si rischia di
far rientrare, in modo subdolo, nella legalità comportamenti ormai proibiti.
L’esagerata attenzione per le distinzioni può portare al ritorno del
principio della “personalità del diritto”, opposta a quello della “territorialità del
diritto”.
Quest’ ultimo criterio, con gli opportuni temperamenti, è l’unico che
può assicurare una sana convivenza, specie nell’ambito del diritto di famiglia,
nel quale sono coinvolti maggiormente i diritti e i doveri dell’uomo.
Un altro strumento per prevenire i possibili effetti negativi del
multiculturalismo è quello della crescita culturale, soprattutto della cultura
umanistica, unico antidoto all’intolleranza.