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INTRODUZIONE
Come è noto, da alcuni anni il settore agricolo si trova al centro di turbolenze.
Dapprima, tra la fine del 2006 e l’inizio del 2008, è venuto a mancare l'equilibrio dei
prezzi delle materie prime e delle commodities agricole (in particolare cereali).
Successivamente, mentre i prezzi agricoli erano in discesa, si sono aggiunti gli effetti
della crisi economica, con notevole contrazione del Pil (nel 2009 in Italia del -5,1%.
Fonte: Istat diffuso il 01/03/2010). Nonostante gli indicatori congiunturali indichino che
il punto più basso del ciclo economico sia stato raggiunto nel 2009, le conseguenze
sono ancora notevoli e tangibili come quelle in termini occupazionali. Gli effetti
negativi hanno determinato l’ulteriore riduzione dei redditi e, di conseguenza, dei
consumi (come nel caso del 2010). Riguardo agli effetti della crisi economica, è stata
posta scarsa attenzione all’impatto sull'agricoltura. Il settore agricolo presenta alcune
caratteristiche che lo rendono particolarmente sensibile dal punto di vista
dell'andamento dei prezzi, i quali mostrano una variabilità maggiore, rispetto ad altri
settori, legata agli andamenti del ciclo economico. In questo modo, le performance
dell’agricoltura peggiorano e, a causa della maggiore rigidità della domanda e
dell’offerta di beni agro-alimentari, gli effetti della crisi economica si avvertono in
ritardo.
L’impatto della crisi, per il comparto agricolo, è aggravato dal fatto che essa si colloca
in un quadro delicato, caratterizzato da prezzi in forte calo e da problemi specifici di
alcune filiere, già caratterizzate da una struttura di mercato imperfetta, in cui le imprese
agricole si collocano tra le figure più deboli, mentre, gli intermediari a monte e a valle,
sono dotati di potere di mercato (e quindi contrattuale) maggiore.
Questo vuol dire che, nella dinamica dei prezzi specialmente in questa fase, essendoci
queste asimmetrie lungo la filiera agroalimentare, si assiste ad un deterioramento del
potere di scambio degli agricoltori e, dunque, della loro redditività d’impresa. In questo
modo gli effetti si avvertono in maniera anche molto pesante.
In tale scenario, per evitare che gli effetti macroeconomici si traducano in ulteriori
penalizzazioni per le aziende agricole, è necessario intervenire per assicurare che una
maggiore quota di valore aggiunto possa essere corrisposta alla fase agricola.
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Nasce così, la consapevolezza che sia necessario pensare allo sviluppo di tali attività per
mantenere vivo un settore che è alla base della maggior parte delle realtà. Intervengono,
dunque, le iniziative a livello europeo, nazionale, regionale e locale: viene posta al
centro dell'attenzione la necessità di congiungere le tre componenti fondamentali dello
sviluppo sostenibile: Ambientale, Economica e Sociale (Grafico 1).
La sostenibilità ambientale è data dalla capacità di conservare nel tempo le tre funzioni
che l'ambiente svolge, cioè: quella di dispensare risorse, quella di ricettore di rifiuti e
quella di costituire una fonte diretta di utilità. È bene, dunque, che le risorse rinnovabili,
vengano utilizzate senza superare la loro capacità di rigenerazione e che, la velocità di
sfruttamento, di quelle non rinnovabili, non sia superiore a quella dello sviluppo di
nuove risorse, che possano subentrare in maniera sostitutiva. L'immissione di inquinanti
e rifiuti nell'ambiente, inoltre, deve essere proporzionata alla sua capacità di
depurazione e rigenerazione in termini di tempo e quantità.
La sostenibilità economica è definita come la capacità di un sistema economico di
innescare una crescita duratura degli indici economici. Ossia, quella capacità di
generare reddito e lavoro per il sostentamento delle popolazioni, mantenendo nel
territorio il massimo valore aggiunto, combinando in maniera efficace le risorse al fine
di risaltare la specificità dei prodotti e dei servizi locali e del territorio.
La sostenibilità sociale, infine, la si può definire come quella capacità in grado di
assicurare condizioni di benessere, in termini di sicurezza, salute, ed istruzione, che
possano essere distribuite in maniera equa per classi e per genere. Vale a dire, quel
principio etico-politico, che ponga le dinamiche economiche e sociali delle moderne
economie, in condizione di essere ritenute compatibili con il miglioramento delle
condizioni di vita e la capacità delle risorse naturali di riprodursi in maniera
continuativa.
Uno sviluppo sostenibile possa garantire equilibrio tra equità sociale ed economica
vivibilità ambientale, tale che l'interazione tra ambiente ed economia possa essere
realizzabile, partendo dal presupposto che l'economia fa parte della società ed entrambe
sono incluse nell'ambiente (www.sogesid.it).
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Grafico 1 - Interazioni tra le dimensioni dello sviluppo. Fonte: www.sogesid.it
Il presupposto da cui si deve partire, per la definizione e la realizzazione di soluzioni
integrate che possano consentire una razionalizzazione dei processi produttivi a
salvaguardia delle risorse naturali, è che, da sempre, l'agricoltura costituisce parte
integrante dell'ambiente e del paesaggio contribuendo in maniera significativa a
modulare sia la conformazione sia le sue caratteristiche. All'interno delle aree protette,
in particolare, l'agricoltura deve sapere rispondere, accanto alla solita funzione
produttivistica, anche alle funzioni di conservazione e valorizzazione delle risorse
ambientali.
Tuttavia, i produttori in queste aree, molto spesso intendono negativamente l'istituzione
di un regime di protezione, a causa dei limiti imposti dai vincoli, che in molti casi
complicano le loro consuete scelte operative.
Oggi, alla luce della ritrovata consapevolezza da parte delle Istituzioni dell'importanza
della sostenibilità (ambientale, economica e sociale), si sta promuovendo molto, in
termini di aiuti e finanziamenti dell'Unione Europea, la quale, enfatizzando il concetto
di agricoltura multifunzionale ha rafforzato, appunto, la concessione dei sostegni
economici in relazione all'osservanza di norme rispettose dell'ambiente.
L'attività agricola all'interno delle aree protette potrebbe così divenire un valido
promotore di sviluppo per i territori da salvaguardare ed un modello di riferimento
esportabile ad altre realtà.
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Il presente lavoro, basato su un caso di studio, di talune unità produttive comprese nel
Parco naturale Regionale "Terra delle Gravine", pone attenzione alla categoria di
aziende agricole a rischio di emarginazione derivante dall'inadeguatezza dei livelli di
competenza dei lavoratori, sottoposti ad una duplice discriminazione: la prima, dovuta,
come già detto, a motivi di debolezza legati all'andamento del mercato; la seconda,
dovuta al fatto che essi sono soggetti anche ai vincoli conservativi e di compatibilità
ambientale delle aree protette. Dopo aver discusso delle problematiche di
discriminazione e delle variabili di disuguaglianza legate all’adattabilità dei lavoratori
agricoli operanti in zone collinari e montane dell’Italia racchiusi nelle aree protette,
sono state esaminate le possibili opportunità innescate dall'istituzione del Parco.
In previsione dell'attuazione definitiva del Parco, si è inteso valutare l'opportunità di
continuare a produrre in "zona libera" o in quella protetta dal Parco.
Per verificare tale convenienza economica per i coltivatori interessati, sono stati
determinati i redditi attuali e ipotizzati quelli futuri all'interno dell'area protetta.
Dai risultati, è stato possibile delineare le future prospettive degli addetti all'agricoltura
del Parco "Terra delle Gravine".
Si citano alcuni esempi di iniziative per la valorizzazione territoriale da parte di alcuni
Parchi in Italia, che potrebbero essere presi in considerazione qualora si volesse una
testimonianza concreta delle possibilità e dei vantaggi che possono nascere insieme
all'istituzione di un Parco/Area Protetta.
Da: L. Guarrera - Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari: L’agricoltura nelle aree
protette, SILVÆ, Anno V n. 12, pp 163-164:
La Regione Toscana, che ha di recente concluso il progetto pilota “Sviluppo dell’agricoltura
biologica nelle aree protette e nei siti della rete ecologica regionale”, volto a convertire al
biologico le aziende ricadenti nelle aree sotto protezione o a sostenere quelle che già adottano
questo metodo.
Il progetto, che ha avuto un notevole successo, ha previsto azioni di informazione e divulgazione
delle tecniche di agricoltura e zootecnia biologica rivolte ai produttori agricoli, anche attraverso
visite aziendali, sportelli informativi e prove dimostrative. Ha coinvolto poi anche i
consumatori, per valorizzare i prodotti ed incentivarne la commercializzazione attraverso lo
sviluppo della “filiera corta”.
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La Regione Lazio si è data da fare: l’Agenzia Regionale per i Parchi ha ideato e realizzato il
progetto “Natura in campo - I prodotti dei Parchi del Lazio”, progetto nato con lo scopo di
consolidare, nel Sistema delle Aree Naturali Protette della Regione, la sinergia tra le esigenze di
tutela delle risorse naturali e della biodiversità con lo sviluppo delle produzioni agricole tipiche e
tradizionali dei territori protetti. In collaborazione con gli Enti Parco è stato prima svolto un
capillare lavoro di ricerca di informazioni, un censimento delle produzioni e dei produttori, per
poi elaborare i dati raccolti ed avviare azioni di valorizzazione e promozione dei prodotti di
qualità. Prodotti che hanno potuto fregiarsi del marchio “Natura in campo – I prodotti dei Parchi
del Lazio”.
In Abruzzo, l’Arssa (Agenzia Regionale per i servizi di sviluppo agricolo) ha elaborato assieme
all’Ente Parco Nazionale della Majella un progetto di recupero, conservazione e valorizzazione
delle risorse genetiche agricole del territorio del Parco. Sono state attivate la tutela in situ del
patrimonio genetico attraverso la creazione di una rete di agricoltori, attori principali del progetto
(ai quali sono andati incentivi per la coltura e commercializzazione di varietà locali come cereali,
legumi, ortaggi, frutta); e la tutela ex situ, con banche refrigerate, campi vetrina nei giardini
botanici del Parco e la ricostruzione di un villaggio neolitico con un percorso didattico
sull’evoluzione delle specie agricole coltivate. E’ intanto stata avviata la costituzione della “Rete
delle aziende biologiche nei Parchi”, e si sta elaborando un piano per la creazione di una catena
di punti vendita (l’”Emporio dei Parchi”) nelle principali città dedicati alle produzioni nelle aree
protette.
Il progetto:“Bioeccellenze nei Parchi Nazionali italiani”, è stato avviato dall'Aiab (Associazione
Italiana per l'Agricoltura Biologica) con il supporto del Ministero dell’Ambiente ed in
collaborazione con Federparchi, Inea (l’Istituto Nazionale di Economia Agraria), Legambiente,
WWF e Lipu. Una “bioeccellenza” è una filiera virtuosa che, in tutte le sue fasi, dalla produzione
biologica alla trasformazione, dal commercio all’indotto turistico, tuteli ambiente e biodiversità,
contribuendo ad una sostenibile gestione del territorio.
In base all’analisi delle esperienze esistenti sono state elaborate le “linee guida per la
realizzazione e valorizzazione delle filiere biologiche virtuose nelle aree protette”, uno strumento
utile per gli enti gestori, le comunità locali, gli operatori commerciali e le associazioni di
categoria che vogliono favorire una equilibrata gestione del territorio attraverso lo sviluppo del
biologico.
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CAPITOLO 1
1. LA POLITICA AGRICOLA COMUNITARIA E BENI PUBBLICI
La crescente attenzione rivolta alle problematiche ambientali, nel corso degli ultimi
decenni, ha portato a riconsiderare il modello di sviluppo tradizionale, il quale aveva
obiettivi di natura strettamente economica, ponendo quasi mai attenzione alla
conservazione dell'ambiente naturale. Alla fine degli anni ‘80, viene enfatizzato, il
concetto di sostenibilità e sviluppo sostenibile dalla Commissione Mondiale per
l’Ambiente e lo Sviluppo (World Commission on Environment and Development,
WCED). La definizione di sviluppo sostenibile contenuta nel rapporto Brundtland era
dunque: “sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità
delle generazioni future di soddisfare i propri” (Our common future, 1987).
Da questo momento in poi, il modello viene rivoluzionato esaltando gli aspetti
ambientali e sociali, tenendo conto che, oltre alla crescita economica, vanno considerati
anche questi aspetti.
Le Politiche Agricole Comunitarie ebbero inizio con obiettivi strettamente incentrati
sulla produttività e sugli aspetti economici (Trattato di Roma); successivamente grazie
alle varie riforme a partire dal 1992 in poi (Mac Sharry nel 1992, Agenda 2000 nel 1997
e Fischler nel 2003), cresce l’interesse verso l’ambiente e verso le funzioni svolte dal
settore agricolo nei confronti della società.
Per quanto attiene al paesaggio ed alla sua evoluzione, gli aspetti delle varie
integrazioni apportate alla PAC che hanno apportato più di altri cambiamenti in merito
sono essenzialmente due.
Un primo aspetto, riguarda le modifiche della modalità di sostegno al settore
agricolo che hanno influenzato le scelte dei coltivatori e il modo di fare
agricoltura. Dapprima, infatti, l’elevato sostegno dei prezzi ha determinato la
specializzazione e la semplificazione degli ordinamenti colturali, favorendo in
particolare la monocoltura.
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Successivamente però, con la riduzione del sostegno ai prezzi prima e con il
disaccoppiamento poi, si è tornati ad ordinamenti colturali più estensivi e ad una
maggiore diversificazione.
L’altro aspetto riguarda la valorizzazione del paesaggio, risorsa, questa, divenuta
man mano una delle sfide più importanti a cui le politiche nazionali e
comunitarie devono rispondere (Convenzione Europea sul Paesaggio, Firenze,
20 Ottobre 2000).
Riguardo alla PAC, grazie al riconoscimento dell’agricoltura multifunzionale avvenuto
all'interno delle ultime riforme, quali Agenda 2000 prima e Fischler dopo, la tutela del
paesaggio è considerata come un obiettivo diretto da raggiungere, mentre in passato,
veniva considerato come il prodotto indiretto dell'attività agricola. Infatti, tra le
numerose esternalità positive dell’attività agricola, un ruolo di primo piano spetta alla
conservazione ed alla tutela di paesaggi agrari apprezzabili sul piano estetico, più ricchi
di biodiversità e capaci di conservare testimonianze storico-culturali del passato.
Di recente la PAC è stata sottoposta a verifica (Health Check) ed è stata plasmata con
l’obiettivo di completare in modo coerente la riforma Fischler e di rafforzare l'ambito
normativo fino al 2013. Uno degli obiettivi della verifica è stato quello di apportare
adeguamenti e miglioramenti sull'esperienza della riforma del 2003, intesi ad alleggerire
e razionalizzare la PAC in modo da cogliere le nuove opportunità di mercato ed
affrontare le cosiddette nuove sfide. In generale, si continua a sostenere e a garantire la
redditività dell'agricoltura nelle diverse regioni dell'Unione Europea, incoraggiando al
tempo stesso i produttori a continuare a svolgere il ruolo fondamentale nella
salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio (INEA, Rapporto sulle Politiche Agricole
Comunitarie. La revisione della PAC a seguito dell’Health Check, 2009).