Sulle ingiustizie sopracitate del sistema punitivo si era appuntata
l’attenzione degli illuministi; pregnante in questo senso l'opera di Cesare
Beccaria “Dei delitti delle pene” in cui la pena vista come legittima ed
efficace soltanto nelle sue conseguenze utili per l'uomo. Nell' opera dello
studioso lombardo si associa per la prima volta il tema della critica della
pena concretamente esistente al tema della riforma del sistema penale. I
principi che egli stabilisce come fondamentali saranno i cardini di tutta la
scienza penalistica successiva, a partire dalla Scuola Classica.
Beccaria invoca, prima di tutto, la chiarezza e la certezza del diritto, in
modo da assicurare a tutti lo stesso trattamento penale; in secondo luogo, il
diritto alla difesa dell'imputato contro l'arbitrio dell'autorità, tramite il
principio della presunzione d'innocenza; egli auspica poi una modificazione
del significato di pena, da intendersi non più come dettato morale con
significato vendicativo, bensì come strumento utile alla società per rendere
più agevole la convivenza fra consociati. Da questa nuova accezione di pena
ne consegue che quest'ultima non dovrà più essere severissima ed
esemplare, come lo sono le pene corporali, i supplizi la pena di morte, basta
infatti che essa sia idonea ristabilire l' ordine violato
2
.
Tali principi andarono ancor più strutturandosi articolandosi grazie alla
Scuola Classica. Tra suoi più noti esponenti va ricordato Francesco Carrara,
ideatore del sistema tariffario, secondo il quale si auspicava la minuziosa
previsione nei codici di ogni fattispecie delittuosa a cui seguiva; la
commisurazione della pena, correlata alla gravità. del reato. Questo sistema
si basava sull'astratta dogmatica considerazione che il reato è un' entità di
diritto non di fatto, che l' autore del reato pienamente è responsabile delle
proprie azioni. Se queste posizioni sono andate incontro a numerose critiche
è, però, doveroso ricordare grandi meriti della Scuola Classica che ha posto
le basi di un sistema normativo ancor oggi valido; si pensi al principio di
legalità, quello della non punibilità per analogia, al principio garantistico
(diritto alla difesa) a quello della certezza del diritto
3
.
Si tratta, sotto una prospettiva più ampia, di un vero proprio processo di
rivoluzione antropologica che conosce in Hobbes il suo più illustre
2
Ponti G, 1980. "Compendio di criminologia." Milano, Raffaello Cortina Editore
3
Ponti G, 1980. "Compendio di criminologia." Milano, Raffaello Cortina Editore
rappresentante e trova in Feuerbach decisivo consolidamento. Questi
pensatori, assieme Beccaria e ad altri, sono accomunati dal rifiuto dell'idea
di morale associata al diritto, dalla distruzione dell'idea vendicativa dalla
forgiatura di una pena fieramente preventiva. Più approfonditamente, il
tema di fondo implicato dalla rivoluzione Hobbesiana attiene al senso e alla
portata delle inclinazioni fondamentali dell'uomo. Nella filosofia classica si
riteneva non vi fosse contrasto fra la tendenza dell'uomo
all'autoconservazione e l'inclinazione "ad bene esse", nel senso che l'uomo
doveva essere prima di tutto giusto e comportarsi secondo criteri della
doverosità; il diritto soggettivo, inteso come diritto soddisfare prima di tutto
le proprie esigenze, veniva al secondo posto. Con Hobbes la prospettiva è
ribaltata, prima di tutto viene il diritto dell'individuo, assoluto e illimitato,
aspetto che va a caratterizzare una costruzione politica peculiare oltre che
un concetto nuovo di pena: questa è giustificata in vista e con lo scopo di
garantire la tutela dei beni giuridici che il corpo sovrano dichiara meritevoli
di tutela, indipendentemente dall'ingiustizia intrinseca del comportamento
sanzionato. La pena statale non è più 'vindicatio della iniuria' , si rifiuta il
concetto di imputazione morale, misura del diritto non è più la giustizia
bensì l'utilità.
4
Per quanto riguarda Feuerbach, egli ha completato questa linea di pensiero,
arricchendola di contenuti tecnico dogmatici, secondo un indirizzo
materialista sensista che l'epoca dei lumi ha propagato e coltivato.
All’origine della sua costruzione sta il diritto di difesa dei cittadini, delegato
da questi al sovrano. Contro le possibili aggressioni ai diritti, il mezzo più
efficace di difesa è la minaccia di una pena. L'oggetto desiderato con il
compimento dell'azione antigiuridica e il male minacciato sono in stretta
correlazione, in quanto l'uno non può essere rappresentato, nella psiche del
soggetto, senza l'altro, fatto che agisce sull'intensità della spinta criminosa.
Condizione indispensabile per l'efficacia della minaccia è che la natura e
l'intensità del male minacciato provochino una paura superiore al desiderio
dell'azione illecita. Scopo della pena difendere i diritti attraverso
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Ronco M.,1996. " Il problema della pena." Torino, Giappichelli Editore
l'intimidazione; fondamento giustificazione della stessa è il consenso
previamente manifestato attraverso la stipulazione del contratto sociale.
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Questa la teoria della coazione psicologica, che tradizionalmente viene
ricollegata alla prevenzione generale, ed è risalente per la verità a Platone e
Seneca, nell'ultimo secolo è stata poi oggetto di una rielaborazione in chiave
psicologica da parte di Bentham e Romagnosi oltre che di Feuerbach.
Secondo la suddetta teoria si presume che l'uomo sia un essere razionale il
quale, prima di agire, soppesa i pro e i contro della scelta criminale: questo
bilanciamento tra vantaggi e svantaggi dovrebbe essere risolto nel senso di
una rinuncia al delitto. Naturalmente questo tipo di costruzione andata
incontro critiche di vario tipo tempi più meno recenti.
6
Quale che sia il nucleo di verità dell'idea della prevenzione generale come
forma di deterrenza, la rivalutazione di tale concezione poggia oggi su altre
basi. Si tende sempre più sottolineare che la minaccia della pena adempie
una funzione di orientamento culturale dei consociati. In altri termini, la
forte disapprovazione sociale, di cui la minaccia e l'inflizione della pena sono
simbolo, favorisce e stabilizza l'identificazione della maggioranza dei
cittadini con il sistema di valori protetto dall' ordinamento giuridico.
7
La seconda teoria, attorno a cui ruota da sempre il dibattito sul concetto
sulle funzioni della pena, è quella che si fonda sull'idea della retribuzione.
Per questo tipo di approccio, la pena non è altro che una ricompensa per il
male commesso: malum passionis quod infligitur ob malum actionis,
secondo la celebre definizione di Ugo Grozio. Il reo ha violato un comando
dell'ordine giuridico, quindi merita un castigo. Questa teoria ha le radici da
un lato nella concezione di stampo vetero - cattolico, che l'illuminismo
rifiuta in nome di una rivoluzionaria concezione antropologica, dall' altro
nella filosofia idealista di Kant e Hegel, che si pone sua volta come reazione
alla scuola degli illuministi. Hegel, alludendo polemicamente tale scuola,
manifesta stupore riguardo di una scienza che, per un verso, proclama di
voler trarre le sue definizioni dalla rappresentazione dell'esperienza
psicologica interiore, e, per un altro verso, assume principi che
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Ronco M.,1996. " Il problema della pena." Torino, Giappichelli Editore
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Fiandaca G., Musco M., 1993. "Diritto penale." Bologna, Zanichelli Editore
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Fiandaca G., Musco M.,1993. "Diritto penale." Bologna, Zanichelli Editore
contraddicono il sentimento comune dei popoli e degli individui in relazione
al delitto, che cioè esso meriti pena e che al delinquente debba essere fatto
quel che egli ha fatto.
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Ma non in questo significato originario che oggi si continua parlare di
retribuzione. E' punto di vista ormai acquisito che non è compito di uno
stato di diritto, laico pluralistico, realizzare la giustizia assoluta. L'idea
retributiva implica l'idea di proporzione tra entità della sanzione e gravità
dell'offesa arrecata. La proporzione tra fatto e sanzione consente che il reo
avverta la pena come giusta e che perciò assuma un atteggiamento di
maggiore disponibilità psicologica nei confronti del processo rieducativo.
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Neutralità etica del fine punitivo da un lato, giudizio di riprovevolezza della
condotta alla.base della sanzione sono i due poli contraddittori che segnano
l’oscillazione del diritto penale, cosiddetto liberale, fino alla frattura segnata
dall'irruzione, nella scienza penale, del positivismo criminologico. Da qui fa
la sua comparsa l'idea della prevenzione speciale intesa come
risocializzazione e rieducazione del reo.
Nel secolo XIX, Cesare Lombroso può a buon diritto considerarsi come il
pioniere di un indirizzo individualistico, secondo il quale lo studio del reato
doveva principalmente incentrarsi sulla personalità del delinquente, fino ad
allora affatto trascurata. Buona parte delle sue indagini è ora priva di valore
scientifico; ciononostante a Lombroso va l'indiscusso merito di aver imposto
la criminologia come nuovo filone della cultura, fondando la Scuola di
Antropologia Criminale. Il reato e le anomalie della condotta venivano visti
secondo una prospettiva di tipo medico - terapeutico, come se fossero solo
una malattia da combattere individualmente, in un approccio totalmente
deresponsabilizzante, non essendo imputabili al reo, titolo di colpa, le
anomalie biologiche di cui sia portatore.
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Le teorie lombrosiane sul delitto costituirono la base di un nuovo
orientamento giuridico - criminologico che prese il nome di Scuola Positiva,
a sottolinearne la fedeltà al metodo empirico induttivo, peculiare delle
scienze naturali sociali, in contrapposizione quello giuridico deduttivo, cui si
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Ronco M., 1996. "Il problema della pena." Torino, Giappichelli Editore
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Fiandaca G., Musco M.,1993. "Diritto penale." Bologna, Zanichelli Editore
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Ponti G, 1980. "Compendio di criminologia." Milano, Raffaello Cortina Editore
informava invece la Scuola Classica. Esponenti di questa scuola furono
Enrico Ferri e Raffaele Garofalo che sostituirono al concetto di pena quello di
misura di difesa sociale.
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In breve, la Scuola Positiva considerava il reato come la risultante di una
predisposizione di forze determinanti insite nell' individuo, favorito da fattori
insiti nella società. La sanzione penale non doveva quindi aver il significato
di retribuzione per la colpa del delinquente, o di dissuadere dal delitto
mediante l'intimidazione, né era fondata - come la Scuola Classica - sul
principio della commisurazione della pena alla gravità obiettiva del reato:
piuttosto, lo scopo degli interventi penali era quello di ottenere il controllo
delle tendenze antisociali, considerando più la natura del criminale che non
il tipo di delitto commesso. E' evidente, in questo tipo di approccio, un
superamento della concezione classica della pena.
La prospettiva che trova qui la sua origine, secondo la quale la criminalità
una sorta di malattia da curare, verrà ripresa in tempi noi più vicini, partire
dagli anni'50, secondo un'ideologia che verrà chiamata del mito medico.
Essa si afferma in coincidenza del mutamento economico, ideologico sociale
rappresentato dall' affermarsi del Welfare State: quella nuova concezione
che vede lo stato come garante promotore del benessere sociale per tutte le
classi e dell'intervento nel garantire la sicurezza sociale i beni essenziali
(lavoro, scolarità, salute, liberazione dall'indigenza...). Alla base
dell'ideologia del Welfare State sta il principio che non deve essere fatto
carico. all'individuo delle proprie condizioni di miseria del male commesso,
ma che la società ha parte di responsabilità in tali situazioni e deve porvi
rimedio.
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In questa,:prospettiva, nella quale assistenza e servizi sociali dovrebbero
esser assicurati, la pena comincia ad acquistare un senso solo in quanto sia
'utile' e fornita di un fine correzionale terapeutico.
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Ponti G, 1980. "Compendio di criminologia." Milano, Raffaello Cortina Editore
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Ponti G, 1980. "Compendio di criminologia." Milano, Raffaello Cortina Editore
2 Significato attuale della pena introduzione delle misure alternative
alla detenzione
Oggi, le vicende del nostro sistema sanzionatorio continuano ruotare
attorno alle tre idee - guida fondamentali: della retribuzione, secondo cui la
sanzione deve compensare la colpa per il male commesso, della
prevenzione generale, per cui la pena deve servire distogliere la generalità
dei consociati dal compiere fatti socialmente dannosi e infine della
prevenzione speciale, che si rivolge direttamente all' autore di reato,
affinchè quest'ultimo non delinqua più in futuro.
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Tutte queste finalità coesistono all'interno del nostro ordinamento, il quale è
stato segnato da due vicende fondamentali che si intersecano tra loro da cui
discendono i capisaldi del nostro attuale concetto di pena. Sono
l'introduzione dell'art. 27 della Costituzione e l'entrata in vigore della legge
26 luglio 1975, n° 354, seguita dalla legge 10 ottobre 1986, n° 663(c.d.
Legge Gozzini), sull'ordinamento penitenziario, che per la prima volta viene
recepito sotto forma di legge e non più di regolamento, a dimostrazione di
una rinnovata volontà nel riordinare in modo organico e garantire i
contenuti dell'ordinamento penitenziario.
Per quanto riguarda l'art 27, comma 3°, esso enuncia che "Le pene non
possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono
tendere alla rieducazione del condannato", introducendo così il principio
della risocializzazione o rieducazione, che allude al processo di
riappropriazione, da parte del delinquente, dei valori fondamentali della
convivenza sociale. Esclusa ogni forma di imposizione di intervento coattivo,
la possibilità di rieducare si atteggia soltanto ad obiettivo tendenziale,
perseguibile finche il reo sia disposto collaborare. Da questo punto di vista
si comprende perché il legislatore costituzionale abbia usato l'espressione
"tendere" nel fare riferimento alla funzione rieducativa. In altre parole, la
risocializzazione è un'obbligazione di mezzi e non di risultati.
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13
Fiandaca G., Musco M.,1993. "Diritto penale." Bologna, Zanichelli Editore
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Fiandaca G., Musco M.,1993. "Diritto penale." Bologna, Zanichelli Editore
L'enunciazione costituzionale è assurta a criterio guida di una serie di
interventi riformistici, tra cui viene quindi in considerazione la già citata
legge del 1975, sulla riforma dell'ordinamento penitenziario, i cui punti più
qualificanti sono, appunto, la ricezione dell'ideologia del trattamento
rieducativo e l'introduzione delle misure alternative alla detenzione, ispirate
all'idea della probation. Queste ultime sono espressione di quella tendenza
politico - criminale, molto diffusa a livello internazionale, che mira a creare
delle forme alternative di esecuzione della pena detentiva, le quali,
agevolando il contatto del condannato con il mondo esterno, rendano più
efficace l' opera di risocializzazione.
Tali misure sono l'affidamento in prova al servizio sociale, la semilibertà e la
liberazione anticipata. La legge Gozzini ha poi introdotto l'affidamento in
prova per tossico o alcol dipendenti, la detenzione domiciliare e i permessi
premio. Fra questi, l'istituto che più si avvicina alla probation di origine
anglosassone è l' affidamento in prova al servizio sociale.
15
La probation è una misura sospensiva della pena, attraverso la quale un
tribunale rinunzia alla sentenza di condanna dell'imputato e lo affida un
agente di probation per un periodo di prova di qualche anno,
assoggettandolo a prescrizioni imperative, regole di vita e supervisione. Con
la probation si ha, comunque, un accertamento giudiziario della
responsabilità penale, mentre il proseguimento dell' azione penale è legato
una valutazione discrezionale sulla condotta tenuta da parte di un organo
non giurisdizionale (il Probation office): qualora la prova non venga ritenuta
soddisfacente il procedimento penale riprenderà il suo corso.
16
L'istituto della probation, introdotto dai paesi anglosassoni dagli Stati Uniti,
non di recente derivazione, anzi suoi antenati più prossimi risalgono
addirittura al medioevo, come il "benefit of clergy", privilegio secondo il
quale sacerdoti del clero, ai quali erano stati conferiti gli ordini, potevano
essere giudicati soltanto da tribunali ecclesiastici. Detto privilegio, però, col
volgere del tempo, finì per costituire un assieme di regole che operavano in
favore di tutti delinquenti, quali ragioni di attenuazione delle severissime
15
Fiandaca G., Musco M.,1993. "Diritto penale." Bologna, Zanichelli Editore
16
Ponti G, 1980. "Compendio di criminologia." Milano, Raffaello Cortina Editore
pene allora in vigore. Il benefit of clergy, col tempo, cadde in discredito
venne abolito per legge nel 1827.
Non dissimile da questo antico istituto il "provisional filing of cases" che,
secoli dopo, sembra essere stato introdotto nel Massachusetts. Detta pratica
consisteva nel sospendere la pronuncia della pena quando, dopo il verdetto
di colpevolezza, il Tribunale riteneva che, sia in ragione delle circostanze
attenuanti, sia perché una questione di diritto in un caso analogo era
pendente davanti ad un Tribunale superiore, sia per altra valida ragione, la
giustizia pubblica non richiedeva una pronuncia immediata circa la pena.
Vi era poi il “Judicial reprive”, cioè la sospensione temporanea della
pronuncia, o della esecuzione della pena, allo scopo di consentire, a chi era
stato dichiarato colpevole, la richiesta di grazia. Infine "la recognizance",
istituto ancora esistente, che consisteva nell'obbligare le persone che
davano qualche motivo per temere che commettessero reati nell'avvenire, a
dichiarare e dare assicurazione che non si sarebbero resi colpevoli di tali
reati e ad osservare determinate condizioni, come presentarsi davanti alla
Corte. Il diffondersi della prassi della recognizance all’ Inghilterra, alla
Nuova Inghilterra e ad altri paesi del Commonwealt (Nuova Zelanda,
Canada...) e l'intensificarsi del suo impiego durante il XIX secolo hanno fatto
di detto istituto uno "dei più prossimi antenati del probation.
17
Tornando ai giorni nostri, precisamente agli anni '50, si spiega così come sia
stato più facile nei paesi anglosassoni, in particolare negli Stati Uniti,
l'attivazione delle prime esperienze pratiche di deistituzionalizzazione
carceraria, ispirate all'ideologia del trattamento, con l'applicazione del
concetto di pena indeterminata tramite l'utilizzo di istituti come la probation,
la parole la diversion.
18
Esisteva già da tempo il concetto di sospensione della pena come desiderio
di clemenza da parte dei giudici, come dimostrato dagli istituti più sopra
elencati risalenti diversi secoli fa, sotto riserva che l' accusato tenesse una
buona condotta. Anni di esperienza avevano dimostrato alle corti e all'
opinione pubblica che un trattamento meno rigoroso e più individualizzato,
17
Malinverni A., 1977 "Aspetti di diritto comparato", in Atti del Convegno Enrico de Nicola.
Lecce, Giuffrè Editore.
18
Ponti G, 1980. "Compendio di criminologia." Milano, Raffaello Cortina Editore
concepito in uno spirito di umanità e pietà, portava buoni frutti nei confronti
della redenzione del reo.
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L'Italia, che pure venne permeata, con l' avvento del Welfare State, da tali
principi innovativi, li andrà mitigando nelle realizzazioni pratiche, per
ragioni, appunto, di diverse tradizioni giuridiche (sarebbe stato per noi
impensabile, ad esempio, abbandonare il principio della certezza della pena
e rinunciare del tutto al suo contenuto retributivo, per concentrarsi
esclusivamente su quello risocializzativo), oltre che di minor compiutezza
dello stato assistenziale. Conseguenza di tutto ciò è, quindi, l'applicazione
dell'ideologia del trattamento con tempi più lunghi e con modalità più
prudenti.
20
Si consideri, innanzitutto che le misure alternative alla detenzione, che nei
paesi anglosassoni hanno una lunga tradizione storica, sono state introdotte
in Italia solo nel 1975.
Inoltre, si mettano a confronto, per esempio, l'affidamento in prova al
servizio sociale e la probation, per verificare i diversi tipi di approcci nei
confronti di queste misure. Per quanto riguarda l'affidamento in prova, esso
consiste nella scarcerazione del condannato nei confronti del quale, una
volta posto in libertà, vengono esercitati controllo e assistenza da parte di
apposito "servizio sociale per adulti" dell'amministrazione penitenziaria, per
un periodo uguale quello della pena da scontare. Si presuppone, pertanto,
che l' esecuzione della pena sia già iniziata.
Requisito fondamentale per la concessione di questa misura è la mancanza
di pericolosità sociale, a garanzia delle esigenze di tutela della collettività. A
questo fine, durante il periodo di prova sono posti obblighi divieti e
prescrizionI.
Nel caso dell’affidamento in prova, la sospensione della condanna riguarda
la sua fase esecutiva, qualora si sia riscontrata la non pericolosità sociale
del soggetto, nel caso della probation viene, invece, sospesa la, pronunzia
della sentenza di colpevolezza, per concedere un periodo di prova in cui il
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Malinverni A., 1977 "Aspetti di diritto comparato", in Atti del Convegno Enrico de Nicola.
Lecce, Giuffrè Editore.
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Ponti G, 1980. "Compendio di criminologia." Milano, Raffaello Cortina Editore
soggetto dimostri di non essere un pericolo per la comunità. E' evidente un
tipo di approccio più prudente dell'istituto italiano, rispetto quello straniero.
Il ritardo e la prudenza dell'Italia, nel recepire l'ideologia del trattamento,
hanno peraltro consentito di affrontare le novità in modo equilibrato, senza
radicalizzazioni e senza quelle aspettative 'messianiche' nelle tecniche
risocializzative che, in seguito deluse dalla pratica, portarono, in altri paesi,
alla crisi di questa ideologia, quando essa dimostrò di non essere la panacea
di tutti mali.