6
delle barriere mentali che risultano, alle volte, più insormontabili di quelle
architettoniche.
Nel secondo capitolo, invece, si presenta il concetto di qualità della vita, di
stress e di burnout relativo agli operatori che lavorano nel campo socio-
assistenziale con particolare riferimento a ricerche e lavori già svolti in questo
ambito.
La seconda parte, invece, si occupa della ricerca svolta in alcune strutture
socio-assistenziali pubbliche, in alcuni centri occupazionali diurni e in alcune
strutture socio-sanitarie private residenziali e diurne ma convenzionate con il
Servizio Nazionale della provincia di Udine, del Servizio di Neuropsichiatria
dell’Infanzia e dell’Adolescenza e del centro Riabilitativo Infantile dove si è
voluto analizzare, attraverso la somministrazione di questionari, la
soddisfazione e la qualità della vita degli operatori che si occupano
quotidianamente di disabilità; inoltre sono stati analizzati i livelli di abilità
delle persone presenti nei medesimi servizi, soggetti che sono stati scelti dagli
stessi operatori al fine di dare una visione complessiva delle potenzialità e del
livello di autodeterminazione dei diversi Centri; nel quarto capitolo saranno
riportate le analisi e la discussione dei dati relative ai due gruppi della ricerca e
le relative considerazioni conclusive.
7
CAPITOLO UNO : MENOMAZIONE, DISABILITA’ ED HANDICAP
SECONDO L’ICIDH E L’ICIDH 2
1.1 Introduzione
L’importanza di avere un linguaggio comune che tolga un po’ di confusione
da un campo di studi, quale quello della disabilità, che è ancora molto
impregnato di pregiudizi e di emarginazione, è stata una delle caratteristiche
fondamentali che ha spinto l’Organizzazione Mondiale della Sanità a prendere
una decisione e a creare dei manuali e delle classificazioni che potessero
aiutare gli operatori del settore a trattare, progettare e programmare degli
interventi di integrazione di persone disabili; ma non solo questo. La necessità
di riuscire a promuovere degli interventi integrati, la chiarezza nel definire i
termini e le disabilità e la presa di coscienza, da parte degli operatori del
settore, di un nuovo modo di considerare le persone disabili, attraverso un
intervento attivo delle persone stesse nell’ambiente sociale, hanno portato ad
un mutamento delle concezioni terminologiche e, quindi, ad una revisione
delle classificazioni.
In questo capitolo c’è un’analisi, dalla prima edizione della Classificazione
Internazionale delle Menomazioni, delle Disabilità e degli Handicap (1980)
fino a quella del 2001, la Classificazione Internazionale del Funzionamento,
della Disabilità e della Salute, delle terminologie utilizzate per definire
concetti quali menomazione, disabilità ed handicap fino ad arrivare all’ ultima
revisione dove il concetto di handicap viene completamente sostituito dal
concetto di partecipazione o meno ad attività. Inoltre, vengono riportate alcune
delle classificazioni riguardanti i tre strumenti, al fine di mettere in luce le
modificazioni che sono state apportate diacronicamente dalle revisioni attuate.
8
1.2. Definizione di menomazione, disabilità ed handicap secondo
l’ ICIDH.
Nella trattazione di tematiche quali la disabilità, l’ handicap è doveroso
utilizzare un linguaggio corretto e comune a tutta la comunità scientifica al
fine di evitare terminologie scorrette ed offensive. Per ovviare a questa
impedimento l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha decretato nel 1975 di
affiancare all’ International Classification of Diseases (ICD) un’appendice
relativa alle “ conseguenze ” delle malattie. Nel 1980 l’ O.M.S. ha deciso
di dare una prima classificazione a termini quali menomazione, disabilità ed
handicap e dallo sforzo di Wood e di alcuni suoi collaboratori ha proposto l’
International Classification of Impairment, Disabilities and Handicaps
(ICIDH) . Questa necessità è nata dal fatto di completare le argomentazioni
del manuale internazionale di classificazioni delle patologie (ICD) anche
tenendo presente, con un approccio bio – psicosociale, le “conseguenze” delle
malattie (Üstun et al. 1996).
In questa prima edizione sono distintamente differenziati tre concetti: il
termine menomazione, il termine disabilità e il termine handicap.
Con l’espressione menomazione ci si riferisce a perdite o anormalità che
possono essere transitorie o permanenti e comprende l’esistenza o l’evenienza
di anomalie, difetti, perdite o mancanze a carico di arti, organi, tessuti o di
altre strutture del corpo, incluso il sistema delle funzioni mentali; quindi la
menomazione rappresenta l’esteriorizzazione di uno stato patologico e, in
linea di massima, riflette i disturbi a livello d’organo. Questa classificazione
è molto ampia e ci permette di avere dei vantaggi a livello diagnostico, in
quanto permette agli operatori di essere molto precisi in questo campo e da un
9
punto di vista operativo, in quanto da la possibilità di analizzare la situazione
del soggetto adoperando un primo e generico tipo di classificazione.
Il manuale dell’ ICIDH, dopo la definizione, classifica e differenzia le
menomazioni in nove gruppi:
1. Menomazione della capacità intellettiva;
2. Altre menomazioni psicologiche;
3. Menomazioni del linguaggio;
4. Menomazioni dell’udito;
5. Menomazioni visive;
6. Menomazioni viscerali;
7. Menomazioni scheletriche;
8. Menomazioni deturpanti;
9. Menomazioni generalizzate, sensoriali o di altro tipo.
ICIDH: classificazione delle menomazioni
Con il termine disabilità si intende una qualsiasi restrizione o carenza
(conseguente a menomazione) della capacità di svolgere un’attività nel modo
o nei limiti ritenuti normali dall’essere umano precisando che si tratta di
“scostamenti, per eccesso o per difetto, nella realizzazione dei compiti e
nell’espressione dei comportamenti rispetto a ciò che sarebbe normalmente
atteso (…), che possono avere carattere transitorio o permanente ed essere
reversibili o irreversibili, progressive o regressive (…), insorgere come
conseguenza diretta di una menomazione o come reazione di un soggetto,
specialmente da un punto di vista psicologico, ad una menomazione fisica,
sensoriale o di altra natura. La disabilità si riferisce a capacità funzionali
estrinsecate attraverso atti e comportamenti che per generale consenso
10
costituiscono aspetti essenziali della vita di ogni giorno. Ne costituiscono
esempio i disturbi nell’adozione di comportamenti appropriati; nella cura della
propria persona (come il controllo delle funzioni escretorie e la capacità di
lavarsi e di alimentarsi); nell’esecuzione delle altre attività quotidiane e
nella funzione locomotoria (come la capacità di camminare)”
1
.
Questa definizione spinge a tenere presente l’analisi dei comportamenti che le
persone manifestano in attività quotidiane e considerare non corrette quelle
operazioni di rilevazione e di diagnosi che vengono realizzate in contesti
“artificiali”, in quanto solo limitate alla classificazione di patologie. Anche
per quanto riguarda la disabilità l’ICIDH propone una classificazione
specifica considerando nove tipologie:
1. Disabilità nel comportamento;
2. Disabilità nella comunicazione;
3. Disabilità nella cura della propria persona;
4. Disabilità motorie;
5. Disabilità inerenti alla propria sussistenza;
6. Disabilità nella destrezza;
7. Disabilità “circostanziali”;
8. Disabilità in particolari attività;
9. Altre limitazioni all’attività.
ICIDH: Classificazione delle disabilità
¹ O.M.S.(1980), ICIDH/ International Classification of Impairements,
Disabilities, and Handicaps. A manual of classification relating to
conseguences of diseases. Geneve: W.H.O.
11
Con il concetto di handicap, questa prima edizione dell’ICIDH definiva che
“si intende per handicap una condizione di svantaggio vissuta da una
determinata persona in conseguenza di una menomazione o di una disabilità
che limita o impedisce la possibilità di ricoprire il ruolo normalmente proprio
a quella persona in relazione all’età, al sesso e ai fattori socio-culturali”
2
.
Aggiungeva, inoltre, che “esso è caratterizzato dalla discrepanza tra
l’efficienza e lo stato del soggetto e le aspettative di efficienza e di stato sia
dello stesso soggetto che del particolare gruppo di cui egli fa parte. L’handicap
rappresenta la socializzazione di una menomazione o di una disabilità e, come
tale, riflette le conseguenze – culturali, sociali, economiche ed ambientali –
che, per l’individuo, derivano dalla presenza della menomazione e della
disabilità. Lo svantaggio proviene dalla diminuzione o dalla perdita della
capacità di conformarsi alle aspettative o alle norme proprie dell’universo che
circonda l’individuo”
3
.
Questa definizione stabilisce che si poteva parlare di handicap solo se ci si
riferiva a persone con delle menomazioni o disabilità, che concerneva uno
svantaggio “vissuto”, che avevano importanza l’ambito dei ruoli e delle
attività che sono normalmente attesi dall’ambiente culturale, sociale e di
appartenenza della persona e si riferiva alla discrepanza fra efficienza
2
O.M.S.(1980), ICIDH/ International Classification of Impairements,
Disabilities, and Handicaps. A manual of classification relating to
conseguences of diseases. Geneve: W.H.O.
3
O.M.S.(1980), ICIDH/ International Classification of Impairements,
Disabilities, and Handicaps. A manual of classification relating to
conseguences of diseases. Geneve: W.H.O., pag.17.
12
possibile e le aspettative di efficienza.
Questa considerazione porta a vedere che, dato che una persona non può
essere globalmente disabile e che, variando i contesti, può essere o meno
presente disabilità, ne deriva che le abilità e le disabilità sono messe in luce
dalle aspettative standard di efficienza delle prestazioni richieste ;
è quindi possibile dire che al variare delle domande e delle attività si
evidenziano o meno condizioni di disabilità ed anche che, al mutare dei
compiti e delle aspettative di efficienza, le situazioni analoghe determinano o
meno dei vissuti di svantaggio (handicap).
Anche per quanto riguarda l’handicap, l’ ICIDH, ricalcando una prospettiva di
tipo situazionale, proponeva una classificazione adottando i successivi
raggruppamenti:
1. Handicap nell’orientamento;
2. Handicap nell’indipendenza fisica;
3. Handicap nella mobilità;
4. Handicap nell’occupazione;
5. Handicap nell’integrazione sociale;
6. Handicap nell’autosufficienza economica;
7. Altri handicap.
ICIDH: classificazione degli handicap
13
1.3 La valutazione della disabilità nell’ ICIDH
Questa prima edizione dell’ICIDH prevedeva la valutazione della disabilità,
lavoro che richiede da parte degli operatori del settore della programmazione
di interventi di abilitazione, riabilitazione e di integrazione, una notevole
precisione e cura al fine di individuare da una parte, gli ausili utili che
potrebbero ridefinire gli effetti invalidanti e, dall’altro, le abilità ancora
utilizzabili in sede di trattamento e di integrazione. Questa valutazione
richiedeva di indicare, accanto alla presenza o meno di menomazioni, il
livello di difficoltà registrato dalla persona nello svolgere un’attività e la
“qualità di intervento”
4
necessaria al fine di migliorare le prestazioni già
esaminate.
Per precisare la gravità veniva utilizzata questa scala:
0 – Assenza di disabilità; il soggetto può essere considerato, per l’ambito
analizzato, abile ed in grado di eseguire l’attività in modo autonomo e
senza bisogno di un ausilio.
1 – Presenza di difficoltà; il soggetto è in grado di eseguire l’attività in
maniera autonoma anche se con qualche difficoltà. Questo livello di
gravità va utilizzato quando non valgono le condizioni successive.
2 - Necessità di supporti; il soggetto necessita di protesi per emettere la
prestazione richiesta. Questo livello di gravità va utilizzato quando non
valgono le condizioni successive.
4
Soresi S. (2001), Riflessioni a margine della seconda edizione della
classificazione internazionale delle menomazioni, delle disabilità e degli
handicap, “Giornale Italiano delle Disabilità”, anno 1, numero 1, pag.12.
14
3 – Necessità di supporti ed aiuti; la persona, per dare la prestazione
richiesta, ha bisogno di un aiuto concreto di un’ altra persona. Questo
livello di gravità viene utilizzato quando non valgono le condizioni
precedenti.
4 – Dipendenza da altre persone; la persona ha bisogno dell’aiuto costante di
un’altro soggetto. Questo livello di gravità va utilizzato quando non
valgono le condizioni successive.
5 – Dipendenza assoluta; il soggetto ha bisogno dell’aiuto di un’altra
persona, la quale, a sua volta, deve ricorrere ad un sussidio o ad un
dispositivo per fornirlo.
Questo livello di gravità va utilizzato quando non valgono le condizioni
successive.
6 – Inabilità completa; si fa riferimento a prestazioni ed attività che, a
causa di gravi e spesso multiple menomazioni, sono di fatto
“impossibili” alla persona anche in presenza di aiuti e supporti di
diversa natura.
7 – Livello di gravità non applicabile.
8 – Gravità non specificata.
ICIDH : scala di valutazione delle disabilità.
Questa prima edizione dell’ICIDH ha, al suo interno, una serie di limiti che
sono stati messi in evidenza da lavori di Gomez – Rodriguez (1989) e di
Heerkens et al. (1993). Il ricorso a categorie relative alle menomazioni,
disabilità e agli handicap erano definite in modo scarso, le classificazioni
erano non adeguate quando si trattava di descrivere le disabilità di anziani,
bambini o persone con disturbi psichiatrici e i criteri di valutazione erano,
15
prima di ogni altra cosa come sottolineato dagli operatori del settore della
abilitazione e riabilitazione , troppo approssimativi nei confronti di piccoli
progressi ottenuti da persone gravemente disabili (De Kleijn – de Vrankrijker
et al., 1989). Inoltre, questa classificazione rischiava di proporre un modello
di tipo lineare, dove la distinzione fra menomazione, disabilità ed handicap
veniva interpretata in termini di relazione fra cause ed effetti cioè la
menomazione causava la disabilità, la disabilità causava l’handicap
minimizzando la componente relazionale dell’individuo.
Malattia
Infortunio Æ Menomazione Æ Disabilità Æ Handicap
5
1.4. La revisione dell’ICIDH: la seconda edizione.
Da queste riflessioni, nel 1997, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha
pubblicato la prima bozza di revisione dell’ICIDH e, nel 1999 la seconda.
Viene mantenuto lo stesso acronimo, anche se il nuovo documento presenta il
sottotitolo di Classificazione Internazionale del funzionamento e delle
disabilità. Questa nuova terminologia porta in sé l’innovazione e la riduzione
di termini quali disabilità ed handicap e dove si propone di fornire un
linguaggio unificato e standard; infatti termini come disabilità e
funzionamento vengono considerati dei termini “ombrello” che sottendono
dimensioni importanti quali “le funzioni del corpo, le attività e la
5
O.M.S. (1997), ICIDH-2. International Classification of Impairments,
Activities and Participation. Geneve: W.H.O. pag.11.
16
partecipazione.”
6
. Diversamente dalla precedente edizione, si è passati dal
termine disabilità al termine, di carattere neutrale, di attività e in presenza di
circostanze negative la dimensione è descritta come limitazione dell’attività
ed anche il termine handicap è stato sostituito dal termine di partecipazione
che, in circostanze negative, viene descritto con il termine di restrizioni nella
partecipazione. Questa classificazione, infatti, vuole offrire un nuovo
approccio definito “bio-psico-sociale” nel senso che si propone di sintetizzare
il trattamento medico, relativo al fenomeno della disabilità, con quello sociale.
La disabilità viene definita come problematica sociale con lo scopo di
integrare globalmente la persona nell’ambiente sociale e di stimolare la
partecipazione totale di persone con disabilità in tutte le aree di vita sociale.
Lo scopo, allora, di questo strumento è in primo luogo quello di creare un
linguaggio comune per incrementare la comunicazione fra di operatori del
settore e in questo modo anche la comparazione di dati fra le diverse situazioni
di disabilità presenti negli altri paesi , ma soprattutto questa edizione mette in
risalto la volontà di migliorare e di incrementare i livelli di partecipazione,
visti come degli indicatori dell’integrazione e della qualità della vita delle
persone con disabilità. Oltre a ciò, nella nuova edizione cambia anche la
relazione fra lo stato della malattia, la menomazione, la disabilità e l’handicap
considerate non più con una prospettiva lineare e causale ma sostenendo che le
relazioni tra le diverse terminologie sono complesse, bidirezionali e
contestuali.
6
O.M.S. ( 1997 ), ICIDH-2. International Classification of Impairments,
Activities and Participation. Geneve: W.H.O. pag. 12.
17
Condizioni di salute
(disturbo / malattia)
Menomazione Attività Partecipazione
Fig. n. 1. Le dimensioni fondamentali dell’ ICIDH – 2
Questo schema propone quattro dimensioni fondamentali che spiegherebbero
come tutti le persone funzionerebbero,comprese quelle che presentano “degli
impedimenti nelle loro attività” e sono:
1) la dimensione corporea che si articola in “funzioni corporee” ed alla
struttura corporea;
2) la dimensione delle attività semplici e complesse svolte dalle persone;
3) la dimensione della partecipazione nella società;
4) i fattori contestuali.
Diversamente dalla precedente edizione, si è passati dal termine disabilità al
termine, di carattere neutrale, di attività e in presenza di circostanze negative
la dimensione è descritta come limitazione dell’attività, ed anche il termine
handicap è stato sostituito dal termine di partecipazione che, in circostanze
Fattori contestuali
A. Ambientali
B. Personali
18
negative, viene descritto con il termine di restrizioni nella partecipazione. In
questa seconda edizione dell’ICIDH, allora, non si parla più di inabilità e di
handicap ma si cerca di elencare le abilità, in modo da consentire una
presentazione positiva della persona stessa. Le definizioni e le classificazioni
che si rifanno alla dimensione corporea necessitano di una diversificazione tra
il concetto di funzione e struttura, non presente nella prima edizione.
Per funzione corporee, psicologiche o fisiologiche, si fa riferimento al
funzionamento del cervello e del sistema nervoso centrale e sono classificate
nel modo seguente:
1) Funzioni mentali;
2) Funzioni sensoriali;
3) Funzioni della voce e della parola;
4) Funzioni dei sistemi cardiovascolare, ematologico, immunologico e
respiratorio;
5) Funzioni digestive, nutrizionali e metaboliche e endocrinologiche;
6) Funzioni genito-urinarie e riproduttive;
7) Funzioni neuromuscoloscheletriche e correlate ai movimenti;
8) Funzioni della pelle e strutture correlate.
Per strutture corporee si intende l’adeguatezza-completezza di parti
anatomiche del corpo e sono:
1) Strutture del sistema nervoso (cervello, midollo spinale e strutture
correlate);
2) Occhio e strutture correlate;
3) Strutture coinvolte nella voce e nella parola;
19
4) Strutture dei sistemi cardiovascolatore, immunologico e dell’apparato
respiratorio;
5) Strutture correlate all’apparato digerente e ai sistemi metabolici ed
endocrini;
6) Strutture del sistema urogenitale e di riproduzione;
7) Strutture correlate al movimento;
8) Pelle e strutture correlate.
In questa nuova edizione, quindi, le menomazioni non sono necessariamente
associate ad uno stato di malattia, ma rappresentano una deviazione dalla
norma dello stato biologico del corpo e delle sue funzioni.
La dimensione delle attività riguarda tutti i comportamenti che una persona ha
al fine di svolgere dei compiti e delle azioni. In questa edizione le disabilità
vengono, quindi, presentate come delle “limitazioni nelle attività” e si
dividono in:
1) Attività di apprendimento e di applicazione delle conoscenze;
2) Attività comunicative;
3) Attività motorie;
4) Attività relative agli spostamenti nell’ambiente;
5) Attività relative alla cura della propria persona;
6) Attività di vita quotidiana (attività domestiche);
7) Attività interpersonali;
8) Attività relative allo svolgimento di compiti e prestazioni
fondamentali.
Con il termine partecipazione si intende, invece, il grado di coinvolgimento
della persona in tutte le situazioni di vita relative alla salute, alle condizioni,