CAPITOLO I – INTRODUZIONE –
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argomento d’esclusivo interesse per le materie che si occupavano della psiche umana
e del comportamento dei gruppi. Solo di recente, anche gli economisti hanno iniziato
a prestare attenzione a questo argomento ed a considerarlo come una variabile
economica degna d’interesse. Gli economisti sono diventati consapevoli che capire, e
poter prevedere, il comportamento dell’individuo, rispetto al proprio lavoro, può
garantire un vantaggio competitivo per le imprese, un vantaggio complessivo per la
società ed arricchire maggiormente la conoscenza di molti fenomeni3.
Questo elaborato è nato con una doppia motivazione: il primo obbiettivo era quello
di identificare più a fondo quali possano essere le variabili economiche e non
economiche che influenzano questo fenomeno in Italia e se queste siano, o meno, in
linea con le variabili identificate per altri paesi europei e mondiali. La seconda
motivazione per cui è stato prodotto questo scritto è la voglia di saziare la passione di
conoscenza dei comportamenti umani che muove, come chi scrive, anche chi ha dato
il via a questo filone di ricerca. La speranza, contenuta in questo lavoro, è quella di
fornire nuova conoscenza e nuovi mezzi a chi studia e a chi ha il compito di
organizzare i lavoratori e di poter capire, e far capire a tutti i futuri lavoratori ed a chi
lo sarà nel futuro, quale può essere4 il modo per essere maggiormente soddisfatti del
proprio lavoro.
Tutto questo scritto è diviso in differenti capitoli5: nel primo capitolo, dove è inserita
questa veloce premessa, si introdurrà il concetto di soddisfazione del lavoro, i metodi
di stima e le finalità per cui viene utilizzata; nel secondo capitolo si fornirà una
rapida panoramica dei più recenti e delle più importanti scoperte effettuate fin’ora
riguardo a questo argomento; nel terzo capitolo si presenteranno i dati oggetto
d’analisi ed i risultati ottenuti; nel quarto capitolo si discuteranno, in maniera più
organica, i risultati ottenuti con qualche breve confronto con la teoria fin qui
3
Nel corso della trattazione sarà spiegato, in maniera più approfondita e rigorosa, il motivo per cui lo
studio della soddisfazione del lavoro generi questi vantaggi.
4
Non esisterà mai una sola “strada” da seguire per essere soddisfatti. La soddisfazione del lavoro è un
concetto che varia notevolmente da individuo ad individuo. In questo lavoro, trovando quali sono le
variabili che, in media, influenzano la soddisfazione, si spera di poter rendere maggiormente
consapevoli tutti quei lavoratori che ancora non lo sono.
5
Ogni capitolo riferito ai dati, sia presenti in letteratura che estrapolati dal questionario oggetto
d’analisi, sono suddivisi in capitoli in base alla variabile oggetto di studio.
CAPITOLO I – INTRODUZIONE –
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prodotta; nel quindi capitolo si tracceranno le conclusioni di quanto fatto e si
confronteranno i risultati ottenuti in questo lavoro, con i risultati fin ad ora prodotti.
1.2 Definizione ed utilizzo del concetto di soddisfazione del lavoro
La soddisfazione del lavoro è, prima di tutto, un valore, espresso sotto forma di
numero, inserito in una scala ordinata; questo valore è riportato, sentito, pensato,
scelto, o, comunque, espresso da ogni singolo individuo, sia volontariamente che
involontariamente, e rappresenta il suo giudizio riguardo al lavoro che svolge. Questa
prima definizione molto tecnica, però, non riesce a spiegare niente di più riguardo
all’origine ed al significato di questo valore.
Prima di spiegare quali sono i principali scopi per cui viene utilizzato questo valore,
ritengo che sia necessario e doveroso spiegare come abbia origine questo valore e
come si debba interpretare. La soddisfazione, come detto, è un’espressione di valore
ed un giudizio che un individuo, che in questo caso è un lavoratore, compie rispetto
all’oggetto d’analisi, che in questo caso è il lavoro che egli svolge. Questo giudizio
viene espresso attraverso la scelta di un valore numerico, inserito all’interno di una
scala ordinata, che di norma va da uno a dieci, dove il valore minimo rappresenta una
situazione di totale insoddisfazione ed il valore massimo rappresenta una situazione
di massima soddisfazione.
Essendo un valore obbligatoriamente soggettivo e non oggettivo6 è difficile anche
analizzare le reali differenze fra due valori fra loro simili; risulta impossibile, infatti,
riuscire a capire le reali differenze esistenti fra due individui che esprimono due
valori molto prossimi fra di loro ed, addirittura, può non essere corretto ritenere
simili i percorsi logici che hanno portato due lavoratori differenti allo stesso livello di
felicità lavorativa. È impossibile, ad esempio, riuscire a determinare, con esattezza,
se vi sia uguale differenza, in termini di variazione di soddisfazione, fra due individui
che esprimono un livello di soddisfazione pari a tre uno e pari a quattro l’altro e due
individui che si ritengono soddisfatti nove e dieci. Per lo stesso motivo non si deve
6
Si vedrà meglio in seguito come mai la soddisfazione del lavoro non può essere mai un valore
oggettivo.
CAPITOLO I – INTRODUZIONE –
7
neanche ritenere che un salto, in termini di motivazione, dal livello uno al livello due
sia uguale al superamento del gap esistente fra il livello tre ed il quarto e così via.
Nonostante queste difficoltà di confronto fra valori troppo prossimi fra di loro e
tenuta sempre ben presente la soggettività che questo indice ha, è attraverso questi
giudizi di merito sul lavoro che si ottiene il concetto di soddisfazione del lavoro e
sono proprio questi giudizi di merito che sono l’oggetto di studio della materia.
Questo concetto però non presenta una sola sfaccettatura ma presenta molteplici
aspetti di si; un lavoratore ha sia una soddisfazione complessiva verso il proprio
lavoro, che anche diversi giudizi riguardanti alcuni aspetti del proprio lavoro.
Analizzare la soddisfazione lavorativa, sia nel suo valore complessivo che nei
differenti aspetti che la compongono, aumenta notevolmente la significatività di
questo indice; di particolare interesse è lo studio della soddisfazione lavorativa
riferita alla paga, alle ore lavorate, alla sicurezza del lavoro, alla possibilità di fare
carriera, alle relazioni con i superiori e alla possibilità di avere ampi gradi di
autonomia7.
I principali utilizzi della soddisfazione del lavoro sono anche la miglior spiegazione
possibile all’esistenza stessa della soddisfazione; per comprendere il concetto di
soddisfazione è più facile, a mio giudizio, capire gli scopi per cui viene utilizzata.
Il primo scopo, per importanza gerarchica e perché è stato il primo motivo per cui si
è studiata la soddisfazione del lavoro anche dal punto di vista economico, è ottenere
una stima l’utilità che il lavoro genera nell’individuo. Utilizzare la funzione
“soddisfazione” vuol dire utilizzare l’approssimazione più vicina, fin’ora trovata, alla
funzione “utilità” generata del lavoro per un singolo individuo. Misurare l’utilità
oggettiva generata da ogni singolo lavoro per ogni singolo lavoratore, infatti, è di per
sé impossibile; quindi si accetta come valida sostituta dell’utilità questa variabile che
è, appunto, quella che meglio approssima all’utilità che un lavoratore ottiene dal
proprio lavoro.
7
Queste categorie, insieme al livello complessivo di soddisfazione, rappresentano le variabili, riferite
alla soddisfazione, maggiormente oggetto di studi.
CAPITOLO I – INTRODUZIONE –
8
Poiché, come previsto in tutta la dottrina economica, gli individui, sia che siano
soggetti consumatori, che produttori, che investitori, si comportano in maniera
razione, quindi cercano di massimizzare la propria utilità attesa compiendo le scelte
per loro più proficue ed evitando le scelte meno redditizie, attraverso la
soddisfazione del lavoro si possono prevedere alcuni comportamenti dei lavoratori
perché si riesce ad approssimare la propria utilità e, quindi, si riescono a prevedere le
mosse che questi compieranno per massimizzarla. In particolare si può prevedere il
livello di “attaccamento” al lavoro, dato che è razionale non “attaccarsi” troppo ad un
lavoro che non soddisfa ed “attaccarsi” fortemente ad un lavoro che genera un alto
livello d’utilità. Dal grado di “attaccamento” si può dedurre anche il grado di
motivazione e coinvolgimento del singolo lavoratore ha nei confronti del posto di
lavoro e, da questo, si possono identificare anche il grado di produttività ed il tasso
assenteismo per malattia associato ad ogni differente livello di soddisfazione per ogni
singolo lavoro. Sempre con la soddisfazione del lavoro, come si vedrà, si può
prevedere anche la possibilità, dipendente dalle scelte del singolo individuo, che il
lavoratore abbandoni il proprio posto di lavoro in favore di un altro causando, quindi,
anche dei costi aziendali in termini di risorse e di tempi. Si può, quindi, tramite la
soddisfazione prevedere, con buoni margini di certezza, alcuni comportamenti degli
individui.
Oltre a questi principali utilizzi, che sono i motivi per cui si ha dato il via alla
corrette di studio anche in chiave economica della soddisfazione del lavoro; il
concetto di soddisfazione del lavoro sta trovando, nel corso degli ultimi anni, anche
nuovi impieghi in svariati campi. Il concetto di soddisfazione del lavoro, quindi di
utilità generata per i lavoratori dal proprio lavoro, è entrato a far parte, nel corso
degli ultimissimi anni, del più vasto concetto di Corporate Social Responsability8:
massimizzare la soddisfazione lavorativa non è più quindi una scelta, a volte
inconscia, dei lavoratori ma anche una nuova strategia delle società motivata dal
perseguimento di una strategia orientata, oltre che al profitto, al sociale.
8
Identificata anche con la sigla CSR; è una nuova linea di pensiero strategico aziendale secondo cui è
possibile, ed auspicabile, generare valore aumentando il profitto ed ottenendo un vantaggio
competitivo attraverso un’ottica finalizzata alla risoluzione dei problemi, di carattere umano ed
ambientale, che interessano a tutti gli stakeholders, sia che siano interni sia che siano esterni.
CAPITOLO I – INTRODUZIONE –
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Il secondo nuovo ambito d’utilizzo, come evidenziato anche da R. J. Best9, della
soddisfazione del lavoro è legato alla massimizzazione dei profitti aziendali e della
redditività del capitale investito. Quest’ottica, che è leggermente distante dalla
classica ottica gestionale associata al concetto di soddisfazione e che non prevedeva
ancora la CSR, ritiene che attraverso la massimizzazione dell’utilità percepita dai
lavoratori si possa, tramite dei passaggi “spontanei ed automatici”, aumentare la
redditività dell’impresa e, di conseguenza, del capitale investito. Effettuando a ritroso
questo percorso, quindi, si può dedurre l’ordine di grandezza della redditività di
un’impresa guardando la soddisfazione media riportata dai suoi lavoratori. Il
ragionamento che motiva l’impiego della soddisfazione del lavoro per questo fine è
che lavoratori maggiormente soddisfatti garantiscono maggiori livelli di produttività
e, di conseguenza, una migliore efficienza aziendale che si trasferisce in un maggior
valore riconosciuto dagli investitori.
L’ultimo “innovativo” utilizzo del concetto di soddisfazione del lavoro è assai
distante da qualsiasi ragionamento riguardante l’utilità personale o la redditività
d’impresa o i modelli comportamentali; attraverso lo studio della soddisfazione,
unitamente ad altri indicatori, è possibile, secondo alcuni autori, valutare il grado di
modernizzazione del mercato del lavoro nei differenti stati ed il grado di
discriminazione presente.
Come si è appena visto è un concetto recente e che, come variabile economica, non
ha avuto ancora una grande mole di studio ma che risulta essere utile in svariati
campi dell’economia; allo stesso tempo è anche una variabile fortemente legata al
singolo soggetto lavoratore, alla sua storia ed al contesto in cui lavora e vive. Tutte
queste caratteristiche hanno suscitato in me l’interesse necessario per compiere
questo lavoro.
9
Best R. J., (2008), Employee Satisfaction, Firm Value and Firm Productivity , Department of
Economics and Finance, University of Central Missouri, Published Online.
CAPITOLO 2 LETTERATURA
2.1 Premesse
Lo studio della soddisfazione del lavoro nasce in ambito sociologico e psicologico
attorno agli anni sessanta come argomento di studio all’interno della psicologia e
della sociologia del lavoro. Il particolare interesse suscitato dal tema della
soddisfazione è dovuto alle implicazioni, che questa ha, con la motivazione ed il
comportamento dei lavoratori. Successivamente, lo studio della soddisfazione
lavorativa passa dall’ambito della psicologia del lavoro a quello strettamente
economico perché si riconosce, alla soddisfazione del lavoro, la capacità di essere
utilizzata in ambito economico per prevedere il comportamento degli individui ed
analizzare la loro funzione d’utilità generata dal lavoro. Lo studio del problema della
soddisfazione lavorativa, pur cambiando formalmente ambito d’interesse, non varia
in maniera radicale la tipologia d’analisi, poiché le cause sottostanti alla
soddisfazione, analizzato in ambito economico, restano molto prossime a quelle
individuate in ambito della sociologia e della psicologia; cambia solo il punto
“d’osservazione”.
CAPITOLO II – LETTERATURA –
11
I primissimi studi, in campo economico, della soddisfazione del lavoro, furono
effettuati da Hamermesh (1977), Freeman (1978) e Borjas (1979); questi autori
partirono, di fatto, dai risultati ottenuti in campo socio-psicologico trattando, però, il
problema dal punto di vista economico. In tempi più recenti, si sono affermati come i
principali studiosi della materia, data la mole di contributi prodotti e la qualità
altissima dei contributi stessi, Clark e Oswald. Nel corso degli ultimi anni, poi, la
materia ha suscitato un interesse sempre maggiore fra gli studiosi e si sono
moltiplicati gli studiosi che si dedicano allo studio delle determinanti della
soddisfazione del lavoro ed all’implicazione che questa ha sul comportamento degli
individui, sulla loro redditività ed, in generale, su tutto l’ambito lavorativo.
Essendo un ambito di studi particolarmente recente, soprattutto in ambito economico,
la mole di materiale, sia come dati che come articoli di riferimento, a disposizione
degli studiosi non ha ancora raggiunto dei livelli di riguardo, come per altri
argomenti. I principali paesi in cui è studiata la soddisfazione del lavoro sono i paesi
d’origine anglo-sassone (Stati Uniti ed Inghilterra come principali) o i paesi del
Nord-Europa.
Questo capitolo, dedicato interamente alla letteratura disponibile in materia, contiene
una panoramica recente10 dell’analisi fin qui svolta sull’argomento attraverso la
presentazione delle principali e delle più recenti conclusioni ottenute attraverso lo
studio della soddisfazione del lavoro. Sono evidenziati anche i due principali filoni di
studio11, in ambito socio-psicologico, della materia per rendere completa in ogni suo
aspetto la panoramica di quanto prodotto fin’ora. Nella sezione dedicata alla
letteratura economica sarà dato ampio risalto, finché possibile, alla letteratura riferita
alle variabili che poi saranno utilizzate per lo studio del campione di dati in nostro
possesso e che sono ritenute come i cardini primi di ogni analisi econometrica
riguardate l’utilità del lavoro. In calce alla sezione economica sarà inserita una
sezione relativa a tutte le altre variabili che non sono state utilizzate nell’analisi dei
dati o che non godono di un ampio numero di articoli pubblicati su di esse, in modo
10
Per una panoramica più completa e dettagliata si può fare riferimento a: P. Stephan, The economics
of science, 1996, Journal of Economic Literature.
11
Lo studio della soddisfazione del lavoro si divide fra l’ambito economico e l’ambito socio-
psicologico.
CAPITOLO II – LETTERATURA –
12
da fornire una visione ancora più amplia degli studi effettuati in materia riguardanti
le variabili utilizzate nel proseguo del lavoro o che si sarebbero volute utilizzare nel
proseguo del lavoro ma che non è stato possibile studiarle12.
Prima di iniziare a presentare in maniera maggiormente dettaglia l’argomento di
questo paragrafo, vorrei citare, per concludere le premesse, un articolo di K. A.
Bender e J. S. Heywood13, per far capire, fin dalle premesse, quali sono le principali
variabili che gli economisti hanno individuato per spiegare la soddisfazione del
lavoro: “l’odierno catalogo di determinanti [della soddisfazione del lavoro…ndr]
include che i lavoratori più giovani e più vecchi hanno una maggiore soddisfazione
lavorativa (Clark, Oswald and Warr, 1996), che le donne hanno una maggiore
soddisfazione lavorativa (Clark, 1997; Sousa-Poza and Sousa-Poza, 2000), che chi fa
parte di un sindacato ha una minore soddisfazione lavorativa (Clark, 1996; Bender
and slogane, 1998; Heywood, Sibert and Wei, 2002), che chi ha una paga media di
riferimento molto alta riporta una soddisfazione inferiore (Clark and Oswald, 1996)
[…]”.
2.2 Sociologia e psicologia del lavoro
Questo paragrafo vuole fornire una sintetica rappresentazione dell’evoluzione del
pensiero socio-psicologico in materia di soddisfazione del lavoro in modo da fornire
le più importanti conclusioni ottenute in materia. Questa rapida e sintetica
panoramica sarà poi utile per comprendere, in maniera più approfondita, alcune delle
conclusioni che saranno presentate successivamente14.
Lo studio della soddisfazione del lavoro, in ambito non economico, è stato
caratterizzato da due approcci differenti: il primo approccio è quello dei bisogni ed il
secondo e quello delle aspirazioni. La teoria dei bisogni, comunque siano definiti,
12
Alcune di queste variabili non sono investigate nel campione analizzato.
13
Bender A. K. and Heywood J. S. (2006), Job satisfaction of the highly educated: the role of
gender, academic tenure and comparison income , University of Wisconsin-Milwaukee, Published
on-line.
14
Per avere maggiori informazioni sull’argomento si può far riferimento ai seguenti autori: Maslow,
Argyris, McGregor, Herzberg, Morse e Mann. Questi autori sono ritenuti i maggiori studiosi della
soddisfazione del lavoro in ambito socio-psicologico.
CAPITOLO II – LETTERATURA –
13
identifica il soddisfacimento di questi come la causa principale della soddisfazione
ottenuta dal lavoro e l’insoddisfazione dei bisogni come la causa di bassi livelli di
soddisfazione riportata. La teoria delle aspirazioni, invece, identifica la causa della
soddisfazione nel grado con cui si realizzano le aspettative che i singoli soggetti
hanno dei confronti del lavoro.
Un’ulteriore differenza fra le due teorie è che, nella teoria delle aspirazioni, fattori
positivi e fattori negativi che influiscono sulla soddisfazione, possono compensarsi e
bilanciarsi; nella teoria dei bisogni non è previsto che la soddisfazione di un bisogno,
che quindi genera soddisfazione, possa compensare la non soddisfazione di un altro
bisogno. Il fatto che la non soddisfazione di un bisogno non possa essere bilanciata
dalla soddisfazione d’un altro bisogno è intrinseca fin dalle prime elaborazioni di
questa teoria che identificavano i bisogni come un “ostacolo” alla soddisfazione del
lavoro che aumenta al diminuire degli ostacoli. La teoria dei bisogni è, fra i due
approcci, quella che ha suscitato il maggior interesse negli studiosi per la difficoltà
incontrata nel dare una definizione del concetto di bisogno e per la difficoltà di
spiegare come questi influenzino la soddisfazione15.
Comune ai due approcci psicologici e sociali ed anche all’approccio economico è il
concetto che la soddisfazione sia multidimensionale poiché diversi sono i fattori che
contribuiscono a modellare l'atteggiamento dell'individuo e la sua soddisfazione.
Questi fattori sono: i fattori individuali, quali la personalità, le capacità; i fattori
sociali, quali le relazioni con i colleghi, l'appartenenza o meno a un gruppo di lavoro;
i fattori culturali, ossia le credenze e i valori; i fattori ambientali come i rapporti
politici, economici, sociali, e i fattori organizzativi, tra i quali le politiche del
personale, la struttura dell'organizzazione, la tecnologia e i sistemi di management.
Prima di passare alla presentazione della recente letteratura prodotta riguardo alla
soddisfazione del lavoro analizzata dal punto di vista economico, è interessante
notare come i due approcci individuati dall’esperienza di studio sviluppata in ambito
psicologico siano andati ad influire anche sugli studi svolti in ambito economico.
15
Non si prosegue oltre nel problema dell’identificazione del concetto di bisogno per maggior
chiarezza espositiva; il tema verrà ripreso in nota quando sarà necessario.