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Sotto tale prospettiva si può riconoscere anche un processo ininterrotto
di training che alimenta la crescita continua dei soggetti coinvolti. Mentre
però tale momento è limitato nel tempo per quanto riguarda il client, per il
consulente questa prerogativa definisce la sua stessa ragione d'essere.
Possiamo quindi capire che, per definizione, il consulente e la sua
organizzazione sono dei soggetti che fanno dell’apprendimento un pilastro
del loro stesso esistere. Il vedere le società di consulenza strategica come
learning organization significa allora andare a studiare una delle loro
dimensioni fondanti.
Certamente il campo dell'apprendimento potrebbe apparire vasto se non
si operasse un'adeguata selezione. Usiamo un esempio per introdurre il
concetto di livello del knowledge estrapolato dalle teorie di Wilkström e
Normann.
In un database possiamo inserire i valori azionari della Coca Cola,
possiamo inserire anche la descrizione di alcune procedure per arrivare a
ben determinati risultati, cosiccome la spiegazione del perché di queste
procedure; ciò che risulta difficile è modellizzare, per esempio, la
comprensione della realtà organizzativa di un'intera azienda.
E' su quest'ultimo piano che si muove il problema della conoscenza
nella consulenza strategica. Vediamo comparire il concetto di knowledge
di quarto livello che implica la comprensione sistemica di una realtà, del
modello che la definisce e delle interrelazioni esistenti fra le sue parti.
Per quanto riguarda le modalità di gestione del knowledge, studi sulle
più importanti società di consulenza hanno definito due correnti di
pensiero, definendo le contrapposte strategie di personalization e di
codification.
La consulenza strategica punta maggiormente su una condivisione
person-to-person della conoscenza, rinunciando alle cosiddette economie
basate sul riutilizzo della conoscenza codificata. L'affermazione che
definisce lo sfondo di tutto questo è che il knowledge di quarto livello non
può essere formalizzato e quindi deve essere condiviso attraverso
l'esperienza sul campo.
In effetti, nella condivisione della conoscenza in ambito consulenziale,
sembra che buona parte degli attuali sistemi informativi lavorino solo sul
knowledge di primo livello (le informazioni di base) oppure di secondo
livello (le skill) o, raramente, di terzo livello (la conoscenza causale
semplice).
Dicendo questo si sta pensando, nel caso delle società di consulenza, ai
database in rete di parecchie grosse società che operano a livello
internazionale. Vengono immagazzinati grandi volumi di dati
6
corrispondenti all'esperienza passata che, attraverso sofisticati motori di
ricerca, possono essere individuati e utilizzati in qualsiasi momento.
Anche informazioni esterne all'organizzazione vengono raccolte,
praticamente in tempo reale, con lo stesso procedimento.
Ma che prospettive si possono intuire per la gestione della conoscenza
di quarto livello? E' interessante notare che il confine fra conoscenza tacita
e conoscenza codificabile non è netto e dipende dagli strumenti di
knowledge management che abbiamo a disposizione.
Con questa prospettiva possiamo allora dire che pure l'asset tacito,
definito successivamente come K4, potrebbe trovare una piattaforma per
la sua condivisione.
Quali caratteristiche dovrà avere questo nuovo strumento di gestione
della conoscenza? Pensando alle società che attualmente operano nel
settore della consulenza: sarà effettivamente realizzabile?
Ecco la direzione che vorrebbe prendere il presente studio: l'intenzione
è quella di individuare delle piste percorribili che possano influire sulla
comunicabilità della conoscenza sistemica e quindi, di pari passo, che
vadano a ridefinire i contorni della società di consulenza strategica vista
sotto il profilo di una learning organization.
Il metodo di lavoro scelto prevede un approfondimento bibliografico
iniziale sui temi della consulenza, dell'apprendimento organizzativo, del
management strategico e del knowledge management. Ad uno studio
teorico, in seconda battuta, verranno affiancati dei contatti con
professionisti del settore con lo scopo di chiarire le dinamiche reali della
gestione del knowledge e di creare un confronto sulle possibili frontiere
dell'apprendimento organizzativo nella consulenza.
Capitolo primo: LE DIMENSIONI DELLA CONSULENZA
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1 - Le dimensioni della consulenza
1.1 Introduzione
Volendo determinare le origini della consulenza si potrebbe controllare
l’età massima delle più grosse società attualmente operanti, quelle cioè
con una tradizione più radicata e si scoprirebbe che non si va oltre la
soglia di questo secolo. Verrebbe da pensare, sbagliando, che si tratti di un
settore moderno, nato con l’inarrestabile crescita tecnologica ed
economica del ventesimo secolo.
Gli albori della consulenza, vista come la possibilità di poter richiedere
un consiglio ad una persona più esperta, possono invece essere fatte
risalire alla figura del saggio delle primitive civiltà tribali. Notizie
documentate possono essere rintracciate anche in testi antichi. Ne
troviamo prova, ad esempio, in un passo del libro dell’Esodo, nel Vecchio
Testamento (Esodo, 18: 13-27); qui Mosè, dopo aver delegato certe
funzioni di amministrazione della giustizia a uomini fidati, lascia la
raccomandazione di ricorrere a lui nei casi particolari di dubbia e difficile
risoluzione.
E’ con l’andare dei secoli che questa figura di saggio factotum viene
ridimensionata a specifici settori per aumentarne l’efficacia e, come si
diceva precedentemente, è solo agli inizi di questo secolo che singoli
soggetti iniziano ad associarsi per costituire società di consulenza
specializzate nella soluzione di problemi economici. Ciò avviene di pari
passo con l’evoluzione e la formalizzazione di studi avanzati in ambito
economico-organizzativo.
Capitolo primo: LE DIMENSIONI DELLA CONSULENZA
8
1.2 Natura e finalità della consulenza
Oggi, quando si parla di consulenza, si pensa immediatamente ad un
settore in continua crescita con elevata produzione di valore aggiunto. Un
qualcosa che nel momento in cui lo si vuol prendere in mano ci scappa
via: la sua definizione infatti e’ difficile quanto il capire quali siano i suoi
confini, il suo spazio “vitale”.
1.2.1 Definizione di consulenza
Nel ristretto ambito professionale Greiner nel libro “Consulting to
management” definisce l’azione di consulenza come un servizio
contrattato con una controparte, nel quale persone qualificate puntano a
dare dei consigli e ad assistere l’analisi di un problema.
Ciò deve avvenire in maniera obiettiva ed indipendente e lo scopo
finale è quello di raccomandare delle soluzioni che, se richiesto, possono
essere supervisionate anche in fase di implementazione (Greiner, 1983).
In modo generico si parla di consulenza per ogni momento in cui si
tenta di cambiare o migliorare una situazione esistente, ma dove non si ha
il diretto controllo sull’implementazione del provvedimento preso (Block,
1985).
1.2.2 La figura del client
La controparte coinvolta nel processo di consulenza è il client, che può
essere impersonato da un singolo individuo, un gruppo, un dipartimento o
addirittura un’intera organizzazione (Block, 1985).
Il consulente ricopre una posizione tale da esercitare un’influenza sul
client, ma non ha potere diretto nell’attuazione di cambiamenti o
nell’implementazione di programmi; è la figura del manager, sia esso
temporaneo o permanente, quella che invece ha un effettivo e diretto
controllo sull’azione.
Andando ad analizzare le motivazioni che portano il client a cercare
una collaborazione nel campo della consulenza, si ritrovano delle
coordinate fondamentali riassumibili in pochi punti base (Kubr, 1986 -
Greiner, 1983):
Acquisizione di speciali conoscenze o skill: Si possono riscontrare
delle condizione nelle quali le risorse interne all’organizzazione del client
Capitolo primo: LE DIMENSIONI DELLA CONSULENZA
9
non sono sufficienti per affrontare un problema in modo efficace. Può
essere richiesto l’impiego di particolari metodi o tecniche in cui solo il
consulente è esperto e per le quali l’investimento in formazione mirata
andrebbe contro criteri di convenienza economica o di fattibilità.
Aiuto professionale intensivo su base temporale provvisoria: In
altre situazioni le risorse umane ci sono, ma in dimensione inadeguata ai
bisogni di un ben determinato periodo temporale. Non vale la pena
assumere nuovo personale specializzato a tempo pieno per coprire
esigenze provvisorie.
Punto di vista esterno imparziale: Anche le migliori persone
all’interno di un’organizzazione possono essere influenzate dal loro
personale coinvolgimento nella stessa, dalle tradizioni diffuse e dai valori
condivisi: condizioni queste che impediscono di vedere sotto una luce di
imparzialità le problematiche in analisi.
Giustificazione delle decisioni manageriali: Talvolta ci sono
decisioni manageriali già identificate che richiedono una analisi strutturata
capace di giustificare in modo oggettivo, di fronte al resto
dell’organizzazione, le tesi abbozzate. Si intravede qui che il consulente
può ricoprire anche un ruolo politico in aggiunta alla sua valenza tecnico
manageriale.
Apprendimento attraverso la consulenza: Alcuni client ricorrono a
dei soggetti esterni, non per trovare la soluzione di un distinto problema,
ma per acquisire speciali competenze tecniche, metodologie per
l’identificazione di problemi o di implementazione dei cambiamenti,
proprie del consulente. In pratica la consulenza diventa un’opportunità di
apprendimento con lo scopo di importare nuove competenze
nell’organizzazione e di aiutare i manager e lo staff ad imparare dalla
propria esperienza.
I benefit dovrebbero eccedere i costi: In aggiunta alla dimensione
tecnica e di apprendimento non si può trascurare la componente
economica. La differenza fra benefit e costi dovrebbe infatti rivelarsi
positiva per giustificare il ricorso ad un soggetto esterno.
Presentazione di nuove idee ed approccio innovativo: Non è da
trascurare l’elemento creativo che può derivare dall’assunzione di un
Capitolo primo: LE DIMENSIONI DELLA CONSULENZA
10
consulente. L’inserimento di un esperto nel processo manageriale può
ampliare gli orizzonti dell’organizzazione con cui collabora: con il suo
bagaglio di esperienza e grazie al training sviluppato nei precedenti casi
aziendali, si ritrova infatti a possedere un’elevata flessibilità e capacità
intuitiva, a tutto vantaggio del client.
1.2.3 La figura del consulente
L’essenza della consulenza è basata sull’interazione fra le qualità
umane del consulente e quelle del client. Nessun programma informatico o
formula matematica può rimpiazzare la figura del consulente nella
comprensione dei sintomi legati ad un problema del client, nella
formulazione di una diagnosi accurata e nel concepimento di una
soluzione creativa. Ne segue che il successo o il fallimento di un progetto
di consulenza dipende dalle molteplici competenze che il consulente riesce
ad apportare/adattare alla particolare situazione in cui si trova immerso il
client.
Sette grandi aree di competenze sono state identificate nella ricerca
delle skill critiche per un perseguimento di efficacia nell’atto consultivo
(Greiner, 1983):
Abilità diagnostica: Il consulente è un problem finder e allo stesso
tempo un problem solver. Raramente la difficoltà dichiarata dal client
nella fase iniziale di un progetto, corrisponde esattamente alla causa reale
dei sintomi percepiti. Molto importante è l’obiettività, perché il consulente
non creda a tutto ciò che gli viene detto dai membri dell’organizzazione
sotto analisi; con una metafora possiamo dire che deve rendersi
sufficientemente indipendente da poter percepire l’intera foresta e non
solo i pochi alberi più appariscenti o più vicini. C’è inoltre bisogno di
un’intensa curiosità per andare oltre i semplici sintomi e le spiegazioni
superficiali.
Un terzo attributo è l’abilità di saper vedere il filo rosso che unisce i
diversi pezzi del puzzle raccolti nella fase preliminare di analisi; deve
inoltre saper ragionare in modo induttivo, trattando ogni situazione come
se fosse nuova ed unica: deduzioni scarsamente mediate da passate
esperienze possono portare a spiegazioni sbagliate e fuorvianti.
Skill per la determinazione di soluzioni e la loro implementazione:
Non è sufficiente la semplice individuazione del problema, per questo
Capitolo primo: LE DIMENSIONI DELLA CONSULENZA
11
motivo il consulente deve integrare le sue competenze diagnostiche con
un’abilità a creare risposte che il client accetterà ed implementerà.
L’immaginazione è un’intangibile ma essenziale skill. Soluzioni
creative sono richieste visto che, altrimenti, il problema sarebbe già stato
risolto dallo stesso client se solo fosse bastato il tradizionale know-how in
suo possesso. Non si tratta semplicemente di essere dei sognatori ma la
creatività deve trovare radici nella realtà visto che i client non
accetteranno di sicuro soluzioni idealistiche, di cui non riescono a scorgere
una modalità di implementazione.
Il coraggio è una qualità speciale se il consulente mira ad operare delle
trasformazioni nell’organizzazione sotto analisi. Solitamente infatti il
client guarda allo status quo, con la convinzione che è meglio un passato
sicuro piuttosto che un futuro incerto: la resistenza al cambiamento è
inevitabile.
Nell’ottica di concretizzare una trasformazione, si rivelerà significante
la capacità di istruire i membri dell’organizzazione studiata e quindi, in
fase di implementazione o di acquisizione delle soluzioni da parte del
client, il consulente ricoprirà anche un ruolo di insegnante-formatore.
Conoscenze generali e specifiche in management e discipline
correlate: I consulenti devono appartenere all’avanguardia della
conoscenza nel loro settore di specializzazione. I client si aspettano
persone aggiornate in modo superiore al loro staff di esperti interni,
competenti nelle teorie manageriali, al passo con i risultati della ricerca di
settore, anche provenienti dall’ambito accademico. Devono però essere
pratici nell’applicazione delle tecniche impiegate.
I migliori consulenti possiedono una competenza generale
polifunzionale comprendente innanzitutto basi di marketing, finanza,
produzione, risorse umane ed accounting. Questo aiuta loro non solo a
vedere l’immagine in toto, ma pure nel dialogo con il top management in
termini a lui comprensibili. E’ necessario inoltre l’approfondimento di
almeno un’area di eccellenza che consenta la specializzazione del
consulente e la determinazione della sua area di expertize.
Skill comunicative: C’è un essenziale talento che sta alla base di tutte
le altre skill appena discusse, ovvero la capacità di una comunicazione
efficace.
Uno stretto rapporto fra il client ed il consulente è fondamentale nella
vendita di una proposta, nel raccogliere accuratamente dati attraverso
interviste e nel guadagnare credibilità nella raccomandazione di alcune
Capitolo primo: LE DIMENSIONI DELLA CONSULENZA
12
soluzioni da adottare. Si tratta di essere in possesso di un’elevata
propensione all’ascolto per poter cogliere nei particolari tutte le tessere del
puzzle buttate dal client sul tavolo durante il data-gathering. E’ richiesta
un’elevata abilità nello scrivere e nella presentazione orale: il sapersi far
capire in modo chiaro, univoco e conciso è di vitale importanza.
Appartiene sempre al campo della comunicazione l’esser in grado di
guidare una discussione su una strada già pensata dal consulente e capace
di soddisfare le sue esigenze di analisi e di data-gathering.
Capacità di vendita e di fare marketing: Il consulente opera in un
settore certamente ad elevata redditività ma comunque pervaso da una
altrettanto elevata competizione. Il fatto di essere assunti da un client è
strettamente vincolato alle stesse leggi di mercato che regolano la vendita
di un qualsiasi altro servizio o prodotto: marketing efficace, visibilità e
un’elevata reputazione sono basilari per aumentare la competitività
personale in campo consultivo. Importante inoltre è la capacità di
fidelizzare i clienti con cui è già instaurato un rapporto di collaborazione.
Competenze manageriali: La principale sfida manageriale deriva
dall’abilità del singolo nel guidare un project team di consulenti. Il lavoro
di gruppo è essenziale quando un team di diversi consulenti è richiesto per
risolvere un problema ad elevata complessità. Senza un’adeguata
leadership il gruppo può essere diviso al suo interno, con gravi
conseguenze nel perseguimento del task principale.
All’interno della struttura organizzativa si devono trovare delle figure
guida per la sua gestione generale, solitamente i senior partner, che curino
la sussistenza e lo sviluppo dell’impresa, anche nel suo ambito strategico.
Persone che andranno a seguire il versante delle risorse umane, favorendo
l’inserimento di nuovi elementi e la loro formazione; che assicureranno un
efficace gestione amministrativa interna e stabiliranno un elevato standard
di controllo qualità sui progetti in atto; elementi che si preoccuperanno di
creare un clima aziendale positivo e motivante per tutti i soggetti
dell’organizzazione.
Attributi della personalità favorevoli alla consulenza: Ci sono delle
attitudini che identificano bene la figura del consulente. Innanzitutto deve
perseguire certi standard etici che gli consentano di rimanere fuori dai
giochi politici dell’organizzazione del client; deve porsi cioè in una
posizione neutra facendo ben capire che il suo compito non è quello di dar
Capitolo primo: LE DIMENSIONI DELLA CONSULENZA
13
ragione a una fazione o all’altra, ma quello di perseguire il bene comune
dell’intera impresa.
Per poter ottenere fiducia dai membri dell’azienda in analisi deve esser
loro comunicata empatia attraverso la comprensione e il rispetto dei
differenti punti di vista. Nel dialogo con il client deve esser trasmessa
positività, ottimismo; soprattutto in condizioni di elevata incertezza che si
possono prospettare in un momento di svolta. Il consulente deve
automotivarsi continuamente e saper puntare sulla sua iniziativa personale,
per poter affrontare la dinamicità del comportamento del client. Deve aver
buone doti di team-player, ovvero deve saper giocare in squadra con gli
altri consulenti coinvolti nel progetto.
Raramente i client dimostrano la loro gratitudine visto che se ci sono
dei miglioramenti il merito è loro e se invece saltano fuori delle
complicazioni, allora è colpa del consulente. Ecco perché quest’ultimo
deve cercare un’auto realizzazione non nei riconoscimenti esterni, ma
intrinsecamente nel suo operato.
Come deve essere conosciuto nei particolari il client, così si deve aver
coscienza delle proprie capacità: il consulente deve essere consapevole
delle sue potenzialità e dei suoi limiti, per poter impostare al meglio il suo
comportamento di fronte agli avvenimenti in atto nell’impresa del client.
In fine, dal punto di vista fisico, il consulente deve essere in grado di
resistere a prolungati periodi di stress, a condizioni di vita alquanto
irregolari e deve adattarsi ad un’elevata mobilità fisica per spostarsi da una
sede ad un’altra.
1.3 Il processo consultivo
E’ importante comprendere quali siano le modalità con cui il
consulente si trova ad operare una volta a contatto con l’organizzazione
del client. A tal fine può rivelarsi interessante scoprire la presenza di una
doppia dimensione che regola le dinamiche del servizio di consulenza.
La Dimensione tecnica riguarda la natura del problema che deve
affrontare il client ed il modo in cui tale problema può essere analizzato e
risolto. Il client si aspetta dal consulente una considerevole esperienza
tecnica nell’area di interesse ed una capacità di saper lavorare con
metodologie di problem-identification e di problem-solving che includono
la raccolta, la verifica e la interconnessione dei fatti in gioco, delle
assunzioni e delle impressioni del client, al fine di costruire un’adeguata
diagnosi.
Capitolo primo: LE DIMENSIONI DELLA CONSULENZA
14
La dimensione umana è connessa alla relazione che si instaura fra il
consulente ed il client ed al modo con cui le persone appartenenti
all’organizzazione del client reagiscono ai cambiamenti e possono essere
aiutate a pianificare e ad implementare gli stessi.
Il consulente ed il client devono chiarire i loro rispettivi ruoli,
consapevoli della loro complementarietà. Il consulente può scegliere fra
diverse modalità di interrelazione in considerazione della natura del
problema, dell'esperienza e delle attitudini del client.
Il risultato finale, per essere duraturo, deve essere raggiunto in modo
congiunto fra i due soggetti principali. Nella fase di implementazione
degli interventi pianificati il consulente si ritrova faccia a faccia con la
necessità di saper dialogare con gli aspetti psicologici del cambiamento,
sostenendo il client nel limitare e nel superare le eventuali resistenze
interne della sua organizzazione ai mutamenti in atto.
Tenendo ben presenti queste due coordinate possiamo determinare un
modello sequenziale in cui suddividere le varie fasi del processo
consultivo. E' possibile ricorrere ad una versione semplificata sviluppata
su cinque stadi, ovvero: entrata, diagnosi, pianificazione dell’intervento,
implementazione e chiusura (Kubr, 1986).
Ovviamente un modello universale non può essere applicato
ciecamente a tutti i problemi, ma certamente può provvedere ad un buon
framework per strutturare e pianificare particolari assegnamenti e progetti.
Nell’applicazione del modello a casi concreti sono riscontrabili delle
sovrapposizioni fra le differenti fasi o la presenza di cicli di feedback a
stadi precedenti.
Entrata: In questa fase il consulente inizia a lavorare con il client: si
hanno i primi contatti, le discussioni sul cosa il client vorrebbe cambiare
nella sua organizzazione ed in che modo il consulente potrebbe aiutarlo,
c’è la chiarificazione dei loro rispettivi ruoli, la preparazione del piano
degli incarichi basata su un’analisi preliminare del problema e la
negoziazione e l’accordo del contratto di consulenza.
Diagnosi: La seconda fase è una diagnosi in profondità del problema
da risolvere, basata sulla ricerca ed analisi dei fatti ad esso connesso.
Durante questo stadio il consulente ed il client cooperano
nell’identificazione della tipologia di cambiamento richiesto. L’esito della
fase diagnostica è sintetizzato e vengono stese delle conclusioni su come
orientare il lavoro attraverso proposte di interventi.
Capitolo primo: LE DIMENSIONI DELLA CONSULENZA
15
Figura 1.1 : Fasi del processo di consulenza (Kubr, 1986)
Pianificazione dell’intervento: La terza fase mira a determinare le
soluzioni del problema. Essa include lo sviluppo di differenti alternative e,
attraverso la loro valutazione, l’elaborazione di un piano per implementare
i cambiamenti richiesti. Di seguito le proposte vengono presentate al client
per decidere effettivamente in che modo muoversi. La pianificazione degli
interventi richiede immaginazione e creatività, così come un rigoroso e
sistematico approccio di identificazione e di esplorazione delle alternative
fattibili e di eliminazione delle proposte che possono condurre a
cambiamenti controproducenti o non necessari. Una significante
dimensione di questa fase è rappresentata dallo sviluppo della strategia e
delle tattiche per l’implementazione degli interventi previsti.
• Primi contatti con il client
• Diagnosi preliminare del problema
• Pianificazione degli incarichi
• Presentazione degli assegnamenti al client
• Contratto di consulenza
• Ricerca dei dati
• Analisi e sintesi dei dati
• Esame dettagliato del problema
• Sviluppo soluzioni
• Valutazione alternative
• Proposte al client
• Pianificazione dell’implementazione
• Assistenza nell’implementazione
• Aggiustamento delle proposte
• Training
• Verifica
• Report finale
• Analisi per eventuale proroga
• Termine del contratto
1 – Entrata
5 – Chiusura
4 – Implementazione
2 – Diagnosi
3 – Pianificazione dell’intervento
Capitolo primo: LE DIMENSIONI DELLA CONSULENZA
16
Implementazione: Questa quarta fase rappresenta un test di verifica
della rilevanza e della fattibilità delle proposte sviluppate dal consulente in
collaborazione con il client. I cambiamenti proposti iniziano ad essere una
realtà e ciò può avvenire secondo i piani previsti o, non di rado, con degli
scostamenti. Nuovi problemi e ostacoli possono venire a galla assieme a
false assunzioni o errori di planning. Le resistenze al cambiamento si
possono rivelare diverse da quelle assunte a livello diagnostico o di
pianificazione ed il progetto iniziale ed il piano degli interventi può
richiedere degli aggiustamenti. Ne risulta quindi che il monitoraggio e la
gestione dell’implementazione divengono una fase non meno importante
delle precedenti.
Chiusura: La quinta ed ultima fase del processo di consulenza prevede
diverse attività: la performance del consulente durante il suo
assegnamento, l’approccio considerato, gli interventi portati a termine e i
risultati raggiunti devono essere valutati sia dal client che dal consulente.
Avviene quindi la presentazione di un report finale e se c’è un interesse
delle parti in causa a proseguire la collaborazione, un prolungamento del
contratto può essere preso in considerazione.
Una volta che queste attività sono state portate a termine il consulente
chiude il contratto e l’assegnamento viene considerato concluso per mutuo
accordo.
1.4 La consulenza manageriale
Come già anticipato, le radici della consulenza manageriale vanno
indietro fino agli inizi del 1900, quando aveva un orientamento
prettamente ingegneristico. Alla rivoluzione industriale della metà dell'
'800, è seguito l’avvento del management scientifico agli inizi del '900,
basato sulle teorie di Frederick Taylor, H. L. Gantt e Frank Gilbreth.
Questi pionieri hanno proposto l’uso sistematico della job analysis, dei
tempi standard e dell’incentivazione, al fine di razionalizzare e migliorare
le condizioni dei lavoratori in quelle che, al tempo, erano considerate le
imprese d’avanguardia.
I consulenti in management si sono focalizzati in ambito tecnico fino al
termine della seconda guerra mondiale, dove si è passati da un’industria
war-oriented alla produzione primaria di beni di consumo. I consulenti
hanno cominciato a sviluppare servizi per incontrare i bisogni in
espansione di assistenza finanziaria, sviluppo di nuovi prodotti e
formazione dei supervisor.
Capitolo primo: LE DIMENSIONI DELLA CONSULENZA
17
Dal 1950 è nata l’integrazione fra le scienze manageriali e il mondo
dell’informatica; si sono sviluppate una miriade di nuove sofisticate
tecniche, utilizzabili dai consulenti nei loro interventi all’interno delle
organizzazioni: dal budget alla ricerca di marketing, dai software
specializzati al data-processing.
Dagli anni '60 la consulenza manageriale comincia ad essere
un’industria in forte crescita. L’innovazione tecnologica introdotta dai
computer ha consentito di superare i rudimentali sistemi di catalogazione e
di accounting per arrivare a sofisticati sistemi informativi ad elevata
performance anche in applicazioni real-time. Studi di planning strategico
sono stati spronati dall’intensificazione della competizione, dall’avvento
di industrie emergenti, dalla formazione di un mercato globale e
dall’inflazione. La nascita delle industrie di servizio hanno richiesto nuove
strategie di marketing, politiche per il personale e strutture organizzative.
1.4.1 Aree di intervento
Una catalogazione dettagliata di tutte le aree di servizio in ambito
manageriale risulterebbe difficile perché, nella stragrande maggioranza dei
casi, esiste una intersettorialità fra le varie attività. Tenendo però ben
presente le suddivisioni funzionali di un’impresa possiamo arrivare alla
seguente schematizzazione:
1. General management
Planning organizzativo, Strategia, …
2. Produzione
Controllo di produzione, Strumentazioni, …
3. Risorse umane
Sviluppo manageriale, Selezione, Training, …
4. Marketing
Previsione vendite, Pricing, Distribuzione…
5. Finanza e controllo
Controllo di gestione, Valutazione, …
6. Fornitori
Acquisti, Gestione scorte, Gestione ordini…
7. Ricerca e sviluppo
Determinazione e gestione progetti, …
8. Gestione Qualità
Certificazione ISO 9000, …
9. Packaging
Attrezzature, Design, Testing, …
10. Amministrazione
Office management, Procedure di gestione, …
11. Internazionalizzazione
Licensing, Tariffe, …
12. Sistemi informativi
Informatizzazione dei servizi, Intranet, Internet, …
13. Servizi specializzati
Recruiting, Consulenza legale, …
Tabella 1.1 : Classificazione dei servizi di consulenza manageriale
Capitolo primo: LE DIMENSIONI DELLA CONSULENZA
18
Per soddisfare una domanda in espansione dei più disparati servizi, una
miriade di nuove società si presentano continuamente sul mercato. Non
esiste un prototipo unico di azienda di consulenza ma la struttura è
strettamente connessa con gli obiettivi perseguiti.
Ci si focalizza su singoli settori industriali, su particolari discipline o in
mercati ben localizzati, oppure ci si posiziona nell’ambito del settore
pubblico o si compie la scelta consapevole di lavorare su un portafoglio di
servizi più ampio e differenziato. A livello di dimensioni si passa da liberi
professionisti che si muovono indipendentemente fino alle mega società di
consulenza che operano a livello globale, contando migliaia di operatori
dispersi su tutti i continenti.
1.4.2 Consulenza in General management
Una considerevole area della consulenza manageriale riguarda
l’essenza, gli obiettivi basilari, la strategia, la pianificazione nel medio
lungo termine, la strutturazione ed il controllo di una organizzazione.
Questi problemi sono definiti come problemi di general management e i
consulenti che operano in questo settore di competenza si distinguono
dagli specialisti che intervengono in particolari aree funzionali (finanza,
marketing, …) o da chi opera prevalentemente con particolari tecniche
(controllo di produzione computerizzato, schemi di incentivazione, …).
I problemi affrontati sono caratterizzati da una multi-funzionalità e da
una inter-disciplinarietà. Sono multifunzionali in quanto il consulente si
trova a dialogare con diverse funzioni del business (produzione,
tecnologia, organizzazione, marketing, …) e deve saper intuire in che
modo la loro interazione è legata alle stesse problematiche.
Interdisciplinari visto che si deve essere in grado di vedere il problema
da diversi punti di vista. Un problema di business strategy può avere
dimensioni economiche, tecnologiche, finanziarie, legali, psico-
sociologiche, motivazionali, politiche: non c'è un confine ben definito che
delimiti il campo di intevento.
Il consulente in general management è però, a suo modo, anche lui uno
specialista: la sua particolarità è quella di saper combinare un insieme di
altre specialità in un bilanciato e coerente approccio multifunzionale e
interdisciplinare. Deve essere in grado di usare le conoscenze degli esperti
delle varie aree senza dar troppo rilievo alle singole prospettive,
ricercando continuamente l’assetto più equilibrato e ottimale per il
business.