In un mondo globalizzato, in cui le grandi narrazioni religiose, politiche, sociali
ed artistiche della modernità sembrano aver perso ogni valore e dove i flussi di
informazione diventano sempre più densi e veloci, l'individuo sperimenta la
frammentazione della sua identità individuale e collettiva in dimensioni
molteplici, ritrovandosi come paralizzato di fronte al sovraccarico di senso. In
questo modo il rischio di derive fondamentaliste di tipo religioso, territoriale o
etnico in seguito al bisogno pressante di ritrovare un'identificazione, diventa
sempre più forte.
L'attuale dibattito sugli impatti del nuovo paradigma tecnologico sulla condizione
umana non ci aiuta a capire cosa stia effettivamente accadendo poiché si è
polarizzato secondo la vecchia e abusata contrapposizione tra apocalittici e
integrati, cioè tra chi giudica questo cambiamento essenzialmente in senso
orwelliano (3) esprimendo preoccupazioni eccessive sui rischi per la libertà
individuale e per un'eccessiva mercificazione dell'individuo e chi invece esalta
le potenzialità liberatorie dei computer e delle autostrade informatiche. Da una
parte dunque vi sono i tecnoentusiasti che salutano le nuove tecnologie
informatiche come la via d'uscita dalla crisi strutturale delle società occidentali e
celebrano la Rete come il nuovo luogo di definizione dell'individuo, una nuova
sfera pubblica discendente diretta dell'agorà ateniese (4), tralasciando del tutto
l'aspetto dell'esclusione di grandi masse di individui da questo nuovo mondo
digitale. Dall'altra parte - destinati ad assottigliarsi di numero - i neoluddisti, cioè
quelli che vedono la loro visione umanistica seriamente minacciata dal "nuovo
che avanza" e rifiutano con orgoglio la realtà tecnologica che si va delineando,
ammonendo chiunque li ascolti sugli effetti nefasti di computer e Internet.
Al di là dei diversi modi di intendere il cambiamento (5), quello che è evidente è
che oggi ci troviamo catapultati in una trasformazione improvvisa che non si è
ancora assestata: essa è alle sue prime fasi e i suoi effetti a medio e lungo
termine - negativi o positivi - potranno essere valutati solo tra qualche anno,
quando vi sarà una maggiore diffusione delle nuove tecnologie nel tessuto
sociale. La tecnologia, infatti, elabora strumenti sempre più potenti e veloci per
la raccolta, l'elaborazione e la trasmissione di dati in quella lingua universale
che è il codice binario. Rispetto al passato quindi, il ruolo dell'informazione è
quello di un nuovo capitale, di una preziosa merce di scambio che può essere
accumulata, negata, o addirittura imposta, e che diventa così una nuova fonte
di potere. Per questo motivo diventa centrale considerare non più la proprietà di
mezzi di produzione, ma la proprietà delle tecnologie di raccolta, trattamento e
diffusione dell'informazione, dal momento che:
La produttività e la competitività […] all'interno di questa economia
dipendono in modo sostanziale dalla propria capacità di generare,
elaborare e applicare con efficienza informazione basata sulla
conoscenza (6).
In questo lavoro si cercherà di rispondere ai seguenti interrogativi: si può
effettivamente parlare oggi di un nuovo tipo di società? In caso affermativo, da
dove nasce questa nuova forma di società e come si caratterizza? Infine: quale
ruolo hanno avuto lo sviluppo e la diffusione della tecnologia in questo
cambiamento?
Note all'Introduzione
1 Melvin Kranzberg, The Information Age: Evolution or Revolution?, citato in
Manuel Castells, La Nascita della Società in Rete, Milano, EGEA, 2002, nella
prefazione di Guido Martinotti.
2 Manuel Castells, Galassia Internet, Milano, 2002, Feltrinelli, p. 184.
3 Jeremy Rifkin, L'Era dell'Accesso, Milano, 2000, Mondadori.
4 Nicholas Negroponte, Essere Digitali, Milano, 1995, Sperling & Kupfer.
5 Tomás Maldonado nel suo Critica della Ragione Informatica, Milano, 1997,
Feltrinelli, sostiene la necessità di esplorare i pro e i contro della cosiddetta
"ragione informatica", cioè di "tutto il complesso di argomentazioni o di
pseudoargomentazioni utilizzate per fornire una giustificazione storica [...] di
tutto il vasto fenomeno delle nuove tecnologie di informatica e di
telecomunicazioni." Quest'ultima citazione è tratta da un'intervista di
Mediamente a M. dal titolo "Web: se c'è una ragnatela, dev'esserci un ragno",
Milano, 26 novembre 1997.
<http://www.mediamente.rai.it/home/bibliote/intervis/m/maldonad.htm>
6 M. Castells, La Nascita della Società in Rete, cit., p. 83.
Capitolo 1
Dalla Società dell'Informazione alla
Società Informazionale
1.1 Le origini della Società dell’Informazione
1.2 Verso una definizione della Società dell’Informazione
1.3 La Società dell’Informazione negli Stati Uniti e in Europa
1.1 Le origini della Società dell'Informazione
Per capire il processo storico e culturale che ha portato alla definizione del
concetto di "Società dell'Informazione" si può partire dal passato prossimo. Il 9
Agosto 2001 un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, ha istituito un
nuovo dicastero: il Ministero per l'Innovazione e le Tecnologie (1). L'obiettivo
principale di questa nuova istituzione, affidata all'ex Presidente e Direttore
generale della IBM Europa - Lucio Stanca - è lo sviluppo della società
dell'informazione in Italia attraverso un programma dettagliato di riforme,
illustrato nel 2002 in un documento intitolato "Linee guida del Governo per lo
sviluppo della Società dell'Informazione nella legislatura" (2). Nell'introduzione
lo stesso Ministro scrive:
diventa pertanto strategico per il nostro Paese, così come per tutti i
Paesi moderni, una strategia complessiva di realizzazione della
Società dell'Informazione che si basa sull'innovazione e la
conoscenza. [...] Queste linee guida per la legislatura descrivono e
definiscono l'impegno del Governo a condurre l'Italia in una posizione
di protagonista nell'era digitale [...] sviluppando un modello di
Società dell'Informazione che migliori la qualità della vita e prevenga
da esclusioni di qualsiasi natura (3).
Questo documento segue la pubblicazione da parte della Commissione
Europea nel giugno del 2001, di un altro documento intitolato "e-Europe 2002,
Una Società dell'Informazione per tutti", nel quale era stato presentato un
insieme di misure e azioni politiche che gli Stati membri dell'Unione avrebbero
dovuto adottare "al fine di trarre il massimo vantaggio dalle opportunità offerte
dalle nuove tecnologie dell'informazione" e per "mettere i vantaggi della Società
dell'Informazione alla portata di tutti i cittadini europei" (4).
Iniziative che testimoniano dunque l'interesse da parte delle istituzioni politiche
nazionali ed europee - tradizionalmente considerate poco attente ai temi
dell'innovazione - per il cambiamento tecnologico, che viene considerato
inevitabile, e per i suoi impatti sui diversi ambiti della società: istruzione,
amministrazione, cittadinanza, salute, lavoro. La questione è considerata
talmente importante da dover richiedere l'istituzione di appositi ministeri - come
nel caso italiano sopra citato - che attraverso strategie politiche definite in
articolati piani d'azione, si occupino di condurci senza troppi traumi verso una
società caratterizzata da maggiori opportunità per tutti i cittadini.
Dalla lettura dei documenti ufficiali che si occupano di innovazione, traspare
infatti un forte ottimismo basato sulla certezza che l'introduzione e la diffusione
delle nuove tecnologie, Internet in particolare, determineranno in maniera quasi
automatica una società più democratica, più aperta e solidale. L'assunto
implicito è più o meno questo: nella configurazione della nostra società
l'informazione va assumendo un'importanza sempre più strategica, le
tecnologie ci permettono di gestire l'informazione e potenzialmente di
estenderla a tutto il tessuto sociale, ergo, se daremo ad ogni individuo la
possibilità di accedere all'informazione in ogni sua forma, questi verrà
maggiormente coinvolto come cittadino nelle gestione della cosa pubblica e
quindi si avrà una nuova società sicuramente più democratica.
La questione però, se così si può dire, è che la nostra non sta evolvendosi in
una "Società dell'Informazione", per il semplice fatto che lo è già. L'informazione
è importante da almeno tre secoli, se non addirittura da prima. Se infatti, come
riporta Manuel Castells, il termine "Società dell'Informazione" sottolinea
l'importanza che l'informazione - "nel senso di comunicazione del sapere
all'interno di un quadro intellettuale unico" - riveste in una determinata società, e
ciò sembra confermato dalla lettura dei documenti ufficiali sopra citati, si
potrebbero a ragione definire come Società dell'Informazione anche altre
società del passato, Europa medievale compresa (5).
Allora perché si sente spesso ripetere da più parti che "stiamo entrando nell'Era
dell'Informazione"? Perché i governi delle nazioni interessate al cambiamento
informatico si danno l'obiettivo di condurre i rispettivi paesi nella "Società
dell'Informazione"?
In effetti c'è una certa confusione, non solo terminologica. Questa in parte è
riconducibile al fatto che in questo periodo storico delle nuove configurazioni
sociali si stanno sovrapponendo a quelle già esistenti e che proprio per il loro
carattere ancora indefinito, quasi primordiale, sono state definite da qualcuno
come "neuromagmatiche (6)". Una confusione che viene alimentata anche da
un "nuovo" mito collettivo che celebra le nuove tecnologie come dispensatrici di
libertà, democrazia e progresso.
"Società dell'Informazione" è un'espressione che può senz'altro definire
correttamente le diverse società occidentali fin dalla metà del XVII secolo.
Tuttavia dagli ultimi tre decenni del XX secolo, in virtù dell'affermazione di
specifici processi come la globalizzazione dell'economia e della cultura e la
diffusione di tecnologie di comunicazione e di trasporto sempre più efficienti e
veloci, si è andata affermando la cosiddetta "Società Informazionale", in cui
l'importanza dell'informazione è molto più centrale rispetto alla precedente, che
tuttavia continua ad esistere. Inoltre, grazie alle tecnologie di comunicazione, si
afferma prepotentemente il modello "a rete" in base al quale si riorganizzano le
diverse strutture sociali, economiche e culturali determinando la nascita di
quella che Manuel Castells definisce "la Società in Rete".
Ogni configurazione non esclude le altre, perché la loro affermazione e
diffusione non è uniforme sia nel contesto globale, sia nel contesto di una
specifica area nazionale. Ad esempio può darsi il caso che una certa area di un
dato paese si trovi inserita in un circuito di relazioni commerciali e che questi
scambi le permettano uno sviluppo economico ed un benessere collettivo molto
maggiore di un'altra area, anch'essa appartenente allo stesso paese, che però,
per diverse ragioni, si trova ad essere esclusa da qualsiasi relazione
commerciale. Può essere un esempio estremamente semplificato, ma serve a
far capire che nel primo caso si può parlare di "Società in Rete", nel secondo
certamente no. Se però quest'area esclusa - magari perché è ancora legata ad
un'agricoltura rurale - attraverso l'uso delle tecnologie riesce in qualche modo
ad entrare in un circuito di scambi, diventando un nodo di una rete in cui
transitano dei flussi di ricchezza, vendendo via Internet i suoi prodotti in altre
parti del mondo, compie un passo in avanti verso lo status di "in Rete", senza
tuttavia configurarsi come "Informazionale". Informazionale indica il fatto che a
differenza delle società industriali del passato in cui la cultura era uno
strumento di dominio sulla natura, oggi la cultura rimanda a se stessa poiché
grazie alla tecnologia si è realizzato il dominio quasi totale della cultura sulla
natura. L'interazione e l'organizzazione sociali si svolgono in una dimensione
puramente simbolica, l'informazione quindi è diventata la chiave di volta
dell'organizzazione sociale.
Anche la ricostruzione storica di Armand Mattelart (7) ci conferma l'assoluta non
novità della nozione di "Società dell'Informazione". Quello dell'autore francese è
soprattutto un progetto di critica alle parole; dal momento che il linguaggio ha la
capacità di configurare le rappresentazioni collettive, soprattutto in relazione
agli scenari che si vanno profilando, molto spesso questo viene adoperato sulla
scorta di determinati interessi - specialmente economici - per la definizione di
opportuni "discorsi redentori" sul potere salvifico delle nuove tecnologie. "Neo-
darwinismo informatico", "tecnodeterminismo" sono i termini usati per definire
questo modo di intendere e di pubblicizzare la nuova società totalmente
comunicante che ci sta di fronte, insistendo sempre e soltanto sugli aspetti
positivi, dimenticando del tutto, in buona fede o meno, che oltre alle opportunità
si vanno definendo anche nuovi modelli di potere e di egemonia culturale che
determineranno l'esclusione di un gran numero di persone da questo nuovo tipo
di società. Senza contare gli aspetti legati al controllo della vita privata del
cittadino.
Secondo la ricostruzione di Mattelart i presupposti della nascita della "Società
dell'Informazione" vennero posti alla metà del XV secolo con l'invenzione della
stampa a caratteri mobili che diede vita ad un flusso di informazione nuova.
Cinquant'anni dopo l'invenzione di Gutenberg erano già stati prodotti più di otto
milioni di libri (8) che si occupavano degli argomenti più disparati: legge,
agricoltura, politica, scienza eccetera.
La crescente produzione di libri permise all'individuo comune di disporre di
informazioni prima inaccessibili e attraverso la stampa di contratti, di atti legali,
di cambiali e di mappe diede un forte impulso al commercio. Più tardi, nella
prima metà del XVII secolo, quando gli Stati-Nazione appena definiti dal
Trattato di Westfalia (9), sentirono la necessità strategica di pianificare il loro
sviluppo, garantendo allo stesso tempo la propria sicurezza, l'informazione si
legò ancora più strettamente all'ascesa del capitalismo moderno.
Il progetto scientifico di quel periodo era rivolto all'organizzazione del
ragionamento e del discorso secondo un'impostazione matematica: servivano
metodi di calcolo sempre più rapidi per gestire le informazioni legate al
commercio internazionale "a beneficio di negozianti, finanzieri e speculatori
(10)". La navigazione marittima esigeva la costruzione di imbarcazioni più
efficienti e di strumenti utili al calcolo delle longitudini, che erano presupposti del
predominio sui mari.
L'idea della pianificazione ossessionò scienziati come Francis Bacon (11), i
quali erano convinti che il progresso si fondasse sulla sicurezza dello Stato-
Nazione basata sull'informazione, la quale era a sua volta considerata sia come
intelligence, indagine, spionaggio dei paesi con cui si intrecciavano gli scambi,
sia come protezione dell'informazione, anche attraverso sistemi di crittografia.
La conoscenza, intesa come fonte di orientamento delle scelte in un contesto di
incertezza, divenne quindi essenziale per lo Stato; la "scienza utile" si arricchì di
nuove discipline: la statistica, ad esempio, che tramite l'uso del censimento e
attraverso la costruzione di tabelle e grafici permise di ottenere una
rappresentazione fedele della popolazione, del territorio e dei fenomeni
socioeconomici sia per una conoscenza del presente, che per una previsione
del futuro. La scienza venne applicata anche alla guerra: poiché la tattica bellica
non si basava più sulla posizione bensì sul movimento, diventò vitale la
conoscenza del territorio. La Francia fu una delle prime nazioni ad impegnarsi,
attraverso l'istituzione di un corpo di ingegneri nell'esercito, in un progetto di
mappatura e di costruzione di una rete di fortificazioni, di "un sistema di reticoli"
(12) che avrebbe permesso il controllo dei mezzi di comunicazione e facilitato
l'accesso al territorio nemico. Il "sistema di reticoli" può essere considerato
un'anticipazione del concetto di Rete.
La gestione dell'informazione necessitò presto di livellare tutto ad uno standard,
e l'istituzione del sistema metrico decimale, che seppellì definitivamente
l'anarchia feudale delle misure nella Francia post-rivoluzionaria, ne è un chiaro
esempio. Oltre alla dichiarazione dei Diritti dell'Uomo, l'ideale egualitario
rivoluzionario ispirò anche l'unificazione della lingua con l'abolizione dei dialetti,
l'adozione del codice civile e della scienza statistica, mentre Denis Diderot e
Jean-Baptiste D'Alembert davano vita al progetto enciclopedico di un sapere
codificato e universale.
Alla fine del XVIII secolo cambiò anche il modo di concepire il processo storico:
ogni società era per forza di cose votata ad un miglioramento progressivo (13)
ragion per cui la matematica, in particolare il calcolo delle probabilità, fu
applicata alle scienze sociali e politiche allo scopo di sfruttare l'osservazione
della frequenza degli eventi passati per ottenere una stima probabile
dell'avvenire.
Nel 1794 il Ministero della Guerra francese inaugurò la prima linea telegrafica
ottica Parigi-Lilla. L'ambiente scientifico fu esaltato da questa nuova invenzione:
il telegrafo annullava le distanze e quindi permetteva in teoria a tutti i cittadini di
comunicare quasi istantaneamente; già allora la comunicazione era considerata
uno dei fondamenti della democrazia, ragion per cui il telegrafo avrebbe potuto
diffondere la democrazia a tutto il genere umano. Purtroppo queste speranze
furono disattese, poiché il codice ottico rimase coperto dal segreto militare.
Con il periodo immediatamente successivo all'invenzione del telegrafo ottico,
circa le aspettative di democrazia connesse all'uso di questa nuova estensione
delle capacità comunicative umane, Armand Mattelart fa coincidere una delle
prime manifestazioni di un curioso fenomeno:
A ogni ciclo tecnologico si rinnoverà il discorso redentore sulla
promessa di concordia universale, di democrazia decentrata, di
giustizia sociale e prosperità generale. E ogni volta si ripeterà anche il
fenomeno dell'amnesia nei confronti della tecnologia precedente. (14)
A prescindere dagli strumenti tecnologici implicati in un cambiamento, siano
essi il telegrafo ottico, la radio, la televisione o Internet, l'entusiasmo per
qualunque medium che annulli le distanze di tempo o di spazio, sottintende
regolarmente il mito dell'agorà ateniese dove i cittadini controllavano il governo
della polis direttamente dalla piazza, attraverso la partecipazione e la
discussione (15).
Abbiamo quindi visto che il concetto di rete non è poi tanto nuovo. Dopo la
mappatura a scopi militari del territorio francese, anche l'età positiva di Saint-
Simon fece riferimento alla rete come principio organizzativo sociale ed
economico di una società che già allora era considerata in crisi, dal momento
che non si era compiuto il passaggio dalla società teologica e feudale alla
società industriale e scientifica. L'organismo-rete fu il modello su cui si sarebbe
dovuta impiantare la nuova società, in base alla fede nella comunicazione come
dispensatrice di democrazia attraverso il dominio sullo spazio - fede che veniva
confortata dall'esempio degli Stati Uniti che nel frattempo si stavano
impegnando nella costruzione di reti ferroviarie. Per Saint-Simon e i suoi
contemporanei era chiaro che assottigliando le distanze da punto a punto si
sarebbero annullate anche le distanze tra una classe sociale e l'altra.
La concezione della società come organismo significò anche suddivisione di
funzioni: Charles Babbage si occupò della divisione del lavoro mentale
progettando le prime macchine calcolatrici per la "tessitura" di modelli algebrici
basati sul cosiddetto "uomo medio" descritto dagli statistici (16). L'informazione
venne usata per contabilizzare ogni ambito dell'attività umana: governo, lavoro
in fabbrica, lotta al crimine, pianificazione e controllo sociale - dal momento che
attraverso di essa si riteneva fosse possibile risalire alle "forze perturbatrici"
dell'intero sistema.
Un'ulteriore conferma del fatto che il concetto di rete non è poi tanto nuovo, è
data da una delle anticipazioni più sbalorditive di Internet come un grande
ipertesto, e cioè dal progetto classificatorio universale dell'Istituto Internazionale
di Bibliografia, fondato a Bruxelles nel 1895. Secondo i suoi creatori il progetto
si rendeva necessario dal momento che il XIX secolo con la sua velocità aveva
ormai portato l'informazione ad una dimensione globale e aveva creato
un'opinione pubblica mondiale allargando la cerchia sociale (17). Precedendo
quindi di circa un secolo le teorie sulla Società in Rete, Paul Otlet, uno dei
fondatori dell'Istituto, anticipò il World Wide Web immaginando una
rete che collega centri di produzione, distribuzione e gestione, di
qualunque specie e di qualunque luogo. La grande biblioteca è dotata
di schermi […] e permette di leggere in casa propria libri esposti nella
sala "televideo" delle grandi biblioteche. (18)
L'avvento dell'elettricità diede alla rete nuove possibilità. Le teorie anarchiche di
fine 1800 salutarono la nuova forma di energia come una forza flessibile e
ubiqua che avrebbe esteso ancora di più la portata della comunicazione
segnando l'inizio di una nuova era. Le metropoli non sarebbero state più il
centro di concentrazione di tutti i mezzi di produzione, ma ogni città, ogni paese
sarebbe stato un centro e ciò avrebbe permesso la nascita di una nuova società
"neotecnologica" più decentrata, libera da ogni forma di ingiustizia e
disuguaglianza (19).
Per quanto riguarda l'informazione, grazie all'elettricità fu possibile progettare e
soprattutto far funzionare macchine intelligenti per la raccolta e il trattamento di
dati. Nel 1936 Alan Turing pose le basi per la costruzione di cervelli elettronici
attraverso l'introduzione del concetto di programma registrato e perciò
rieseguibile e della descrizione delle condizioni che definiscono il problema da
risolvere. Durante la Seconda Guerra Mondiale le macchine intelligenti furono
applicate alla decifrazione dei messaggi segreti del nemico, al calcolo delle
traiettorie balistiche e alla costruzione della bomba atomica. Alla fine della
guerra si costituì un modello di cooperazione tra scienziati, militari e settore
privato. L'applicazione militare del calcolatore proseguì infatti durante la guerra
fredda, con la gestione dei sistemi aerei di difesa e di rilevazione per
fronteggiare il nemico comunista secondo un progetto ideale di gestione
automatica del campo di battaglia.
Nel 1948 Norbert Wiener pose le basi della scienza cibernetica (20): una
disciplina che nacque con l'obiettivo di riassumere i comportamenti intelligenti in
formule matematiche secondo una visione circolare dei processi di interazione:
le informazioni non affluivano più ad un'intelligenza centrale, che decideva e poi
diffondeva le informazioni attraverso una struttura gerarchica, ma vi era un
sistema, una rete appunto, dove ogni nodo era il centro. Per questo motivo
Wiener era convinto che l'informazione avrebbe rappresentato il nucleo di una
seconda rivoluzione dopo quella industriale, come in effetti si è verificato. Per
esprimere il suo potenziale liberatorio, l'informazione avrebbe dovuto circolare
liberamente, senza essere soggetta alle leggi e alle restrizioni del potere e del
denaro.
A dispetto delle preoccupazioni di Wiener, però, l'informazione venne negata: la
Seconda Guerra Mondiale definì il concetto di ricerca operativa, finalizzata alla
definizione di modelli analitici applicabili alle operazioni militari. Durante la
Seconda Guerra Mondiale, il settore militare e quello industriale avevano
talmente compreso il valore dell'informazione da monopolizzarla
immagazzinandola in serbatoi di idee, i cosiddetti "think tanks", in cui
confluirono idee e progetti di studiosi di discipline e nazionalità diverse allo
scopo di produrre "un sapere orientato verso la pianificazione della società del
futuro" con la messa a punto di metodi di previsione oggettivi (21).
L'obiettivo americano di allora era la conquista dello spazio, tuttavia a lanciare
in orbita il primo satellite fu l'Unione Sovietica nel 1957. Gli Stati Uniti reagirono
creando un'agenzia di coordinamento, la DARPA, che dieci anni dopo si dotò di
una sua rete di comunicazione: la rete Arpanet, da cui poi sarebbe derivata
Internet. All'interno di questa rete, concepita per funzionare anche in caso di
attacco e distruzione di parte di essa, circolavano gli scambi di informazione tra
accademici, militari ed esperti sotto contratto al Pentagono. La priorità
statunitense era sempre il contenimento del nemico comunista, ma si
cercavano anche strumenti di sorveglianza per fronteggiare la minaccia di
insurrezioni nei paesi del Terzo Mondo. Sul piano strategico la raccolta e
l'elaborazione di informazioni furono finalizzate alla simulazione della guerriglia
sul campo di battaglia mentre le scienze sociali, o almeno parti di esse, vennero
adoperate per la definizione del cosiddetto "comportamento insurrezionale" e
per la creazione di teorie e modelli capaci di spiegare il cambiamento sociale e
di controllare eventuali manifestazioni di rivolta.
Se però una parte delle scienze sociali venne cooptata nelle applicazioni militari
dell'informazione, una parte dell'ambiente accademico iniziò ad interrogarsi
sull'informazione e sugli impatti della tecnologia - in particolare dei media come
la televisione - sul comportamento sociale.
Note al Capitolo 1
1 Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 agosto 2001, Delega di
funzioni del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di innovazione e
tecnologie al Ministro senza portafoglio dott. Lucio Stanca, GU n. 198 del 27-8-
2001.
<http://www.governo.it/servizi/provvedimenti/dettaglio.asp?d=14040>
2 Ministro per l'Innovazione e le Tecnologie, Linee guida del Governo per lo
sviluppo della Società dell'Informazione nella legislatura, Roma, 2002.
<http://www.innovazione.gov.it/ita/documenti/socinfo11_06_02.pdf>
3 Ibid.
4 Consiglio dell'Unione Europea, Commissione delle Comunità Europee, e-
Europe 2002, Una società dell'informazione per tutti, Piano d'azione preparato
dal Consiglio e dalla Commissione europea per il Consiglio europeo di Feira 19-
20 giugno 2000, Bruxelles, 14.06.2000.
<http://europa.eu.int/information_society/eeurope/action_plan/pdf/actionplan_it.p
df>
5 In effetti la società Medievale fu "definita" concettualmente dalla Scolastica fin
dal VI secolo quando la produzione intellettuale si legò dapprima alle scuole
monastiche e successivamente, nel XIV secolo, alle università. Sebbene Neil
Postman faccia risalire l'inizio dell'era dell'informazione contestualmente
all'invenzione della stampa nel 1454, tuttavia l'importanza dell'informazione
intesa nel quadro di una "scienza utile" venne riconosciuta nella seconda metà
del XVII secolo agli albori del capitalismo moderno quando si iniziò a sentire la
necessità di raccogliere, trattare e gestire i dati relativi agli scambi commerciali
oltremare. Cfr. Neil Postman, Technopoly, La Resa della Cultura alla
Tecnologia, Torino, 1993, Bollati Boringhieri, p. 61 e M. Castells, La Nascita
della Società in Rete, cit., p. 21, nota 31.
6 Franco Berardi, Neuromagma, Roma, 1995, Castelvecchi.
7 Armand Mattelart, Storia della Società dell'Informazione, Torino, 2002,
Einaudi, p. 8.
8 N. Postman, op. cit., p. 61.
9 Nel 1648 la pace di Westfalia pose fine alla guerra dei trent'anni combattuta
dall'Impero asburgico e la Spagna contro i paesi aderenti alla Riforma
Protestante. Con il trattato iniziò il processo di istituzionalizzazione e
consolidamento dell'autorità politica entro giurisdizioni territoriali esclusive, con
la creazione degli stati come entità politiche autonome e sovrane entro i propri
confini.
10 A. Mattelart, op. cit., p. 9.
11 Francis Bacon fu il primo a riconoscere il rapporto tra scienza e
miglioramento della condizione umana. La prima doveva "dotare la vita umana
di nuove invenzioni e ricchezze" e il suo fine ultimo doveva essere la "felicità
dell'essere umano". Cfr. N. Postman, op. cit., p. 39.
12 A. Mattelart, op. cit., p. 18.
13 M. Condorcet, I Progressi dello spirito umano, Roma, 1997, Editori Riuniti.
14 A. Mattelart, op. cit., p. 25.
15 Il carattere democratico e aperto delle polis attiche del V secolo a.C. è un
argomento che ricorre costantemente - quasi ossessivamente - nel discorso
redentore. I nostalgici di quella democrazia, oltre a trascurare la specificità delle
condizioni storiche e delle strutture istituzionali di ogni società interessata oggi
dal cambiamento, dimenticano che la stessa polis ateniese era una società
fondata sull'esclusione e la schiavitù. Infatti l'<<animale politico>> di Aristotele
era il cittadino ateniese maschio, adulto e libero. Donne, bambini, schiavi e
coloro che non abitavano nella polis non avevano diritto di partecipare alle
decisioni che regolavano la vita comunitaria. Cfr. Aristotele, La Politica, libro I,
Bari, 1977, Laterza.
16 Le prime applicazioni delle macchine di Babbage riguardarono il calcolo dei
premi di assicurazione. Cfr. A. Mattelart, op. cit. p.32.
17 In questo periodo infatti si realizzò la "cablatura" del globo, attraverso
l'istituzione di una rete telegrafica internazionale (1865) e la posa del primo
cavo sottomarino (1866).
18 Paul Otlet, Trattato di Documentazione. Il libro sul libro, citato in A. Mattelart,
op. cit., p. 41.
19 Sebbene si possano considerare queste teorie - che testimoniano il grande
entusiasmo suscitato dall'introduzione dell'elettricità nella società del tempo -
come visioni per lo più utopiche, tuttavia esse previdero il fenomeno del
decentramento della produzione che si realizza nell'impresa in rete.
20 Norbert Wiener, La Cibernetica: controllo e comunicazione nell'animale e
nella macchina, Milano, 1968, Il Saggiatore.
21 Come ad esempio la tecnica Delphi, messa a punto e brevettata negli anni
'50 dalla Rand Corporation. Cfr. A. Mattelart, op. cit., pp. 50, 51.