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Introduzione
La regione Sardegna si è dotata formalmente di una pianificazione in ambito energetico
adottando già nel 2006 il Piano Energetico Ambientale della Regione Sardegna (PEARS),
aggiornato poi con la versione del 2016 come piano energetico per il periodo 2015-2030
“Verso un’economia condivisa dell’Energia” [13]. La scelta di adottare il Piano mira a
consentire l’individuazione delle migliori opzioni di politica energetica, in rapporto alla
legislazione ed alle linee di indirizzo comunitarie, nazionali e regionali, per l’attuazione
degli obiettivi comunitari in tema ambientale, cui l’Italia deve ottemperare entro il 2020 ed
il 2030, sulla riduzione dei consumi e delle emissioni climalteranti, tra cui le emissioni di
CO2 [13]. La Regione ha avviato l’esecuzione del programma di condivisione delle quote
di competenza di energia ed emissioni, secondo un approccio burden sharing che prevedeva
il target del 17,8% sui consumi di energia finale da fonti rinnovabili entro il 2020, mentre al
2030 fu fissato il target del 50% di riduzione delle emissioni di gas serra, rispetto al 1990
[19]. Il PEARS ha delineato una serie di obiettivi generali per raggiungere i suddetti target,
quali quelli di trasformare il sistema energetico sardo in un modello integrato e intelligente
(Sardinian Smart Energy System), implementando le smart grid di nuova generazione, di
garantire la sicurezza energetica e l’approvvigionamento delle risorse, di aumentare
l'efficienza energetica e promuovere il risparmio, passando da un’economia lineare ad un
modello circolare, favorire la ricerca e la partecipazione attiva nel settore energetico [19]. Il
PEARS analizza la capacità della rete elettrica dell'Isola, fondamentale per massimizzare
l'utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili e sul fronte smart grid la Regione al giorno
d’oggi rappresenta uno scenario internazionale per la sperimentazione di tecnologie
innovative ed intelligenti [19].
Il PEARS assume così un ruolo di strumento di governance sovraordinato, per coordinare
e pianificare la possibile evoluzione dell’assetto energetico territoriale, contemplando al suo
interno le responsabilità da parte degli enti coinvolti ed i limiti delle azioni di politica
energetica. L’amministrazione regionale intende favorire e delegare agli enti locali la
pianificazione territoriale di propria pertinenza in merito alle questioni sulla gestione
dell’energia [13], in modo da soddisfare il fabbisogno di tutti i cittadini e ridurre costi ed
emissioni per le singole utenze e per la comunità, agevolando dunque l’adozione di strumenti
di programmazione energetica locale. Gli enti locali figurano per tali ragioni tra i principali
protagonisti per l’attuazione degli indirizzi del Piano, contribuendo ad accrescere la
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consapevolezza delle amministrazioni locali sul tema energetico, incluse potenzialità e
criticità.
Nel processo di sviluppo degli scenari a livello nazionale, i tecnici hanno considerato le
nuove aree sottoposte a metanizzazione, tra cui la Sardegna, il cui livello di metanizzazione
risulta ancora oggi inferiore rispetto alle altre regioni d’Italia [23]. Per il calcolo della
domanda di gas naturale della Regione, è stata condotta un'analisi di mercato sul territorio,
coinvolgendo i principali consumatori sardi, le imprese di distribuzione e i consorzi
industriali dell'Isola. Questo approccio ha confermato che il percorso di decarbonizzazione
del mix energetico regionale, incentrato sull'abbandono del carbone nel settore
termoelettrico e sulla sostituzione dei combustibili fossili verso soluzioni a minori emissioni
di CO2, come il gas naturale, è coerente con il contesto delle politiche nazionali e
comunitarie definite dai target al 2030, contenuti nel pacchetto di misure "Fit-for-55" (FF55),
e con gli indirizzi del PEARS [23]. Allo scopo di definire le stime dei costi dei combustibili
e dei costi delle emissioni, si è fatto riferimento al quadro delle commodities adoperato per
gli scenari su scala nazionale. Le previsioni scaturite confermano la maggior competitività
del gas naturale rispetto agli altri combustibili utilizzati in Sardegna per la produzione
energetica [23].
La Sardegna è provvista attualmente di una rete di distribuzione dell’energia elettrica che
costituisce il maggiore asset strategico dell’Isola ed un unicum nel palcoscenico europeo per
il settore energetico [18], date le sue dimensioni di consumo, struttura e configurazione
generativa e le sue peculiarità legate all’insularità. Il contesto dell’energia elettrica in
Sardegna registra purtroppo diverse pecche [18], che ad oggi minano l’affidabilità e/o la
performance rispetto agli attuali standard di funzionamento delle reti per l’energia elettrica,
poiché infatti la rete sarda soffre per dei forti picchi stagionali provenienti da alcune aree
turistiche costiere, per un parco di impianti di generazione di minore efficienza rispetto a
quello nazionale in media [18], per una trasmissione poco magliata, ma al contempo si regge
su delle linee di distribuzione estese a media tensione e vede aumentare il numero di impianti
a FER, soprattutto quelli fotovoltaici ed eolici [18].
La strategia nazionale per promuovere l'energia elettrica generata da fonti rinnovabili,
iniziata con il Decreto Legislativo n. 387/2003 e in conformità alla Direttiva 2001/77/CE, ha
significativamente contribuito all'incremento della generazione distribuita all'interno del
sistema elettrico italiano [60]. Grazie a incentivi vantaggiosi, si sono diffusi in tutto il
territorio numerosi impianti per produrre energia da fonti rinnovabili, collegati
principalmente alle reti elettriche a bassa e media tensione. Questa nuova situazione richiede
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una rivisitazione delle modalità di utilizzo e gestione della rete e dei flussi energetici
associati. A livello internazionale, questa trasformazione del sistema elettrico è associata al
concetto di Smart Grid, un sistema altamente efficiente con elevati standard di qualità e
sicurezza, a dei costi gestionali contenuti, in grado di integrare tutti gli attori (produttori,
prosumer e consumatori) affinché possano interagire e scambiarsi energia attraverso le reti
elettriche esistenti [60].
Le Smart Grid costituiscono l'infrastruttura tecnologica del futuro necessaria per introdurre
nuovi modelli di sviluppo tecnologico a livello sistemico di un territorio, affinché possano
creare nuovi contesti urbani e trasformare le aree esistenti, dando vita alle "Smart City" [60],
cioè a delle nuove concezioni urbanistiche intelligenti in chiave green. Questo aspetto
rappresenta un'opportunità di business notevole per quelle aziende che abbiano una marcia
in più per poter affrontare le sfide dei nuovi mercati emergenti all'interno delle Smart City
nel contesto delle nuove reti intelligenti diffuse.
Attualmente, il mercato energetico globale sta andando incontro ad una serie di
cambiamenti radicali come conseguenza dell’evoluzione delle tecnologie nell’ambito del
crescente trend di generazione dell’energia rinnovabile distribuita, soprattutto per le reti di
energia elettrica, il che richiede una più stringente coordinazione tra reti di trasmissione e di
distribuzione [3]. Le future infrastrutture di reti intelligenti andranno ad integrare
efficacemente le componenti di sistema fondamentali quali le fonti d’energia rinnovabile, il
feedback della domanda o “Demand Response”, e i dispositivi di accumulo dell’energia
(come i parchi di batterie). La transizione verso i network di distribuzione smart implicherà
l’adozione di nuovi approcci gestionali di rete, che richiedono delle misure di controllo e
delle dotazioni innovative, al fine di poter implementare la somministrazione di flussi
energetici bidirezionali [3]. Tali flussi dovranno trasmettersi dalle singole utenze alla rete di
distribuzione o da reti locali verso le reti dei grandi gestori, proprietari della concessione per
la distribuzione energetica, e viceversa, ai sensi delle più recenti direttive europee e
normative nazionali in materia di gestione dell’energia e di comunità energetiche [3].
Le nuove politiche strategiche di settore riguardanti la liberalizzazione del mercato e la
decarbonizzazione, stanno conducendo le architetture dei sistemi di reti energetiche da
configurazioni centralizzate verso sistemi decentralizzati [3], portando l’operatività della
rete da un quadro top-down ad uno bottom-up in cui sono incoraggiati la responsabilità
collettiva della gestione dell’energia e la partecipazione attiva degli utenti finali [3].
Le recenti politiche europee contenute nel Clean Energy Package sono indirizzate a
favorire il coinvolgimento della cittadinanza nella produzione e nell’utilizzo dell’energia
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autoprodotta, promuovendo la nascita e lo sviluppo di mercati energetici locali e di Comunità
Energetiche Locali (CEL) [3]. Le direttive europee danno una descrizione delle comunità
energetiche come entità sociali legittimate a gestire la produzione, il consumo, l’accumulo e
la rivendita di energia rinnovabile, mediante la stipula di contratti di vendita dell’energia [3].
Le direttive stabiliscono inoltre che le CEL costituiscano dei soggetti a valore legale, che
siano propense ad accogliere nuovi utenti e gestori privati non costituiti in società di
gestione, che siano improntate alla valorizzazione delle sharing policy più che al profitto,
dunque formando degli enti no-profit, che si dotino di una organizzazione di governance
interna e che adottino decisioni in nome dell’intera comunità [3].
Questa nuova categoria di associazioni deputate alla gestione dell’energia a livello locale
si basa sulla produzione di energia distribuita nell’ambito di tutta la rete, per cui questa nuova
tipologia di reti richiede la predisposizione di politiche per gli investimenti necessari, per le
nuove infrastrutture più idonee, per le varianti ai piani regolatori d’uso del territorio, tutti
interventi aventi un impatto sociopolitico rilevante [3]. Lo sviluppo di una Comunità
Energetica Locale (CEL), in generale, richiede la collaborazione tra cittadini e tra soggetti
pubblici e privati, con l’intenzione di ridurre la dipendenza energetica dalla rete pubblica e
minimizzare i consumi in bolletta aumentando l'autoconsumo dell'energia prodotta da fonti
rinnovabili [3].
Per la natura della produzione da fonte rinnovabile, non prevedibile o programmabile in
anticipo con accuratezza, la gestione di una rete intelligente deve essere impostata in modo
da livellare equamente i picchi temporanei di elettricità tra gli utenti contigui [26], facendo
fronte ai potenziali blackout energetici della rete, mettendo in pratica perciò il principio di
bidirezionalità. L’architettura funzionale di una smart grid, rispetto alle reti tradizionali, offre
il vantaggio di avere a disposizione molti generatori distribuiti (fig. 17) [26], anziché poche
unità dalla maggiore capienza, riducendo così le distanze tra tali unità e i carichi elettrici,
grazie all’integrazione in rete degli impianti a FER. Questo tipo di reti garantisce un buon
livello di resilienza come risposta alle variazioni della domanda e dell’offerta tra gli utenti
della rete e delle configurazioni energetiche utilizzate [26], perché permette di eseguire una
completa riconfigurazione automatica di sistema, mantenendo il giusto livello di protezione,
ovvero manifestando una certa capacità di autoriparazione (fig. 19) mentre tiene alta la
guardia contro gli attacchi esterni di rete.
Le potenzialità delle nuove tecnologie di reti intelligenti sono state promulgate già dallo
US Department of Energy con il documento “The Smart Grid: An Introduction” [11]. In esso
si ribadiscono i possibili vantaggi gestionali derivanti dall’implementazione della tecnologia
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per una gestione flessibile del grid energetico in relazione alla domanda in continua crescita,
all’input di ulteriori fonti energetiche ed all’inserimento di nuovi player nel mercato
dell’energia [11]. Il concetto di flessibilità per un sistema energetico smart è il vero punto di
forza, che si basa su un network gestionale in grado di accogliere fonti energetiche e attori
di mercato diversificati e complementari, operanti grazie a tecnologie di informazione e
comunicazione (ICT) che garantiscono un controllo adattivo dei flussi di energia
bidirezionali [11]. Per ottenere un’opportuna gestione dell’energia distribuita per questo tipo
di framework, occorre adoperare un piano di monitoraggio da remoto efficace per l’intera
rete controllata, in maniera più significativa rispetto ad una rete centralizzata.
Le reti intelligenti delle Smart Grid inevitabilmente offrono la migliore performance solo
se parte integrante di un Sistema Energetico Smart (Smart Energy System) [11], che abbracci
oltre il lato del trasporto e della distribuzione di una Grid, anche il lato della generazione,
dello stoccaggio e della domanda di energia. Perciò, l’approccio sistemico è la chiave con
cui le nuove tecnologie vengono meglio integrate ad una dinamica coordinata tra domanda
e offerta, dietro ad un feedback analitico automatico dei dati, garantito dal software
gestionale [11]. Le Smart Grid, comprendenti diverse tipologie di reti energetiche che
sfruttano gas naturale, elettricità, teleriscaldamento ecc., costituiscono in definitiva uno step
tecnologico sfidante che richiede di unificare l’elettrificazione ai flussi di informazione ed
agli applicativi di sistema gestionali [11].
Il contesto socioeconomico in cui le reti energetiche smart andranno ad inserirsi dovrà
favorire la messa in esercizio delle nuove entità gestionali, senza prescindere dai vincoli
imposti dalla tecnologia, dall’economia, dalle normative vigenti e dalla società, così da
offrire un servizio sostenibile. Solo in questo modo, secondo le linee guida della road map
al 2050 per le Smart Grid emanate dall’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA), si
potranno garantire trasparenza e pari opportunità di accesso al mercato per una platea di
clienti la più ampia possibile, offrendo la protezione contro la volatilità dei prezzi. La vision
promossa dal programma di R&S ‘SmartGrids’ dello European Technology Platform [11]
consiste di una serie di priorità e di obiettivi per il mercato delle smart grid in Europa, che
sostengono l’operatività e l’ottimizzazione delle infrastrutture, l’integrazione di fonti
intermittenti, le ICT, il comparto distribuzione e le nuove potenziali nicchie di mercato.
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Capitolo 1. Inquadramento legislativo comunitario, nazionale e
regionale
1.1. Quadro normativo sui temi Energia ed Economia Circolare
1.1.1. Politiche energetiche europee
Nel contesto della politica energetica dell'Unione Europea (UE), le energie rinnovabili e
l'efficienza energetica costituiscono il punto di partenza verso un'energia sostenibile, sicura
e competitiva per l’intera Unione. La politica dell'UE riguardante le energie rinnovabili,
avviata nel 1997 con l'adozione del Libro Bianco, scaturì dall’esigenza di ridurre in
particolare le emissioni di gas serra, la dipendenza dell'Unione dalle importazioni di materie
prime (combustibili fossili) e di assicurare la disponibilità di prodotti e servizi energetici
economici per tutti i consumatori.
Dal periodo tra gli anni '90 e il 2008, la promozione e lo sviluppo delle energie rinnovabili
nell'UE sono stati sostenuti da un quadro normativo dagli obiettivi non vincolanti, come
quelli inclusi nella direttiva 2001/77/CE sulla promozione dell'energia elettrica da fonti
rinnovabili e nella direttiva 2003/30/CE sulla promozione dell'uso dei biocarburanti [13].
Non a caso, la mancanza di incentivi e misure di sostegno adeguati nelle politiche
energetiche della maggioranza degli Stati membri, ha comportato che i progressi realizzati
in entrambi i settori fossero attribuibili alle decisioni prese da pochi Stati, impedendo di fatto
all'UE di raggiungere i propri obiettivi generali, portando come conseguenza alla completa
revisione della strategia energetica europea. Successivamente, infatti, l’Unione Europea ha
avviato la definizione di un quadro normativo completo, per includere il settore energetico
del riscaldamento e del raffreddamento [13], con obiettivi a lungo termine vincolanti. Questi
obiettivi sono stati concepiti per garantire certezza e stabilità a lungo termine agli investitori,
in modo che si possa investire sulle FER (fonti energetiche rinnovabili) senza incappare in
ambiti di mercato troppo rischiosi. La nuova politica energetica ha cominciato a prendere
piede nel gennaio 2007, quando la Commissione ha riconosciuto l'inadeguatezza
dell'obiettivo comunitario del 1997 di raggiungere entro il 2010 una quota del 12% di energie
rinnovabili [13], proponendo nuovi obiettivi vincolanti per il 2020, esplicantisi in una quota
del 20% di energie rinnovabili sul totale dei consumi energetici e in una quota del 10% da
fonti energetiche rinnovabili sul totale dei consumi nel settore dei trasporti [13]. Nel marzo
2007, questi obiettivi sono stati riuniti nel Piano d'Azione del Consiglio Europeo (2007-
2009) ed inseriti nell’ambito della nuova Politica Energetica per l'Europa, venendo ad