2
fatto, intitolato “Fanciullo con pupazzo”. La visione gli portò alla
mente tre giovani pazienti che seguiva da tempo in modo
particolare perché affetti dallo stesso quadro clinico, sino ad
allora mai descritto: crisi convulsive, ritardo psico-intellettivo,
atassia con movimenti a scatti degli arti e del tronco, assenza di
linguaggio, una disposizione all’ allegria, iperattività,
ipereccitabilità e scarsa attenzione. Si decise dunque a
descriverli nella letteratura medica con il saggio Puppet
Children (letteralmente "ragazzi burattino"). Solo dopo molti
anni di ricerche si scoprì che nel mondo esistevano parecchi di
questi pazienti, affetti da quella che venne da allora chiamata
sindrome di Angelman. A partire dal 1987 il numero di casi
segnalati aumenta in modo esponenziale a seguito del riscontro
di una microdelezione a carico del braccio lungo del
cromosoma 15 nei pazienti affetti e di un pattern EEG
peculiare.
Nel corso di questi ultimi anni la mia attenzione si è
concentrata sulle persone in diversa misura svantaggiate. Il
mondo dell’ handicap e della disabilità psicofisica è variegato.
Presso la comunità alloggio “Uliveto”, dove tutt’ ora lavoro, ho
avuto la possibilità di osservare e realizzare progetti sul caso di
una ragazza con la sindrome di Angelman.
La mia speranza è che le riflessioni qui presentate possano
aiutare a meglio conoscere questa malattia rara.
3
Capitolo primo
Aspetti genetici e diagnostici
Molti medici che lavorano nell’ ambito del ritardo attribuiscono
poca importanza alle sindromi genetiche perché hanno bassa
prevalenza e molti non le conoscono a fondo; mentre la
conoscenza delle sindromi risulta di notevole importanza per gli
individui con ritardo mentale sia per l’ integrazione che per altri
aspetti della vita.
Sono molteplici gli aspetti positivi che possono derivare da una
diagnosi. Sapere che la causa del ritardo mentale è la sindrome
di Angelman può essere utile a soggetti differenti. Innanzi tutto
lo stesso individuo può godere di alcuni vantaggi:
ξ una diagnosi definitiva impedisce di attuare indagini inutili
di altro genere ed evita che in futuro altre persone
pongano interrogativi non risolti, generatori, di nuovi iter
diagnostici;
ξ la chiusura rapida della fase diagnostica può lasciare
spazio a quella successiva di trattamento e
inquadramento funzionale;
ξ la conoscenza della sindrome può far interpretare in
modo più corretto e precoce eventuali disturbi del
comportamento, favorendo una terapia più tempestiva ed
4
adeguata; può inoltre far conoscere alcuni problemi che si
ritrovano con una certa frequenza nella sindrome;
ξ si può accedere precocemente a strategie educative
specifiche e quindi più efficaci.
Anche i familiari possono trarre alcuni vantaggi dalle diagnosi,
quali:
ξ conoscere la causa del quadro clinico;
ξ poter prendere decisioni ed essere consapevoli circa la
propria futura riproduzione.
1.1 Concetti di base della genetica
La maggior parte degli individui ha 46 cromosomi (23 coppie).
Ogni cromosoma ha una strozzatura, una parte schiacciata all’
interno chiamata centromero, che permette di delineare due
sub-parti: la parte più piccola sopra il centromero è chiamata il
braccio “p” del cromosoma; l’ area sotto il centromero è
conosciuta come il braccio “q”. All’ interno di queste due sub-
parti, specifiche regioni, che corrispondono alle bande visibili
del cromosoma (filamenti), sono identificate usando un sistema
di mappatura numerica. Per esempio, la sindrome di Prader -
Willi è molto spesso associata alla mancanza di una parte del
materiale genetico nel braccio “ q ” del cromosoma 15, tra le
bande q 11 e q 13.
Utilizzando le tecniche che permettono di determinare l’ origine
parentale di geni e cromosomi, i ricercatori hanno scoperto che
coloro che nascevano con una delezione nella copia materna
5
del cromosoma 15 avevano i sintomi della sindrome di
Angelman. Una piccola parte degli individui con tale sindrome
ha mostrato di aver ereditato due copie paterne intatte del
cromosoma 15, senza ricevere alcun contributo materno.
Affinché una coppia di geni impressa funzioni in maniera
adeguata, è necessaria sia la copia materna che quella paterna
del gene.
1.2 Aspetti diagnostici della sindrome di Angelman
Il fenotipo clinico della sindrome di Angelman nelle prime
epoche della vita è relativamente aspecifico e ciò condiziona
una sottostima dell’ incidenza della patologia; sebbene il ritardo
dello sviluppo psicomotorio sia evidente intorno ai 6 mesi di vita
tuttavia le caratteristiche peculiari della sindrome di Angelman
non si manifestano prima del primo anno di vita, e possono
trascorrere parecchi anni finchè una corretta diagnosi clinica
possa essere effettuata (mediamente la diagnosi viene posta
tra 1 e 4 anni di età). I genitori possono sospettare per la prima
volta la condizione dopo aver letto circa tale malattia genetica o
dopo aver incontrato un bambino affetto. Tali individui non
hanno un aspetto facciale dismorfico; al contrario, i tratti
somatici somigliano a quelli dei genitori. Un bambino con
sindrome di Angelman ha solitamente genitori e parenti sani; la
gravidanza, il parto e il decorso neonatale sono stati normali.
Sino ad oggi non è possibile alcun test diagnostico prenatale
per le famiglie ad alto rischio (nella maggior parte dei casi un
6
solo individuo per famiglia è affetto dalla sindrome di
Angelman), ma alcuni progressi fanno sperare nella possibilità
di effettuare in futuro una buona diagnosi prenatale. Oggi, molte
coppie propendono per l’ amniocentesi. Sono inoltre disponibili
test genetici in grado di individuare il tipo d’ alterazione genetica
responsabile della malattia. Esiste tuttavia un’ alta percentuale
di pazienti in cui le tecniche attuali non sono in grado di
riscontrare alcuna anomalia e la diagnosi può essere posta e
confermata soltanto su base clinica. Il rischio di ricorrenza della
patologia in fratelli dei soggetti colpiti è strettamente legato al
meccanismo genetico che è alla base della perdita del
contributo materno nella specifica regione del cromosoma 15:
in caso di delezione o Disomia uniparentale tale rischio è
inferiore all’ 1%, mentre in caso di mutazione del gene UBE3A
o del centro dell’imprinting esso può essere pari al 50 per
cento. In questa circostanza potrebbe esservi un aumento del
pericolo anche per altri membri del ramo familiare materno. E’
quindi indispensabile che ogni coppia di genitori di un paziente
affetto esegua un’ accurata consulenza genetica per definire
con precisione il proprio rischio di ricorrenza.
I criteri diagnostici sono stati fissati e pubblicati la prima volta
nel 1995 dai maggiori esperti mondiali della sindrome di
Angelman; gli stessi esperti 10 anni più tardi, alla luce delle
nuove acquisizioni cliniche e scientifiche, hanno rivisto i criteri
diagnostici.
La sindrome di Angelman è una sindrome di origine genetica
caratterizzata da gravi livelli di ritardo evolutivo, assenza di
linguaggio espressivo, attacchi di riso improvvisi,
7
comportamento ilare, un quadro comportamentale simil-
autistico, andatura atassica e a scatti. A causa di queste ultime
due caratteristiche, questo disturbo è stato inizialmente definito
sindrome del “burattino felice”; ma data la sua connotazione
negativa, questo termine non è più molto usato. Gli individui
con sindrome di Angelman tendono ad avere visi lunghi,
mandibola prominente, bocca grande e denti molto distanziati
tra loro, lingua sporgente, occipite piatto, occhi infossati e
microcefalia. La sindrome è stata diagnosticata nel 1965 dal
pediatra inglese Harry Angelman, che per primo individuò e
descrisse il comportamento di tre bambini con queste
caratteristiche. Il quadro clinico di questi primi pazienti era
sostanzialmente simile, ed egli ebbe l’ intuizione che fossero
affetti dalla stessa patologia, ancora sconosciuta perché mai
descritta in precedenza. Una nota curiosa in letteratura
racconta che Angelman, visitando il museo di Castelvecchio a
Verona, rimase colpito da una tela del Cinquecento del pittore
Giovanni Francesco Caroto, che raffigurava un giovane
sorridente con in mano il disegno di una bambola o di un
burattino. Il Ritratto di fanciullo con disegno venne da lui
immediatamente associato a quei tre ragazzi, che
presentavano comportamenti di riso continuo e movimenti a
scatti degli arti e del tronco. Il primo articolo pubblicato nel 1965
da Angelman, che descriveva minuziosamente le caratteristiche
fisiche e comportamentali dei suoi tre pazienti, è infatti intitolato
Puppet Children, letteralmente “ragazzi burattino”. Nel corso
delle osservazioni cliniche si individuò un importante elemento
di discriminazione di questa sindrome: la maggior parte dei
8
bambini che presentavano le medesime manifestazioni dei
primi tre casi, erano accomunati da un difetto genetico, da una
delezione sul cromosoma 15. Solo dopo diversi anni di ricerche
si scoprì che in tutto il mondo esistevano parecchi di questi
pazienti, affetti da quella che viene da allora chiamata sindrome
di Angelman. Infatti, se nei primi ventiquattro anni di indagini
(1965-89) i ricercatori, i medici e i genetisti sono riusciti a
individuare e a descrivere ben 151 casi accertati di sindrome di
Angelman, in questi ultimi dieci anni vengono segnalati
centinaia di casi, con un’ incidenza di circa 1 su 25000 bambini
nati. I casi, oltre a essere documentati nella letteratura medica,
sono ampiamente descritti e conosciuti dalle associazioni e
fondazioni nate nel corso di questi anni, che vedono impegnate
in prima linea le famiglie dei ragazzi affetti da sindrome di
Angelman.
Si sospetta che molti altri casi siano ancora oggi
sottodiagnosticati perché confusi con forme di autismo o
assimilati ad altre patologie. In genere la diagnosi di sindrome
di Angelman viene fatta da un pediatra, da un genetista o da un
neurologo sulla base dell’ analisi di aspetti clinici e di test
genetici. Le caratteristiche cliniche peculiari, che nella maggior
parte dei casi sono compresenti, sono:
- ritardo dello sviluppo in generale e ritardo mentale grave
(QI<50, o soggetti non testabili);
- ritardo dello sviluppo psicomotorio (deambulazione autonoma
non acquisita prima dei 2 anni);
9
- ritardo del linguaggio, che nella maggior parte dei casi è
assente; i restanti pazienti pronunciano pochissime parole, fino
a un massimo di 7
1
.
Tale sindrome è recentemente diventata oggetto di studio
intensivo da parte dei genetisti, in parte anche per la sua
relazione unica con la sindrome di Prader-Willi che è causata
da un’anomalia di derivazione paterna del cromosoma 15q11-
q13; mentre la sindrome di Angelman è associata con il pattern
opposto, ovvero l’ anomalia nella stessa regione del
cromosoma 15q ereditata però dalla madre. La maggior parte
dei casi di sindrome di Angelman, approssimativamente il 70%,
sono dovute a una relativamente ampia delezione materna de
novo del cromosoma 15 (q11-q13). Tra il 2% e il 5% dei casi
sono attribuiti a disomia uniparentale (UPD) paterna, che si
manifesta quando entrambe le copie del cromosoma 15 sono
ereditate dal padre. Sia attraverso la delezione materna che
attraverso la disomia uniparentale paterna, quindi, l’
informazione impressa è mancante del contributo materno nella
regione critica della sindrome di Angelman (l’ opposto è
riscontrato nella sindrome di Prader-Willi, in cui 70% di casi
sono dovuti a delezione paterna e il 25% a UPD materno). I
pazienti con disomia uniparentale hanno manifestazioni cliniche
meno gravi di quelli con ampie delezioni. I pazienti con
sindrome di Angelman risultante da disomia uniparentale
sembrano avere meno atassia, poche o nessuna crisi epilettica
1
E. Molinari, Clinica psicologica in sindromi rare, Bollati Boringhieri,
Torino, 2002
10
e capacità cognitive relativamente superiori ai pazienti con
ampie delezioni. Uno degli aspetti maggiormente distintivi della
classe UPD è la presenza di normale pigmentazione cutanea e
oculare, probabilmente perché il gene P è intatto.
Approssimativamente il 2%-3% degli individui con sindrome di
Angelman manifesta difetti d’imprinting, che includono delezioni
del così detto “centro d’imprinting” nel cromosoma 15. Pochi
casi (1%) hanno altri inusuali riarrangiamenti cromosomici che
implicano il cromosoma 15. Il rimanente 22%-25% non mostra
nessuna di queste anomalie e per molto tempo è stato un
enigma per i ricercatori. Recentemente molti di questi casi
hanno mostrato di avere specifiche mutazioni in uno dei geni
nella regione critica della sindrome di Angelman/Prader Willi
denominata UBE3A. L’UBE3A sembra esprimersi
specificatamente nel cervello, anche se ancora è sconosciuto
come l’ assenza di UBE3A porti al fenotipo della sindrome di
Angelman. La regione della delezione nella s.A/P.W., contiene
un gene chiamato GABRA3, una subunità dei recettori GABA
A, che è implicato nell’ epilessia ed è l’ obiettivo di alcuni
farmaci anticonvulsivi.
DeLorey et al., (1998) riscontrarono che distruggendo il gene
GABRA3 nei topi si provocarono anomalie nell’
elettroencefalogramma (EEG) e attacchi epilettici, così come
altre caratteristiche chiave della sindrome di Angelman come
difficoltà di apprendimento e di coordinazione motoria,
iperattività e pattern di attività-riposo disturbati. La distruzione
dei geni GABA3 e UBE3A è quindi implicata in tale sindrome
11
nonostante lo specifico contributo di ciascuno di questi o di altri
geni rimanga sconosciuto
2
.
1.3 Sindromi genetiche a confronto
La sindrome genetica più famosa causa di ritardo mentale è la
sindrome di Down. Ve ne sono tuttavia molte altre. Ne sono
state descritte più di 750.
Le sindromi genetiche con ritardo mentale si differenziano fra
loro per vari aspetti:
1. possono essere più o meno gravi. Ad esempio
particolarmente grave è la sindrome di Angelman, mentre
lo sono progressivamente meno le sindromi di Rett, 5p-,
di Down, X fragile¸ di Williams e di Prader-Willi;
2. diversa può essere la stabilità del QI con il passare del
tempo. Alcune sindromi sono caratterizzate da un
decremento del QI con il passare degli anni (anche se
l’età mentale può continuare a crescere). Questo avviene
ad esempio per la sindrome di Down. Man mano che il
bambino con sindrome di Down cresce la media del suo
QI scende e peggiora ulteriormente nell’ età adulta;
3. differenti sono i profili cognitivi. Ad esempio gli individui
con sindrome di Williams, a parità di età mentale, sono
2
E. M. Dykens, R. M. Hoddap,B. M. Finucane, Ritardo mentale: sindromi
a base genetica. Nuove prospettive nella comprensione del
comportamento e nell’ intervento, edizioni junior, Bergamo, 2003
12
più evoluti linguisticamente di quelli con sindrome di
Down (ma le loro prestazioni spaziali sono deficitarie); le
persone con sindrome di Prader-Willi forniscono
prestazioni migliori nelle prove di memoria simultanea
piuttosto che in quelle di memoria sequenziale; mentre gli
individui con sindrome di Angelman hanno un’età mentale
non superiore al secondo anno di vita;
4. all’ interno della stessa sindrome la variabilità può essere
maggiore o minore;
5. diversi possono essere i condizionamenti genetici sullo
sviluppo emotivo, sociale e comportamentale. La
sindrome di Williams, ad esempio, è caratterizzata da
cordialità fin dai primi approcci, mentre quella di X fragile
è più timida, più evitante. Gli individui con sindrome di
Prader-Willi tendono ad avere difficoltà di controllo
emotivo. Nei bambini con sindrome di Down è stata
documentata la difficoltà di relazione sociale. Le persone
con la sindrome di Angelman sono generalmente descritte
come socievoli e affettuose, amano il contatto fisico e
appaiono allegre.
3
Considerare i diversi profili cognitivi e comportamentali delle
varie sindromi è essenziale per poter intervenire
adeguatamente sul piano educativo e abilitativo.
3
R. Vianello, Ritardo mentale. Sindromi genetiche a confronto, Giornale
Italiano delle Disabilità , 2, 3-13, 2003
13
All’ interno di ogni sindrome vi sono individui tra loro diversi
nelle prestazioni cognitive generali, nei profili cognitivi, nella
stabilità del QI ecc.
Ogni sindrome può essere caratterizzata da una diversa
variabilità interna. Scarsa è ad esempio la variabilità della
sindrome di Angelman, ma questo è dovuto alla gravità della
sindrome.
Una buona comprensione delle problematiche legate alle
varie forme del ritardo mentale richiede che si capisca quale
ruolo ha sullo sviluppo l’ educazione familiare, scolastica e
sociale.
E’ importante sottolineare che non tutti gli individui colpiti da
una determinata sindrome presentano tutte le caratteristiche
tipiche; all’ interno di ognuna vi è una certa variabilità relativa
al numero e al livello di gravità dei sintomi (sia fisici sia
psicologici) e lo stesso grado di variabilità varia da sindrome
a sindrome.
14
Tabella. Sindromi genetiche maggiormente conosciute.
Cromosoma 4 Sindrome di Wolf
Cromosoma 5 Sindrome del “cri du chat” o 5 p
Cromosoma 7 Sindrome di Williams
Cromosoma 8 Sindrome da trisomia
Cromosoma 9 Sclerosi tuberosa (1°)
Cromosoma 12 Fenilchetonuria
Sindrome di Sanfilippo
Sindrome di Noonan
Cromosoma 13 Sindrome di Patau
Cromosoma 15 Sindrome di Angelman
Sindrome di Prader-Willi
Sindrome da trisomia del cromosoma15
Sindrome del cromosoma 15 ad anello
Cromosoma 16 Sindrome di Rubinstein-Taybi
Sclerosi tuberosa (cromosoma 16) (2°)
Cromosoma 17 Sindrome di Smith-Magenis
Neurofibromatosi di tipo 1
Cromosoma 18 Sindrome di Edwards
Sindrome con cromosoma ad anello
Delezione del braccio corto del
cromosoma 18
Cromosoma 21 Sindrome di Down
Cromosomi sessuali
(a fenotipo sia maschile Sindrome dell’X fragile
che femminile) Sindrome di Rett
Sindrome di Lesch-Nyhan
Sindrome di Lowe
Sindrome ATR-X
15
Cromosomi sessuali
(a fenotipo femminile) Sindrome di Turner
Sindrome di XXX
Sindrome di XXXX
Sindrome di XXXXX
Sindrome di Hunter
Sindrome di Aicardi
Cromosomi sessuali
(a fenotipo maschile) Sindrome di Klinefelter
(XXY, XXYY, XXXXY)
Sindrome XYY
Distrofia muscolare di Duchenne
Galattosemia
Mucopolisaccaridosi
Sindrome di Cornelia De Lange
Sindrome di Hurler
Sindrome di Ito
Sindrome di Sly
Sindrome di Smith-Lemli-Optiz
Sindrome di Sotos
Quì di seguito desidero soffermarmi sulla sindrome di Prader-
Willi in quanto strettamente correlata, dal punto di vista
genetico, alla sindrome di Angelman.