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INTRODUZIONE
In epoche passate, lo strumento simulatorio è stato uno dei
più usati nel Diritto Privato. Nel corso degli anni si sono susseguiti
numerosi dibattiti dottrinali e giurisprudenziali sulla natura del
fenomeno e sulle problematiche che la simulazione ha generato sul
piano degli effetti e in ambito strettamente probatorio.
Il concetto di simulazione si lega indissolubilmente al più
generale e astratto fenomeno dell’apparenza, per la medesima
capacità di celare, assolutamente o relativamente, una realtà che per
differenti ragioni, non vuole essere palesata.
A causa della insita natura ingannevole del fenomeno
dell’apparenza, il nostro ordinamento si preoccupa di dettare una
apposita disciplina volta a rafforzare la tutela, in special modo verso
terzi e creditori lesi, contro l’intenzionalità del ricorso alla
menzogna.
Cosa sia davvero la simulazione, il nostro codice civile non
lo stabilisce, disciplinando la fattispecie solo dal punto di vista degli
effetti, dei rapporti con i creditori e terzi, e con riguardo al carattere
probatorio (artt. 1414-1417 c.c.).
Quel che è certo è che l’ordinamento non vieta alle parti
private di celare un rapporto giuridico dietro una mera apparenza,
anzi lo consente espressamente dettando dei precisi limiti a tutela
dei terzi; in genere, le parti creano un’apparenza negoziale non
6
corrispondente al reale con il proposito di eludere diritti o
aspettative di terzi, non essendo però elemento necessario della
simulazione l’intento fraudolento1.
Il contratto simulato non costituisce in sé un atto illecito e,
dunque, non è fonte di responsabilità dei contraenti nei confronti di
terzi. Essi, pertanto, non hanno titolo al risarcimento dei danni nei
confronti delle parti che hanno stipulato il contratto simulato, se
non in presenza, nel concorso di tutti i relativi elementi costitutivi,
di un atto ex art. 2043 c.c. (fatto doloso o colposo, danno ingiusto),
qualificato, in particolare, dall’intenzionale lesione di un diritto del
terzo ovvero della lesione stessa come effetto di mancanza di
prudenza, di perizia, di diligenza; elemento che non è normalmente
implicito nel fatto stesso della simulazione2.
Non è compito facile recuperare la nozione giuridica della
simulazione al di fuori delle teorizzazioni senza, tuttavia,
dimenticarle, perché anche norme e fatti non sono percettibili al di
fuori delle interpretazioni e, quindi, della storia del pensiero
giuridico.
Volontà, dichiarazione, apparenza, sono stati per anni, e lo
sono tutt’oggi, elementi di grande importanza per capire meglio la
natura del fenomeno e non a caso su di essi numerosi autori di
dottrina e giurisprudenza hanno incentrato le loro teorie,
valorizzando questo o quell’altro elemento, risentendo spesso degli
1
C.M. BIANCA, Diritto civile, vol. III, Il Contratto, Milano, 1984, p. 697.
2
Cass. 26 febbraio 1991 n. 2085, in Codice leggi d’Italia., 6/2001.
7
orientamenti del tempo e di un apriorismo, seppur inconsapevole,
imposto dalla cultura, dai costumi, dalle idee e dagli interessi
intorno ai quali si coagulava il consenso sociale.
Prima di qualificare con chiarezza la fattispecie simulatoria,
si ritiene utile analizzare, nei suoi tratti essenziali, la variegata
casistica, dottrinale e giurisprudenziale, che ha studiato da vicino il
fenomeno.
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CAPITOLO PRIMO
SIMULAZIONE: NOZIONE, NATURA DEL
FENOMENO E AMBITO APPLICATIVO
Sommario: - 1. Teorie dottrinali e giurisprudenziali sulla
simulazione. Premesse ideologiche – 2. Fattispecie della
simulazione. Accordo simulatorio e controdichiarazione – 3. Figure
limitrofe – 4. Simulazione assoluta e relativa – 5. Interposizione
fittizia e interposizione reale – 6. Requisiti formali e sostanziali
del contratto dissimulato – 7. Simulazione e atti unilaterali – 8.
Simulazione e atti non negoziali – 9. Invalidità del negozio
simulato.
1. Teorie dottrinali e giurisprudenziali sulla simulazione.
Premesse ideologiche.
Per pervenire ad una finale definizione della nozione di
simulazione, saranno considerate le principali definizioni del
fenomeno simulatorio: quella del volontarismo, quella del
dichiarativismo, la teoria precettivistica e le teorie causali.
La differente concezione del negozio giuridico, intesa
soggettivamente come autonomo atto di volontà e oggettivamente
9
come dichiarazione della stessa, ha indubbiamente influenzato la
nozione di simulazione in Italia.
Il dibattito al centro del quale si colloca il fenomeno
simulatorio, inizia con la Pandettistica tedesca di fine ottocento,
quando si confrontarono le tesi di coloro che sostenevano
l’essenzialità dell’elemento volontaristico all’interno del negozio
giuridico, e di coloro che, invece, indicavano nella dichiarazione di
volontà la fonte degli effetti giuridici programmati dalla legge.
Secondo la concezione volontaristica, la caratteristica
peculiare della simulazione risiede nella consapevole divergenza di
entrambi i contraenti tra volontà e dichiarazione.
Le parti pongono in essere una dichiarazione che, in
maniera assoluta o relativa, diverge dalla loro effettiva volontà con
il fine precipuo di ingannare i terzi, sul presupposto che la volontà
negoziale viene considerata fonte essenziale di autonomia
contrattuale3. L’elemento volitivo, in quest’ottica, rappresenta
l’unico elemento rilevante per lo scopo da essi perseguito.
Resosi presto conto della rigidità di un simile dogma, si è
tentato di affievolirlo e temperarlo, ponendo a carico della parte che
dichiara coscientemente per ingannare altri, una responsabilità
pecuniaria qualora l’inganno vada a ledere un diritto altrui
producendo un danno4.
3
L. CARIOTA FERRARA, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano,
Napoli, 1948, p. 508.
4
F. FERRARA, La simulazione assoluta, in Riv. dir. civ., 1908, p. 460.
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Tuttavia, la sempre più crescente affermazione
dell’economia nel diritto, la prevalenza della circolazione dei beni,
del commercio e del reddito sulla statica proprietà del ceto borghese
aristocratico, fecero emergere l’esigenza di certezza e lealtà negli
scambi intersoggettivi, certezza che veniva minata dalla concezione
volontaristica dell’autonomia negoziale.
Si favorì così l’emergere della tesi dichiarazionistica e
dell’importanza che veniva assumendo, non più la divergenza tra la
volontà interna delle parti e la dichiarazione delle stesse, ma il più
oggettivo contrasto tra le due dichiarazioni, quella simulata e quella
a cui realmente le parti riconducevano gli effetti giuridici, capace
secondo i casi di neutralizzare, compensare e invalidare
successivamente la prima5.
Con il deperimento della tesi volontaristica si afferma che
non può esistere ed essere percettibile alcuna volontà fuori di una
dichiarazione o esternazione, sia pure per fatti concludenti, e che,
tale divergenza, diviene insostenibile perché pretende di accreditare
una discrasia tra realtà disomogenee, che non possono presentare
alcuna differenza specifica per mancanza del genere comune; non è
possibile alcun giudizio di identità o differenza fra volontà e
dichiarazione bensì solo fra dichiarazione e dichiarazione, quella
simulata e quella sulla realtà del rapporto e che di simulazione si
può parlare soltanto quando una delle dichiarazioni appaia in tutto
5
F. MESSINA, La simulazione assoluta, in Riv. dir. civ., vol. I, 1907, p. 393.
11
o in parte incompatibile con le altre che costituiscono quella
fattispecie6.
Il progressivo ridimensionamento delle dottrine fondate
sulla dichiarazione, circa il tema specifico della simulazione, ha
favorito approcci attenti all’esame della causa.
Secondo tali concezioni non è condivisibile ritenere il
contratto simulato un contratto apparente perché privo di accordo:
l’accordo c’è ed è presente, e si instaura proprio sull’apparenza del
contratto. Il contratto simulato sarebbe piuttosto un contratto
apparente perché privo di causa.
Secondo un’impostazione “Le dichiarazioni combinate per
l’unicità dell’intento, distruggono l’una la causa dell’altra,
lasciando in vita solo la spoglia morta, e lasciando perciò sussistere
una parvenza di negozio”7.
La causa sarebbe, dunque, mancante in quanto, l’intesa della
parti sulla divergenza tra contratto stipulato e realtà del loro
rapporto, distruggerebbe la causa del primo, lasciando sussistere
una mera apparenza di contratto.
Anche questa dottrina in verità ha lasciato spazio a critiche.
In primo luogo perché, argomentando di un contrasto fra
l’intento e la causa, tale teorie finirebbero per ripercorre in realtà un
6
A. GENTILI, Il contratto in generale. Gli effetti del contratto, in tratt. di
diritto privato, Torino, 2002, cap.XII.
7
S. PUGLIATTI, La simulazione nei negozii unilaterali, in Diritto civile,
Milano, 1951, p. 545.
12
approccio strutturale e volontaristico: l’intento contrastante, che
priverebbe della causa il contratto simulato, non è che l’interna
volontà di non attenersi, nel rapporto interno, alla regola dichiarata;
sicché la causa non manca affatto, ma solo risulta contraddetta dalla
volontà limitatamente al rapporto fra le parti.
In secondo luogo, bisognerebbe respingere una debolezza di
fondo comune anche alle teorie volontaristiche e dichiarative,
fondate essenzialmente su un erroneo riferimento al fenomeno
dell’apparenza; si è argomentata l’evidenza della incompatibilità
strutturale tra due differenti piani di appartenenza: quello
dell’essere, proprio dell’apparenza, e quello del dover essere, a cui
appartiene il diritto.
Il potere giuridico, a differenza del potere materiale, è
insuscettibile di verificazione o falsificazione. Sicché non potendo
essere o non essere, può essere giustificato o essere ingiustificato,
ma non può apparire e non essere8.
A queste concezioni si ricollega un’altra teoria, che pone
come problema centrale del fenomeno simulatorio il contrasto non
di due asserzioni di fatti bensì di due regole negoziali, due
dichiarazioni prescrittive: l’una celata, l’altra ostensibile incapace di
esprimere il rapporto complessivo.
Tale teoria, che prende il nome di precettivistica, considera il
negozio come una fattispecie caratterizzata da un contenuto
precettivo, che ancor prima di essere elevato a dignità di fattispecie,
8
A. GENTILI, Il contratto in generale. Gli effetti del contratto, cit.
13
ha un’immediata efficacia normatrice autonoma, che trova
fondamento solo in se stessa.
In quest’ottica, il negozio simulato si presenta come una
componente formale di una più complessa attività simulatoria,
creata per ingannare i terzi, da interpretare caso per caso, in
relazione al contenuto dell’accordo: vi è simulazione quando le
parti di un negozio bilaterale d’intesa fra loro dettano un
regolamento di interessi diverso da quello che intendono osservare
nei loro rapporti, perseguendo attraverso il negozio, uno scopo
dissimulato divergente dalla sua causa tipica.
Scopo divergente che può essere pur sempre di autonomia
privata, in quanto caratterizzi un tipo di negozio differente da quello
simulato e conduce a ravvisare al di sotto dello stesso la figura di un
negozio diverso o può essere di tutt’altra natura, estraneo ai compiti
dell’autonomia privata.
Nella prima ipotesi la simulazione si usa qualificare relativa,
nella seconda, in cui l’intento pratico non è rivolto a nessun
negozio, la simulazione si vuol qualificare come assoluta (per
esempio si compie un’alienazione senza nessuna causa che possa
giustificarla solo per sottrarre ai creditori la garanzia costituita dai
beni del debitore)9.
Nel contratto simulato non manca, dunque, né la volontà né
la causa, ma entrambe sono viziate dal fatto di essere solo una parte
della complessiva volontà e della complessiva causa, parte
9
E. BETTI , Teoria generale del negozio giuridico, Napoli, 1994, p. 395.
14
contraddetta perché incompatibile, se presa come regola autonoma
ed esclusiva, con la regolamentazione completa del rapporto.
La contraddizione tra regole, che ben può esistere e
coesistere, come di fatto accade sia nel sistema legale che, per
ragioni intenzionali, nel sistema dei rapporti privati, dà adito al
conflitto; tale conflitto non può esistere nel sistema giuridico,
perché questo appunto si propone di dirimere i conflitti.
Quando da quelle regole contraddittorie nasce tra le parti, o
tra parti e terzi, o tra i terzi un conflitto, nasce realmente il
problema della simulazione10.
Alla luce delle tante teorie sulla natura negoziale e no del
fenomeno, sull’importanza o meno che si dà alla volontà delle parti,
basandosi ora sul piano logico semantico, ora su quello strutturale,
sicuramente si può constatare un dato che assume una grande
importanza per capire il fenomeno simulatorio: il dualismo o
contrapposizione se si preferisce, tra il contratto simulato e la
controdichiarazione.
Anche se il documento contro il patto simulato può mancare,
non potrà mai non esserci un segno, seppur tacito ed inequivoco
della simulazione del patto tra le parti.
Esso è il loro accordo simulatorio; che non potendo restare
totalmente interiore si esterna in una qualche (contro)
«dichiarazione».
10
A. GENTILI, Il contratto in generale. Gli effetti del contratto, cit.