9
paesi sviluppati, ma soprattutto di quelli in via di sviluppo come Cina e
India, che negli ultimi anni hanno dato una scossa ai mercati mondiali di
materie prime.
Nonostante le numerose agenzie internazionali, come la U.s. Energy
Information Administration (EIA), la International Energy Agency e l’ OPEC
si occupino di verificare la consistenza delle riserve di petrolio di ciascun
paese, c’è ancora molta mancanza di trasparenza, legata alla scarsità dei
dati e alla volontà dei paesi esportatori di petrolio di usare le loro ingenti
riserve (vere o presunte) come strumento politico.
I timori non sono limitati ovviamente solo al petrolio, poiché simili
considerazioni possono essere estese anche al mercato del gas naturale e
a quello dell’elettricità.
Ma oltre all’incertezza sulla sufficienza di risorse nel sottosuolo, il settore
dell’energia è caratterizzato da una cronica mancanza di investimenti. La
IEA, per esempio, ha stimato che nel 2030 la sola domanda di petrolio
aumenterà del 60 per cento e che per soddisfarla bisognerà investire
almeno 16 trilioni di dollari in infrastrutture e nuove tecnologie per
l’esplorazione e l’estrazione.
Le vulnerabilità del settore energetico, quindi, stanno diventando sempre
più evidenti. Il mondo dipende sempre più dalle risorse di paesi a rischio,
come quelli del medio oriente. Ma le minacce non arrivano solo dal
pericolo del terrorismo, quanto dall’instabilità politica, dai conflitti etnici,
dall’instabilità sociale, dalla pirateria e dai disastri naturali.
L’uragano Katrina, per esempio, nell’agosto 2005, ha creato il primo shock
energetico integrato colpendo i flussi di petrolio, di gas e di energia
elettrica.
Le dispute tra Ucraina e Russia, nel 2006, hanno bloccato per qualche
tempo le forniture di gas naturale verso l’Europa, le tensioni nei confronti
dell’Iran e del suo programma nucleare e gli attacchi ai giacimenti di
10
petrolio in Nigeria hanno avuto ripercussioni sulla politica energetica
Americana.
Tutte queste pressioni ed incertezze causano un aumento del costo del
petrolio in primis e, successivamente, anche di quello delle altre fonti di
energia. Questi livelli di prezzo, in linea di principio, dovrebbero
incentivare gli investitori privati e pubblici ad investire nel settore
energetico. Purtroppo, l’instabilità geopolitica mondiale e l’incapacità di
prevedere i prezzi nel lungo periodo, impediscono finanziamenti in questo
campo.
Dopo la guerra nel golfo e la cattura di Saddam Hussein, per esempio,
l’America, primo importare di energia al mondo, ha creduto che il mercato
del petrolio fosse tornato ad essere un semplice mercato, piuttosto che
uno strumento politico utilizzato da Saddam per manipolare l’economia dei
paesi importatori. Oggi, però, i prezzi continuano ad aumentare così come
le paure sulla fine delle riserve di petrolio.
Già alla fine del 2002, appena prima della seconda guerra del Golfo, in
seguito allo stretto controllo del Presidente Venezuelano Hugo Chavez sul
sistema paese e sulle compagnie petrolifere nazionali, il Venezuela ha
subito numerosi scioperi e proteste che hanno ridotto l’estrazione di
greggio.
La perdita del petrolio nel mercato mondiale ha creato, a livello di prezzo,
un impatto maggiore della guerra del Golfo, perchè il Venezuela era
considerato fino a quel momento uno degli esportatori più affidabili al
mondo.
Ciò insegna che, oggi più che mai, ai governi delle potenze mondiali si
richiede un approccio al tema dell’energia di più largo respiro che tenga
conto dell’evoluzione del mercato mondiale e dei relativi pericoli, che
guardi al breve e lungo termine insieme e che consideri il comparto
energetico un settore profondamente integrato.
11
Negli ultimi decenni la domanda di petrolio è aumentata costantemente,
per la crescita economica dei paesi in via di sviluppo come Cina e India.
Fino al 1993 la Cina è stata autosufficiente, ma da allora il Pil è triplicato e
la domanda di greggio più che raddoppiata.
Oggi la Cina è il secondo paese al mondo per consumo di petrolio e il terzo
per importazioni, dietro a Stati Uniti e Giappone. Importa più di 3 milioni
di barili al giorno e la sua percentuale nel mercato mondiale e dell’ 8 per
cento.
L’impatto di Cina e India si può verificare anche da un altro dato. Negli
anni 70’ l’America del nord consumava da sola due volte più petrolio di
tutta l’Asia. Dal 2000, per la prima volta, il consumo asiatico ha superato
quello nord americano. Nel 2007 l’Asia ha consumato circa 140 milioni di
tonnellate in più rispetto a Canada e Stati Uniti.
Per fortuna in questi anni è aumentata anche l’offerta di petrolio. Brasile e
Angola, per esempio, hanno incrementato la loro produzione.
Inoltre la ricerca e lo sviluppo tecnologico stanno compiendo molti passi in
avanti e stanno indirizzando l’attenzione delle grandi potenze mondiali
verso fonti non tradizionali, come il petrolio sabbioso (sabbia bituminosa)
in Canada o i depositi di petrolio a profondità marine fino ad oggi mai
esplorate.
Tutte queste considerazioni hanno portato le grandi potenze alla
consapevolezza che la sicurezza energetica è un problema mondiale e non
nazionale. In considerazione di ciò, durante la crisi petrolifera del 1973, è
stata creata la International Energy Agency (IEA), con sede a Parigi, con il
fine di assicurare il coordinamento tra i paesi industrializzati in caso di
interruzioni nella fornitura di petrolio, di incoraggiare la collaborazione
nelle politiche energetiche, di evitare contrasti diplomatici dovuti alla
12
rincorsa nelle forniture energetiche e di dissuadere i paesi esportatori
dall’utilizzare il petrolio come arma di minaccia.
La IEA ha anche evidenziato che per mantenere la sicurezza energetica
bisogna seguire alcuni principi:
• diversificare le forniture, in modo tale da avere delle alternative nel
caso in cui un paese blocchi improvvisamente le sue esportazioni;
• mantenere una giusta quantità di riserve strategiche, costituendo un
margine di sicurezza di alcuni mesi;
• riconoscere il problema della sicurezza energetica come globale e
non nazionale. Il mercato energetico è un mercato unico ed è
regolato dalla domanda e dall’offerta di tutti i paesi esportatori ed
importatori;
• disporre di informazioni di qualità sia sul lato della produzione che
del consumo, compito che la IEA sta cercando di portare avanti
integrando le informazioni a livello mondiale.
Per questi motivi sarebbe un danno enorme tentare di bloccare la rincorsa
energetica di potenze come Cina e India, perché i loro investimenti in
tecnologia e ricerca non sono una minaccia per il mondo ma
un’opportunità per sviluppare nuove conoscenze nel mercato energetico.
Non solo, il mercato dell’energia richiederà, negli anni a venire, una
collaborazione sempre più stretta tra paesi produttori e consumatori per
assicurare la sicurezza di tutta la catena. Ci saranno sempre più oleodotti
che attraverseranno diverse nazioni e punti strategici lungo le rotte di
trasporto che dovranno essere controllati, come lo stretto di Malacca, il
canale di Suez, lo stretto del Bosforo, etc.
13
CAPITOLO PRIMO: IL SETTORE ENERGETICO IN
CINA
1.1 Il Carbone
E’ il combustile fossile più abbondante e sicuro sulla terra, oltre ad essere
anche economico. Il carbone ha rappresentato per la Cina, negli ultimi 50
anni, la primaria fonte energetica del paese e grazie alle sue ingenti
riserve, questo trend continuerà anche in futuro.
La Cina possiede circa 114 miliardi di tonnellate di carbone, che
corrispondono ad una percentuale del 13,5 per cento del totale mondiale
ed è così il terzo paese per riserve, dietro solo agli Stati Uniti e alla
Russia. Nonostante ciò, con circa 2,5 miliardi di tonnellate prodotte nel
2007, è il primo paese per produzione.
Figura 1. La produzione di carbone
Produzione di carbone
0,0
500,0
1000,0
1500,0
2000,0
2500,0
3000,0
1995 2000 2005 2007
anni
m
i
li
o
n
i
d
i
t
o
n
n
.
Cina Usa Russia India
Fonte: BP Statistical Review of World Energy 2008
14
I principali depositi sono distribuiti nel nord del paese, nelle provincie dello
Shanxi (regione leader sia della produzione che del consumo di carbone),
dello Xinjiang e della Mongolia interna.
Figura 2. Le principali riserve di carbone
Fonte: www.corriereasia.com
Le miniere di carbone possono essere divise in:
• miniere di proprietà dello stato (oggi circa 95)
• miniere gestite dalle province (circa 2500)
• miniere gestite da città e villaggi (circa 75 mila)
Nel 2006 il governo ha progettato un piano, non ancora totalmente
attuato, per ristrutturare l’intero settore e ridurne l’inefficiente
frammentazione, con l’obiettivo di creare 6 giganti nazionali (come quelli
che vanta nell’industria petrolifera).
Nel 2015 inoltre è prevista la chiusura di tutte le miniere di piccole
dimensioni, perché sono caratterizzate da una difficile gestione, da un
numero sempre maggiore di infortuni sul lavoro e da insufficienti
investimenti in tecnologia.
15
Grazie a queste iniziative, il settore si sta modernizzando molto e sta
attirando l’arrivo di ingenti investimenti esteri che consentono lo sviluppo
e l’importazione delle più moderne tecnologie di estrazione e lavorazione,
con particolare attenzione al rispetto dell’ambiente.
L’apertura al capitale straniero ha portato alla creazione della China
National Coal Import and Export Corporation che ha il compito di agire da
partner strategico per le aziende straniere che investano nel settore,
apportando significativi incrementi di efficienza e di rispetto ambientale.
1.2 Il Nucleare
La Cina ha 11 reattori nucleari operativi ed altri 6 in costruzione. L’energia
nucleare fornisce quasi 62 miliardi di KWh, pari a poco più del 2 per cento
dell’energia necessaria al paese.
Il nucleare occupa dunque un ruolo piuttosto marginale nella produzione
energetica, ma Pechino intende investire molto nel settore. Sono infatti
stati progettati molti altri reattori, tra i più sofisticati al mondo, per
aumentare la capacità nucleare fino a 160 miliardi di KWh nel 2020. Il
valore stimato dell’operazione è di circa 48 miliardi di dollari.
La motivazione sta nel fatto che il governo ha capito che il nucleare può
far fronte al alcune difficoltà che potrebbero sorgere dalle altre fonti
energetiche. L’industria del carbone potrebbe infatti subire un
ridimensionamento a causa degli ingenti costi ambientali e sociali, mentre
l’industria del petrolio e del gas dipendono ormai eccessivamente dalle
potenze straniere.
Rispetto ad altri paesi, Pechino è ancora indietro in questo settore. Il
Giappone vanta 55 reattori che producono 279 miliardi di KWh, la Francia
ha 59 reattori per 440 miliardi di KWh prodotti, gli USA, producono 848
16
miliardi di KWh con 104 reattori e la Russia produce 159 miliardi di KWh
con 31 reattori1.
L’obiettivo del governo è quello di diventare autosufficiente non solo nella
progettazione e costruzione degli impianti nucleari, ma anche nelle fasi
che regolano il processo di produzione di energia atomica.
Per realizzare questo programma ha iniziato ad importare uranio, siglando
contratti con Sud Africa e Australia.
L’industria nucleare è regolata dalla CAEA (China Atomic Energy
Authority), creata nel 1985 e responsabile della gestione e pianificazione
dei progetti nucleari per scopi pacifici. La CAEA controlla e approva la
fattibilità degli studi per la costruzione dei nuovi impianti e da essa
dipendono la NNSA (National Nuclear Safety Administration) con compiti
di vigilanza sulla sicurezza e la SEPA (State Enviromnet Protection
Administration) che monitora la gestione delle scorie radioattive.
La CNNC (China National Nuclear Corporation) si occupa invece della
ricerca e sviluppo, della progettazione ed esplorazione delle miniere di
uranio e del suo arricchimento.
La CPIC (China Power Investment Corporation), infine, è la principale
produttrice di energia nucleare ed è l’organizzazione che investe
maggiormente nel settore.
1.3 Il gas
Storicamente il gas non è mai stato una fonte di energia primaria per il
paese, ma la sua percentuale nel mix energetico cinese (oggi al 3 per
cento) è in costante aumento. Le sue riserve stimate sono di circa 1,88
miliardi di metri cubi e rappresentano solo 1,1 per cento della quota
mondiale.
1
http://www.worldnuclear.org
17
La produzione, che come si può vedere dal grafico, è stata fino al 1995
pari al consumo, dall’anno successivo è aumentata gradualmente,
superando seppur di pochissimo la domanda e arrivando nel 2007 a
toccare i 69,3 miliardi di metri cubi.
Figura 3. Domanda e offerta di gas
0,0
10,0
20,0
30,0
40,0
50,0
60,0
70,0
80,0
19
90
19
91
19
92
19
93
19
94
19
95
19
96
19
97
19
98
19
99
20
00
20
01
20
02
20
03
20
04
20
05
20
06
20
07
m
d
m
et
ri
c
u
b
..
.
consumo produzione
Fonte: BP Statistical Review of World Energy 2008
Il settore è dominato dalla CNPC, dalla Sinopec e dalla CNOOC che
operano nel comparto attraverso le loro controllate. La CNPC, tramite
PetroChina, è il più grande player del paese, con una produzione di 54
miliardi di metri cubi.
Le maggiori riserve di gas si trovano nell’ovest e nel nord della Cina dove
nel 2006 la Sinopec ha scoperto a Puguang, nella provincia del Sichuan,
un enorme giacimento, mentre Petrochina, l’anno precedente, aveva
scoperto nuove riserve nel già esistente giacimento di Daqing.