inoltre un ruolo molto importante nella costruzione di lungo periodo dei
sistemi di conoscenze relativi a certi problemi, figure sociali e temi.
Tale contributo può ritenersi, specialmente per certi settori del
“pubblico”, particolarmente importante e talvolta decisivo a confronto
con altri fattori. In tale ottica, il presente lavoro raccoglie i risultati di
una ricerca sperimentale volta ad analizzare quantitativamente e
qualitativamente le informazioni sulla sicurezza della città che i
quotidiani locali pongono in essere attraverso i loro articoli di cronaca.
Per ridurre la mole di dati a disposizione e rendere più oculata
la ricerca, si è deciso di prendere in esame solamente gli articoli dei tre
quotidiani che, da ricerche già svolte, risultano essere più letti dai
cittadini di Perugia (La Nazione; Il Messaggero e Il Corriere
dell’Umbria).
L’obiettivo finale sarà quello di analizzare le strategie
referenziali e le varie tecniche linguistiche messe in atto dai giornalisti
locali per produrre le notizie, in modo da poterne sondare la reale
efficacia comunicativa.
Il lavoro verrà strutturato in due parti, la prima, composta dai
due capitoli iniziali, getterà delle solide basi teoriche sulle varie
tecniche redazionali, sulla struttura del giornale e la produzione delle
notizie, fino ad arrivare al rapporto che intercorre tra giornalista e
lettore. Verranno inoltre approfondite le tecniche messe in atto dalla
carta stampata per facilitare la comprensione e la memorizzazione dei
messaggi e i vari sistemi per renderli più persuasivi.
Nella seconda parte del lavoro, composta dal terzo capitolo,
verranno analizzati gli articoli di cronaca dei suddetti quotidiani, per
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verificare quanto la teoria enunciata nei precedenti capitoli si adatti alla
pratica e per sondare i loro eventuali punti di forza e/o debolezza.
Alla fine, verrà espresso un giudizio sulla reale efficacia
comunicativa della carta stampata sul tema della sicurezza a Perugia e
verranno proposti degli eventuali consigli per migliorarla.
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CAPITOLO 1
IL GIORNALE E IL SUO LINGUAGGIO
Il giornale, la professionalità giornalistica, la notizia,
l’obiettività, le routines produttive, la distorsione involontaria e la
costruzione sociale della realtà sono i concetti chiave di questo primo
capitolo.
Si cercherà prima di tutto di definire cos’è un giornale, quali
sono le sue caratteristiche e le forme linguistiche più adottate. Si
passerà poi a spiegare cos’è una notizia e quali sono i criteri con cui
vengono selezionate le informazioni da trattare, facendo particolare
riferimento ai concetti di “valore notizia” e “criterio di notiziabilità”.
Nel terzo paragrafo verrà approfondito il discorso sulle varie
tipologie delle fonti di informazione, considerate elementi basilari per
la costruzione e il controllo delle notizie. Seguirà un discorso sulle
differenze che intercorrono tra cronisti e giornalisti investigativi, che
fornirà delle basi molto importanti per comprendere e rispondere agli
interrogativi che verranno sollevati alla fine del lavoro.
Il capitolo si concluderà con una discussione sintetica sul
concetto di “obiettività” e sulla sua possibilità di essere un importante
criterio professionale o solamente un rituale. Si parlerà, inoltre, della
crisi della professionalità giornalistica, soffermandosi sul fatto che i
criteri di notiziabilità e le routines produttive condizionano fortemente
il prodotto notizia.
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1.1 Il Giornale come struttura produttiva
Il giornale è un luogo in cui si opera una ricostruzione della
realtà all’interno di un campo di forze, la cui redazione è organizzata in
una struttura gerarchica. In questa struttura vi sono “tensioni” tra le
varie forze, che finiscono per raggiungere equilibri diversi, di cui il
giornalista è il terminale.
Alberto Cavallai (Cavallai, 1990) individua almeno una ventina
di queste forze, dalla forza-editore alla forza-redazione, dalla forza
pubblicità a quella tecnologica.
Gli editori, i referenti politici palesi e non e gli inserzionisti
pubblicitari fissano gli obiettivi da raggiungere, la fisionomia editoriale
del prodotto, le cifre da investire, la dimensione e la tecnologia della
struttura produttiva; tocca poi alla struttura redazionale realizzare il
prodotto destinato ai lettori. Questo campo di forze raggiunge, quindi, il
suo equilibrio dentro una doppia struttura editoriale e redazionale,
producendo così il linguaggio della comunicazione mediatica.
Il linguaggio giornalistico è un sistema dotato di una
grammatica e di una sintassi proprie. È una sintesi continua di forme e
contenuto. In particolare, ogni giornale è un sistema di segni che si
realizza mediante un intreccio forma-contenuto basato sulla formula
editoriale, sulle funzioni che contiene, sulle categorie di contenuto che
la sviluppano e su quelle di forma e generi che la esprimono (Cavallai,
1990).
Per comunicare al lettore gli eventi ristrutturati secondo le
“funzioni”, ogni giornale ha un proprio sistema di codici, sottocodici,
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richiami e tecniche espositive. Funzioni e sistema di scrittura tengono
conto del pubblico a cui il giornale si rivolge. Cavallai fa notare che:
“così come la stampa in ogni paese è il prodotto di una situazione
sociale che rivela dei contenuti e delle forme, il giornale è un insieme di
contenuti e di forme legati al rapporto giornale-lettore che si esprime
per codici, segni, simboli, correlazioni, i quali sommandosi fanno la sua
filosofia” (Cavallari, 1990) .
La “formula editoriale” è il luogo dove si decidono le prime
caratteristiche di un giornale. Su di essa influiscono:
• il rapporto del quotidiano con il territorio (un quotidiano può essere
a base nazionale, interregionale, ecc.);
• il rapporto del quotidiano con i suoi lettori (un quotidiano può essere
popolare, di èlite, di partito, ecc.);
• il rapporto con la pubblicità da veicolare e il suo linguaggio;
• gli interessi dell’editore al di fuori della stampa;
• l’organizzazione della redazione (numero di redattori, numero di
agenzie a cui si è abbonati, ecc.);
• l’organizzazione tecnologica della struttura produttiva;
• i rapporti amministrativi e sindacali interni alla redazione.
Ogni giornale ristruttura gli eventi secondo specifiche funzioni.
Se ne possono individuare sei, a partire dal processo produttivo e
indipendentemente dalle conseguenze che esso comporta:
1. informare;
2. esprimere opinioni;
3. analizzare;
4. fornire sapere enciclopedico;
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5. divertire;
6. veicolare pubblicità.
Sulla base di queste funzioni, la redazione suddivide i suoi
compiti e decide la qualità, la quantità, il genere, la posizione
dell’informazione e organizza una precisa struttura di contenuti,
classificati secondo i fini da raggiungere. Da queste funzioni derivano
inoltre le categorie di forma, contenuto e i generi giornalistici.
La scelta del genere giornalistico (cronaca, inchiesta, intervista,
editoriale, ecc.) all’interno del quale sviluppare il racconto di un evento
è già un giudizio sul valore che la redazione gli intende attribuire. Sono
sufficienti l’impaginazione e la collocazione in un determinato contesto
a connotare una notizia.
È impossibile separare forma e contenuto, opinione e
informazione, perché il giornale è un sistema di segni globale, un testo
costruito in stadi successivi ma sempre correlati. Il linguaggio
giornalistico, nonostante le pressioni dell’industria culturale, non è del
tutto artificiale in quanto è connesso alle funzioni del linguaggio
umano, ed è anche un linguaggio collettivo che non può prescindere dal
lettore a cui si rivolge. È prodotto da strutture organizzate dall’alto
verso il basso, ma è anche il prodotto di spinte dal basso verso l’alto,
dalla società pluralista moderna. È un linguaggio, quindi, strutturale,
funzionale e sistematico, in grado di trasformare la realtà e di
ristrutturare gli eventi, sino a far diventare un evento il giornale stesso.
Come attorno all’uomo, così attorno al giornale scorre il flusso
dei fatti e la semplice idea di un “evento” è in grado di unire il ripetitivo
e l’ordinario con l’insolito e lo straordinario. L’uomo, generalmente,
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non è in grado di percepire e comprendere tutto quello che accade
intorno a lui, in quanto l’attenzione e la percezione sono selettive.
Anche la percezione di un giornale è selettiva, perché nonostante i suoi
mezzi, esso non è in grado di riprodurre fedelmente la realtà, non può
coglierla nella sua completezza. Il processo degli eventi continua così a
fluire, anche se gli uomini e le istituzioni non lo percepiscono né nei
particolari, né nella sua interezza.
Secondo Alberto Cavallai, bisogna fare una distinzione tra:
“evento percepito ed evento non percepito. Quando non è percepito,
l’evento è oggettivo, mentre quando è percepito, esso comincia per noi
ad esistere e quindi viene selezionato” (Cavallari, 1990).
Da questo punto di vista, chi sostiene che sia possibile
l’obiettività nel giornalismo pretende di abolire la selettività della
percezione, anche se la scelta non avviene solo per questa ultima, ma
anche per fini inerenti l’industria culturale. Inoltre, il giornale
scompone gli eventi selezionati in vista della loro ricomposizione entro
il suo sistema di segni ed il suo formato. Tra eventi e giornale, infatti, vi
è una interazione continua.
È il giornale che decide cosa diventa avvenimento pubblico e
quest’ultimo influenza a sua volta gli altri eventi dell’esperienza
individuale e collettiva. Il giornale, infatti, tende ad essere un
trasformatore di eventi, sino a diventare un evento esso stesso. Il suo
linguaggio non è passivo, ma autonomo e attivo; non fa solo un
inventario della realtà, ma ne produce anche, pone in essere delle realtà
diverse da quelle che stavano alla base della percezione iniziale.
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